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Su, coraggio: è arrivata la grande prova

La domanda più insistente, più accorata, quasi angosciosa, che si sente fare più spesso, da parte dei cattolici consapevoli di quel che asta accadendo oggi nella Chiesa, cioè che una chiesa falsa e apostatica, gnostica e modernista, si sta sostituendo gradualmente, ma inesorabilmente, alla vera Sposa di Cristo, che ne sta contraffacendo l’autorità e la dottrina, la pastorale e la liturgia, e che sta diabolicamente portando le anime lontano da Dio e lontano da Cristo, la domanda è sempre la stessa: Come è potuto accadere? Le anime buone, pensose di quanto sia grande il pericolo, di quanto sia enorme il sacrilegio in atto, non riescono proprio a darsi pace. Sono vittime, insieme a milioni di altri cattolici, di una colossale mistificazione; e tuttavia si sentono colpevoli, si sentono "sporche", un po’ come le persone abusate si sentono insozzate da ciò che hanno subito, dalla violenza che è stata loro fatta, anche se, ovviamente, non ne hanno alcuna colpa, perché sono, appunto, le vittime. Il paragone non è eccessivo e tanto meno sconveniente. Moltissimi cattolici si sentono proprio così: lo sappiamo per aver parlato con tanti di loro, per aver ricevuto tante lettere, tanti appelli, tante richieste di chiarimento, di aiuto, forse solo degli sfoghi, ma dettati da un sentimento sincero, molto vicino alla disperazione. Molte anime di buoni cattolici sono state allontanate da Dio e si sentono prossime alla disperazione: e la colpa è dei pastori infedeli, di una falsa chiesa che si è approfittata della loro buona fede, delle loro oneste intenzioni. Eppure non riescono a "perdonarsi": pensano di essere colpevoli, almeno in parte, di ciò che è avvenuto, e che seguita ad avvenire, cioè lo stravolgimento e il capovolgimento della vera Chiesa di Gesù Cristo in qualcos’altro, in qualcosa che non ha niente a che fare con il Vangelo, ma, semmai, con i piani tenebrosi del demonio, e con la grande mistificazione descritta da san Giovanni nel libro dell’Apocalisse (si ricordi che l’Anticristo non è un personaggio che si oppone frontalmente alla Verità divina, ma che, anzi, attira le moltitudini presso di sé, in qualche modo contraffacendo quella Verità).

Quello che pensano, quello che sentono queste anime buone, e che non riescono a perdonarsi, è di non aver capito prima, di non essere insorte, di non aver denunciato la manovra malefica, e così, tacendo e accettando, di essere diventate conniventi, se non addirittura compici, di quanto è accaduto. Si rimproverano amaramente la loro rassegnazione, il loro silenzio, la loro apatia; si fanno una colpa di non aver alzato la voce per difendere la vera Chiesa, secondo il comando di Gesù Cristo; di essere state vili, paurose, indegne. E tutti questi sentimenti negativi le fanno star male, aggiungendosi al sentimento principale da cui nasce la loro sofferenza: l’aver perso i punti di riferimento, non poter più contare sui pastori (tranne qualche lodevole eccezione), trovarsi all’interno di una realtà che non è quella in cui le generazioni passate, pur attraverso momenti difficili, hanno trovato conforto e sostegno, e motivo di speranza anche nella tristezza; trovarsi in una realtà irriconoscibile, dai tratti deformi, dalle voci suadenti, ma false, nella quale è evidente l’irruzione dello spirito mondano, una vera e propria capitolazione davanti al mondo, il tutto con il misero argomento di voler andare incontro al mondo, di abbracciarlo fraternamente, di dialogare con esso, di valorizzarne gli aspetti positivi. E ascoltando e osservando questi sacerdoti che trasformano la santa Messa in uno spettacolo circense o da discoteca; questi falsi vescovi che predicano un vangelo distorto e ruffiano; questi falsi cardinali che ogni giorno danno scandalo asserendo cose, specie in ambito morale, che sono all’opposto di ciò che la Chiesa ha sempre insegnato e difeso; e questo falso papa che sembra compiacersi e godere allorché moltiplica le provocazioni, le offese, i dileggi, le ironie contro i buoni cattolici, e riempie di lodi e di complimenti i nemici di Cristo e della sua vera Chiesa; e queste false suore che ballano, cantano, ridono, sovente insieme a dei falsi frati che si abbandonano a simili disordini, e che paiono più una banda di invasati seguaci del voodoo che non dei religiosi cattolici; e confrontando tutto ciò con la serietà, la sobrietà e, non di rado, la santità dei sacerdoti di due o tre generazioni fa, dei vescovi che erano pronti a dare la vita per difendere il loro gregge (come il vescovo di Trieste, Antonio Santin, che non cessò mai di essere moralmente e fisicamente vicino al suo gregge, anche nel pieno di una sanguinosa guerra civile, e anche quando una assurda frontiera politica e ideologica venne a spaccare in due la sua diocesi, e visitare le parrocchie dell’"altra" parte equivaleva a rischiare la pelle), si prova un sconforto vivissimo, e quasi la sensazione che tutto sia perduto, che non ci sia più niente da fare.

