
Una pagina poco nota di Fénelon apre uno squarcio insolito e affascinante
28 Luglio 2015
John Keats: quando un poeta s’improvvisa maestro di vita, ma pessimo maestro
28 Luglio 2015L’errore fondamentale della psicologia moderna, ma anche della pedagogia, della filosofia, della politica moderne, consiste nell’idea che si possa costruire l’essere umano, senza riconoscerlo come persona, ma solo ponendolo (e presupponendolo) come individuo; e senza che ci si ponga, contemporaneamente, l’obiettivo di realizzarlo in quanto persona buona, e non in quanto persona indifferente, o cattiva.
L’essere umano è persona: ciò significa che possiede una natura spirituale; che questa natura spirituale è la sua essenza, la sua parte specifica, in quanto creatura; e che la sua natura spirituale richiede un arduo e costante lavoro su se stesso, al fine di realizzare il proprio essere, così come deve essere.
Ora, come deve essere, l’essere della persona? Deve essere buono; oppure non essere. In altre parole: l’uomo deve realizzarsi in quanto persona buona; se non si pone questo obiettivo, o se non vi riesce, ciò che ne risulta è una persona indifferente, o addirittura cattiva; ma una persona indifferente o cattiva è una creatura mostruosa: perché, in quanto persona, ha una natura spirituale, e dunque suscettibile di grandezza; ma tale grandezza si indirizzerà verso il nulla o verso il male. Nell’un caso e nell’altro, le conseguenze saranno disastrose, sia per la persona medesima, che finirà per disgregarsi, o per autodistruggersi, sia per le altre persone, le quali, da essa, non riceveranno niente di buono, semmai subiranno del male.
Questo è l’immenso privilegio e la tremenda responsabilità di nascere come esseri umani: che bisogna realizzarsi in quanto persone buone, oppure fallire completamente e condannarsi all’inferno della non-persona. Essere non-persona è il destino peggiore cui possa andare incontro una creatura umana: come la non-verità, la non-persona è una mina vagante, un pericolo per se stessa e per gli altri, un aborto mostruoso, che grida vendetta al Cielo. Ogni essere umano riceve gli strumenti sufficienti a divenire una persona, e una persona buona; se non lo fa, o se non vi riesce, non può dare la colpa a nessun altri che a se stesso. E, con ciò, è come se firmasse la propria condanna, definitiva e inappellabile, con le sue stesse mani.
Tremenda è la responsabilità dell’essere umano che diviene una non-persona; ma tremenda è anche la responsabilità collettiva, di quella società che contribuisce a creare non-persone (anche se la responsabilità ultima è sempre del singolo, e mai del gruppo). Il diffondersi del modello della non-persona porta alla distruzione della società: nessuna società può reggersi sulle non-persone; per esistere e prosperare, essa ha bisogno di persone, e di persone buone. Sembrerebbero cose addirittura ovvie, quasi banali, da dirsi; eppure, si ha l’impressione che queste semplicissime verità siano state dimenticate, e questo proprio in una fase culturale caratterizzata dalla orgogliosa sicurezza di aver capito tutto, e perfino smascherato i trabocchetti della ragione e le ipocrisie del conformismo. E invece no: si è perso di vista l’essenziale.
L’essenziale, per una società — a cominciare da quella società fondamentale che è la famiglia — è la consapevolezza di non potersi permettersi il lusso di sprecare tempo ed energie in cose futili o capricci e fantasie da quattro soldi; di non poter concedersi di andare a caccia di farfalle, quando il nemico batte alle porte e il fuoco degli incendi sta già divampando in parecchi punti: deve guardare la realtà dritta negli occhi, rimboccarsi le maniche e ricominciare a formare delle persone, delle persone buone. Troppo a lungo ha insegnato, dandone il pessimo esempio, l’egoismo, la disonestà, la furbizia amorale, la cupidigia, la lussuria, l’avarizia, la violenza, l’ira, la superbia, l’idolatria, il cinismo, l’egoismo, la superficialità, la crudeltà, l’indifferenza. Ora si trova popolata di non-persone, le quali, con i loro comportamenti e con il loro modo di vivere, mettono in crisi l’intera struttura sociale, la tengono in ostaggio, la spingono verso la totale dissoluzione. La società moderna si dispone a mietere il raccolto di ciò che aveva largamente seminato: il caos. Non si può prendere in giro Dio.
