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Da dove viene il calore delle acque termali?

Quello che rende così affascinanti e stimolanti le scienze della Terra è il fatto che in esse, a differenza di quel che succede nelle scienze matematiche, non tutto è suscettibile di una spiegazione univoca, definitiva e perfettamente convincente; esistono moltissimi ambiti nei quali la ricerca prosegue fra svariate ipotesi, incertezze, tentativi più o meno felici, più o meno azzeccati; e, soprattutto, nei quali vi è posto per spiegazioni diverse di uno stesso fenomeno, che si integrano l’una con l’altra, senza che nessuna di esse riesca, da sola, ad esaurire completamente l’argomento e a spegnere, una volta per sempre, i dubbi del ricercatore.

In altre parole, nelle scienze della Terra è quanto mai opportuno, e, a volte, perfino necessario, possedere, tutt’insieme, un certo grado di elasticità mentale, di spirito d’osservazione, di intuizione creativa, di non conformismo intellettuale: vi è ancora spazio per una mente avventurosa ed esigente, che non si accontenta della spiegazione più ovvia, ma che vuole scavare in profondità, a dispetto delle apparenze e delle autorità culturali stabilite. Quanto coraggio intellettuale ci volle, ad esempio, affinché Alfred Wegener immaginasse, dopo aver osservato la corrispondenza delle coste atlantiche dell’Africa e del Sud America, che le due masse continentali, in una remota epoca geologica, dovettero effettivamente aver formato un solo blocco di terre emerse e per dedurne, logicamente, che quei continenti dovevano essere slittati, alla lettera, come delle immense zolle sopra una specie di magma fluido e malleabile!

Chiunque sia innamorato della natura, e non solo lo scienziato naturalista, e chiunque sappia guardarsi intorno e osservare con un minimo di autentica e intelligente curiosità gli spettacoli meravigliosi che ci offrono i monti, i fiumi, le grotte, i vulcani, le coste marine, le isole, i ghiacciai, le valli, non può fare a meno di interrogarsi infinite volte sulle origini di tali fenomeni e di tali paesaggi, sui grandiosi processi che ne furono il risultato, sulle forze potenti che li hanno determinati; ma, come suole accadere, da una domanda ne rampolla subito un’altra, ed ecco che da una spiegazione, o da un tentativo di spiegazione, scaturiscono nuovi interrogativi, nuove curiosità, che attendono di essere appagati mediante la riflessione, l’osservazione, la ricerca.

Prendiamo il caso delle sorgenti termali e del fenomeno assai interessante, e un po’ misterioso, rappresentato dal calore delle acque che sgorgano, in varie maniere, dalle profondità delle rocce terrestri. Chi non possiede una mente curiosa, e quindi non è portato per la scienza, non si fa alcuna domanda: si gode il suo bravo soggiorno alle terme, l’albergo, i massaggi e tutto i il resto, pago di quello che la natura e l’ingegno umano gli offrono su un piatto d’argento, già bello e pronto. Ma chi ha l’abitudine di stupirsi e interrogarsi sulle cose, comincia a far lavorare il cervello. Da dove viene quel calore? Come mai quelle acque sono calde, a volte caldissime? E come mai quel calore non è un elemento temporaneo, ma si mantiene inalterato nel tempo, per quanto è storicamente possibile sapere, anche con l’ausilio di antichi documenti scritti? Quale centrale artificiale di calore sarebbe mai capace di un prodigio del genere: generare acqua calda in misura pressoché inesauribile, per un tempo praticamente illimitato?

Ora, davanti alla meraviglia che i fenomeni della natura suscitano nel nostro animo, vi sono essenzialmente due maniere di reagire: l’una è quella di voler trovare una spiegazione il più presto possibile, quale che essa sia, specialmente se avallata dal parere autorevole di qualche studioso affermato, così da non doverci pensare più e poter passare ad altre questioni, ad altri interrogativi; l’altra consiste nel continuare a cercare, finché rimane qualcosa di poco chiaro, qualcosa che non soddisfa o non convince del tutto, anche se, a parole, ogni cosa è già stata spiegata a sufficienza. Ed è questo il vero atteggiamento scientifico: anche se si deve constatare, con rammarico, che molti libri di scienze e molti professori di materie scientifiche non lo incoraggiano affatto.

