Omaggio alle chiese natie: una riflessione conclusiva
29 Gennaio 2019
Se per obbedire a Dio si deve disobbedire agli uomini
30 Gennaio 2019
Omaggio alle chiese natie: una riflessione conclusiva
29 Gennaio 2019
Se per obbedire a Dio si deve disobbedire agli uomini
30 Gennaio 2019
Mostra tutto

Omaggio alle chiese natie: commiato

Il nostro viaggio attraverso le chiese dell’infanzia è terminato. Avremmo potuto estenderlo ad altre chiese friulane che sono state significative per la nostra formazione spirituale e religiosa, da Grado a Cividale, da Tarcento a Sauris di Sopra, da Tricesimo a Gemona, da Aquileia a San Daniele, da Ronchiettis a Villa Santina; per non parlare dei tre grandi e antichi santuari mariani di Barbana, di Castelmonte e di Monte Lussari, presso Tarvisio: ma non volevamo allargare troppo la panoramica, né compilare una specie di Baedeker turistico-religioso del Friuli. Quel che abbiamo inteso fare, limitandoci alla sola città di Udine, è stata una ricognizione attraverso l’arte, la storia, la civiltà cattolica della nostra città natale, per cogliere in essa, come riflessa in uno specchio, la più ampia evoluzione e la radicale trasformazione che si è verificata, peraltro silenziosa e quasi in incognito, nei modi di pensare, di sentire, di vivere della nostra gente, nell’arco dell’ultimo cinquantennio, dal miracolo economico che, qui, è arrivato in ritardo, verso la fine degli anni ’60, e i giorni nostri. Così, attraverso la rassegna dei luoghi di culto e la rievocazione delle memorie ad essi legate, ci è stato possibile stendere un vero e proprio bilancio di quel che si è verificato nella nostra città, nella società intera, specie nella scuola, nella cultura e nel mondo del lavoro, e, naturalmente, nella Chiesa cattolica, a partire dagli anni del Concilio Vaticano II. E siamo giunti all’amara conclusione che si tratta di un bilancio pienamente e innegabilmente fallimentare, sotto tutti i punti di vista. La nostra città, pur potendosi fregiare d’esser divenuta sede universitaria, non è diventata più colta, non ha prodotto più amore per il sapere, non ha contribuito alla formazione di intelligenze vivaci e indipendenti: perfettamente in linea, del resto, con tutta la società contemporanea; il piccolo commercio e la piccola impresa hanno subito e continuano a subire dei colpi terribili, stanno morendo d’inedia, ma nessuno fa nulla, mentre le multinazionali controllate dalla grande finanza aprono a catena supermercati e grandi centri commerciali; è in atto una vera e propria invasione, etnica, culturale e religiosa, che va sotto il segno dell’islam (a Udine, per dire la verità, meno che altrove), e intanto gli amministratori e i politici profondono il loro ingegno e le loro energie in "battaglie di civiltà" quali il matrimonio omosessuale, il cambio di sesso e il riconoscimento dello status di genitore 1 e genitore 2, al posto dell’omofobo padre e madre.

