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Sono validi i Sacramenti della Chiesa odierna?

Alcune persone, indubbiamente animate da un lodevole zelo di verità, si tormentano al pensiero che i Sacramenti amministrati da sacerdoti i quali, di fatto, sono modernisti, nel contesto di una Chiesa cattolica che è sempre meno cattolica e sempre più massonica, gnostica e relativista, non sono validi e quindi non conducono le anime alla salvezza, ma creano solo l’illusione di essere nella grazia di Dio. Ne conosciamo diverse e siamo persuasi che, nella grande maggioranza dei casi, si tratta di perone eccellenti, animate dalle migliori intenzioni e da un sincero scrupolo religioso; nondimeno, riteniamo che i loro scrupoli non conducano da nessuna parte e che servano solo a farle soffrire, oppure a chiudersi da se stesse in una specie di recinto ideale, nel quale, di fatto, si separano da tutto e da tutti, perché, secondo loro, al di fuori di esso non vi sono la verità, né la Presenza Reale del Signore, e perciò neppure la salvezza. Abbiamo avuto occasione di discutere con esse; e non solo non siamo riusciti a placare i loro scrupoli, ma, al contrario, ci siamo visti accusare, sia pure con molto garbo, di essere a nostra volta infetti dal virus del modernismo, precisamente per la ragione che riteniamo validi i Sacramenti ricevuti secondo la retta intenzione del credente. Ci mancherebbe che un cattolico, al momento di accostarsi ai Sacramenti, dovesse sfinirsi in una sorta di indagine preliminare per capire se il sacerdote che ha davanti sia un vero sacerdote cattolico o se non sia, per caso, un eretico travestito da cattolico. Secondo questi nostri amici, il solo fatto di celebrare la santa Messa secondo il nuovo rito, anzi, il solo fatto di essere stato ordinato sacerdote dopo la riforma liturgica del 1969, renderebbe invalidi i Sacramenti amministrati da un tale sacerdote. In pratica, essi pensano che tutta la Chiesa, uscita dal Concilio Vaticano II, sia infedele a Gesù Cristo e che tutto il clero cattolico attuale, nel momento in cui recita la formula "in comunione con il nostro papa, Francesco" (una cum), si rende con ciò stesso apostatico, essendo eretico e apostatico il signor Bergoglio; e che, pertanto, il fedele non dovrebbe mai e poi mai frequentare una Messa nella quale si pronunciano simili parole, e tanto meno accostarsi al Sacramento della santa Eucarestia, amministrato all’interno di essa.

Non siano riusciti a persuadere questi amici della esagerata rigidezza della loro posizione, né per quanto riguarda il giudizio complessivo sulla Chiesa odierna, né circa la validità dei Sacramenti da essa e in essa amministrati. Pazienza. Ci rivolgiamo comunque a tutti coloro i quali nutrono i loro stessi dubbi e che, attanagliati dai medesimi scrupoli, rendono ancor più tormentosa la loro vita di fede, già tanto difficile a causa della situazione oggettiva nella quale il credente, ai nostri giorni, si trova, stanti i cambiamenti in atto, sempre più rapidi e sempre più sconcertanti, sia nella Chiesa, sia nella società civile, a cominciare dalla prima società naturale, la famiglia. I punti centrali sono due. Primo, la Chiesa cattolica è sempre la Sposa di Cristo: per quanto infedele, e talvolta perfino meretrice, resta pur sempre una "santa meretrice", fondata da Gesù e sorretta e consigliata dalla presenza dello Spirito Santo. Ciò non toglie che il clero possa errare e che possa essere traviato: ma il clero, come pure i fedeli laici, rappresentano solo la Chiesa visibile, cioè una piccola parte del superbo edificio: l’altra parte è formata dalla Comunione dei Santi, alla quale partecipano anche le anime del Purgatorio e del Paradiso, nonché dalla presenza di Dio stesso. E poiché Gesù in Persona ha assicurato che le porte degli inferi non prevarranno su di essa, non dobbiamo mai scoraggiarci e disperare, neppure davanti alle cose che possono provocare in noi il più profondo turbamento. Che cosa sono i tempi degli uomini, in confronto ai tempi di Dio? A noi uomini, sembra che qualche anno o qualche decennio d’infedeltà siano sufficienti a concludere che la Chiesa si è persa, che non è più quella; ma Dio non misura il tempo come lo misuriamo noi, i nostri anni e i nostri decenni sono meno di niente ai Suoi occhi: quello che conta è che Egli è e resta il padrone della storia; e, se è il padrone della storia, figuriamoci se non è anche il padrone della Chiesa da Lui stesso fondata, e amata fino al sacrificio d’amore della morte sulla Croce.

