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Prepariamoci: la battaglia sarà lunga

Ci sono molte persone scoraggiate, perché, sia come cittadini, sia come credenti, vedono il loro mondo, cioè il nostro mondo, cadere a in pezzi; vedono che i suoi custodi e i suoi pastori tradiscono, che aprono le porte al nemico, che vendono il popolo come fosse bestiame, a degli interessi occulti, alieni, inconfessabili; e si rendono conto che non siamo alle prese con una situazione locale, e sia pure di livello nazionale, ma con una questione planetaria, mondiale. Cosa ancor più inquietante e deprimente, se possibile, molte di esse cominciano a sospettare, a intuire che non si tratta di un esito "naturale" delle dinamiche storiche, economiche, sociali, culturali, ma di un piano orchestrato con meticolosità e con estrema spregiudicatezza da un’élite occulta, potentissima, perché detentrice di gran parte della ricchezza mondiale; ricchezza, peraltro, fasulla, cioè scaturita non dal lavoro e dalla produzione di beni o servizi, ma da una gigantesca e cinica speculazione finanziaria; e nondimeno ricchezza accettata per buona dai soggetti dell’industria e del commercio internazionali e dai governi degli Stati, e quindi generatrice di debito. E ciò rende le persone ancor più scoraggiate e quasi sgomente: come opporsi a una deriva che investe, contemporaneamente, la sfera della vita pubblica e privata, la politica, l’economia, la finanza, la cultura, l’arte, la scienza, il cinema, la televisione, la stampa, insomma praticamene tutto? Come far fronte a una pressione materiale e spirituale che è in grado di manipolare perfino il linguaggio, per imprimere nell’immaginario collettivo una visione distorta della realtà, così che la gente veda senza vedere, oda senza udire, e anziché fidarsi dei propri sensi, della propria ragione, del proprio buon senso, giudichi le cose secondo le categorie e nella versione che le vengono somministrate ogni giorno, per mezzo di un sistema dell’informazione totalmente controllato e manipolato, totalmente asservito agli interessi della élite?

Per fare un esempio: basta aggiungere una vocale, e il senso di una parola cambia completamente. Una volta si diceva: gli emigranti; e si pensava ai nostri nonni e bisnonni, che partivano per l’estero, magari per l’Australia o il Brasile, in cerca di lavoro, per mandare i soldi a casa o anche per rifarsi una vita in un Paese da cui ricominciare daccapo: onestamente, disciplinatamente, dignitosamente. Oggi si dice — i mass-media hanno inventato la parola, chissà imbeccati da chi?, e tutti la ripetono, a cominciare dai nostri politici: i migranti, e si intende dei poveretti che fuggono, come recita il mantra del politicamente corretto, da guerra e fame. E anche se ormai si sa — dopo oltre vent’anni! — che non è così, perché i dati ufficiali dicono che oltre il novanta per cento delle richieste di asilo per mortivi umanitari vengono respinte perfino dalla ultracomprensiva giustizia italiana, nell’immaginario collettivo la grande menzogna è entrata e si è stabilita definitivamente: chi ce la toglierà più? E la condizione di disperati, come tante volte, infinite volte, ci siamo sentiti ripetere da giornali e televisione, è servita a far passare in ombra la cosa veramente essenziale, che pure era palese sin dall’inizio, e che non avrebbe dovuto sfuggirci, se avessimo usato un minimo il nostro cervello: che costoro non emigrano, dignitosamente e onestamente, ma pretendono di essere accolti, entrano di straforo, si nascondono nei container, "bucano" il confine, si aggrappano sotto i camion, e, soprattutto, si presentano davanti alle coste a bordo di barconi sovraccarichi e fatiscenti, in pericolo di andare a fondo da un momento all’altro. O meglio, il più delle volte non arrivano neanche in prossimità delle nostre coste: sono appena scesi in mare, sulle coste della Libia, e già lanciano le telefonate di soccorso: tecnicamente non sono per niente dei naufraghi, perché sono partiti in piena libertà e perché sono ancora a pochi metri dai porti di partenza; però sanno già di poter contare su una rette diffusa di traghettatori, di scafisti, di miliardari e super-speculatori divenuti improvvisamente filantropi, di ragazzi delle organizzazioni non governative, di sindaci "accoglienti" perché interessati al business dei migranti, e anche sulle navi della nostra Guardia Costiera, che per anni hanno fatto la spola a "salvare" questi pretesi naufraghi (settecentomila!), li hanno soccorsi giorno e notte, li hanno fatti sbarcare e li hanno affidati a un sistema completo di accoglienza che prevede vitto, alloggio, telefonini, assistenza giuridica e sanitaria gratuita: e se per caso l’ambulanza tarda ad arrivare per uno di essi, si scatena il finimondo, si grida al razzismo, all’egoismo e al populismo. E se qualche fotografia rubata mostra il personale italiano che li lava con gli sprizzi dell’acqua — d’estate, sia chiaro; e a scanso di malattie, scabbia, pidocchi, eccetera — subito parte una campagna "umanitaria" che leva fino al cielo le sue grida d’indignazione, evoca sinistre analogie coi campi di concentramento, sollecita interrogazioni parlamentari, commissioni d’inchiesta e ipotizza reati gravissimi, dal sequestro di persona all’omissione di soccorso, all’abuso d’ufficio per tutte quelle autorità italiane che non sono state abbastanza pronte e sollecite nel farsi carico dei problemi di quei poverini. Il tutto mentre gli italiani poveri sono stati dimenticati per anni e il loro numero è cresciuto fino alla cifra, ufficiale, di cinque milioni; e mentre i terremotati di Amatrice sono ancora nelle loro roulotte, al freddo e al gelo — loro sì, come Gesù Bambino e la Sacra Famiglia; non come i sedicenti migranti! -, sotto la neve e senza sapere se e quando, come cittadini italiani, potranno sperare di tornare ad abitare in una vera casa.