Per esempio, tornando alla questione delle sorgenti termali, ci si può domandare se il calore che le caratterizza provenga dall’attività vulcanica degli strati rocciosi profondi, visto che esse si trovano, effettivamente, all’interno di regioni contraddistinte da una più o meno accentuata presenza di tale attività. E, di fatto, questo è quanto si sono detti, sin dai tempi antichi, gli scienziati: una connessione tra i due fenomeni, il vulcanismo e il calore delle acque termali, doveva per forza esistere; tutto sta a vedere di che tipo essa sia. Perché è chiaro che sono i fenomeni vulcanici a portare in superficie le acque sotterranee: ma esse sono calde perché il fatto di essere filtrate nelle profondità terrestri le riscalda, oppure sono calde perché sono "nate" calde, non da acque superficiali infiltrate, ma da fattori chimici e fisici diversi?

Ora, una sorgente termale, chiamata anche camino idrotermale, è, né più, né meno, una fenditura della superficie terrestre, che può essere superficiale o sottomarina, dalla quale fuoriesce dell’acqua ad alta temperatura. E si è osservato che, oltre alle zone vulcaniche, tali sorgenti, o camini, sono presenti nelle zolle tettoniche in movimento, nelle dorsali oceaniche e nei cosiddetti "punti caldi" ("Hot-Spot"), cioè nei luoghi della superficie terrestre ove si verifica — come nelle Isole Hawaii o in Islanda — una risalita anomala del mantello terrestre verso la superficie, e ove esiste una intensa attività vulcanica da tempi antichissimi.

Così riassume i termini della questione l’illustre scienziato Giambattista Dal Piaz, nato a Feltre il 3 settembre 1904 e morto a Padova, 28 ottobre 1995, nel suo ormai classico – ma tuttora valido, nonostante i progressi scientifici, in molte sue parti – «Corso di Geologia», ad uso degli studenti universitari (Padova, C.E.D.A.M., 1967, vol. 1, pp. 169-173):

«Le acque termali sono diffusissime nelle regioni vulcaniche, ove esse continuano a sgorgare anche lungo tempo dopo che è cessata ogni attività eruttiva vera e propria, ma si trovano pure in territori del tutto privi di manifestazioni magmatiche recenti. Ricorderemo alcuni fra gli esempi italiani dell’uno e dell’altro tipo: isola d’Ischia e Agnano nei Campi Flegrei (oltre 100°); Abano (87°), in prossimità del gruppo eruttivo dei Coli Euganei; Acqui (75°); Sirmione (69°). Valdieri (38°-63°). Questa circostanza ci pone di fronte al non facile problema dell’origine delle acque termali, per il quale si possono prospettare tre casi possibili: 1) origine vadosa o geotermale; 2), origine giovanile o profonda; 3), origine mista.

Al giorno d’oggi prevale l’idea del Daubrée che le acque termali siano in massima parte acque meteoriche ("aquae vadosae"), scese in profondità sino a raggiungere delle zone ove regna una temperatura elevata: in tal modo esse si riscalderebbero sotto l’influenza del calore interno terrestre, potrebbero caricarsi di sostanze minerali e quindi ritornare alla superficie del suolo, seguendo nell’insieme un circuito di tipo artesiano. A questo proposito torna opportuno ricordare che durante lo scavo della galleria del Sempione vennero incontrate nella medesima fessura due correnti: una di acqua fredda discendente e l’altra di acqua calda ascendente (44°,5). È inoltre un fatto accertato che l’acqua ei pozzi profondi hanno temperature abbastanza alte. In un pozzo presso Berlino, alla profondità di 1.200 m, sgorgano delle acque che presentano una temperati tura di 48°,1. Nei pozzi artesiani di Grenelle , profondi 558 m, l’acqua esce all’aperto con una temperatura di 27-28°. Infine nel pozzo di Giama-el-Turk, presso Tripoli, a 442 m di profondità, (8 m sul livello del mare) venne raggiunta una falda con ben 62° di temperatura dell’acqua all’orifizio del pozzo (A. Desio).

Secondo Adams, la litosfera presenterebbe delle fessurazioni capaci di permettere la circolazione sotterranea dell’acqua fino alla profondità di circa 18 km. Per le parti della crosta terrestre formate da rocce molto dure King ammette che tale profondità possa arrivare addirittura a 30 km. Ora, siccome a partire dalla profondità di circa 12.000 m il grado geotermico deve raggiungere la temperatura critica dell’acqua (365°), e poiché la pressione deve essere già molto superiore alla pressione critica (217,5 atm.), ciò implica, osservano Kampe e Moret, che l’acqua potrebbe trovarsi allo stato liquido fino a questa profondità. Altri autori però ritengono che tutte le fessure siano chiuse a meno di 10.000 m di profondità La risalita dell’acqua in superficie può essere dovuta alle seguenti cause: pressione idrostatica, forza espansiva del vapor d’acqua, gas in sospensione, capillarità. Poca importanza sembra presentare invece la differenza di densità fra acqua fredda e acqua calda, mentre in qualche caso l’innalzamento della temperatura può far aumentare la velocità di circolazione dell’acqua (p. es. passando da 10° a 25° la velocità dell’acqua in un mezzo permeabile come la sabbia si raddoppia).

