
Omaggio alle chiese natie: Sant’Ermacora
20 Ottobre 2018
Uscire dall’ipnosi, rompere il sortilegio
21 Ottobre 2018Eppure qualcosa di buono c’è, nella tempesta che ci sta investendo, con raffiche sempre più rabbiose, su tutti i fronti della nostra esistenza: economica, professionale, affettiva, intellettuale, spirituale, morale, religiosa: il fatto che la benda ci sta cadendo dagli occhi, finalmente. Ora si tratta di decidere se vogliamo vedere le cose, o se preferiamo seguitare a far finta di nulla. Qualcuno sarà perfino tentato di tenere gli occhi chiusi, in modo da annullare l’effetto della benda caduta, perché l’importante, per lui, sarà continuare a non vedere. Vedere può risultare difficile, sgradevole, angoscioso: ma è l’unico modo che abbiamo per fronteggiare la nostra situazione da uomini liberi. Altrimenti, saremo come un malato di cancro che non vuol conoscere la diagnosi, che strappa le cartelle cliniche, che si tappa gli orecchi quando i medici parlano con lui e gli spiegano la sua situazione. Senza contare che avere le bende sugli occhi da tanto tempo, magari addirittura da quando si è nati, non è poi del tutto sgradevole, almeno per un certo tipo umano: ha i suoi vantaggi, per quanto strano ciò possa sembrare. Per esempio, il vantaggio di non dover pensare, di non dover capire, di non dover scegliere: e scusate se è poco. Anzi è moltissimo, diciamo pure che è tutto, per il tipo umano, o sub-umano, del gregario per vocazione, per gli uomini-pecore, gli uomini-gregge, gli uomini-massa. Nella società di massa, tutti quanti tendiamo a diventare così: è ben questa la ragione per cui il potere dominante, che è il potere finanziario, ha pianificato la nostra massificazione, e persino la massificazione delle nostre velleità di essere "speciali", cioè i nostri conati di ultra-individualismo. Nella società di massa c’è una "risposta" per ogni tipo di esigenza, tranne quella di essere uomini veri; per il narcisista che vuol essere sempre al centro del mondo, per l’ambizioso che vuol primeggiare ad ogni costo, per la nullità che vuole sentirsi grande, per la banalità che vuol vivere esperienze eccezionali (madame Bovary docet; e madame Bovary siamo noi tutti) c’è, pronto per l’uso, il prodotto giusto: l’individualismo di massa. Non è solo uno stile di vita, è una filosofia, anche se chi la pratica non se ne rende conto; e, soprattutto, è una filosofia di vita pre-confezionata. Si va al supermercato del consumismo, la si compra e la s’indossa: dopo di che, si è schiavi e felici, probabilmente per tutta la vita. Perché è a questo che mira il meccanismo consumistico della società di massa: a trasformare milioni di esseri, potenzialmente liberi, perché potenzialmente dotati di un cervello, di una sensibilità, di un senso critico, in altrettanti schiavi felici e contenti. Felici e contenti di essere schiavi? Sissignori: proprio così; felici e contenti delle proprie catene (dorate, più o meno), della propria servitù. E, come si dice, contenti loro, contenti tutti: questa è la regola della democrazia. La regola della quantità. La regola dei grandi numeri e delle alte percentuali; e chi se ne frega del resto. Il resto sono fisime o qualcosa di peggio: sono nostalgie aristocratiche, nostalgie da ancien régime.
Dunque, la benda sta finalmente cadendoci dagli occhi. Non siamo stati noi a strapparcela; sta cedendo da sola: per il peso ormai insostenibile delle menzogne da cui siamo stati sistematicamente circondati, secondo un piano preciso, perfettamente studiato in ogni dettaglio. Il piano consisteva nel lasciarci bendati per sempre; ma l’insieme delle menzogne necessarie ad alimentare la nostra cecità cresceva ogni giorno (e continua a crescere), in misura esponenziale. A un certo momento, semplicemente, la benda è divenuta troppo pesante per reggere ulteriormente alla finzione, si è sciolta da sola e ha cominciato a scivolar giù. A questo punto, chi vuol vedere, vede; chi è disposto a vedere, ripetiamo, e non chi preferisce seguitare a non vedere. Ora, il fatto di vedere sta cominciando a diventare una scelta; prima, era una condizione pressoché universale. Alcuni, prima degli altri, avevano cominciato a intravedere qualcosa, per la verità; alcuni si erano sforzati di sbirciare da sotto la benda; oppure anche attraverso la benda, perché si erano accorti che la benda non era, e non è, del tutto opaca, ma che, sforzandosi, e con molta buona volontà, era possibile cogliere qualcosa della realtà, pur avendola sugli occhi. Ma la condizione preliminare necessaria era quella di prendere atto che la benda c’era, e che c’impediva la vista; chi non lo sapeva e chi non lo voleva ammettere, pur essendovi degli indizi sempre più numerosi al riguardo, non si poneva nemmeno il problema. Qualcuno, però, avendo l’istinto della libertà, sospettava il grande inganno, la grande menzogna, la grande mistificazione, e si sforzava di vedere, pur con gli occhi bendati. Ora che la benda sta cadendo da sé, tutti, in teoria, possono cominciare a vedere. Ma non tutti vedranno, perché in molti l’istinto gregario, l’istinto della pecora, è troppo forte; e troppo forte la paura della libertà e delle sue inevitabili conseguenze, cioè la necessità di fare delle scelte, assumersi delle responsabilità e prendere delle decisioni.
