
Ma l’Italia è ancora la patria degli italiani?
21 Maggio 2017
Qual è l’Italia migliore?
22 Maggio 2017L’uomo che ha accoltellato i due militari e il poliziotto alla Stazione centrale di Milano non è uno straniero, ma un italiano violento, si sono affrettati a cinguettare, in coro, Laura Boldrini e Giuseppe Sala: felicemente concordi, l’una come Presidente della Camera dei Deputati, l’altro come sindaco del capoluogo lombardo, su questo punto fermo, su questa rassicurante certezza. E quale soddisfazione traspariva dalle loro parole e dai loro sguardi. Non uno straniero, ma un italiano; e, per giunta, un italiano violento. Non violento in quanto islamico, forse radicalizzato (tanto da farsi crescere la barba lunga e da girare amato di armi improprie), ma violento in quanto italiano, parevano suggerire i signori del politically correct, i progressisti al caviale. Anche se in realtà era, sì, un cittadino italiano, però figlio di un tunisino e di una italiana, e poi divenuto uno sbandato, drogato abituale e frequentatore degli ambienti più malfamati, come ce ne sono tanti nelle nostre città, grandi e piccole. Comunque, anche i media si sono affrettati a dire, tutti in coro, che l’aggressore, che per poco non ha sgozzato un ragazzo delle Forze dell’ordine, e comunque ne ha feriti seriamente addirittura tre, è un italo-tunisino; proprio quegli stessi media che, spesso e volentieri, quando si tratta di riferire l’ennesimo episodio di criminalità da parte di stranieri, non dicono nemmeno di quale nazionalità sia l’autore, proprio per non fomentare "l’odio razziale". E non vedono, poveretti, che l’odio razziale, o, se non proprio l’odio, certo una fortissima insofferenza, li stanno alimentando proprio loro, con questo buonismo a senso unico, con la loro mitezza di pasta frolla, con la loro sdolcinata politica della mano tesa verso i peggiori elementi, che giudicano debolezza ogni forma di sollecitudine, e viltà ogni arrendevolezza.
Noi europei, anche se ingrati verso il cristianesimo, che ci ha allevati e nutriti, che ci ha messi letteralmente al mondo come civiltà, e tenuti a battesimo (in senso proprio e in senso figurato), al punto che preferiamo ignorarlo e fare finta che non sia neppure cosa nostra, e che l’Europa non c’entri nulla con la religione cristiana, abbiamo avuto, nondimeno, duemila anni di tempo per cambiare il nostro modo di pensare: prima, era la legge del più forte, l’ammirazione per chi vince, il disprezzo per il vinto. Basta leggere l’Iliade, e poi confrontarla con i poemi cavallereschi medievali, per vedere la differenza. Il cristianesimo ci ha ingentiliti, ci ha insegnato l’importanza del perdono, il valore della benevolenza. Ma questi stranieri che vengono da noi pieni di aspettative, di pretese, spesso anche di cattive intenzioni, non hanno avuto il cristianesimo e portano con sé l’istinto del predone, l’astuzia del levantino, la cattiveria di chi non dà e non chiede tregua ad alcuno. Ora ce li troviamo in casa e siamo come delle pecorelle in balia dei lupi feroci: intimiditi e tremanti in casa nostra, timorosi di uscir la sera, e anche di giorno; timorosi perfino di restare in casa, e di affrontare la notte. Basta leggere le cronache locali (non quelle nazionali, tanto meno i telegiornali, che hanno l’ordine d’ignorare sistematicamente i fatti politicamente scorretti) per vedere quel che accade ogni giorno nelle nostre città, nei nostri quartieri, nei nostri paesi, anche i più piccoli: non vi sono più isole felici, luoghi sicuri, nemmeno nei borghi più sperduti e pittoreschi: si è sempre a rischio, specialmente i più deboli, fisicamente ed economicamente. Quelli che più soffrono non sono i ricchi, che vivono nelle loro ville ben protette, ma i ceti medi impoveriti, gli operai senza più un lavoro fisso (quelli stessi che, guarda caso, alle ultime elezioni politiche francesi hanno votato per Marine Le Pen, non certo per Emmanuel Macron, il figlio di papà con la moglie-mamma, burattino delle banche e dei poteri forti); i pensionati che devono andare a far la spesa, o a ritirare la pensione, passando in mezzo ai pericoli di strade divenute malfamate, piene di spacciatori e prostitute, percorse e dominate dalle gang rivali dei senegalesi, dei congolesi, dei nigeriani, dove si rischia una coltellata per un bottino da cinque euro, e dove nemmeno la Polizia osa farsi vedere. Quartieri che sembrano Fort Apache assediato dai pellirossa; e questo dopo una vita di onesto lavoro, mettendo da parte qualche euro per la vecchiaia e per godersi in pace la pensione e i nipotini.
