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Freud, tuttologo anticattolico, Diana e Maria SS.ma

Quanti del pubblico medio sanno che Sigmund Freud, creatore di quella pseudo-scienza, o piuttosto di quella forma di bassa magia nera, che è la psicoanalisi, era anche un grafomane e un tuttologo incontenibile? Che su tutto, ma proprio su tutto, dall’alto della notorietà che era venuto guadagnando e del favore con cui le sue tesi venivano accolte nei luoghi che contano e dove si decide quale pappa somministrare alle persone comuni in luogo della vera cultura, si sentiva autorizzato e patentato a dire la sua, per quanto bislacche e inconsistenti fossero le sue teorie? E che aveva una spiccata preferenza per tutto ciò che è corrosivo e demolitore nei confronti della religione cristiana cattolica, da lui considerata ovviamente come un mito, o un insieme di miti, nella più trista e banale prospettiva positivista e storicista di fine ‘800 (quindi in ritardo rispetto ai fermenti intellettuali più vivi del suo tempo, nei quali, bene o male, ci si poneva di fronte al cristianesimo con un minimo di oggettività e serietà, pur senza aderirvi e anzi mantenendo tutte le riserve proprie della cultura moderna)?

Per chi ignorasse questo lato della multiforme attività dell’instancabile dottore ebreo viennese, che a un certo punto si mise a girare il mondo, largamente osannato dalle istituzioni culturali che detengono lo scettro del potere, e ostacolato solo quel tanto che bastava a presentare il suo verbo come incompreso e respinto dai settori più retrogradi e oscurantisti del pensiero contemporaneo, (come già era capitato a Darwin e al suo verbo evoluzionista, vanamente contrastato dagli esponenti della cultura cristiana e cattolica), per diffondere il verbo della sua nuova religione psicoanalitica, è utile e istruttiva la lettura d’un suo breve saggio del 1911, quando ormai le sue teorie si erano conquiste un primato che sarebbe sempre più cresciuto e che mai più qualcuno avrebbe osato mettere in discussione, dal titolo Grande è la Diana degli Efesini. Si tratta di un pamphlet che, dietro le apparenze distaccate di una riflessione puramente storica e di una notazione spassionata di carattere antropologico, sul modello di sir James Frazer e del suo Ramo d’oro (The Golden Bough. A Study in Comparative Religion, prima edizione 1910), in realtà mira a storicizzare radicalmente il cattolicesimo e in particolare il culto mariano, svuotandolo di ogni verità trascendente, con la tattica del dire e non dire, ma piuttosto insinuare e lasciar immaginare. Il tutto sulla base di credenziali scientifiche assolutamente inesistenti, ma semplicemente sfruttando la propria notorietà e popolarità, specie presso gli ambienti sociali i progressisti, quelli ove più forte era l’insofferenza contro la cultura tradizionale e in particolare contro la dottrina cattolica, vista come il concentrato di tutte le assurdità e la roccaforte di tutte le reazioni, specie dopo la pubblicazione del Sillabo di Pio IX nel 1864, con il quale il grande papa aveva gettato il guanto della sfida a tutta la cultura moderna, ai suoi sacri miti e ai suoi intoccabili tabù.

Poiché si tratta di un testo abbastanza breve e di facile lettura, preferiamo riportarlo qui di seguito, affinché il lettore possa farsene un’idea personale e seguirci poi nella critica puntuale che intendiamo farne.

La citazione è tratta dal sito http://www.nilalienum.it/Sezioni/Freud/Opere/Diana.html, ma si può reperire facilmente il testo in qualunque edizioni completa delle opere di Freud e anche in parecchie edizioni parziali e "tascabili", ad esempio quella intitolata "Totem e Tabù" ed altri saggi di antropologia, con introduzione di Flavio Manieri (Roma, Newton & Compton, 1970), che fra l’altro ci conferma il fatto che Freud viene accreditato tranquillamente come "antropologo" presso settori importanti della cultura contemporanea, e nessuno ci trova nulla da obiettare, secondo una prassi collaudata: un autore eletto a esponente di spicco della cultura progressista viene riconosciuto come un’autorità a prescindere, dopo di che gli è permesso di sparare qualunque affermazione in qualsivoglia ambito, anche molto al di fuori di quello di sua competenza, perché le competenze sono richieste agli intellettuali minori, ma ad un’autorità indiscussa come Freud non ci si permette di domandare a che titolo egli stia parlando di qualsiasi cosa.

