
La Vergine Maria, il tempo, l’ora della morte
29 Aprile 2016
Se l’arcivescovo vuol farsi un giro in bicicletta nel presbiterio della cattedrale…
1 Maggio 2016Joseph Sheridan Le Fanu!
Basta pronunciare il nome di questo scrittore irlandese, solitario ed elusivo quant’altri mai (nato e morto a Dublino, rispettivamente nel 1814 e nel 1873), la cui vita è stranamente silenziosa come quella d’un monaco o d’un fantasma, anche mentalmente; basta imbattersi in quel nome durante la lettura di un volume di storie del soprannaturale, per sentire evocare le forze misteriose dell’inconscio e farsi trasportare in qualche dimensione sconosciuta, popolata da sottili presenze, da indizi inquietanti, da arcane e inesplicabili suggestioni oniriche, ora angoscianti e spaventose, ora languide e dolcemente sensuali, ora bizzarre e surreali, ed ora, infine, decisamente angosciati e spaventose.
La cosa strana è che egli, in vita, non pensava affatto che sarebbe divenuto celebre per le sue storie del mistero e del soprannaturale, alle quali dedicò solo una parte delle sue notevolissime energie intellettuali, lottando contro una accentuata tendenza alla malinconia e alla depressione, che crebbe a dismisura dopo la morte della moglie amatissima, che gli aveva dato quattro figli, (1858) e che lo spinse, proprio come sarebbe accaduto all’americano H. P. Lovecraft, a condurre una strana vita da nottambulo, uscendo di casa pochissimo e solo col buio, e trascorrendo quasi tutte le notti a scrivere come un forsennato, a lume di candela, mescolando il sonno alla scrittura come per lasciarsi ispirare, o "possedere", dalle oscure presenze della notte; e dormendo poi buona parte del giorno, come uno strano animale, se non proprio come uno di quei vampiri che egli fu uno dei primi, se non il primo, a rievocare nelle pagine dei suoi racconti, ispirando, fra gli altri, Bram Stoker (che apparteneva alla generazione successiva, essendo nato nel 1847), col suo celeberrimo Dracula, e col suo meno noto, ma non meno bello, L’ospite di Dracula (cfr. il nostro articolo: "L’ospite di Dracula", racconto gotico poco noto di Bram Stoker, pubblicato sul sito di Arianna Editrice in data 24/02/2008).
Sia Le Fanu che Lovecraft sognavano, e sognavano moltissimo, con un accanimento spasmodico, quasi avessero voluto fuggire via da questa vita per entrare nel segreto di quell’altra, appena intravista nell’infanzia e mai più del tutto scordata; sia l’uno che l’atro lavoravano di notte, pensavano di notte, vivevano di notte; sia l’uno che l’altro si facevano quasi dettare i loro racconti da ciò che avevano visto in sogno, dalle oscure e inafferrabili entità che popolavano, in maniera stranamente nitida e "reale" (principe di Polonia di Calderon de la Barca, che te ne pare di questo canovaccio?), le loro notti irrequiete e i loro sogni profondi, allucinati, nei quali venivano trasportati in un "altrove" nel quale tutto diventa possibile, perché cadono e si sbriciolano come sabbia le pareti che dividono il possibile dall’impossibile (o che non crediamo li dividano…), perché esistono solo nella dimensione razionale della nostra vita ordinaria.
Alcuni romanzi di Le Fanu, come Lo Zio Silas e La vendetta del lago (titolo originale: Il baronetto posseduto), e alcuni dei suoi racconti, come Carmilla, Il tè verde, Schalken il pittore, Il giudice Harbottle, sono dei veri gioielli nel genere del mistero e del soprannaturale, e spiccano per la loro grazia strana e quasi incongrua: come se l’autore avesse voluto avvolgere nella dolcezza e nella fragranza di uno stile carezzevole e di una pittoricità da consumato acquarellista, una realtà morbosa e indicibile, la quale, tuttavia, giace sempre un passo più in là della nostra facoltà visiva e, pertanto, ci ossessiona proprio per quel suo non rivelarsi mai pienamente, pur lasciando intuire abbastanza di sé, da provocare una angosciosa consapevolezza che è impossibile ignorare. Il tutto, peraltro, reso più gentile, e stranamente seducente, da una sottilissima, garbata ironia che qua e là, misteriosamente, e tuttavia, chi sa come, naturalmente, si insinua nella pagina e che, se da un lato alleggerisce la tensione drammatica del racconto, dall’altro, non di rado, contribuisce sapientemente ad accentuarla, proprio per la sua strana e fredda estraneità, e quasi per la sua oggettività scientifica, come se Le Fanu stesse descrivendo qualche cosa di talmente reale, di talmente certo, da poterlo descrivere, senza tema di smentite, guardandolo attraverso la lente implacabile dello studioso e non già coprendolo dietro i veli della vaghezza e della lontananza. Ed è da questo curioso atteggiamento di distaccata scientificità che nasce, quasi evocata inconsciamente, la figura del dottor Hesselius, improbabile e imperturbabile studioso tedesco, espertissimo in fenomeni del paranormale e del soprannaturale, questo insolito investigatore dell’occulto che sarà, anch’egli (come, del resto, il celeberrimo vampiro Carmilla: che è, colpo di genio, un vampiro al femminile) l’antesignano e quasi l’annunciatore di tutta una serie di suoi eredi e successori, dal Carnacki di William Hope Hodgson (1877-1918) al Jules de Grandin di Seabury Quinn (1889-1969).