Alla teoria dianzi prospettata, per cui le acque termali rappresenterebbero semplicemente la risorgenza di acque superficiali penetrate nel sottosuolo e la loro termalità sarebbe dovuta al calore interno della Terra, si contrappone l’ipotesi dell’origine giovanile o profonda, formulata da E. Suess. Secondo il grande geologo viennese, le acque termali sarebbero delle acque ipogene ("aquae juveniles") derivanti dalla condensazione del vapor d’acqua contenuto nei magmi, che nel sottosuolo vanno lentamente consolidando per raffreddamento, oppure dalla combinazione dell’idrogeno giovanile (magmatico) con l’ossigeno atmosferico giunto fino a quelle profondità. Malgrado l’opinione di Green e Brun che l’acqua non costituisca parte integrante dei magmi e che quella espulsa nelle eruzioni vulcaniche sia interamente di origine vadosa, si ritiene ormai come dimostrata l’esistenza di acqua giovanile in profondità, ove, associata a dei gas, rappresenterebbe l’ultimo prodotto del consolidamento dei magmi. Claire-Deville, Fouqué e Lacroix hanno dimostrato che l’acqua abbonda nelle fasi parossistiche della maggior parte dei vulcani, mentre Day e Shepherd ne hanno documentata la presenza nelle lave del Kilauea. Secondo Fouqué, l’eruzione dell’Etna del 1865 avrebbe espulso 11.000 mc d’acqua. Sosman ha perfino calcolato che un’intrusione magmatica potente 1.000 m. e contenente il 5% del suo peso in acqua, produrrebbe durante il suo raffreddamento per la durata di un mine di anni 23,8 litri di acqua giovanile per minuto su ciascun chilometro quadrato della superficie terrestre.

In base a questi elementi, si sarebbe portati ad attribuire un’origine giovanile alle acque caldissime, spesso caratterizzate da una particolare mineralizzazione, che sgorgano da regioni vulcaniche, come i Colli Euganei e l’isola d’Ischia. In qualche caso infatti si è potuto dimostrare una stretta dipendenza delle sorgenti termali dal vulcanismo; si è persino constato che la temperatura di certe acque si innalzava prima dell’attività eruttiva.

Contro l’ipotesi del Suess si sono mosse però diverse obiezioni. Anzitutto che la quantità d’acqua emessa sotto forma di vapore da un magma intrusivo in via di raffreddamento non sembra sufficiente ad alimentare una sorgente ternale di notevole portata e di lunga vita. Si pensi che molto probabilmente le manifestazioni idrotermali della zona euganea dovevano essere già attive nel Terziario superiore, quando non erano ancora spenti i fenomeni eruttivi che avevano dato vita ai Colli Euganei. In secondo luogo si è constatato che le sorgenti termali di certi distretti vulcanici sono alimentate in tutto o in parte da acque vadose, di sicura origine meteorica. Così p. es. L. De Marchi ha potuto dimostrare che due pozzi tubolari per la ricerca di acque sotterranee potabili infissi nella pianura veneta rispettivamente a 350 e a 250 metri a nord delle sorgenti termali di Montegrotto, presso Abano, hanno sensibilmente ridotto la portata delle sorgenti stesse, segno dunque che in questo caso le acque calde sono in gran parte alimentate dalle comuni acque di falda che impregnano le alluvioni della pianura.

Sembra quindi ragionevole ammettere che le acque termali, che sgorgano dai centri eruttivi, siano per la maggior parte di origine mista, vale a dire derivino da una mescolanza in proporzioni variabili di acqua giovanile con acqua vadosa (a giudizio di Kampe, il rapporto sarebbe di 1 a 9).»

Le sorgenti o camini idrotermali, dunque, appartengono a quella classe di fenomeni geologici attestanti la giovinezza e la vitalità del nostro pianeta: se la Terra non fosse un pianeta giovane e vivo, non vi sarebbero le forze endogene capaci di produrre simili fenomeni.

