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Chi non è se stesso non potrà mai donarsi, ma solo offrire una falsa immagine di sé

Come si può essere generosi di se stessi, se non ci si possiede veramente, se non si è veramente qualcuno?

Come ci si può offrire, come ci si può donare, come si può amare, se tutto ciò che noi diamo di noi stessi è un’immagine fasulla, ritagliata, di volta in volta, per piacere agli altri, ma senza mai coinvolgerci realmente, senza che mai ci mettiamo in gioco?

E tuttavia esistono persone che non solo hanno elaborato una falsa immagine di se stesse, ma che, a forza di decantare agli altri la propria autenticità, hanno finito per credere alle proprie stesse menzogne e ritengono di vivere generosamente, anzi, di essere addirittura scialacquatrici di se stesse, perfino troppo impulsive e imprudenti nel darsi senza riserve.

Come è possibile una cosa del genere?

È possibile quando si è totalmente ignoranti di se stessi; e, prima ancora, quando si è totalmente ignoranti dell’alfabeto dei sentimenti e dei pensieri, ossia quando non si sa riconoscere quello che si prova, quello che si sente e quello che si pensa.

Può sembrare incredibile, ma è così; esiste un alfabeto della vita interiore e bisogna imparare a conoscerlo, giorno per giorno, andando per prove ed errori: senza di che, non si diventerà mai adulti e non si sarà mai in grado di capire chi si è, che cosa si vuole dalla vita, con quali strumenti si pensa di perseguire i propri obiettivi.

È quasi inutile aggiungere che, se non si impara a decodificare tale alfabeto, non si riuscirà mai a stabilire nemmeno relazioni soddisfacenti con il prossimo: chi non conosce se stesso, non può conoscere l’altro; chi non sa leggersi dentro, tanto meno può sperare di leggere nella mente e nel cuore dell’altro.

Scrive Giovanna Querci Favini nel suo romanzo «Viaggio per nessun luogo» (Venezia, Marsilio, 1998, p. 172-73):

«… Aveva pilotato l’aereo una, due, dieci volte, finché non era accaduto anche a lui. Aveva dovuto fare un atterraggio "sul ventre". Si era ferito: cinque costole fratturate e la pleura perforata; ferite al torace e al viso. All’ospedale, naturalmente, l’avevamo ricoverato, ma lui era venuto via senza avvertire nessuno. Forse non se ne erano neppure accorti,. Aveva guidato in quelle condizioni per trecento chilometri, da Roma a Firenze lungo la via Cassia, perché voleva venire da me. "Per vederti", disse. Gli domandai il perché; non riuscivo a credere che il suo bisogno di vedere me fosse così forte; non potevo credere che dopo il niente che gli avevo dato, lui avesse un tale bisogno di me da mettere seriamente a repentaglio la sua salute. Non potevo capire.

"Non lo so", mio rispose guardandomi quietamente stringendosi nelle spalle. "Tu non puoi immaginare quante volte mi sia domandato perché amo così una donna tanto avara di sé."

Avevo sempre pensato di essere una scialacquatrice di me stessa, avevo sempre pensato di aver amato gli altri senza riserva, ma ora mi accorgevo che come ero stata avara di me con lui, altrettanto lo ero stata con gli altri, perché davo loro un’immagine falsa, costruita. Quell’immagine la donavo completamente, ma non si trattava della vera me stessa; io ero "come tu mi vuoi", dunque non me stessa. quella erra un’entità che ancora non conoscevo eppure mi spaventava. L’immagine che ero pronta a donare a piene mani era un’immagine che disprezzavo e che avevo costruito a uso e consumo degli altri. Con lui non avrei mai potuto compiere un’operazione del genere e così non gli davo niente di me, perché io NON AVEVO me stessa, io non mi possedevo. Come potevo allora darmi?…»

Fonte dell'immagine in evidenza: Wikipedia - Pubblico dominio

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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