Ricapitoliamo. Fino a qualche tempo fa, noi credevamo e ci fidavamo. Credevamo, e ci fidavamo, che le banche fossero fatte per custodire i nostri risparmi, mettendoli al riparo dall’inflazione e da altri possibili malanni, e per erogarci dei prestiti, secondo modalità ragionevoli, in caso di bisogno; inoltre, per venderci dei buoni del tesoro che servissero a investire quel di più che avevamo messo da parte per la vecchiaia o per i nostri figli.
Credevamo, e ci fidavamo, che la giustizia fosse al servizio dei cittadini e avesse la funzione di proteggere le persone oneste dalle violenze e dalle minacce delle persone disoneste.
Credevamo, e ci fidavamo, che i governi avessero lo scopo di governare il Paese nell’interesse dei suoi cittadini, tenendo sempre d’occhio il fine ultimo, cioè il bene comune e il supremo interesse della nazione,
Credevamo, e ci fidavamo, che il parlamento serve a fare delle leggi che tutelino i cittadini, che assicurino loro condizioni di vita sempre migliori, che offrano una risposta alle loro necessità e ai loro bisogni, e che stabiliscano dei paletti oltre i quali a nessuno sia lecito andare. Similmente, credevamo e ci fidavamo che la magistratura serve ad applicare quelle leggi, a tradurre in azione pratica quei principi, sempre ispirandosi al fine del bene comune.
Credevamo inoltre, e ci fidavamo, che il presidente della Repubblica, gli organi supremi dello Stato, i funzionari di più alto grado, dalla presidenza dell’INSPS alla Corte dei conti, hanno lo scopo di sorvegliare affinché la macchina dello Stato funzioni nel senso sopra indicato: la tutela delle perone oneste, la difesa dei diritti dei lavoratori, il bene comune.
Credevamo anche, e ci fidavamo, che la Banca d’Italia fosse una banca a capitale pubblico, e che avesse il monopolio della emissioni di denaro proprio perché, in quanto ente pubblico, ha sempre presente l’interesse della gente, dei cittadini, dei risparmiatori, dei piccoli azionisti, e di nessun altro soggetto.
Più di recente, avevamo accolto e accettato con fiducia anche un’altra credenza: che l’Unione Europea fosse l’unione dei popoli europei; che fosse stata pensata, voluta e perseguita per il bene dei cittadini europei; che avrebbe funzionato come una cabina di comando per la difesa dei loro interessi, nel mondo globalizzato dominati dai colossi politici e finanziari.
Inoltre, avevamo accolto dai governi e dai mass media, sempre fidandoci di loro e della loro veracità, che gli ingressi illegali nel nostro paese avessero quale origine delle gravissime emergenze umanitarie o delle gravissime violazioni dei diritti umani; che quelle persone venissero da noi a titolo temporaneo e al solo scopo di mettersi al riparo per il tempo necessario a tornare in patria, dai loro familiari, e riorganizzare la loro esistenza. Poi, vedendo che quelle persone arrivavamo in numero sempre maggiore, e sapendo che meno del 10% di esse aveva i requisiti sopra indicati; e vedendo, inoltre, che venivano, e vengono, con la precisa intenzione di installarsi definitivamente nel nostro Paese, facendosi anzi raggiungere dai loro parenti, e di non integrarsi affatto nella nostra cultura, ma di imporre a noi la loro, per esempio andando in giro tranquillamente per le strade con il burqa, credevamo e ci fidavamo quando politici e mass-media ci dicevamo incessantemente, all’unisono, quanto è bella la società multietnica e multirazziale e quanto è carino vincere i campionati di calcio o di qualche altra specialità sportiva grazie al fatto di avere in squadra degli atleti o delle atlete di colore.
Per quanti riguarda la sfera culturale e spirituale, la nostra fiducia era stata altrettanto ampia e senza riserve. Credevamo, e ci fidavamo, che la scuola e l’università servissero non solo a mettere un diploma in mano ai giovani, e a spianar loro la strada di un lavoro stabile e adeguato al titolo di studio conseguito, ma anche a dar loro una formazione intellettuale, una attitudine al pensare e una capacità di svolgere ricerche.