Ecco: questo è quello che ci dicono e ci scrivono, continuamente, tanti buoni cristiani: smarriti, frastornati e attanagliati da sensi di colpa; ma, soprattutto, disperati o molto vicini alla disperazione. E tuttavia, ben sapendo che la disperazione è lo strumento prediletto dal diavolo per separare le anime da Dio, essendo l’esatto contrario e la totale negazione della Speranza cristiana, intesa come virtù teologale, dono di Dio alle anime e mezzo per innalzare le anime a Lui, è assolutamente necessario e doveroso riscuotersi, reagire, alzarsi in piedi e ritornare con fiducia alla preghiera e alle pratiche della devozione. Ma, alcuni di essi dicono, che succede si mi accosto ai Sacramenti, e mi trovo davanti un prete modernista, travestito da prete cattolico? Come posso confessarmi da lui? Come poso venire assolto da lui? E come posso accostarmi al Sacrificio eucaristico dalle sue mani? E così l’angoscia aumenta a dismisura, la disperazione guadagna terreno in quelle povere anime tormentate, assetate e sempre più confuse. Domande ingenue, peraltro, o mal poste, dettate appunto dalla tristezza, dall’angoscia e dalla disperazione. Se un sacerdote è stato regolarmente consacrato, i Sacramenti da lui amministrati sono sempre validi. E non è lui che confessa, non è lui che assolve, non è lui che comunica, ma Cristo, per mezzo di lui. Può succedere che un prete sia indegno; che sia indegno moralmente, o che lo sia teologicamente, avendo ripudiato, magari in forma dissimulata, la vera fede cattolica: non importa. Se la vedrà con Dio. Il buon cristiano non deve temere, non deve tormentarsi: quella confessione è pienamente valida, e quella comunione lo è altrettanto. Ci mancherebbe che i Sacramenti perdessero la loro validità a causa della indegnità di questo o quel sacerdote. Se c’è la retta disposizione di spirito del credente, essi sono sempre validi. Ma, insistono quei nostri amici demoralizzati, e sempre più sospettosi: se quel prete è stato ordinato da un vescovo modernista, allora la sua ordinazione non è valida, e quindi perdono validità anche i Sacramenti. No, lo ripetiamo: il fedele non porta le colpe dei sacerdoti o dei vescovi; se si adottasse un simile criterio, allora non si sarebbe più sicuri di nulla. Il cardinale Caffarra era un vero cardinale cattolico, mentre il cardinale Kasper è un falso cardinale, perché è solo un modernista travestito da cattolico? E sia. Ma da ciò non discende che tutti i loro atti siano tali da rendere invalidi i Sacramenti da loro amministrati, o le ordinazioni sacerdotali da loro consacrate. Ci mancherebbe. Sarebbe un dare troppo spazio alla volontà umana, e mettere Dio all’ultimo posto. È Dio, invece, che fa tutto; e Lui, che ha un amore vivissimo per la sua Chiesa e i suoi ministri, e per tutti i suoi fedeli — basti pensare alla parabola del buon Pastore – non consentirà mai che avvenga quello che temono i nostri troppo scrupolosi amici. È Dio che fa tutto, ce ne siamo dimenticati? A noi, Egli chiede solo la conversione del cuore e il sincero proponimento di fare sempre la sua volontà. Non è mica un burocrate ottuso e insensibile, il quale, se scopre una firma falsa nei nostri documenti, fatta a nostra insaputa, ci convoca in tribunale, trattandoci da delinquenti e da mentitori, e ci minaccia della galera. Queste cose accadono nel mondo, ma Dio usa un criterio completamente diverso nel giudicare gli uomini: gli basta uno sguardo per arrivare sino in fondo alla nostra anima, talmente in fondo che noi stessi non ci arriveremo mai, in tutta la nostra vita terrena (e meno ancora ci arriveranno i vari psicanalisti e strizzacervelli delle più diverse scuole).

Può sembrare strano, ma abbiano trovato in un libro religioso non cristiano, nel Corano, un brano che sembra scritto apposta per descrivere la situazione odierna di strisciante apostasia dalla fede che caratterizza tanta parte del clero e dei fedeli. Anche se il libro sacro degli islamici non fa fede, ovviamente, per un cristiano e non è per lui che un libro umano, non ispirato da Dio, resta che quella pagina, meditata alla luce della ragione naturale, e prescindendo dalla divina Rivelazione, che è quella del nostro Signore Gesù Cristo, appare di una attualità sconcertante, per cui ci piace riportarla (2a sura, detta La giovenca, 6-18; a cura di Gabriele Mandel, Torino, UTET, 2006):

