
Unità dei cristiani o tradimento del Vangelo?
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14 Agosto 2018In questa calda estate del 2018 due pubblicità televisive hanno evidenziato per l’ennesima volta, purché ci sia qualcuno disposto a vedere le cose e a non lasciare che le cose gli scivolino addosso, come sia in atto una manovra per manipolare ideologicamente la mentalità degli italiani, per suggerire pensieri e comportamenti diversi da quelli tradizionali, i quali sottintendo, a loro volta, un cambio della concezione complessiva, di valori culturali e morali, cioè un cambio di paradigma. Da un lato la Chicco, nota industria di prodotti per bambini, ha suggerito che, per reagire al problema della denatalità che affligge il nostro Paese, la cosa più semplice e naturale che si possa fare è quella di mettere al mondo dei bambini, attraverso l’unione di un uomo e di una donna. Facciamolo per l’Italia!, diceva lo spot; che aveva anche un sapore auto-consolatorio, vista l’allusione al fatto che la squadra nazionale di calcio era stata esclusa dai Mondiali. Non l’avesse mai fatto! Da tutte le tribune del politically correct si è levato un solo grido d’indignazione; da parte di tutti gli intellettuali progressisti, da tutti gli opinionisti antirazzisti e antiomofobi ci si è stracciati le vesti, quasi che la Chicco sia improvvisamente diventata il nuovo principale agente del fascismo internazionale, una brutta bestia che non è morta sotto le bombe e le raffiche di mitra del 1945, macché, è viva e vegeta e sempre sveglia, sempre rabbiosa e sempre pronta a balzare addosso, come un lupo affamato, alla povera Cappuccetto Rosso. E si capisce, in fondo, la ragione, per quanto delirante, di una così unanime esecrazione: se gli italiani, o meglio le italiane, tornassero a fare figli, forse tutti, facendo due conti, perfino l’ineffabile Tito Boeri, arriverebbero alla conclusione che, in fin dei conti, questo disperato bisogno di favorire l’immigrazione dall’Africa e da altri continenti, non ci sarebbe più, e l’I.N.P.S. sarebbe in grado di pagare le pensioni di vecchiaia a quanti hanno lavorato per più di quarant’anni, onestamente e pagando sempre le tasse e i contributi. E se gli italiani, o meglio le italiane, ricominciassero a fare figli, forse i rapporti fra l’uomo e la donna ci guadagnerebbero, perché sarebbero rafforzati sia dai vincoli dell’amore coniugale che da quelli dell’amore genitoriale. Il che, però, suonerebbe come una implicita censura nei confronti di tutti quelli che vanno predicando, come l’impagabile Umberto Veronesi, la bellezza sublime dell’eros sodomitico, nel quale non ci sono ignobili secondi fini, vale a dire la procreazione, e gli amanti omofili si amano in maniera puramente gratuita. Insomma, forse gli italiani rivedrebbero le loro opinioni su due categorie di persone che, oggi, si sono guadagnate il palco più alto del politicamente corretto, dall’alto del quale non si peritano di fare ricorso a tutti gli strumenti che hanno a disposizione, primo fra tutti la querela e la galera, per zittire chiunque possa essere anche solo vagamente sospettato di xenofobia e di omofilia.