L’antica città greca di Efeso, in Asia Minore (a questo proposito dobbiamo essere grati alla nostra archeologia austriaca per l’esplorazione delle sue rovine), era particolarmente celebrata nell’antichità per lo splendido tempio dedicato ad Artemide (Diana). Gli invasori ionici, forse nell’ottavo secolo avanti Cristo, conquistarono la città, che da lungo tempo era abitata da popoli di razza asiatica, e quivi trovarono il culto di un’antica dea-madre, il cui nome era probabilmente Oupis, la quale fu da loro identificata con Artemide, divinità della loro patria di origine. Gli scavi hanno dimostrato che, nel corso dei secoli, parecchi templi furono eretti nello stesso luogo in onore della dea.

Il quarto di questi templi è quello che fu distrutto dal fuoco appiccato dal folle Erostrato, nel 356, la notte stessa in cui nasceva Alessandro Magno. Il tempio fu ricostruito, più splendido che mai. La metropoli commerciale di Efeso, con il suo affollarsi di sacerdoti, maghi e pellegrini, con le sue botteghe, ove erano posti in vendita amuleti, ricordi ed ex-voto, potrebbe essere paragonata alla moderna Lourdes.

Attorno al 54 d.C. l’apostolo Paolo passò diversi anni ad Efeso. Quivi predicò, compì dei miracoli, trovando un largo seguito tra la popolazione. Perseguitato ed accusato dagli Ebrei, si staccò da questi, fondando una comunità cristiana indipendente. A cagione del diffondersi della sua dottrina, vi fu un calo del commercio degli orafi, che solevano fabbricare ricordi del luogo sacro (figurine di Artemide e modellini del tempio) per i fedeli e i pellegrini, che venivano da tutte le parti del mondo (Cfr. anche la poesia di Goethe.) Paolo era troppo rigido per tollerare che l’antica divinità sopravvivesse sotto diverso nome, per ribattezzarla come avevano fatto i conquistatori ionii con la dea Oupis, per cui i pii artigiani e artisti della città cominciarono a sentirsi preoccupati per la sorte della loro dea e anche per quella dei loro guadagni. Si ribellarono e, al grido senza fine ripetuto, di «Grande è la Diana degli Efesini», sciamarono lungo la via principale, detta «Arcadiana»,  fino al teatro, dove il loro capo, Demetrio, pronunciò un discorso infuocato, contro gli Ebrei e contro Paolo. Le autorità riuscirono con difficoltà a sedare il tumulto con l’assicurazione che la maestà della dea era intoccabile e fuori della portata di qualsiasi attacco (Atti, XIX.)

La chiesa, fondata da Paolo a Efeso, non gli rimase fedele a lungo. Cadde sotto l’influenza di un uomo chiamato Giovanni, la cui personalità è stata un serio problema per i critici. Potrebbe trattarsi dell’autore dell’Apocalisse, che abbonda in invettive contro l’apostolo Paolo. La tradizione lo identifica con l’apostolo Giovanni, al quale si attribuisce il quarto vangelo. Secondo questo vangelo, quando Gesù era sulla croce gridò al discepolo favorito, accennando a Maria: «Ecco tua madre!», e da quel momento Giovanni prese Maria con sé. Quindi, quando Giovanni andò a Efeso, Maria lo accompagnava. Di conseguenza, accanto alla chiesa dell’apostolo a Efeso, fu eretta la prima basilica in onore della dea-madre dei cristiani. La sua esistenza è attestata fin dal quarto secolo. E allora la città ebbe di nuovo la sua grande dea e, salvo il nome, scarsi furono i mutamenti. Anche gli orefici ripresero il loro lavoro, consistente nel fabbricare modelli del tempio e immagini della dea per i nuovi pellegrini. Però la funzione di Artemide, espressa dall’attributo Kourotrophos. [che alleva i figli] fu assunta da S. Artemidoro, che si prendeva cura delle donne in travaglio.

Poi venne la conquista della città da parte dell’Islam, e infine la rovina e l’abbandono, dovuti al fatto che il fiume, lungo il quale sorgeva, fu soffocato dalle sabbie. Ma nemmeno allora la grande dea di Efeso abbandonò le sue pretese. Ai nostri giorni essa è apparsa, come una santa vergine, ad una pia fanciulla tedesca, Katharina Emmerich, a Dùlmen. Essa le ha descritto il viaggio ad Efeso, l’arredamento della casa in cui era vissuta ed era morta, la forma del suo letto, e via dicendo. Sia la casa che il letto sono stati effettivamente ritrovati, esattamente quali la vergine li aveva descritti, e ora sono nuovamente meta di pellegrinaggi di fedeli.

