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26 Luglio 2013Così Mario Praz, l’illustre anglista e critico d’arte e di letteratura, riassumeva la figura e l’opera di Sir Thomas Browne nella sua ormai classica «Storia della letteratura inglese» (Firenze, Sansoni, 1951, pp. 149-50):
«Della preponderanza dell’interesse religioso in questa età [ossia intorno alla metà del XVII secolo], l’opera del medico Thomas Browne (che aveva fatto i suoi studi a Montpellier, a Padova e a Leida) offre un caratteristico esempio. Se la si confronta con l’opera d’un dottore umanista, il Burton, troviamo, in luogo della multiforme pedantesca curiosità di quest’ultimo, una passione per le questioni teologiche e la convinzione di esser designato dal Signore a recare un messaggio agli uomini.
Questo messaggio il Browne lo espresse in "Religio Medici" (pubblicato nel 1643), appassionata professione di fede d’un membro di quella classe (i medici) di solito accusata di scetticismo: miracolosa combinazione di tono umano, di eloquente gravità, di sereno equilibrio. In fatto di religione, il Browne aveva facilmente trovato quel compromesso, "quell’onesta possibilità d’una riconciliazione", che a un uomo della generazione precedente, quale John Donne, era costata anni di lotte e di dubbi.
Al Browne era possibile appartenere alla chiesa riformata e al tempo stesso non aver nulla da rimproverare alla propri coscienza per la naturalwe inclinazione ch0egli sentiva verso pratiche definite superstiziose da un "traviato zelo. Grazie a "Religio Medici" il Browne è uno degli iniziatori del saggio moderno: sulle orme di Montaigne e di Bacone, fu uno dei primi a esplorare l’allora malnota regione dell’ "io" cotidiano, quell’ "io" che è sede di fuggevoli pensieri, di singolarità di gusto e di sentimento, quali gli scritori precedenti o non avevano creduto meritevoli d’esser ricordate per iscritto, ovvero avevano rivestito della forma convenzionale d’asserzioni impersonali e generiche.
Accanto a quest’aspetto moderno, ne troviamo nel Browne uno tipicamente secentesco, rivelatoci in "Pseudodoxia Epidemica" (1646), l’opera in cui egli intraprese a confutare gli errori popolari con ragionamenti che possono far pensare a quelli del manzoniano don Ferrante (spesso il Browne mostra con complicate ragioni perché certi effetti siano improbabili, e soltanto alla fine produce la ragion sufficiente e necessaria della loro improbabilità, che cioè tali effetti non si verificano mai); del reso il Browne credeva nell’esistenza delle streghe, e nel 1664, con un suo parere, causò la condanna a morte di alcune donne accusate di pratiche magiche.
Le altre opere del Browne, soprattutto "The Garden of Cyrus" (in cui sfogò la sua passione di trovar mistiche disposizioni geometriche nella natura) [in questo il Browne, più che secentesco, può dirsi medievale; e col supremo genio del Medioevo, Dante, egli mostra una simpatia attestata da molte citazioni e derivazioni d’opinioni; nota del Praz], e Hydriotaphia", o "Urn Burial", trattato sulle urne sepolcrali, son piuttosto documenti d’erudita eleganza e di stile minuzioso, prezioso e di soave cadenza, ove parole e immagini son volte e rivolte in tutte le loro sfaccettature, e incastonate nel contesto con un’arte squisita che fa pensare alla perizia degli orefici (quella che i francesi chiameranno "écriture artiste").»
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