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Strage degl’innocenti e fuga in Egitto: ieri come oggi, il diabolico attacco alla famiglia

Angelus Domini apparuit in somnis Joseph, dicens: "Surge, et accipe puerum, et matrem ejus, et fuge in Ægyptum. Et esto ibi usque dum dicam tibi. Futurum est enim ut Herodes quærat puerum ad perdendum eum".

Qui consurgens accepit puerum, et matrem ejus nocte, et secessit in Ægyptum: et erat ibi usque ab obitum Herodis: ut adimpleretur quod dictum est a Domino per prophetam dicentem: Ex Ægypto vocavi filium meum (Matteo, 2, 13-15; cfr. Isaia, 19, 21; Esodo, 4, 22-23).

Se la Sacra Famiglia non fosse fuggita in Egitto, dopo che l’Angelo era apparso in sogno a san Giuseppe e lo aveva avvertito del gravissimo pericolo, incombente sul neonato, anche Gesù avrebbe potuto subire il martirio degli altri piccoli innocenti, caduti sotto la spada degli sgherri sguinzagliati sulle sue tracce dal re Erode il Grande.

L’evangelista Matteo, l’unico che ha tramandato memoria di questo drammatico episodio della vita di Gesù, è stato molto parco di notizie; del resto, si tratta di uno dei pochissimi relativi alla sua infanzia. Matteo nulla del viaggio attraverso il deserto, che dovette essere assai faticoso; né dove Giuseppe, Maria e Gesù si fermarono, probabilmente alla foce del Nilo, dove esistevano numerose comunità ebraiche e, forse, perfino qualche parente o conoscente degli sposi; né, di preciso, quanto tempo vi rimasero: comunque non più di due o tre anni, dato che Erode morì nel 4 avanti Cristo e Gesù nacque in un arco di tempo imprecisato fra il 7 e il 2, ma, più probabilmente, fra il 7 e il 6. Senza contare che molti storici moderni, diciamo pure la maggioranza, negano la storicità della strage degli innocenti, riportata, come si è detto, dal solo Matteo; per cui, se non vi fu la strage degli innocenti, non vi fu nemmeno la fuga e il soggiorno in Egitto.

Ma allora perché Matteo si sarebbe inventato un tale episodio? Solo per istituire una concordanza con le profezie di Isaia e con ciò che Dio disse a Mosè, quando gli ordinò di presentarsi al faraone per chiedere che il popolo ebreo fosse lasciato libero di partire dall’Egitto? Va detto, comunque, che alcuni storici ritengono che l’episodio della strage degli innocenti (che fu circoscritta alla sola Betlemme e ai soli bambini maschi nati negli ultimi due anni; per cui, secondo Giuseppe Ricciotti, non avrebbe coinvolto più di venti o trenta fanciulli, ciò che potrebbe spiegare il silenzio delle fonti contemporanee) perfettamente verosimile, dato il carattere sospettoso e crudele del re Erode. Lo scrittore tardo latino Ambrogio Teodosio Macrobio (V sec.) afferma che Augusto, quando seppe che Erode aveva fatto trucidare i suoi figli, Alessandro e Aristobulo (che egli stesso aveva a suo tempo giudicato, su richiesta del sospettosissimo padre, e che aveva entrambi assolti, convinto della loro innocenza), e sapendo che ai Giudei era proibito mangiare la carne di maiale, sarebbe uscito nella famosa esclamazione: È preferibile essere il maiale di Erode, piuttosto che suo figlio! Tutti, a Roma e nell’Impero romano – oltre, naturalmente, che a Gerusalemme e nella stessa Giudea -, sapevano bene quanto valesse la vita umana per Erode; pertanto non suscita meraviglia il fatto che il massacro di venti o trenta bambini ebrei, ordinato dal re, sia passato pressoché inosservato. La storia, che si riduce, spesso, alla storia dei grandi, ci ha abituati a ben altri silenzi.

In compenso, sia la strage degli innocenti che la fuga in Egitto della sacra Famiglia hanno sempre colpito molto l’immaginazione dei fedeli, e ispirato numerose opere, specialmente pittoriche, ma anche letterarie, e fin dai tempi antichi, ad esempio il grande poeta latino e cristiano Prudenzio, vissuto nel IV secolo. Fra gli artisti più famosi, Duccio di Boninsegna, Giotto, Guido Reni, Nicolas Poussin, Peter Paul Rubens, hanno illustrato la strage degli innocenti; e ancora Giotto, Beato Angelico, Tiziano, Elsheimer, Caravaggio, la fuga in Egitto; per non parlare delle numerosissime miniatura eseguite per illustrare codici di Bibbie e Messali. Se il primo episodio si impone per l’estrema drammaticità del soggetto, e per le meste riflessioni storico-filosofiche che suggerisce, come esempio della cieca violenza del potere ai danni dei più indifesi, il secondo commuove per l’atmosfera trepidante, raccolta, affettuosa, che evoca: una famigliola tutta sola contro la cattiveria del mondo, in fuga da un pericolo mortale, tenuta unita dall’amore reciproco dei due sposi, e di entrambi per la loro piccolissima creatura. Alcuni pittori, come Cima da Conegliano, hanno voluto raffigurare non la fuga in se stessa, ma il soggiorno in Egitto, sfruttando le possibilità figurative e le facili suggestioni dell’ambientazione esotica; ma il pittore veneto, curiosamente, a differenza degli altri non ha voluto cogliere questa possibilità e ha preferito collocare la scena, ambientata all’aperto, presso un grande albero, nel suo solito, amato paesaggio natio, mosso da dolci colline verdeggianti, e punteggiato da borghi e castelli sullo sfondo.