Viceversa, circa nello stesso periodo, i telespettatori hanno potuto godersi un delizioso spot pubblicitario della CrearBlue, un’azienda che produce test di gravidanza e ovulazione, nel quale un giovanotto bello e simpatico, al ristorante, si mette in ginocchio davanti alla sua ragazza, carina e simpatica quanto lui, sotto gli occhi di tutti, e le chiede, non di sposarlo, come ci si aspetterebbe, ma di fare direttamente un bambino, porgendole, invece della scatola con l’anello, la scatola con il tubetto di ClearBlue: al che il viso di lei, come direbbe Ungaretti, s’illumina d’immenso. Particolare altamente significativo: lui è italiano e lei è di colore, probabilmente mulatta, con un bel casco di capelli ricci, ma per tutto il resto è meglio di tantissime italiane d.o.c.; infatti oltre a essere graziosa è fine, veste bene, parla in maniera perfetta e pare uscita da uno dei migliori collegi internazionali. Insomma, la tipica ragazza di colore che s’incontra per la strada, assolutamente nella media in tutti i sensi, sia fisico che intellettuale, culturale e morale. E quale suocera italiana non sarebbe felice e fiera di avere un nipotino da una nuora tanto compita, sorridente e beneducata? Morale implicita: se proprio volete aver dei figli, cari giovanotti italiani, perché farli con una noiosissima ragazza italiana, scontata, prevedibile, e non puntare invece sul fascino pungente dell’esotismo? Quelli che non sono più giovanissimi ricorderanno il film del 1972 La ragazza dalla pelle di luna, con Ugo Pagliai e Zeudi Araya (ma divenuto celebre soprattutto per merito della colonna sonora di Piero Umiliani), nel quale lui s’innamora, in vacanza, della bellissima ragazza di colore alle Seychelles – se ne innamora anche sua moglie, Beba Loncar, se è per questo – e dopo aver fatto all’amore con lei, sdraiati corpo a corpo sulla sabbia della spiaggia, le confessa di non essere pronto a tanta felicità, di essere stordito, in quanto figlio di una razza stanca e decadente, alla quale il profumo inebriante della libertà provoca una reazione di rigetto. Inutile precisare che, per questo secondo spot, non solo nessuno ha trovato assolutamente nulla da ridire, ma i commenti positivi si sprecano addirittura; un giro in rete mostrerà quante signore entusiaste (se pure non si tratta di false mail spedite dalla ditta stessa) hanno lodato l’atteggiamento moderno, aperto e delicato di lui. Non, si capisce, per il fatto di essersi scelto una fidanzata di colore, ma per aver preso l’iniziativa di chiedere a lei la gioia di diventare padre. Anzi, sul fatto che lei è una mulatta, silenzio assoluto: sarebbe indelicato anche solo accennarvi, e sia pure per congratularsene e compiacersene: che gli italiani siano aperti e antirazzisti non c’è bisogno nemmeno di dirlo, ci mancherebbe; lo si dà semplicemente per scontato, e tanto basta.
E invece…
Vuoi vedere che qualcuno, se per caso avesse deciso di trasformare gli italiani in un popolo di razzisti, e magari anche di omofobi, non avrebbe potuto scegliere e intraprendere una strategia diversa da quella che stanno dispiegando, con quotidiana, martellante insistenza, praticamente tutti i mezzi d’informazione, e non solo nella pubblicità, ma nei servizi di politica, attualità, cronaca, cultura, arte, cinema, spettacolo, sport, eccetera, eccetera? Si sa che il troppo stroppia: eppure questi signori o non lo sanno, oppure, cosa ancor più inquietante, lo sanno benissimo, ma non gliene importa, o piuttosto è proprio ciò a cui mirano. Vogliono portare gli italiani, notoriamente pazienti e tolleranti, e nessuno nella loro storia ha mai potuto trovare nulla in contrario (*), fino alla soglia dell’esasperazione, del rigetto, dell’indignazione. Già hanno dovuto sorbirsi titoli cubitali e servizi logorroici sull’occhio della povera Daisy lanciatrice del disco, ferita in un odioso agguato razzista, che poi si è scoperto non aver nulla a che fare col razzismo, e si è scopeto pure il mestiere che faceva il suo illustre papà, quando veniva arrestato perché sfruttava sui marciapiedi di Torino qualche decina di ragazzotte nigeriane, sue connazionali; già hanno dovuto sentirsi dire da Marco Tarquinio, sulla prima pagina de L’Avvenire, che gli italiani si devono vergognare tutti quanti, in blocco, perché moralmente complici in un così grave episodio di xenofobia; però non vedono mai altrettanto clamore per i settecento reati quotidiani — spaccio, furti, rapine, stupri, omicidi — che