Abbiamo dimenticato la saggezza dei nostri progenitori; non abbiamo imparato nulla dalla nostra stessa storia. Lo Stato italiano più antico e meglio amministrato, la Repubblica di Venezia, una compagine prodigiosa, che per un millennio ha sfidato intrepidamente ogni rivale, e che ha saputo tener testa al più forte avversario che l’Europa abbia mai conosciuto, l’Impero ottomano, era alternativamente in rapporti di guerra e di commercio con il mondo islamico, lo rispettava e ne era rispettata. Mai, però, in nessun momento della sua storia, Venezia ha consentito agli islamici di edificare una moschea sul suo territorio; mai ha seguito la politica di accogliere intere popolazioni straniere sul suo territorio. Amica di tutti, la Repubblica di San Marco, ma padrona in casa propria: e ben decisa a far rispettare le sue leggi a chiunque vivesse sul suo territorio, compresi i membri del clero. Se qualcuno avesse suggerito ai dogi o ai senatori della Serenissima di rispondere al problema demografico importando popolazioni straniere, senza dubbio si sarebbe sentito ridere in faccia.
Eppure, è quel che stiamo facendo noi, ora. Non solo concediamo ogni diritto a coloro che negano agli stranieri, in casa loro, e particolarmente ai cristiani, qualsiasi reciprocità; non solo lasciamo che costruiscano moschee e "istituti culturali" che sono solamente moschee camuffate; non solo non esercitiamo alcuna sorveglianza su quel che si fa, di poco religioso, in quei luoghi, talché non di rado divengono centri d’indottrinamento e di reclutamento di futuri terroristi: ma spingiamo la nostra ingenuità, la nostra minchioneria, fino al punto di vedere nell’arrivo di sempre nuovi immigrati, quasi tutti islamici, una risposta al nostro crollo demografico. La televisione ci mostra questo o quel sindaco di un paesino del Sud, o del Centro, i quali, tutti contenti, ci spiegano che quella tal frazione stava morendo, restano solo pochi vecchi, e allora ecco il geniale esperimento, aprire le case e le botteghe agl’immigrati pieni di bambini, e così far ritornare la vita, far rifiorire le attività in quei luoghi che erano divenuti tristemente silenziosi. Che bello! Peccato che quella vita non sia più la nostra vita; che quei bambini non parlino italiano, o, se lo parlano, non conoscono l’Italia, se non come il Paese che dà lavoro e salario ai loro genitori: una specie di papà-bancomat un po’ distratto, un po’ minchione, che si fida ciecamente del primo arrivato e gli fa ponti d’oro, mentre non fa niente di niente di quel che potrebbe e che dovrebbe fare per arrestare la propria decadenza demografica: incoraggiando materialmente e giuridicamente le famiglie italiane. Ma no, figuriamoci; noi siamo troppo impegnati in ben altre cose: le leggi sui matrimoni omosessuali; le leggi sulle adozioni dei bambini da parte delle coppie gay; le leggi contro l’omofobia, orribile misfatto che macchia indelebilmente la nostra coscienza morale. Su queste cose, sì, i nostri parlamentari lavorano instancabilmente, vogliono portare a casa dei risultati, vogliono veder approvati dal voto finale del Parlamento i loro bellissimi disegni, i quali, ci assicurano, renderanno finalmente l’Italia un Paese civile, allineato con le nazioni più moderne del mondo, mentre fino ad ora, duole dirlo, siamo stati il fanalino di coda, arretrati, pieni d pregiudizi, intolleranti, oscurantisti. E senza mai parlare degli aborti volontari, che nel 1978 furono introdotti per non costringere – dicevano gl’infaticabili propagandisti radicali – le donne del popolo ad abortire clandestinamente, con rischio della vita; ma che, un po’ alla volta, e propria grazie alla legalizzazione, oltre che alla sempre migliore informazione sessuale, sarebbero scomparsi: mentre non accennano per niente a scomparire, e, nel frattempo, hanno toccato la cifra impressionante di sei milioni. Sei milioni di bambini italiani che non sono nati; e questo mentre si accoglono gl’immigrati stranieri come una benedizione, come una manna scesa dal cielo per salvarci in extremis, perché l’Italia ha tanto bisogno di loro. Chi lavorerebbe in fabbrica, o nei campi, se non ci fossero loro? E chi pagherebbe la pensione ai nostri vecchi, se non ci fossero i loro contributi previdenziali? Questa è la trista filastrocca, che, da vent’anni e più, ci ripetono, con esasperante monotonia, i nostri sedicenti politici e i nostri governanti fasulli: meno male che ci sono g’immigrati! Meno male che son venuti loro, a portare un po’ di vita nelle vene esangui di questo nostro popolo, sempre più invecchiato e stanco! Eh, sì: meno male.