Per quanto riguarda la sfera religiosa, poi, credevamo, e ci fidavamo – e qui la nostra fiducia era, se possibile, ancor più piena e incondizionata, pressoché totale — che la Chiesa avesse la funzione di preservare la nostra fede cattolica nella verità; che non avesse altra mira, altro fine che il bene delle nostre anime; che i suoi membri si fossero votati all’instaurazione della società cristiana o, almeno, alla preservazione dei valori cristiani e alla visione cristiana della vita, con tutto quel che ne deriva nella sfera pratica.
Tutta questa fiducia, tutta questa buona fede, nascevano dal fatto che, per i nostri nonni e per i nostri genitori, le cose avevano funzionato in tal modo: fiducia dal basso, rispetto del patto sociale dall’alto. Per esempio: fiducia del risparmiatore nelle banche; difesa dei suoi interessi da parte delle medesime. Ai nostri nonni non sarebbe neppure venuto in mente che la banca potesse rifilar loro dei titolo spazzatura, per poter fare speculazioni sempre più arrischiate con i loro sudatissimi risparmi. Del resto, i nostri nonni avevamo un rapporto di conoscenza personale coi direttori e con gli impiegati delle banche; e le banche erano ancora vere casse di risparmio, non banche d’affari; e non erano state accorpate in grandi colossi finanziari, dove il rapporto personale con i singoli clienti si perde del tutto, e nessuno sa esattamente a chi faccia capo, ai più alti livelli, la proprietà. La natura stessa dei meccanismi democratici, poi, aveva rafforzato la nostra tranquillità, ereditata dai nonni e dai genitori: dopotutto, chi sta in alto viene eletto da chi sta in basso; per cui è molto difficile, pensavamo, per non dire impossibile, che chi sta in alto si metta a fare quel che vuole, calpestando bellamente tutti gli impegni assunti nei confronti di chi lo ha eletto, cioè di chi sta in basso. Così era sempre stato e così pensavamo che avrebbe continuato ad essere, in maniera perfettamente logica e naturale.
Questa bella favola è finita, è evaporata, si è dissolta sotto i nostri occhi, ma la maggior parte di noi non se n’è accorta, o non ha voluto accorgersene. I mass-media, compatti, hanno continuato a raccontarci le cose come se tutto fosse rimasto come al tempo dei nostri nonni e dei nostri genitori, vale a dire come se potessimo continuare a fidarci incondizionatamente dei nostri politici, dei nostri amministratori, dei nostri giornalisti, dei nostri insegnanti, dei nostri economisti, perfino dei nostri sacerdoti. E invece no, non era più così: era cambiato tutto; ma noi non dovevamo saperlo; e, in parte, non volevamo saperlo. I nostri risparmi sono stati, di fatto, sequestrati e dirottati verso fondi d’investimento di cui non sappiamo nulla, non comprendiamo nulla, e possiamo solo sperare che "tengano"; ma potrebbero anche venir travolti dalle quotazioni di borsa, e noi perderemmo tutto. I nostri voti sono stati catturati e monopolizzati da partiti politici i quali, dietro l’apparente diversità, e persino l’apparente antagonismo, erano ben decisi a spartirsi la torta della cosa pubblica e a fare ottimi affari per se stessi, rifilando a noi la moneta falsa di una costante svendita dell’interesse nazionale. L’Italia è stata messa in ginocchio e posta in vendita, pezzo a pezzo, da una classe dirigente di traditori, i quali avevano raggiunto un accordo inconfessabile, basato sui loro esclusivi interessi: destra e sinistra, patto del Nazareno, vi dice niente questo nome? Le banche straniere e le mutinazionali straniere si stanno comperando per quattro soldi i nostri gioielli di famiglia e noi, come Paese, restiamo al palo: eppure abbiamo la più grande riserva di risparmio privato d’Europa, e una delle maggiori riserve auree al mondo. E allora, come mai siamo diventati lo zimbello della Unione europea? E come mai ci stanno negrizzando e islamizzando, con la scusa dei poveri disperati in fuga da guerra e fame, che noi abbiamo il dovere morale di accogliere? E come mai Soros e Bergoglio, Monti e Renzi, Berlusconi e Bonino, Draghi e Mattarella, parlano la stessa lingua, dicono le stesse cose? Come mai RAI e Mediaset non si fanno più la guerra, ma convergono nel bombardare tutti i santi giorni il governo giallo-verde, con la volonterosa collaborazione de La7, che da terzo incomodo è diventata la terza gamba dell’informazione taroccata? Come mai il quotidiano della C.E.I. L’Avvenire, permette a un vignettista irreligioso di deridere la figura di Gesù Cristo, e lo strumentalizza per anatemizzare la Lega di Salvini? E come mai sono tutti d’accordo nel dire che oggi c’è un solo, vero pericolo: il sovranismo e il populismo? Dunque i popoli sono buoni se tengono gli occhi chiusi e si lasciano sfruttare, ma diventano cattivi se si svegliano e li aprono?…
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