Ci eravamo già occupati di lui nel corso di diversi articoli, in particolare in quelli intitolati I paesaggi rappresentati da un artista sono finestre aperte su di un’altra dimensione? e Quel senso d’infinita beatitudine nell’ultimo raggio del sole al tramonto (pubblicati sul sito di Arianna Editrice, rispettivamente in data 30/12/2009 e 20/01/2012). Ha scritto il regista, drammaturgo e attore Riccardo Reim nel saggio Il principe invisibile (in: J. S. Le Fanu, Carmilla; traduzione di Roberta Formenti, Milano, Mondolibri, 2009, pp. 9-10):
…L’odierna fortuna di Le Fanu (che dopo la sua morte rimase nel dimenticatoio per circa due generazioni), mentre oggi, in pratica, non esce un’antologia di storie nere o fantastiche che non contenga almeno un suo racconto) si deve soprattutto all’autorevole — e in fatto di fantasmi davvero inappellabile — giudizio di Montague Rhodes James. Il "provost" di Eton (autore anche lui di elegantissime storie del soprannaturale come "The Treasure of Abbot Thomas", "The Mezzotint", "The Ash-tree", "A school story"…) pubblicò infatti nel 1923 un’antologia di racconti "ritrovati" dello scrittore irlandese, "Madam Crowl’s Ghost and Other Tales of Mistery", corredata da una breve ma entusiastica prefazione nella quale si riconosceva a Le Fanu "un posto assolutamente in prima fila tra gli scrittori di storie di fantasmi", al pari, se non di più, di Scott e di Dickens: "Nessuno sa allestire il palcoscenico meglio di lui; e nessuno meglio di lui sa aggiungere poi il dettaglio efficace" (M. R. James, a cura di, J. S. Le Fanu, "Madam Crowl’s Ghost and Other Taleof Mistery", G. Bell & Son, London, 1923). Dettagli, appunto; e mai pleonastici. Spie, tracce, indizi: minuzie che hanno un rapporto per lo meno simbolico con la trama in modo tale da far apparire ogni cosa rivestita di un significato potenziale.
"Il modo di scrivere di Le Fanu era piuttosto curioso", osserva David Punter, "in quanto egli lavorava in termini di racconti brevi, novelle e romanzi, ma il più delle volte usando delle strutture d’intreccio notevolmente simili per tutti e tre i diversi generi" (cfr. D. Punter, "Storia della letteratura del terrore"), e, bisogna aggiungere, in modo assai sofisticato e spesso con sottile ironia motivi "gotici" stabiliti sulla sia di Maturin e della Radcliffe. Ma c’è dell’altro, e ce lo rivela il figlio minore dello scrittore nei suoi ricordi raccolti e pubblicati nel 1916 da S. M. Ellis: "Il suo metodo di lavoro era alquanto particolare. Usava scrivere soprattutto di notte, a letto, adoperando dei grossi quaderni rilegati. Vi erano sempre due candele sul comodino, e una di queste veniva lasciata accesa anche mentre si concedeva qualche breve sonno. Risvegliatosi verso le due del mattino, si preparava del tè molto forte — ne beveva tantissimo -, poi scriveva ancora un’ora o due, in quel breve periodo strano della notte in cui la vitalità umana sembra venire meno e si dice che le potenze occulte prendano il sopravvento. Non c’è quindi tropo da stupirsi, con il cervello così costantemente in attività giorno e notte a creare vicende terribili misteriose, se Le Fanu fu spessissimo tormentato da sogni orrendi" ("The Bookman", ottobre 1916).