6. Quanto a quelli che non credono, certo è eguale per loro che tu li avverta o non li avverta: non crederanno. 7. Dio ha sigillato i loro cuori e il loro udito: Sui loro sguardi c’è un velo, e ad essi un grande castigo. 8 Fra le genti ve ne sono che dicono: "Crediamo in Dio e nel giorno ultimo", mentre invece non credono. 9 Cercano di ingannare Dio e coloro che credono; ma ingannano se stessi e non se ne avvedono. 10 C’è nei loro cuori una malattia. Dio i fa crescere nella malattia. E essi dunque un castigo doloroso perché hanno mentito. 11 E quando si dice loro. "Non corrompete la Terra", dicono: "Noi siamo dei riformatori". 12 No, sono loro i corruttori, e non se ne avvedono. 13 E quando si dice loro: "Credete come hanno creduto gli uomini", dicono: "Dovremmo credere come hanno creduto gli stolti?". Certo gli stolti sono loro, ma non lo sanno. 14 E quando incontrano quelli che hanno creduto, dicono: "Noi crediamo"; e quando si ritrovano soli coi loro demoni dicono: "Sì, siamo con voi, null’altro. Certo! Noi li beffiamo". 15 Dio si beffa di loro, e lascia che si estendano nella loro tracotanza. Essi vanno alla cieca. 16 Sono quelli che hanno barattato la direzione con il deviamento. Il loro baratto non ha dato profitto. Essi non sono ben guidati. 17 Il loro esempio è come l’esempio di chi cerca d’accendere un fuoco, e poi quando questo ha illuminato tutt’intorno, Dio se ne va con la loro luce e li lascia nelle tenebre. Non vedono niente. 18 Sordi, muti, ciechi, non possono ritornare…

Sembra l’esatta descrizione di quel che avviene nell’animo dei modernisti, i quali si stanno impadronendo della vera Chiesa di Cristo: negano di essere nell’eresia, affermano di essere buoni cattolici, anzi, di aver penetrato maggiormente in profondità il senso delle Scritture (non potendo dire: di averlo penetrato in altro modo, dicono: con maggiore profondità, giocando con le parole per sottrarsi alle logiche conseguenze del loro stesso agire); e intanto sono inquieti, agitati, smaniosi di cambiamento, perché la verità è che il cristianesimo è venuto loro in uggia, va loro stretto, mortifica troppo il loro ego debordante, il loro amore narcisista di se stessi, la loro passione per le comodità, la loro inclinazione ai vizi suggeriti dall’istinto, e la loro superbia intellettuale. Come potremmo credere alla maniera dei nostri padri, dei nostri nonni?, essi dicono, con l’aria di chi dice una cosa troppo evidente perché ci sia bisogno di dimostrarla. Noi siamo uomini moderni, cittadini del mondo moderno; non possiamo vivere e agire se non con le categorie della modernità: dunque, dobbiamo annunciare in modo nuovo e diverso il Vangelo (oh, ma state tranquilli, la dottrina è sempre quella, perenne e immutabile, dicono) affinché gli uomini d’oggi lo possano comprendere e accettare. Miserevoli sofismi. Non si può annunciare se non ciò in cui si crede profondamente; ma essi hanno perso la fede (c’è nei loro cuori una malattia) e coprono la loro incredulità dietro paroloni presi a prestito dalle filosofie non cristiane, come Karl Rahner prende a prestito il vocabolario della filosofia di Heidegger per coprire il cambio di paradigma da lui desiderato, vale a dire l’avvento di un cristianesimo senza più la divinità di Cristo, senza la trascendenza, senza la vita eterna. E così, la "svolta antropologica" è diventata la cortina fumogena per coprire la sostanza delle cose: dei teologi, che hanno perso la fede, si sono imposti ai vescovi riuniti in concilio, e poi, dopo la conclusione del Concilio, hanno accentuato la stretta, asserendo e blaterando che il Concilio doveva essere portato a compimento, che non si doveva tradirlo, che non si doveva vanificarlo, ma spingerlo sino alla sua "vera" conclusione. E ciò è durato fino a oggi, e dura tuttora; e il signor Bergoglio è stato eletto con l’intento, peraltro dichiarato, di "realizzare" definitivamente questo "concilio", che non è, in effetti, il concilio storicamente avvenuto, e che si può considerare sulla base dei documenti scritti che esso ha prodotto, ma un’altra cosa, una categoria metafisica, inafferrabile e quasi evanescente, fatta di un non precisato "spirito" (con la minuscola) che ancora attende, impaziente, di essere finalmente attuato. Si ricordi quel che disse, o meglio, che profetizzò il subdolo Karl Rahner: Ci vorrà del tempo, ma la Chiesa diverrà la Chiesa del Vaticano II. E quel tempo sembra essere arrivato. Ebbene: non è questa la prova, e la confessione, dell’eresia, delle intenzioni apostatiche di codesti novatori? È evidente: non esiste una chiesa del Concilio; e se pure esistesse, non sarebbe la vera chiesa. I concili sono stati ventuno: la Chiesa li riconosce tutti; non mette fra parentesi i primi venti per accettare solo l’ultimo. Se lo fa, si proclama eretica da se stessa.

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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