Freud, dunque, parte da una considerazione di carattere storico. La città di Efeso, sulla costa mediterranea dell’Asia Minore, era sede da tempo immemorabile del culto di una dea-madre, che, al tempo della civiltà greca ed ellenistica, aveva assunto la forma del culto di Diana o Artemide, alla quale era stato innalzato uno splendido tempio, famoso in tutto il mondo antico, ma che era solo l’ultimo, in ordine di tempo, di altri che erano stati eretti al medesimo scopo, e sempre dedicati a una divinità femminile identificata con la dea-madre. Il quinto in ordine di tempo, quello ricostruito dopo l’incendio doloso del 356, attirava fedeli e pellegrini da ogni parte del mondo mediterraneo, i quali vi si recavano per domandare qualche grazia ed erano accolti da una folla di venditori che commerciavano oggettini dedicati alla Diana di Efeso. Proprio come avviene a Lourdes, mutatis mutandis, osserva come di sfuggita il buon Freud, che con tale allusione vuole in realtà preparare il lettore al colpo che si accinge a sferrare, ma sempre tenendo una sorta di basso profilo e quasi con l’aria spassionata e un po’ distratta di chi si diletta di riflessioni storico-archeologiche ed è lontanissimo dal nascondere un preciso disegno ideologico di "demitizzazione", come direbbe Rudolf Bultmann, del cristianesimo.

Poi Freud passa ai fatti di Efeso narrati nel capitolo diciannovesimo degli Atti degli Apostoli e dice che venne a contesa con gli ebrei del posto, senza spiegarne le ragioni, ossia passando sotto silenzio la tenebrosa vicenda degli stregoni-esorcisti, da noi trattata in altro luogo (vedi l’articolo Conosco Gesù e so chi è Paolo; ma voi chi siete?, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 29/12/17) e quindi restando nel vago circa le cause dell’ostilità giudaica contro l’Apostolo. E dicendo solo che a causa di ciò egli si staccò da loro, il che fa immaginare che, prima, formasse con essi una sola entità, il che è storicamente falso, perché Paolo predicava apertamente la divinità di Gesù Cristo e ciò provocava immediatamente la levata di scudi della maggior parte di quanti frequentavano la sinagoga, il che rendeva impossibile qualunque ambiguità nei rapporti reciproci. Poi Freud accusa Paolo di essere stato "rigido" per non aver fatto come i costruttori del tempio di Diana, i quali avevano accolto, in un certo senso, il culto della precedente dea-madre, ma per aver insistito nel denunciare come false tutte le divinità del paganesimo, e dunque anche la Diana degli Efesini (evidentemente Paolo non si sarebbe prestato, come hanno fatto di recente certi vescovi cattolici, a portare a spalla la Pachamama dentro la principale basilica della cattolicità), provocando la reazione furibonda dei pagani, non tanto per motivi religiosi quanto commerciali, poiché alla diffusione del cristianesimo aveva fatto riscontro un vistoso calo nelle vendite di oggetti sacri raffiguranti Diana e il tempio a lei dedicato.

L’episodio è narrato in Atti, 19, 23-40:

^23^Fu verso quel tempo che scoppiò un grande tumulto riguardo a questa Via. ^24^Un tale, di nome Demetrio, che era òrafo e fabbricava tempietti di Artèmide in argento, procurando in tal modo non poco guadagno agli artigiani, ^25^li radunò insieme a quanti lavoravano a questo genere di oggetti e disse: «Uomini, voi sapete che da questa attività proviene il nostro benessere; ^26^ora, potete osservare e sentire come questo Paolo abbia convinto e fuorviato molta gente, non solo di Èfeso, ma si può dire di tutta l’Asia, affermando che non sono dèi quelli fabbricati da mani d’uomo. ^27^Non soltanto c’è il pericolo che la nostra categoria cada in discredito, ma anche che il santuario della grande dea Artèmide non sia stimato più nulla e venga distrutta la grandezza di colei che tutta l’Asia e il mondo intero venerano».

^28^All’udire ciò, furono pieni di collera e si misero a gridare: «Grande è l’Artèmide degli Efesini!». ^29^La città fu tutta in agitazione e si precipitarono in massa nel teatro, trascinando con sé i Macèdoni Gaio e Aristarco, compagni di viaggio di Paolo. ^30^Paolo voleva presentarsi alla folla, ma i discepoli non glielo permisero. ^31^Anche alcuni dei funzionari imperiali, che gli erano amici, mandarono a pregarlo di non avventurarsi nel teatro. ^32^Intanto, chi gridava una cosa, chi un’altra; l’assemblea era agitata e i più non sapevano il motivo per cui erano accorsi.