Dunque "The Invisibile Prince" (così lo avevano affettuosamente soprannominato i pochi amici) pare quasi volersi identificare, soprattutto dopo la morte della moglie avvenuta nel 1858, negli obliqui personaggi partoriti dalla sua stessa fantasmi: "In quegli ultimi anni di vita usciva di radio da questa clausura, sempre di sera e col buio, per recarsi negli uffici della sua rivista oppure nella bottega di qualche libraio antiquario alla ricerca di opere sulla demonologia o sui fantasmi" ("The Bookman", c. s.). Non si direbbe la descrizione del protagonista di qualche "ghost-story" scritta nel pieno rispetto di tutte le regole? Le tenebre, la solitudine, il silenzio, la tremolante luce delle candele entrano ormai a far parte integrante della vita dello scrittore, che negli ultimi quindici anni di lavoro dà il meglio di sé con una quindicina di stupendi racconti (come […] il celebre "Carmilla", per l’appunto, o "Madam Crowl’s Ghost", il racconto preferito da M.R. James) e con il più riuscito dei suoi romanzi, "Uncle Silas" (1864), "che si potrebbe giustamente ritenere il primo capolavoro inglese propriamente gotico dai tempi di "Melmoth the Wanderer". Si direbbe quasi che sottraendosi man mano alla realtà tangibile Le Fanu acquisti forza e lucidità nella scrittura, che riesca a trovare una qualche segreta fonte di energia e di ispirazione. Una strana coincidenza? Un"allarmante "infiltrazione"? O forse un estremo, indecifrabile tradimento del reale, un ulteriore "tale of mistery" ancora tutto da scrivere?…"
Sheridan Le Fanu è stato anche un maestro della parola allusiva, del non detto, del suggerito; e lo è stato con una levità di tratto e con un sapienza di senso della misura, che potrebbero insegnare molto a chi li sapesse cogliere nel loro gusto valore. Si prenda il caso della personalità di Carmilla, la protagonista del suo racconto probabilmente più famoso. Questa donna vampiro è, senza dubbio, attratta dalle ragazze dolci e ingenue; ma la sua omosessualità, benché debba essere esplicita, nelle pagine di Le Fanu è solamente accennata, o meglio, è narrata con tale riserbo e, si direbbe, con tale pudore, che si stenterebbe a penetrarla in tutta la sua portata e ad afferrarne il pieno significato, se non vi fossero degli indizi pressoché inequivocabili al riguardo; e si resterebbe in sospeso, incerti nel giudizio, come lo è fanciulla che diventa l’oggetto delle sue morbose — e pericolosissime — attenzioni. Quale abissale distanza da quegli scrittori e, soprattutto, da quei registi cinematografici e televisivi, i quali, negli ultimi anni, si sono impadroniti del soggetto, e che hanno fatto del binomio vampirismo-omosessualità una bandiera da sventolare, senza riguardi e senza alcun senso di mistero, con la stessa eleganza e con la stessa delicatezza che ci si può aspettare da un bufalo che faccia irruzione in un negozio di porcellana! Ma questa osservazione non vale solo nel caso specifico di questo personaggio, né solo per questo autore. La letteratura e il cinema del mistero e del terrore soprannaturale hanno fatto polpette dell’elemento più prezioso che contraddistingue questo particolare genere: ossia della capacità di suscitare forti sensazioni, senza mai mettere il soprannaturale in piena luce: perché, qualora lo si faccia, lo si rende penosamente goffo, se non ridicolo; e anche perché si tratta di una impossibilità logica e artistica: come si potrebbe mostrare apertamente ciò che, per definizione, non appartiene a questo mondo?
Povero Le Fanu. Incompreso allora; incompreso adesso che, a tanta distanza dalla morte, è divenuto celebre. Chi sa cosa penserebbe di esser divenuto noto a tutti i lettori del genere gotico, a queste condizioni e in una simile prospettiva. Già la sua vita non è stata felice: è stata un pallido pellegrinaggio fra le ombre della notte, in un mondo di sogni e incubi popolati da presenze malefiche o, comunque, minacciose. Dopo essere rimasto vedovo, i suoi quattro figli non sono bastati a riempirgli il vuoto immenso lasciato dalla moglie, la bellissima Susan Bennet, dopo quattordici anni di matrimonio. Si è rifugiato sempre più nelle ombre della notte, inseguendo i suoi fantasmi e i suoi rimpianti; e ha perso il contatto con il mondo dei vivi. Vi sono persone che cercano la solitudine per nascondersi e altre che la cercano per ritrovarsi. Alla prima categoria appartengono gli sconfitti; alla seconda, i mistici e gli assetati di assoluto. Gli uni cercano un sollievo alla loro debolezza e alla loro incapacità di vivere la vita sino in fondo; gli altri sono dei forti, che cercano il mezzo per liberarsi del fardello del loro ego e per lasciarsi riempire dalla pienezza di Dio. Le Fanu sembra essere appartenuto alla prima categoria. La sua anima era abbastanza grande da sentire ciò che le mancava, e il suo genio poetico era abbastanza sviluppato da saperlo formulare; però la sua volontà e, forse, la sua fibra morale, erano impari al compito di fare il salto di qualità per passare — come direbbe Kierkegaard – dalla dimensione estetica a quella etica, e trascendere così la propria infelicità, riportando la vittoria sulle sue delusioni e sulle sue amarezze.
È un peccato che un uomo della sua intelligenza, della sua sensibilità e della sua capacità di lavoro non sia riuscito a trasformare il dolore della perdita in una superiore consapevolezza della vita e della morte. In fin dei conti, è questo che dovrebbe fare uno scrittore, e che ci si aspetta da lui; o no?
Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Wallace Chuck from Pexels