quotidianamente, ripetiamo: quotidianamente, gli stranieri commettono nel Bel Paese dove il sì suona. Settecento al giorno vuol dire un terzo del totale. Il che significa settecento persone, in maggioranza italiane, che ogni santo giorno subiscono violenza ad opera dei poveri-disperati-in-fuga-da-guerra-e-fame, i quali vengono qui in cerca di libertà e trovano, invece, un popolo odiosamente razzista ed egoista, che li respinge, che li discrimina, e così cattivo che non ascolta nemmeno i richiami dei cardinali e dei vescovi, come Bassetti e Galatino, né quelli del papa, che pure sono, anch’essi, quotidiani, e che sempre battono e ribattono sull’ineludibile dovere dell’accoglienza cristiana. E il presidente Mattarella, che s’indigna pure lui (todos indignados, todos caballeros), si preoccupa, e ammonisce severamente che l’Italia non deve diventare un Far West. E lo dice il giorno il cui il comune di Roma, viste fallire tutte le trattative e le generose offerte di ricollocazione, è stato costretto a procedere con la forza allo sgombero del campo nomadi di Camping River; e ammonisce: che non passi la barbarie! Al che gli italiani hanno capito che far sgomberare un campo abusivo dalle forze dell’ordine è un’azione degna del Far West, e che nel voler ripristinare la legalità e l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge si annida il terribile pericolo di scivolare nella barbarie tutti quanti. Ma che strano. Il Far West e la barbarie non sono vivere di accattonaggio e di furti, mandando avanti i bambini a delinquere, così, anche se li beccano, non andranno comunque in prigione; no: il far West e la barbarie sono, o minacciano di essere, il ripristino della legge e delle condizioni minime perché la gente possa vivere in pace, uscire la sera senza paura e restare a casa senza l’angoscia di vedersi entrare un rapinatore.
Questo è il quadro della nostra normalità quotidiana, per ciò che riguarda la cosiddetta informazione, a cominciare da quella che ci rifila la Tv di Stato coi suoi tre canali, e che, nonostante sia letteralmente imbottita di pubblicità private, come e più delle tivù commerciali, ci chiede anche di pagare il canone annuo, anzi, non ce lo chiede, ce lo sbatte insieme alla bolletta elettrica: un diluvio di servizi fasulli, tendenziosi, artefatti, in cui tutto è mendace, a cominciare dalle parole che vengono adoperate: migranti invece di clandestini, profughi invece di falsi profughi, accoglienza invece di invasione, e così via. E la stessa linea è seguita da tutta o quasi tutta l’informazione privata, giornali, radio e televisioni: tutta roba pagata dalla finanza, e dunque tutta roba in linea col pensiero immigrazionista di Soros & Bergoglio, l’accoppiata vincente. Siamo arrivati al punto che, molto spesso, se i reati sono compiuti da stranieri, la cronaca tace l’identità del loro autore; mentre se sono compiuti da italiani, e qualche rara volta a danno di stranieri, il fatto viene enfatizzato e gonfiato oltre ogni misura del ragionevole e del tollerabile. Quanto hanno parlato, i mezzi d’informazione pubblici, del caso della giovane bigliettaia di un autobus romano che è stata resa invalida permanente dalla violentissima testata infertale al volto da un egiziano che viaggiava sul mezzo senza biglietto, e al quale si era permessa di fare la multa? Si chiama Luana Zaratti, era dipendente dell’A.T.A.C., l’azienda municipalizzata dei trasporti della capitale, però non le è stato riconosciuto nemmeno l’infortunio sul lavoro; vive con una misera pensione d’invalidità e la stragrande maggioranza degli italiani non conosce il suo nome, non ha visto il suo volto e non è stata intrattenuta dalle sue lamentazioni, a differenza di quel che è avvenuto per il piccolo infortunio (piccolo, al confronto) di Daisy Osakue. Ciliegina sulla torta: l’uomo che l’ha resa invalida, condannato alla pena ridicola di quattordici mesi, in galera non c’è andato, per il semplice fatto che è scappato, probabilmente tornando in Egitto. Ecco: sono queste le cose che stanno facendo maledettamente arrabbiare gli italiani; che hanno fatto consumare loro fin l’ultimo granello di pazienza (e ne hanno mostrata tanta davvero); che li stanno facendo diventare razzisti. Non lo erano, fino a pochissimi anni fa; ora, forse, lo stanno diventando. E se qualcuno voleva che ciò accadesse, non avrebbe potuto gestire l’immigrazione, l’ordine pubblico e l’informazione relativa agli stranieri in altro modo da come è stato fatto.