La vita è una cosa seria, e lo scopo per cui si viene al mondo non può essere, semplicemente — come insegnano l’edonismo ed il relativismo oggi imperanti — quello di godere il più possibile e di assicurarsi tutti i vantaggi e le comodità che sono a portata di mano, con qualunque mezzo e senza riguardi per alcuno. La vita deve avere, e in effetti ha, uno scopo più alto, una ragione ben più profonda: e ciascuno è chiamato a fare la propria parte, realizzando la parte migliore, e la più vera, di se stesso: vale a dire, diventando una persona buona.
Oggi la bontà viene derisa, oppure — il che è lo stesso — viene svalutata, mediante un abuso di buonismo dolciastro: in entrambi i casi, non viene presa sul serio. Nessuna meraviglia, dunque, che, in una società ove si è smesso di considerare con serietà il bene, si raccolgano incessantemente frutti di male. Prendere in giro il bene, equivale a voler prendere in giro Dio: ma Dio non si lascia prendere in giro. Così, tutto quello che l’uomo riesce a fare, è di prendersi in giro da se stesso, con le sue proprie mani.
Osserva, in proposito, Wilma Chasseur (in: «Temi di predicazione: Omelie», Napoli, Editrice Domenicana Italiana, n. 72, dicembre 2003, pp.28-29):
«Perché il grande problema dell’uomo di tutti i tempi, non è quello del vivere, ma quello di dare un senso alla propria vita e di percepire la dimensione spirituale ed eterna del proprio andare e del proprio esistere.
"Noi di tanto in tanto sperimentiamo di essere eterni", diceva già Seneca, nel primo secolo avanti Cristo. Infatti capita che a volte sentiamo, come a sprazzi, che "l’homme passe l’homme" (l’uomo supera l’uomo) come diceva già Pascal. In certi momenti ne abbiamo l’impressione fugace, ma avvertiamo il bisogno di sentirlo in modo costante perché noi, a differenza degli animali, non abbiamo solo il problema del vivere, ma di sapere perché e per chi viviamo. La nostra vita ha senso se la impostiamo come l’incontro con Qualcuno, con qualcuno che viene, anzi è già presente. […]
Conversione: ecco la grande impresa che ogni uomo e ogni donna deve intraprendere nella sua vita, e portare a compimento! Tutte le altre, le può anche fallire, ma questa no, perché altrimenti fallisce il suo destino eterno. E questa impresa può essere riassunta in quattro parole molto semplici: scegliere il bene e rinunciare al male.
Viviamo in una società che non sa più cosa sia il bene e cosa sia il male. Se è sempre stata opera ardua, scegliere il bene e rinunciare al male, prima, perlomeno, sia sapeva cosa fosse il bene e cosa il male. Mentre ora si sta stravolgendo tutto; si spaccia per oro colato ciò che è spazzatura e lo si chiama pluralismo etico: pare infatti che, in virtù di chissà quale progresso, tradire, rubare, mentire, ecc. non sia più un male, ma un bene di cui vantarsi dimostrando così di essere furbi e in gamba!…
Il che vorrebbe dire che ciò che è un bene per alcuni possa essere un male per altri (ecco il pluralismo etico!) o che ciò che prima era male oggi sarebbe un bene, come se l’uomo di oggi non fosse più una persona fatta ad immagine di Dio, ma fosse diventato, in virtù di chissà quale evoluzione, ad immagine delle bestie! […]
In nome dunque di uno strampalato pluralismo etico, si vogliono stravolgere i valori morali e negare che il bene è uno, la verità è una, sempre e in ogni luogo. La legge morale naturale è uguale per tutti, per cui tradire, rubare, uccidere, mentire ecc. sarà sempre male: è un imperativo della ragione universale, valido in ogni tempo e in ogni cultura.
Senza di essa, non ci sarebbe neanche una base comune su cui legiferare, e nessuna società può costruire una convivenza comune e pacifica tra i popoli, senza l’osservanza di questa legge morale, che sono poi i dieci comandamenti.
L’uomo deve recuperare la volontà e la sacrosanta ambizione di costruire se stesso come persona buona, leale, sincera, onesta, perché solo così si costruisce; in caso contrario si demolisce non solo la persona, ma l’intera società. E l’uomo perde il tesoro più bello che è,inscritto nelle profondità del suo essere: l’immagine e somiglianza divina. Ma questa immagine può essere recuperata interamente imboccando la via del bene, perché il male la può solo nascondere, ma mai cancellare del tutto.»