La deriva della Chiesa non è stata meno grave e radicale, anzi per molti aspetti l’ha anticipata e le ha dato la spinta decisiva. La Chiesa, fino a tutti gli anni ’50 del secolo scorso, conservava il suo profilo tradizionale, sostanzialmente tridentino e antimoderno; a partire dal Vaticano II, forze esterne e interne l’hanno aggredita silenziosamente, l’hanno confusa, l’hanno manipolata e infine snaturata, e hanno operato una sostituzione di liturgia, di pastorale e di dottrina, che ha finito per espropriare i fedeli, in maniera graduale e felpata, dell’autentica fede cattolica, per consegnar loro, in cambio, una fede modernista, eretica e apostatica, spacciata però per cattolica, facendo sì che non si rendessero conto del terribile inganno e che si illudessero di essere ancora nel solco della vera religione, mentre, di fatto, ne erano già in gran parte fuori. Si può vedere nel Concilio un’anticipazione del ’68, perché sono state due rivoluzioni: due tentativi, sostanzialmente riusciti, sia pure in un ampio arco di tempo, di mutare radicalmente l’assetto della Chiesa e quello della società, senza risparmiare nessun ambito delle due istituzioni: dai seminari all’università, dalle scuole agli oratori, dalle pratiche devozionali ai riti e ai miti della liturgia profana e neopagana, culminati, questi ultimi, nella celebrazione domenicale di Mammona, mediante la frequentazione degli anti-sacramenti chiamati shopping, discoteca e principio del piacere, tutti miranti a privare l’uomo della sua spiritualità e ad abbrutirlo, riducendolo al livello di una creatura sub-umana, schiava delle emozioni epidermiche e degli istinti più egoistici e bassi. Il merito è stato praticamente abolito in nome dell’egualitarismo; lo spirito di sacrificio è stato rimosso in nome della comodità e della facilità; il senso del dovere è stato ucciso a forza di permissivismo e di edonismo.

Passando in rassegna le chiese di Udine, abbiano scoperto molte cose che ignoravamo, in una città che credevamo di conoscere piuttosto bene; ma ci sia orsi conto che il fatto di vivere, o aver vissuto, in un luogo, non equivale affatto a conoscerlo veramente. Abbiamo scoperto, per esempio, le cappelle private dei palazzi signorili e anche quella delle chiese che più non esistono, ma che per secoli aprirono le porte ai fedeli e videro battesimi, matrimoni, funerali, devozioni, con gran concorso di popolo. Almeno tre di esse, decisamente importanti — Santa Maria Maddalena in via Vittorio Veneto, a due passi dal Duomo e dalla nostra casa di allora; San Nicolò in via Zanon, e San Pietro e Paolo in via Aquileia — esistevano ancora nel XX secolo e vennero demolite, le prime due inutilmente, nel senso che la loro struttura era ancora integra e il loro abbattimento fu un gratuito atto di vandalismo architettonico e urbanistico, nato dalla superficialità e dalla mancanza di consapevolezza. Per la stessa ragione erano state abbattute, fra gli ultimi anni del XIX e i primi del XX secolo, tutte le porte delle storiche mura, tranne le quattro tuttora esistenti — Aquileia, San Bartolomeo, Villalta e Santa Maria; l’ultima a cadere sotto il piccone dei nuovi barbari fu porta San Lazzaro, già oltre la metà del secolo scorso. La maggior parte delle vecchie chiese, comunque, era stata demolita all’inizio dell’Ottocento, per effetto delle soppressioni napoleoniche degli ordini religiosi: fu allora, cioè nel passaggio dall’Ancien Régime alla società moderna, che il misfatto più grande era stato perpetrato, e proprio sulla base di un’avversione ideologica contro il cattolicesimo. Il quadro che ci è apparso chiaro nel corso della nostra ricerca è, pertanto, quello di una città che, entro la cerchia delle sue mura, ospitava moltissime chiese, che erano luoghi di intensa devozione religiosa e molte delle quali, nate dalla pietà di qualche famiglia nobile o della ricca borghesia, vennero poi aperte all’intera comunità, che vi venerava una quantità di Santi, accanto a Dio e alla Vergine Maria. Le processioni religiose, i pellegrinaggi, le affollatissime prediche nei quaresimali, testimoniavano l’intensità e la sincerità della vita religiosa della cittadinanza, che neppure gli eventi più drammatici — guerre, pestilenze, terremoti, delitti politici come l’assassinio dell’arcivescovo Bertrando di Saint-Geniès, o prove generali di guerra civile come il Crudele Giovedì grasso del 1511 — riuscirono mai a spegnere.