Una parolina sull’omofobia, orrenda lebbra gemella della xenofobia. Le televisioni pubbliche e private hanno dedicato un non breve servizio all’aggressione subita da un uomo, a Bruxelles, a sfondo omofobo. Il fatto è stato raccontato in diretta dalla moglie dell’aggredito, un altro uomo che, con voce lamentosa, spiegava come suo marito, senza ragione alcuna, è stato picchiato dai vicini di casa. Poi si è compiaciuto di minacciare che, se in tribunale emergeranno gli estremi per il reato di omofobia, la pena verrà raddoppiata. Tutto l’insieme era pietoso, squallido e deprimente. Senza dubbio, le aggressioni ingiustificate sono una bruttissima cosa, e non c’è persona di retto sentire che non le condanni. Tuttavia, milioni di telespettatori si saranno chiesti perché dare tanto spazio a un episodio come quello, che in fin dei conti si riduce a qualche sganassone, e presentandolo in quel modo, cioè come parte di una campagna d’odio contro gli omosessuali, quando le cronache quotidiane ci dicono, o meglio ci dovrebbero dire, quante decine di reati vengono consumati da omosessuali a danno di altri soggetti, in particolare di bambini. Anche qui: se volevano far diventare omofobo il popolo italiano, che non lo era mai stato, ci stanno riuscendo: complimenti. Ma quel servizio, con quel signore che lamentava con voce stridula ciò che i vicini hanno fatto a suo marito, non può che infastidire e irritare, non per il fatto in sé, ripetiamo, ma per come è stato posto, o imposto, al pubblico. Volevano creare un sentimento di simpatia, di solidarietà e di comprensione nei confronti delle persone omosessuali che ostentano la loro condizione e sbandierano il loro legame col marito e la moglie, come quel prete di Verona che si è sposato all’esterno con un altro uomo, e poi è tornato dicendo, trionfante, di augurare a tutti un amore grande come quello che lui prova per suo marito? Se era questo lo scopo, crediamo che abbiamo ottenuto il risultato opposto. C’è un limite a tutto; e la pazienza degli italiani, la loro capacità di sopportazione, sono state spinte ben oltre il limite. Altri popoli, meno pazienti e meno generosi del nostro, avrebbero cominciato a reagire male, molto ma molto prima. Ora, però, ci siamo arrivati: la soglia è stata quasi superata. Era questo che si voleva? Bene: a forza di tirarla, la corda s’è spezzata.
(*) E non ci si venga a parlare delle leggi razziali del 1938. Perché qui stiamo parlando del popolo italiano, e anche alle leggi razziali il popolo italiano reagì nel modo che gli è sempre stato congeniale, mostrando la sua concreta solidarietà ai perseguitati. Quel che molti non sanno è che non solo le persone comuni, ma anche molti prefetti e molti ufficiali e soldati dell’esercito si prodigarono per salvare gli ebrei dalle deportazioni: per tale ragione vi fu un vero esodo di ebrei sia dalla Francia di Pétain, sia dalla Croazia di Ante Pavelic, verso le zone occupate dalle nostre forze armate. E un’altra cosa, di cui non parla mai nessuno, è che Mussolini era informato di questa politica, che mandava l’alleato tedesco su tutte le furie, ma fu sostanzialmente d’accordo: a Hitler diceva di sì, e intanto chiudeva un occhio e si girava dall’altra parte, mentre i soldati organizzavano persino finte operazioni di guerra per mettere in salvo gli ebrei croati.
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