Abbiamo visto che il grande interrogativo circa l’origine del calore delle acque termali riguarda la spiegazione geotermica, oppure quella – storicamente assai più recente — ipogenica, con una probabile sovrapposizione di entrambe, almeno nella maggioranza dei casi. A lungo si è pensato che il calore di tali acque sia dovuto, semplicemente, al calore interno della Terra, il quale, a sua volta, deriverebbe dal calore solare, allorché il nostro pianeta si distaccò dalla nebulosa solare, o anche da processi radioattivi, che hanno sede nelle rocce eruttive acide. Di fatto, le due cause si incrociano e si sommano: da un lato la massa planetaria, raffreddandosi, cede calore verso l’esterno, mentre si sprigiona ulteriore calore dal decadimento degli isotipi radioattivi; dall’altro, acque profonde si formano mano a mano che il magma presente nelle profondità terrestri, in corrispondenza di aree vulcaniche, si raffredda, ed il calore così formatosi, evapora. Insomma, le acque termali possono essere vadose, cioè poco profonde, originate dall’atmosfera, e giovanili o profonde, originatesi all’interno della Terra a causa del raffreddamento del magma.

La spiegazione geotermica è non solo la più antica, ma anche la più intuitiva: le acque piovane, penetrando sotto la superficie terrestre mediante fessure e inghiottitoi, si riscaldano, perché assorbono il calore che è proprio degli strati rocciosi profondi. Si è osservato un aumento costante di circa un grado centigrado di temperatura per ogni 33 metri di profondità, ma esso non può estendersi oltre le zone superiori del mantello, perché, diversamente, ad appena 1.000 km. sotto la superficie, dovrebbero già esservi temperature attorno ai 30.000 gradi, mentre gli scienziati sono ormai generalmente d’accordo sul fatto che, perfino al centro del pianeta, la temperatura non supera i 6.000 gradi centigradi al massimo (all’incirca quella della superficie solare), e forse non supera nemmeno i 2.000. In pratica, la temperatura delle acque termali risulta di qualche decina di gradi centigradi, qualche volta sopra il centinaio: il che conferma che il calore terrestre non può crescere indefinitamente in misura proporzionale alla profondità oltre una fascia rocciosa abbastanza superficiale.

La spiegazione "ipogenica" sostiene che nelle rocce profonde delle aree vulcaniche si producono delle reazioni chimiche e fisiche dovute essenzialmente al raffreddamento delle masse magmatiche, che, attraverso la formazione di vapore acqueo, danno origine a delle acque profonde, giovanili, che verranno poi portate in superficie dalle attività vulcaniche. Anche l’incontro di idrogeno formatosi in profondità con dell’ossigeno penetrato dall’atmosfera sotto la superficie, potrebbe concorrere alla loro formazione. Le acque giovanili, allora, sarebbero anche le più calde fra le acque termali, dato che si formano negli strati più profondi, e quindi più caldi, del mantello. E a tali acque profonde bisogna aggiungere anche le cosiddette "acque fossili": quelle, cioè, che, imprigionate negli strati rocciosi sedimentari fin dal tempo della loro formazione, che raggiungono anch’esse la superficie in presenza di attività vulcaniche.

Le due spiegazioni, di fatto, si integrano benissimo, cosa niente affatto strana nella storia della scienza (si pensi alla combinazione della teoria corpuscolare e della teoria ondulatoria nella spiegazione del fenomeno luminoso).

Anche nel caso del calore delle acque termali, non possiamo che inchinarci davanti all’intuizione poderosa di un genio isolato: Eduard Suess, nato a Londra il 20 agosto 1831 e morto a Vienna il 26 aprile 1914) il grande scienziato austriaco, professore di Geologia all’Università di Vienna — a cui si deve, fra l’altro, la teoria secondo cui la Terra è formata da tre involucri concentrici, da lui denominati Sial (silicio e alluminio), Sima (silicio e magnesio) e Nife (nichel e ferro). Senza temere le reazioni della comunità scientifica e non ritenendo del tutto soddisfacente la spiegazione geotermica, egli ebbe il coraggio di battere una strada diversa e di inoltrarsi lungo un cammino solitario e sconosciuto. È per merito di studiosi come lui, se la scienza continua a progredire e a perfezionare le proprie conoscenze, senza sedersi mai sui risultati ottenuti e senza sottovalutare i punti di debolezza di teorie le quali, pur essendo comunemente accettate, non possono ambire a diventare "verità" definitive, se non — forse – in rarissimi casi…

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by NastyaSensei from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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