E questo è solo un esempio; ma se ne potrebbero fare a decine, a centinaia; e non solo per quel che riguarda il linguaggio, ma anche per tutto il resto, al punto che si può dire che mai le società umane si sono trovate invischiate nella menzogna, nell’illusione e nelle false certezze, come sta accadendo in questi nostri tempi di massima diffusione della scolarizzazione, dell’informazione, del cosiddetto dibattito democratico. Di fronte a tutto ciò, come non sentirsi avviliti e scoraggiati? Nulla, ormai, può considerarsi certo e sicuro: né la nazionalità cui si appartiene, e che chiunque può acquisire, da qualunque provenienza e senza dare alcun serio affidamento di condividere, non diciamo i nostri valori e i nostri ideali (anche perché non ne abbiamo più…), ma neppure le nostre regole e le nostre leggi; né la religione che si credeva di professare, tranne scoprire d’esser diventati apostati per lo slittamento nell’apostasia della gerarchia ecclesiastica; né il senso della giustizia, della verità e dell’onestà che ci è stato insegnato, e che viene contraddetto ogni giorno, non solo a livello fattuale, ma anche a livello giuridico, con una pioggia incessante di sentenze assurde e derisorie nei confronti dei cittadini onesti e rispettosi della legge, e smaccatamente favorevoli ai furbi, ai violenti, ai disonesti, ai fannulloni; né la verità dei fatti, sia quelli di cronaca, sia quelli della storia, della scienza, della tecnica, perché mille indizi ci dicono che i fatti non stanno per nulla come ci vengono descritti e presentati (un altro esempio?, la questione dei vaccini); e infine neppure della nostra identità sessuale, perché mille sirene ci suggeriscono di non irrigidirci, di non piegarci ai voleri della natura, di non accettare il dato biologico, ma di assecondare qualsiasi istinto, anche il più disordinato, anche il più aberrante, tanto più che la società, stato e chiesa in testa, premiano tali aberrazioni e degenerazioni, dando un riconoscimento formale e anche morale a ciò che è contrario alla natura, alla verità, alla decenza e al buon senso. Insomma, siamo alle prese con un crollo di civiltà; anzi, ci siamo nel mezzo. Tutto ci sta crollando addosso, e noi siamo investiti continuamente dai calcinacci, in attesa del rudere più massiccio che ci fracasserà il capo. In realtà, non è la civiltà che sta crollando, ma la falsa civiltà che abbiamo chiamato moderna e che, per secoli, ci ha irretiti, lusingati, plagiati e sottomessi ad un tristo disegno di stravolgimento della nostra vera civiltà: quella cristiana, da cui è nata l’Europa e da cui sono nate le nostre identità, le nostre patrie, i nostri valori e tutto ciò che siamo, sfrondato del superfluo e dell’illusorio.