Il pensiero che, oggi, le Quanrant’ore non sono più celebrate con la solennità di cinquant’anni fa; che i quaresimali non sono più così affollati, da non trovar posto a sedere nei banchi delle chiese, come accadeva; che non solo la frequenza alla santa Messa, ma anche la pratica dei Sacramenti, a cominciare dal Matrimonio, non è più sentita come necessaria da moltissimi sedicenti cristiani; e che le folle sono più attirate da sfilate come quelle del Gay Pride, che dalla solenne processione del Corpus Domini, tutto questo, avvenuto nello spazio di meno di cinque decenni, ci riempie di sgomento e amarezza, e ci spinge a interrogarci sulle cause di un fenomeno che ha mutato la mentalità e i costumi in maniera così radicale. Non giova obiettare che cinquant’anni sono pur sempre un tempo considerevole nel corso della storia umana, specie nel contesto della modernità, dove ogni fenomeno tende ad accelerare sempre più; non giova, perché questa non è una risposta. La civiltà europea, infatti, ha ben saputo tramandare ciò che sentiva come importante, usi e tradizioni, valori e ideali, per secoli e secoli, apportando, sì, qualche modifica esteriore, ma conservando intatta la sostanza: resta dunque da capire in qual modo i popoli europei abbiano disimparato così in fretta la saggezza millenaria dei loro antenati. L’accelerazione irreparabile, diciamo pure la rottura col passato, si è verificata proprio a partire dalla seconda metà del secolo scorso: in campo economico ha visto crearsi le premesse della globalizzazione dei mercati; in campo culturale, il dominio sempre più incontrastato del relativismo e del nichilismo, reso ancor più torbido dalla sopravvivenza, sotto mentite spoglie, di un’ideologia morta e sepolta, e quanto mai nefasta, come il comunismo; in ambito religioso, i frutti avvelenati di un evento presentato come provvidenziale, il Concilio Vaticano II, ma che è stato, invece, il cavallo di Troia di cui si sono serviti gli eterni nemici della Chiesa e del Vangelo, i massoni, per sgretolare e inquinare dall’interno le sorgenti purissime della fede cattolica. Tutti questi fenomeni e quelli ad essi collegati, specie nel campo educativo, come il degrado progressivo e inarrestabile della scuola, e soprattutto lo sfarinamento della famiglia cristiana, sotto l’attacco frontale dell’edonismo sfrenato e quello, insidioso perché camuffato, dell’ideologia gender, possono anche essere letti come "naturali", se si è propensi a vedere nella storia, specie in quella moderna, una successione di fenomeni spontanei, messi in movimento dalle idee e dalle trasformazioni scientifiche, tecnologiche, produttive. Noi, però, non siamo di questa opinione. Al nostro esame e alla nostra riflessione è divenuto via via più chiaro come dietro questa apparente spontaneità si celi, in effetti, un disegno, e quindi una regia occulta, che ha manovrato gli indirizzi del pensiero e i mutamenti materiali in maniera da perseguire i suoi fini; scardinare la società tradizionale e sostituirla con una massa disorganica di individui spersonalizzati, senza più identità, senza consapevolezza, senza punti di riferimento, e soprattutto senza Dio.