Secondo punto: la validità dei Sacramenti. Staremmo freschi se, al momento di accostarci alla confessione, o alla santa Eucarestia, o anche al matrimonio e all’ordine sacro, o all’estrema unzione, per non dire del battesimo e della cresima, dovessimo fare una ricerca per tentar di sapere e di capire se il sacerdote che abbiamo davanti è un vero sacerdote cattolico dal punto di vista della dottrina, ossia delle verità di fede. Sarebbe come voler indagare se è in grazia di Dio dal punto di vista morale: è una cosa che non può sapere nessuno, tranne Dio. Perfino se avesse compiuto un peccato mortale un’ora prima di amministrare il sacramento, ma si fosse poi pentito di tutto cuore, egli, senza dubbio, sarebbe in grazia di Dio: ma quale uomo, vedendo e giudicando le cose dall’eterno, potrebbe saperlo ed esserne persuaso? Evidentemente, nessuno. Solo Dio sa se i suoi sacerdoti sono in grazia di Dio, cosa che del resto vale per tutte le anime; e, allo stesso modo, solo Dio sa se i suoi sacerdoti sono dei veri sacerdoti, nel senso di realmente fedeli alla retta dottrina cattolica. Ma, anche dopo aver ammesso che questo o quel sacerdote abbia potuto aderire, in cuor suo, o anche con gesti e con parole, a delle idee e a delle pratiche che non sono cattoliche, resta il fatto che i sacramenti da lui amministrati sono comunque validi, al di là delle sue stesse intenzioni, purché siano valide le intenzioni del fedele. È la fede del cristiano che rende valido il Sacramento, oltre al fatto, naturalmente, che il sacerdote sia stato regolarmente consacrato, e che quel cristiano sia oggettivamente in grazia di Dio. Quest’ultima è la condizione realmente indispensabile: chi è in peccato mortale e non si è pentito, né riconciliato con Dio, e tuttavia si accosta al sacramento, commette un ulteriore peccato, un autentico sacrilegio, ed è evidente che il sacramento si trasforma, per lui, da una benedizione in una condanna.

Quanto alla regolare ordinazione del sacerdote, la cosa è più sfumata. Il credente non è tenuto a sapere se l’ordinazione del ministro che ha di fonte sia valida, o meno, né se egli sia attualmente nella pienezza del suo ufficio di ministro di Dio, di alter Christus; tranne nel caso, conclamato, di un sacerdote che si renda pubblicamente indegno o pubblicamente eretico. Ma pensare che tutti i sacerdoti ordinati dopo il Concilio non siano dei veri sacerdoti, è un’idea estremista e distruttiva, e, a nostro parere, è un’idea temeraria, perché equivale a pensare che Dio si sia dimenticato della sua Chiesa, che abbia mancato di osservare la sua promessa di vegliare sempre, efficacemente, su di essa. Una cosa, infatti, è, semmai, dubitare della ortodossia, e quindi della retta intenzione, di questo o quel sacerdote, e un’altra, e ben diversa, è dubitare, anzi, negare ogni valore a tutta la Chiesa cattolica. Per quanto vi siano penetrate, in larga misura, le esiziali idee del modernismo, e per quanto la liturgia e la pastorale possano essere inquinate da tali idee, e quindi gravemente alterate o addirittura, come vediamo accadere in certi casi, stravolte, la Chiesa, nel suo complesso, non è degli uomini, ma appartiene a Dio solo: ed è sacrilego immaginare che Dio l’abbia abbandonata. Noi conosciamo personalmente dei sacerdoti che fanno parte della Chiesa cattolica e che sono dei veri uomini di Dio, forse dei santi: dobbiamo aver sempre presente che il male modernista ha colpito molti, ma non tutti.

Il punto essenziale, però, non è il numero dei sacerdoti che sono rimasti fedeli al vero insegnamento di Gesù Cristo, ma la validità oggettiva dei Sacramenti. Ebbene, ci conforta constatare che una persona molto rispettata da quei nostri amici un po’ tropo scrupolosi, don Curzio Nitoglia, la pensa esattamente come noi. Ecco che cosa scrive nella premessa al suo articolo Una questione attuale sull’intenzione dei sacramenti, consultabile sul sito Inter Multiplices Una Vox e pubblicato nel giugno 2017 (saltiamo solo le note, per brevità della citazione, e rimandiamo il lettore al testo integrale dello scritto):

Alcuni valenti teologi contemporanei ritengono, con  un fondamento nella realtà, che le riforme dei Riti sacramentali fatte dopo il 1968 abbiano la tendenza di rendere l’intenzione oggettiva del Ministro difforme da quella creduta e insegnata dalla Chiesa e quindi invalida. 