Entrambi gli episodi riferiti da Matteo sono di estrema attualità. La strage degli innocenti non può non far venire alla mente lo stillicidio quotidiano di aborti volontari, che sopprimono migliaia, milioni di vite sul nascere (circa cinque milioni e mezzo nella sola Italia, da quando la legge relativa, la n. 194, è entrata in vigore, nel 1978), al punto da aver contribuito in maniera consistente al crollo demografico che si registra in Europa negli ultimi decenni. E la fuga in Egitto non può non evocare l’attacco deliberato che viene sferrato contro la famiglia, e specialmente contro la famiglia cristiana, da una serie di leggi — debitamente discusse ed approvate nei vari parlamento del nostro continente — che liberalizzano sia l’aborto, sia l’equiparazioni delle cosiddette unioni civili al matrimonio, comprese le unioni omosessuali, sia l’adozione di bambini, da parte di queste ultime coppie, sia la fecondazione eterologa per le coppie lesbiche, o la pratica abominevole dell’utero in affitto (ancorché chiamata con nomi inglesi assai più neutri e pesino melliflui), sia l’introduzione dell’eutanasia anche per i bambini e i ragazzi sotto la maggiore età, come è da poco avvenuto in Belgio. E ora sono allo studio provvedimenti per un ulteriore giro di vite: ad esempio, il licenziamento di quei medici e infermieri che fanno ricorso all’obiezione di coscienza onde non dover praticare l’aborto volontario negli ospedali, oppure la denuncia e il relativo procedimento giudiziario a carico di tutti coloro i quali si permetteranno di sconsigliare alla donna in stato di gravidanza di ricorrere all’aborto nei confronti del suo nascituro. Francamente, non sappiamo che cosa d’altro si dovrebbe aspettare, per riconoscere che è in atto un attacco deliberato alla famiglia e che il vero obiettivo di tutte queste leggi è proprio quello di colpire, scompaginare e indebolire la stabilità, la sanità, e, naturalmente, la sacralità, del vincolo matrimoniale e dell’apertura dell’uomo e della donna alla procreazione,

E mentre i nostri bravi teologi neomodernisti e un certo numero di cardinali, vescovi e sacerdoti progressisti, relativisti e soggettivisti, sono affaccendati in tutt’altre faccende, o, se si occupano dei problemi della famiglia, lo fanno per mostrarsi possibilisti sia nei confronti del divorzio, sia dell’aborto, sia dell’eutanasia, sia, infine, dei cosiddetti matrimoni omosessuali, e, più in generale, delle cosiddette unioni civili (diciamo "cosiddette" perché sono esse che rifiutano il vincolo matrimoniale, dunque non si vede perché le si dovrebbe considerare alla stregua del matrimonio, coi relativi benefici: ma pare che a questo insignificante dettaglio nessuno presti attenzione), i fedeli sono lasciati da soli a battersi contro il dilagare dell’ideologia gender nelle scuole, spacciata dall’U.N.E.S.C.O. per educazione sessuale o per educazione alla salute, e contro le altre leggi che i parlamenti stanno sfornando con improvvisa, strepitosa solerzia, quasi che non vi fossero questioni più urgenti da affrontare, e ad organizzare i loro Family Day, nel silenzio assordante delle massime gerarchie ecclesiastiche, a cominciare dal sommo pontefice. In compenso, esponenti dell’ideologia radicale, divorzisti, abortisti, favorevoli all’eutanasia e alle unioni di fatto, sono ricevuti volentieri in Vaticano e ad uno di costoro, Eugenio Scalfari, il papa riserva una speciale simpatia ed amicizia, pubblicamente ostentata e resa ancor più sconcertante dall’abitudine di lasciarsi liberamente intervistare da lui, in una palese atmosfera di complicità e ammirazione reciproche. Tutto questo non è proprio normale; così come non è normale che proprio i difensori, in teoria, della famiglia, a cominciare dagli esponenti dell’area politica cattolica, o ad essa vicina, nella vita privata razzolino malissimo, perché i loro comportamenti personali minano, evidentemente, qualunque credibilità alle loro promesse e alle loro asserzioni, miranti a catturare le simpatie — e soprattutto i voti – di quei cattolici che non si sono ancora rassegnati ad assistere impotenti allo sfascio, programmato e voluto, dell’istituto familiare dei suoi valori caratteristici, a cominciare dalla visone cattolica della vita e della morale. Che senso ha dichiararsi favorevoli a delle politiche, anche di tipo economico e sociale, che tutelino e valorizzino la famiglia naturale, formata da un uomo, una donna, e, se possibile, dei bambini, quando si sceglie, a livello personale, la separazione o il divorzio e poi ci si risposa, o si instaura una convivenza? Bisognerebbe chiederlo a esponenti del mondo politico come Silvio Berlusconi, Pier Ferdinando Casini, Mario Adinolfi, Matteo Salvini, senza dimenticare esponenti del mondo della cultura e animatori di associazioni e movimenti cattolici, come il sociologo e studioso dei movimenti religiosi Massimo Introvigne, reggente di Alleanza Cattolica, dapprima esponente del cattolicesimo "tradizionale" e ora moschettiere indefettibile di papa Francesco, che ammette di aver lasciato moglie e figli, anche se smentisce di averlo fatto per andare a convivere con l’amante. Inutile dire che tutti costoro fanno una pessima pubblicità a chi davvero sostiene il valore della famiglia, e, quindi, assai meglio avrebbero fatto, e più rispetto e decenza avrebbero mostrato verso gli altri e verso se stessi, a tenere un basso profilo politico, quanto meno sulle discussioni relative a tale argomento, invece di presentarsi come paladini di una causa che sbandierano volentieri, ma in cui mostrano coi fati di non credere.