^33^Alcuni della folla fecero intervenire un certo Alessandro, che i Giudei avevano spinto avanti, e Alessandro, fatto cenno con la mano, voleva tenere un discorso di difesa davanti all’assemblea. ^34^Appena s’accorsero che era giudeo, si misero tutti a gridare in coro per quasi due ore: «Grande è l’Artèmide degli Efesini!». ^35^Ma il cancelliere della città calmò la folla e disse: «Abitanti di Èfeso, chi fra gli uomini non sa che la città di Èfeso è custode del tempio della grande Artèmide e della sua statua caduta dal cielo? ^36^Poiché questi fatti sono incontestabili, è necessario che stiate calmi e non compiate gesti inconsulti. ^37^Voi avete condotto qui questi uomini, che non hanno profanato il tempio né hanno bestemmiato la nostra dea. ^38^Perciò, se Demetrio e gli artigiani che sono con lui hanno delle ragioni da far valere contro qualcuno, esistono per questo i tribunali e vi sono i proconsoli: si citino in giudizio l’un l’altro. ^39^Se poi desiderate qualche altra cosa, si deciderà nell’assemblea legittima. ^40^C’è infatti il rischio di essere accusati di sedizione per l’accaduto di oggi, non essendoci alcun motivo con cui possiamo giustificare questo assembramento». Detto questo, sciolse l’assemblea.

A Freud tutto ciò interessa poco, e passa ad affermare che i cristiani di Efeso rimasero fedeli per poco a san Paolo, cadendo poco dopo sotto l’influenza di un altro personaggio di nome Giovanni, forse l’apostolo cui è attribuito il quarto Vangelo e il libro dell’Apocalisse. Ora, a parte il fatto che i cristiani delle prime comunità erano, sì, debitori ai singoli apostoli per la loro prima formazione, ma non erano loro seguaci, bensì seguaci solo ed esclusivamente di Gesù Cristo (cfr. Galati, 1,8), non si capisce da quale fonte il padre della psicanalisi improvvisatosi storico, antropologo e addirittura teologo, trovi materiale per una simile affermazione, cioè che il Vangelo predicato da san Giovanni è cosa del tutto diversa da quello predicato da san Paolo. E ciò dà un’idea della superficialità, dell’improvvisazione e del dilettantismo con cui Freud tratta la questione, nonché del suo livello di prevenzione e di acredine ideologica.

A lui preme di arrivare velocemente al "piatto forte" della sua tesi: che proprio lì, a Efeso, dove san Paolo aveva suscitato l’ira dei pagani predicando contro la Diana degli Efesini, un altro discepolo di Cristo, san Giovanni, aveva portato con sé qualche anno dopo il culto della dea-madre dei cristiani, vale a dire la Vergine Santissima, la madre di Gesù, in onore della quale venne eretta la prima basilica a lei dedicata (cfr. il nostro articolo: Quella casa fra gli alberi, sulla collina, donde s’intravede lo scintillio del mare, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 29/03/18). Egli non si prende affatto il disturbo di spiegare come da Maria Santissima, condotta ad Efeso da san Giovanni, che ‘aveva eletta come madre secondo le ultime volontà del Signore, sarebbe nato il culto della dea-madre dei cristiani: si limita a dirlo, e ha tutta l’aria di sorridere compiaciuto, come se dicesse: «Vedete come si vendica, la storia? Quei cristiani intolleranti che avevano criticato il culto di Artemide, hanno poi dato vita al culto di un’altra Artemide, proprio nella stessa città che aveva già ospitato, nel corso dei secoli, diversi templi e altrettanti culti a svariate personificazione del medesimo archetipo: la dea-madre originaria». Come dire che il cristianesimo è una religione come tutte le altre, un semplice prodotto dell’evoluzione storica, senza alcun carattere di originalità e tanto meno di soprannaturalità, ma in compenso con la sgradevole pretesa di voler escludere le altre fedi, mentre i pagani, tanto più accoglienti e inclusivi, non avevano alcuna difficoltà a inglobare i culti antichi nei propri, facendone una cosa sola.

A conclusione del suo scritto, Freud ricorda che dopo l’invasione degli arabi, il culto di Maria ad Efeso cadde nell’oblio, ma parecchi secoli dopo era stato in qualche modo rivitalizzato dalle rivelazioni della beata Katharina Emmerich, la quale, per divina ispirazione, aveva "visto" la casa di Maria, l’aveva descritta minutamente fin nei particolari, e tale visione è poi stata confermata dagli scavi archeologici, dando avvio a un rinnovato afflusso di pellegrini nell’epoca moderna, come già primi secoli cristiani e, prima ancora, nei secoli pre-cristiani, relativamente al culto delle varie dee-madri.

Chissà cosa avrebbe detto Freud se avesse conosciuto gli scritti di Maria Valtorta, la quale, sulla vita di Gesù e sulla seconda parte della vita di Maria Sanbtissima, ha avuto anch’ella le sue ispirazioni e ha lasciato la sua testimonianza.

Forse ne avrebbe ricavato un altro pamphlet.

Probabilmente altrettanto brutto, saccente, presuntuoso e privo di consistenza di quello intitolato Grande è la Diana degli Efesini.

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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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