E allora eccoli lì, tutti insieme appassionatamente, alla marcia "contro i muri" di Milano, il 20 maggio 2017: il presidente del Senato, Piero Grasso; il sindaco di Milano, Giuseppe Sala; il suo assessore alle politiche sociali, Pierfrancesco Majorino; l’immancabile attore progressista Moni Ovadia; l’immancabile Gino Strada; l’immancabile, intramontabile e immarcescibile signora Emma Bonino, leader storica del Partito Radicale, grande amica di papa Francesco, quella che, a vent’anni, si faceva fotografare mentre, con la pompa da bicicletta in mano, mostrava alle ragazze come si fa a procurarsi l’aborto in casa, evidentemente prima delle radiose giornate della legge sull’interruzione volontaria della gravidanza. E poteva mancare il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, una nullità fatta e finita, messa al governo dell’Italia in piena crisi, non si sa da chi: del resto, il quarto presidente del Consiglio non eletto dal voto popolare, ma posto lì da una decisione del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano prima, Sergio Mattarella poi (ma, nel caso di Gentiloni, più che da Mattarella, da Matteo Renzi, che si è servito di lui per restare con un piede nella staffa del governo, pur fingendo di mollare: altrimenti, perché scegliersi una simile nullità, un simile manichino, grazie al quale l’Italia, nel mondo, conta ancor meno di prima, cioè press’a poco zero, e proprio quando ci sarebbe più che mai bisogno di un capo de governo con le palle, che battesse i pugni e rovesciasse il tavolo, al G7 per esempio, precisamente sulla questione dei cosiddetti profughi, che il resto d’Europa non vuole, e che, guarda caso, piovono tutti su di noi, con la solenne benedizione di Bergoglio e di tutti i preti di sinistra, i vescovi e i cardinali massoni e i teologi della strada, che son sempre dalla parte degli ultimi? Anche se devono soffrire un po’ di presbiopia, questi bravi teologi modernisti, perché non si sono accorti che gli ultimi, ora come ora, non sono affatto gl’immigrati, superprotetti e super garantiti, al punto che neanche dopo che hanno commesso tre o quattro reati consistenti è possibile rispedirli indietro, ma proprio gl’italiani impoveriti dalla crisi, che ormai sono milioni e milioni, mentre i ricchi diventano, scandalosamente, indecentemente, sempre più ricchi…
Già, i ricchi. Non è strano che il papa Francesco e George Soros dicano e predichino praticamente le stesse cose, e cioè che bisogna spalancare le porte ai "poveri" migranti? E non è ancor più strano che il papa e Lady Gaga la pensiono allo stesso modo, su tale questione, così come anche su diverse altre? Non suona un po’ curioso? E non suona un po’ curioso che un leader storico dell’estrema sinistra, come Nichi Vendola, se ne vada all’estero ad acquistare il figlio di una donna povera, poi se lo porti a casa come un pacco e lo allevi come suo, assieme al suo compagno, per poter "sposare" il quale si era tanto agiato in Parlamento, lui e i suoi amici di ideologia, da Monica Cirinnà a Rosy Bindi (quest’ultima poi ripudiata per i suoi scrupoli cattolici sul matrimonio gay), in nome di una formula ora rilanciata anche da uno dei gesuiti prediletti da papa Francesco, quel James Martin, il quale dichiara che l’amore è tutto e vien prima di tutto, e che l’importante è l’amore, evidentemente anche quello di due omosessuali che vogliono sposarsi, avere in qualche modo dei bambini, e poi, sempre secondo Martin, possono anche aspirare alla santità, perché la Chiesa deve lasciar cadere i vecchi pregiudizi e aprirsi all’idea di proclamare santi pure degli omosessuali? Del resto, la marcia contro i muri di Milano è stata preceduta da un’analoga iniziativa a Barcellona, fortissimamente voluta dal sindaco di quella città, Ada Colau. Siamo dunque in presenza di una strategia globale, di un disegno planetario mirante a sostituire i popoli, che non sono interpellati, e che generalmente non sono d’accordo (e chi può essere d’accordo sul proprio suicidio?) con le folle. Si fa abbastanza presto a radunare una folla e a riempire una piazza, una città; ma convincere i popoli, è un’altra cosa. Troppa fatica. E allora, meglio arruolare i diretti interessati (e futuri elettori…), i migranti (parola assurda, neologismo inventato per camuffare la loro vera natura d’invasori): a Milano, infatti, pareva di assistere a una marcia di Conakry, o di Dakar, o di Kinshasa. Sarebbe interessante sapere se i bianchi, da quelle parti, potrebbero scendere in strada e marciare per le vie del centro, pretendendo la cittadinanza per tutti (come ai tempi del sei politico). Ma la risposta è scontata: basta vedere quel che sta succedendo nel Sudafrica, complice l’assoluto silenzio dei media: la silenziosa espulsione dei bianchi, alcuni milioni di persone che, laggiù, in molti casi, c’erano arrivati prima degli "indigeni", i bantu scesi dal Nord, mentre i popoli realmente indigeni, boscimani e ottentotti, sono ormai quasi estinti. C’è solo un piccolo dettaglio, che Grasso, Boldrini, Gentiloni, Moni Ovadia e Roberto Vecchioni hanno scordato: che nessuno ha il diritto d’ipotecare il futuro immediato dei nostri figli, e la sopravvivenza della nostra stessa civiltà. Questa è la tipica arroganza dei progressisti: ciò a cui puntano, per definizione, è creare delle situazioni da cui non si possa più tornare indietro. Oh, ma per il bene di tutti, si capisce: che loro, e loro solamente, sanno quale sia…
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