*La conclusione mi sembra esagerata e non corrispondente alla verità. Infatti la sana teologia insegna che l’intenzione oggettiva del Ministro, per rendere valido il sacramento, consiste nel fare ciò che fa la Chiesa  (Concilio di Trento, DS 1611)* e non consiste nel credere ciò che essa crede e insegna, cosa che renderebbe la validità dei sacramenti soggetta a una miriade di dubbi negativi e soggettivi, i quali porterebbero allo scrupolo universale. Quindi dalla premessa, realmente fondata, dei suddetti teologi non si può dedurre la conclusione, indebita, della invalidità in sé dei nuovi Riti dei sacramenti, ma al massimo si può arguire che la nozione teologica dei Ministri post-conciliari riguardo ai sacramenti non sempre sia in sintonia con quella della Chiesa, il che, però, non invalida di per sé il sacramento, anche se può portare il Ministro al peccato grave contro la fede e all’eresia personale. In breve il sacramento è valido in sé, ma potrebbe essere gravemente illecito da parte del ministro.

E poi aggiunge, mettendo esplicitamente in guardia contro la tendenza a seminare dubbi distruttivi nell’animo dei fedeli circa la validità dei Sacramenti ricevuti, o da ricevere, dalle mani di questo o quel sacerdote:

Attenzione a non ridurre la Chiesa ad una specie di Accademia "gnostica" fatta di eletti, filosofi e teologi provetti. […]

Infatti mons. Antonio Piolanti (I Sacramenti, Firenze, LEF, 1956, II ed., Città del Vaticano, LEV, 1990, p. 237)  spiega: «Per la validità del sacramento è sufficiente l’intenzione implicita e indistinta di fare ciò che fa la Chiesa; intenzione che potrebbe trovarsi anche in un pagano, che si proponesse, sebbene sprovvisto di nozioni sulla Chiesa, di compiere il rito secondo l’intenzione di chi domanda il Battesimo. Innocenzo IV (Decr., lib. III, tit. 42, cap. 1, DS 646) si esprime così: "Se uno va da un saraceno e gli dice: ‘battezzami’ e questi lo battezza, ritenendo che da una semplice immersione non possa derivare altra conseguenza all’infuori di un bagno, ma intendendo bagnarlo secondo le intenzioni di chi richiede il Battesimo, se anche crede che il sacramento non può operare alcunché, egli viene validamente battezzato"». 

Quindi il saraceno, l’ebreo o l’ateo che battezza un moribondo che glielo chiede – in caso di necessità – certamente non ha la fede cattolica e probabilmente non la conosce, ma è sufficiente che dica "voglio fare ciò che tu mi hai chiesto di fare". Ora ciò che gli viene chiesto in quel momento è di amministrare un sacramento, facendo ciò che fa la Chiesa e il Battesimo è valido. Non è una questione di saper ciò che vuole la Chiesa, ma solo di fare ciò che essa fa.

Che altro dire? Del resto, questa è sempre stata la dottrina cattolica su tale argomento: non c’è nulla da aggiungere, ma solo da tener fermo ad essa. Ma, obietteranno quei nostri amici particolarmente scrupolosi, la Chiesa, oggi, non solo erra nelle intenzioni, bensì anche in ciò che fa: e non è questa la prova che i Sacramenti da lei amministrati sono quanto meno dubbi, per non dire invalidi? Rispondiamo: no, non lo è. La Chiesa, ripetiamo, è formata da un miliardo e mezzo di fedeli, da molte decine di migliaia di sacerdoti e religiosi, da parecchie centinaia di vescovi e infine dal papa, servus servorum Dei. Se anche il papa e un certo numero di membri del clero stessero errando, non solo nelle intenzioni, ma anche in ciò che oggettivamente fanno, questo non sarebbe ancora sufficiente a trarre la conclusione che tutta la Chiesa è persa, che non è più cattolica, che non è più la vera Sposa di Cristo, Sarà, ripetiamo, una sposa indegna — temporaneamente indegna; ma da qui a negare che sia la sua Sposa, ce ne corre. Cristo non ripudia la sua Sposa, perché ha insegnato che ciò che Dio unisce, è unito per sempre: vogliamo prenderci noi uomini, imperfetti e limitati, la gravissima responsabilità di fare ciò che neppure Cristo si è mai sognato di fare? Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì ci sono io: questo ci ha assicurato; e abbiamo il dovere di prendere queste sue Parole terribilmente sul serio. Gesù non è solito parlare per scherzo: ogni sua singola affermazione è come se fosse incisa per l’eternità.

In conclusione, essere scrupolosi è una buona cosa, ma essere troppo scrupolosi non lo è. Rischia di fare di noi dei legalisiti, e d’indurci a cadere nello stesso errore dei giudei che rifiutarono Gesù Cristo: a credere, cioè, che la perfetta conoscenza e osservanza della Legge (cose di per se stesse umanamente impossibili) conduca automaticamente alla salvezza. Non scordiamoci la misericordia di Dio, quella vera, non quella del neoclero modernista: Dio legge nei cuori meglio di noi stessi e se vi legge la nostra retta intenzione, senza alcun dubbio Egli è presente nei sacramenti che riceviamo.

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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