Dunque: per realizzare il fine della persona buona, è necessario che la società non cada nel relativismo; che conservi ben chiara la cognizione della legge naturale; che non si stanchi di parlare, sempre, ma specialmente ai bambini e ai giovani, del bene e del male.
Abbiamo bisogno di persone, e di persone buone; non di altri individui anonimi, pronti a confondersi nel gregge e desiderosi solo di assicurarsi quei beni effimeri, illusori, o addirittura controproducenti, che appaiono desiderabili solo perché tutti sembrano desiderarli, ma che pochissimi, o nessuno, si domandano se lo siano davvero. Di buoi belanti nel gregge ne abbiamo fin troppi, con il loro bravo campanaccio dondolante appeso al collo. E anche di pastori senza scrupoli, che prendono la guida di un siffatto gregge e che lo conducono non sui pascoli migliori, ma in luoghi aspri e deserti, dove le belve feroci lo assaliranno e ne faranno strage: anche di simili pastori, folli o mercenari, non abbiamo alcun bisogno.
Sono ormai necessari una levata d’orgoglio, un soprassalto di fierezza. Non si può assistere oltre allo spettacolo del disfacimento morale degli esseri umani e al disfacimento politico, economico e spirituale della società in cui viviamo. Dobbiamo diventare tutti un po’ più esigenti, un po’ più fieri: ed essere pronti a reagire ogni volta che assistiamo alla derisione del bene e allo spudorato elogio del male. Nel cinema, alla televisione, nella letteratura, nell’arte, nella filosofia, nella politica, nella musica, nel tempo libero, dobbiamo imparare ad essere più attenti, più severi, più intransigenti: non si può seguitare a scherzare su cose dalle quali dipende la nostra possibilità di sopravvivenza, sia come singoli, che come società.
Nello stesso tempo, dobbiamo ridiventare sensibili al bene, alla verità, alla giustizia, alla bellezza. Dobbiamo cercarle, senza stancarci mai; dobbiamo tentare di realizzarle, già nel piccolo, umile capolavoro nascosto delle nostre vite, delle nostre famiglie, del nostro lavoro. Dobbiamo imparare a riconoscerli, ad apprezzarli, a lodarli, a ringraziarli: mai più dovrà accadere che passiamo loro accanto senza vederli, e senza fermarci per ammirarli, per incoraggiarli, per cantarne le doverose lodi. Il bene non è mai scontato: è una conquista, e una conquista faticosa. Così pure la verità, la giustizia, la bellezza: ogni loro vittoria deve essere anche una nostra vittoria; ogni loro sconfitta, una nostra sconfitta.
Il mondo in cui viviamo diventa un po’ più bello, ogni volta che qualcuno pianta un fiore, fa una carezza, pronuncia una parola buona; diventa un po’ peggiore, ogni volta che qualcuno manifesta invidia, gelosia, disprezzo per qualcun altro o per qualcosa. E lo stesso avviene per la bontà, la verità e la giustizia. Nessun gesto è indifferente: l’indifferenza fa il gioco del male, mai del bene; perché il bene è una conquista, il male è un semplice lasciarsi andare. Ma il bene, da soli, non possiamo realizzarlo: dobbiamo chiedere aiuto a Dio.
E, per prima cosa, dobbiamo chiedere a Dio di donarci un cuore nuovo, al posto del vecchio cuore di pietra. Abbiamo bisogno di un cuore nuovo, fatto di carne, che sia capace di amare, di soffrire, di sperare, di pregare, di perdonare. Dobbiamo spogliarci del vecchio cuore di pietra, riconquistare la nostra vera umanità: e, insieme ad essa, anche la nostra coscienza di persone, le quali vogliono diventare persone buone. Per riuscire a realizzarci, per non fallire il senso e lo scopo delle nostre vite. Fallire in ciò, equivarrebbe a precipitare nel nulla.
Non è troppo tardi; non è mai troppo tardi. Possiamo farcela. Il nemico batte alle porte, dentro e fuori di noi. Sono le nostre passioni disordinate ed egoistiche, da un lato; e gli appetiti scatenati e violenti che erompono dalla società, dall’altro. Sembrerebbero delle forze immani, invincibili: parrebbe impossibile resistere alla loro furia. E invece è assai più facile di quel che si creda. Il male è fragile, non ha radici profonde, né perseveranza; il bene che viene da Dio, non si esaurisce mai…
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