La cosa più grave di tutte è che questa regia occulta ha diretto le due rivoluzioni, quella profana e quella religiosa, facendo in modo da cancellare fin la memoria di quel che esisteva prima, in modo da rendere irreversibili i mutamenti realizzati. Le persone che hanno meno di cinquant’anni non sanno, puramente e semplicemente, che è avvenuta una sostituzione di valori: credono ancora di vivere come si viveva fino a pochi decenni or sono, mente tutto è cambiato, e l’essenza di tali cambiamenti non è stata percepita in tutta la sua portata. Molti si sono accorti di una serie di cambiamenti marginali, ma alla maggior parte è sfuggita la cosa più importante. Al cittadino è sfuggito che la Patria non c’è più; al genitore, che la famiglia non c’è più; al risparmiatore, che il risparmio non c’è più; al lavoratore, che il lavoro non c’è più; all’uomo di cultura, che la cultura non c’è più; al tutore dell’ordine, che l’ordine sociale non c’è più; al cattolico, che la Chiesa non c’è più. Noi continuiamo a vivere, a studiare, a lavorare, a risparmiare, a progettare, a frequentare le chiese, come se queste cose esistessero ancora, mentre sono state azzerate oppure capovolte nel loro contrario. Oggi l’Italia appartiene alla finanza speculativa e alle multinazionali, da un lato, e ai migranti/invasori islamici, dall’altro, non certo al popolo italiano; e la Chiesa è caduta in potere dei massoni, dei modernisti, dei protestanti e degli ebrei. Non è più la Chiesa dei cattolici, e il papa non è più il papa, ma un eretico, apostata e bugiardo, insediato e manovrato dalle lobby massoniche e finanziarie: e infatti pare che parli sempre dei poveri, ma dice, in realtà, le stesse identiche cose che dicono Soros, Rockefeller, Rotschild & compagnia bella: un po’ strano, vero? Intanto le cose sono arrivate a un punto tale che la menzogna si è intrecciata inestricabilmente alla verità, è divenuto impossibile separarle. Chi potrebbe spiegare a un giovane cattolico, per esempio a un ragazzo che torna entusiasta dalla Giornata Mondiale della Gioventù, che non è andato ad abbeverarsi alla fonte perenne della Parola di Dio ma si è mescolato a una folla disordinata, idolatra, che venera il papa e non pensa a Dio, al vero Dio, quello del Vangelo di Gesù Cristo? O a un cattolico progressista che la cerimonia domenicale cui suole recarsi non è più la vera e santa Messa, ma, a volte, un rito sincretista e quasi blasfemo, nel quale succede perfino di vedere delle danzatrici indù esibirsi davanti al Santissimo, o i fedeli del dio Ganesha portare in processione il loro dio dalla testa d’elefante attraverso la navata, o una pastora protestante tenere il suo sermone sulla Bibbia luterana, e un sacerdote inosciente presentare ai fedeli una coppia omosessuale che si ama tanto, fra sorrisi e complimenti, deprecando che le leggi ecclesiastiche siano così rigide e antiquate da impedirgli di unire in matrimonio quelle due anime così prese l’una dall’altra? Come spiegare che tutto questo è pazzia, è sacrilegio, è un totale non senso, una radicale negazione dell’autentico Vangelo e della vera Chiesa, la Sposa di Cristo? E come far capire a un giovane che negare la Comunione a un divorziato risposato non è crudeltà, non è arbitrio di un prete tradizionalista, per il semplice fatto che la Comunione non è un diritto, ma un privilegio, un dono di Dio, e non la si può fare se non si è in grazia di Lui? E che quindi lo spettacolo della folla che, a Manila, si accalcava e arraffava con le mani le Particole, distribuendole al di sopra delle teste come fossero state tramezzini, e facendone anche cadere in terra qualcuna, durante il viaggio nelle Filippine del Grande Bugiardo, è qualcosa di orribile e inescusabile, qualcosa che nessun vero sacerdote cattolico avrebbe dovuto permettere? In un certo senso, le nuove generazioni dovranno rei-imparare tutto, o quasi tutto, da sole. Sono state fuorviate; sono state ingannate, come è accaduto a noi. Noi però, quelli non più giovani, abbiamo qualche responsabilità, perché, pur senza aver collaborato allo sfacelo presente, non abbiamo saputo vedere il pericolo e non ci si siamo opposti. Auguriamo ai giovani di trovare la strada della verità in mezzo a questo mare di menzogne. La verità è Cristo. Che l’Angelo del Castello indichi loro la via…

Fonte dell'immagine in evidenza:

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
Hai notato degli errori in questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.