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Il dramma della cultura moderna è lo sviluppo unilaterale della vita interiore

Nel precedente articolo «Vedere l’essenziale e formare il carattere, i due pilastri della pedagogia di F. W. Foerster » (apparso sul sito di Arianna Editrice in data 02/07/2012) abbiamo cercato di delineare i tratti fondamentali del pensiero educativo, oggi a torto quasi dimenticato, del filosofo e pedagogista berlinese Foerster.

Ora vorremmo invitare il lettore a confrontarsi direttamente con i testi di questo notevole e vigoroso pensatore, rinviandolo, in modo speciale, alla sua opera fondamentale: «Scuola e carattere» (titolo originale: «Schule und Charakter. Moralpädagogische Probleme des Schullebens», Zürich, 1907, e Recklinghausen, 1953; edizione italiana a cura di Aldo Agazzi, Brescia, La Scuola, 1957, 61-64):

«… si può senz’altro affermare: vera educazione è la capacità di distinguere nella vita ciò che è essenziale da ciò che è contingente, e carattere è la forza di manifestare, anche nella condotta di vita, questa distinzione. Ma come può oggi dominare un tale altissimo ideale, che indirizza e raccoglie le energie, se ogni piccolo individuo si arroga il diritto di giudicare i vivi ed i morti e fa di se stesso la misura di tutte le cose?

Il Goethe ha giustamente assegnato un posto decisivo nella sua "Provincia pedagogica" alla "reverenza": soprattutto per ciò che sta al di sopra di noi. Il chinarsi dinanzi a qualche cosa infinitamente più alto di noi è la vera condizione affinché l’uomo possa essere educato, cioè "tratto fuori" da se stesso. Ma nessun sentimento è così lontano dallo spirito esclusivamente critico della nostra epoca, quanto questa reverenza.

Così accade che l’ideale, secondo il quale uno deve educare se stesso e gli altri, sempre meno nasce da una saggezza e da un’esperienza universale, diventando sempre più una pura espressione di limitatezza e unilateralità individuale. Proprio il Goethe previde questa situazione quando scrisse: "Ogni individuo si spaccia oggi per condottiero e stima la sua completa pazzia una cosa perfetta".

Le conseguenze di questo spirito del nostro tempo si rivelano più fatali che mai nella pedagogia. Se si considera ciò che la letteratura pedagogica ha prodotto negli ultimi decenni, si trovano molti pregevoli suggerimenti, molte esperienze istruttive e indubbiamente molta critica sana e feconda del passato; ma sempre più evidente appare la mancanza di un ideale educativo chiaro, saldo e universale, che tenga conto di tutte le esigenze della vita, consideri tutte le forze psichiche nel giusto ordine gerarchico,.me prescriva il corrispondente rimedio per tutti i pericoli latenti nella natura umana. Questa mancanza porta appunto a ciò, che anche le migliori e più sane aspirazioni e tendenze della pedagogia moderna degenerano sempre a causa della loro unilateralità.

Così abbiamo oggi una forma estremamente decadente di "cultura estetica", in cui il culto della bellezza si è staccato dai superiori interessi dell’anima e perciò malgrado ogni profumo, deve condurre nel fango; abbiamo una "cultura sportiva", che porta a esagerazioni morbose, non solo in Germania, ma molto più ancora nei Paesi anglosassoni, perché le manca il giusto contrappeso di cultura spirituale, una chiara coscienza di ciò che è essenziale e di ciò che è secondario. Abbiamo una cosiddetta "cultura dell’amore", in cui la vita amorosa degenera, perché si sottrae alle leggi eterne di una vita veramente personale e fa dell’uomo un semplice frammento erotico, anziché collegare più profondamente proprio le più forti passioni con la l’intera personalità; abbiamo una "cultura del lavoro", che minaccia di diventare un0attività senz’anima, poiché il lavoro diventa scopo a se stesso e manca la chiara subordinazione del "laborare" all’"orare"; abbiamo, in fine una "cultura dell’intelligenza", nella quale l’intelletto è avulso dalla vita totale dell’anima e procede in astratta unilateralità, senza essere guidato da una più profonda conoscenza della vita, senza rispetto per verità che trascendono ogni comprensione e sono tuttavia più reali di ogni cosa che si vede e che si tocca. […]

Se, ora, questo mondo spirituale disorganizzato entra nella stretta cerchia della scuola e, compresso in pochi anni, viene infuso nelle giovani menti come materia d’insegnamento, non ne può naturalmente derivare che un caos; e non c’è poi da stupirsi se da questo caos, nonostante tutta la coscienziosità e l’amore dell’insegnante, , non escono caratteri organizzati, uomini che sappiano sollevarsi al di sopra della vita, vincere il destino, subordinare a ciò che è importante ciò che non lo è, far servire la materia allo spirito, la tecnica all’amore, la scienza alla coscienza; ma invece anime deviate e confuse, che non sono se non una molteplicità di interessi contrastanti, che dissolve il carattere. A che giova, ad esempio, l’istruzione religiosa cristiana, quando l’insegnamento della storia è completamente dominato dall’esaltazione del successo?

Perciò, un imo potante ramo della pedagogia è indubbiamente la "scienza dell’Ideale". Senza tener presente e meditare incessantemente il fine universale dell’educazione dell’uomo, il pedagogista non è in grado: primo, di porre ogni singolo fattore dell’educazione nel giusto rapporto con l’educazione integrale; secondo, di assicurare ad ogni singola azione pedagogica il necessario contrappeso che impedisca uno sviluppo unilaterale della vita interiore e delle energie attive; terzo, di adottare un criterio costante per la scelta dei giusti metodi educativi e per l’esame di nuovi suggerimenti e proposte nel campo pedagogico; quarto, di impedire una limitazione dell’ideale educativo ad opera di esigenze contingenti.»

Fonte dell'immagine in evidenza: Wikipedia - Pubblico dominio

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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