E si aggiunga, per completare il quadro (per quanto può essere completato: è come un poliedro dalle facce pressoché infinite), che il potere occulto, che ha ridotto la democrazia a oligarchia plutocratica e totalitaria, può intervenire come, quando e dove vuole, senza neanche la necessità, se lo preferisce, di mostrare apertamente le sue intenzioni, o senza adoperare la violenza in maniera esplicita. Per esempio, può sostenere che è in atto un’emergenza sanitaria, un attacco batteriologico o chimico, e con tale pretesto può far sospendere la legalità, può costringere tutti i cittadini di un determinato Paese a sottoporsi a delle vaccinazioni, a farsi iniettare chi sa che cosa nelle vene, o a farsi inserire dei microchip sottocutanei, mediante i quali sarà possibile impiantare nel corpo della gente chi sa quali forme di controllo a distanza. E contemporaneamente può bloccare i porti e gli aeroporti, le strade e le autostrade, le ferrovie e ogni altra linea di comunicazione terrestre, marittima o aerea. Fantascienza? No, purtroppo; anzi, in questo momento la fantascienza non ce la fa a tenere il passo con le tecniche reali messe a punto dall’élite che controlla, ovviamente, anche la ricerca scientifica, e particolarmente la bioingegneria; per convincersene, basta guardare un film di fantascienza girato dieci, venti, trenta anni fa, e ci si accorgerà che le tecniche ipotizzate per un futuro assai remoto, sono già state realizzate e perfino superate: quei film, che parlavano del futuro, ci parlano già del passato. Ora sappiamo che sono state realizzate delle tecnologie che l’élite si riserva di sperimentare e d’impiegare massicciamente, anche all’insaputa dell’opinione pubblica, nella misura che riterrà utile o necessaria al perseguimento dei suoi interessi. Tanto, a proposito di parole create apposta per servire il potere, c’è subito pronta la formula infallibile con cui ridurre al silenzio, o peggio, per sprofondare nel ridicolo chiunque lanci un grido d’allarme: complottismo. I complottisti, lo sanno tutti, sono dei pazzoidi, dei visionari, degli squilibrati, i quali sostengono che è in atto una manovra mondiale per asservire l’umanità da parte di un potere occulto, con le tecniche più sofisticate: ma non è vero niente, lo sanno tutti, in realtà non c’è nessun mistero, nessuna congiura, nessun pericolo; è tutto chiaro e limpido. Giusto? I due grattacieli di New York sono caduti, l’11 settembre del 2001, perché colpiti dai due aerei dirottati: non è vero? È per questo che sono caduti, afflosciandosi su se stessi, proprio come accade quando si attua una demolizione controllata. Quegli aerei erano pilotati da terroristi che non sapevano pilotare un mezzo di quelle dimensioni, ma che importa? Saranno stati in giornata buona. Avevano caricato a bordo anche le loro valigie, ma che fa? Niente può impedire a un terrorista suicida di viaggiare con le valigie per dormire in qualche albero, magari all’Hotel Paradiso. E nessuna telecamera degli aeroporti interessati li ha ripresi, quel giorno, mentre s’imbarcavano per i rispettivi voli, loro e i loro amici che hanno dirottato gli altri due aerei, quello abbattutosi sul Pentagono e quello schiantatosi al suolo. Be’, che c’è di strano? Si vede che le telecamere si sono scordate d’inquadrarli. E via di questo passo. Non sappiamo niente di quel che è accaduto quel giorno, in realtà, però crediamo alla versione ufficiale: una versione che fa semplicemente ridere, ma che ormai da diciotto anni, continua ad essere la versione ufficiale del governo americano. I soccorritori e i vigili del fuoco accorsi sul posto hanno sentito delle esplosioni provenire dai due grattacieli, poco prima che si accartocciassero: ma che significa? Forse qualcuno stava tirando dei petardi, forse c’era uno spettacolo di fuochi pirotecnici. La realtà, pertanto, è questa: noi siamo pronti e disposti a mandar giù qualunque versione di comodo, qualunque fesseria, qualunque enormità, se ci è stata offerta ufficialmente dal sistema dell’informazione pubblica, e confermata da questo o quel governo. E se il papa dire una bestemmi o un’eresia al giorno, se ci sembra che dica cose che sono all’opposto di quel che c’è scritto nel vangelo se ci pare perfino di sentire un certo qual puzzo di zolfo dalle parti del Vaticano, che sarà mai? Senza dubbio abbiamo interpretato male, siamo stati ingannati da qualche impressione superficiale, ci siamo lasciati trasportare dalla suggestione. Il papa è cattolico e dice cose cattoliche non è vero? E il Vaticano è il Vaticano, cioè il centro e il cuore del cattolicesimo, e la sua ragion d’essere è quella di dirigere, rassicurare, illuminare e protegger ei buoni cattolici di tutto il mondo, non è forse vero? Perciò, se le Poste vaticane commemorano i 500 anni dello scisma di Lutero emettendo un francobollo che lo presenta come un campione della fede, ai piedi della Croce di nostro Signore Gesù Cristo (al posto della Madonna) n in bisogna mica pensare male, perché a pensare male si fa peccato; nossignori, bisogna aver fiducia in questo papa così buono, così misericordioso, così caritatevole. Uno che ha scelto di chiamarsi Francesco, può forse mentire, ingannare, tradire? Certo che no. Nomen omen: se si chiama Francesco, un motivo ci sarà. E poi, vi pare che possa celare un disegno così perfido, uno che si prende gli agnellini sulle spalle, come l’iconografia cristiana dei primi secoli raffigurava Gesù nelle vesti del Buon Pastore, dicendo che il clero deve puzzare di pecora, e che una rivista cattolica presenta con questo titolo: Come San Francesco, anche il papa sa parlare agli animali? E allora nessuna preoccupazione, rientrato allarme; è tutto a posto, ragazzi potete rilassarvi.

Che fare, dunque, in una situazione simile? Anzitutto resistere alla tentazione dello scoraggiamento: è umana, ma bisogna vincerla. Dobbiamo prepararci a una battaglia di lunga durata ed esito incerto. Noi probabilmente non ne vedremo la fine. Ma una cosa è certa: si può farla agli uomini, non a Dio.

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Mike Chai from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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