È chiaro che bisogna domandarsi, a questo punto, quale sia la motivazione ultima dell’attacco alla famiglia cui stiamo assistendo. È evidente, infatti, che prendere per buone le versioni ufficiali dei vari movimenti per i cosiddetti diritti civili, significa accettare le loro motivazioni di comodo: vale a dire la "difesa" dei più deboli, che, guarda caso, non sono mai gli sposi eterosessuali, magari gravemente indigenti, o i nascituri di poche settimane: oh, no, i più deboli sono le donne che vogliono abortire o le coppie omosessuali che si vogliono sposare e avere dei figli ad ogni costo; anche quando si tratta di ricchi, disposti a sborsare parecchie migliaia di dollari per prenotare un bambino, far impiantare gli ovociti nel grembo di una donna, pagare la gravidanza a un’altra, e poi portarselo via, strappandolo tanto alla madre biologica che a quella surrogata; e per questa bella porcheria hanno inventato una nobile e pensosa espressione, maternità o paternità surrogata, degna d’entrare a pieno titolo nel vocabolario dei neologismi più ipocriti degli ultimi decenni. Perché, dunque, tutto questo? Perché questo attacco al cuore della vera famiglia, l’unica degna di tal nome: quella che è sempre esistita e che esisteva fino a qualche anno fa, prima della formidabile campagna di opinione scatenata dai poteri occulti, massonici e globalisti, quale parte della loro inconfessabile strategia di dominio mondiale? La risposta, crediamo, è, in fin dei conti, molto più semplice di quel che si possa credere; addirittura intuitiva e quasi elementare. La famiglia, quella vera, è la base di tutto; è il perno di tutto, il cemento che tiene unita la società, che garantisce la trasmissione dei valori, la cura degli affetti, il rispetto della persona umana. Non la stiamo idealizzando: sappiamo bene che non tutte le famiglie sono così. D’altra parte, è da moltissimo tempo che sulla nostra società si rovesciano quantità industriali di propaganda anti-familiare: dalla pubblicità al cinema, dalla televisione alla letteratura, dalla musica leggera all’arte, intellettuali debosciati o scriteriati e finanziatori occulti e interessati non si stancano di bombardarci con messaggi che esaltano la ricerca esasperata del piacere individuale e, quindi, direttamente o indirettamente, irridono, screditano e delegittimano la stessa ragion d’essere della famiglia, presentata, sovente, come la causa, essa stessa (specie la tanto disprezzata famiglia borghese) di tutti i mali del mondo. Si pensi a certi romanzi di Alberto Moravia, a certi film di Marco Bellocchio o di Pier Paolo Pasolini, a certe pubblicità, a certe star del rock: senza misura, né rispetto alcuno, hanno fatto del tirare secchiate d’escrementi contro l’istituto familiare la loro stessa ragione di vita. Come stupirsi se, dopo decenni di questo martellamento, la famiglia è sempre più in crisi, e, ormai, la maggior parte dei giovani ha rinunciato del tutto all’idea di sposarsi? Dunque: distruggere la famiglia equivale a destrutturare la società: passaggio necessario verso il controllo totale dell’umanità. L’immigrazione selvaggia fa parte anch’essa di tale strategia. Per chi voglia vederlo, si tratta di un disegno di potere fin troppo chiaro…

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Wallace Chuck from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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