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Omoeresia, penultima fermata prima del capolinea

La validità del Sacramento eucaristico, centro e cuore della santa Messa e di tutta la Chiesa cattolica, validità messa in forse da una serie di sciagurate iniziative della gerarchia ai suoi massimi livelli — prima da parte di Bergoglio con l’esortazione apostolica Amoris laetitia, in tema di comunione ai separati e divorziati passati ad altra unione (cioè, in pratica, viventi in flagrante peccato di adulterio), ora da una parte della Conferenza episcopale tedesca, capitanata dai soliti Marx & Kasper, in tema di "intercomunione" alle coppie formate da un coniuge cattolico e uno protestante — è certamente un problema più serio, perché colpisce al cuore la dottrina cattolica. Tuttavia, i nemici interni della Chiesa di Cristo hanno individuato un terreno più agevole, per loro, sul quale sferrare l’assalto decisivo contro i Sacramenti, contro la Grazia e a favore del peccato, e cioè quella che ormai da tempo viene indicata, con neologismo brutto ma efficace, omoeresia. Di fatto, la disputa sulla validità dell’Eucaristia, offerta a un adultero o a un non cattolico, pur riguardando un numero considerevole di persone, ha pur sempre qualcosa d’intellettuale: presuppone una certa cultura teologica, una certa conoscenza della storia ecclesiastica; e quindi, tutto sommato, non appassiona le masse, ma solo una cerchia relativamente ristretta di persone. Invece la questione dell’omosessualità, o, per essere più precisi, della pratica della omosessualità, e della posizione che deve tenere la Chiesa nei confronti di essa — benché si tratti, in realtà, di una materia definita da secoli e secoli, per non dire da sempre, ossia dalla primissima generazione dei membri della Chiesa, e san Paolo è chiarissimo su questo punto -, per tutta una serie di circostanze, sia vecchie che nuove, si presenta in termini tali da suscitare un fortissimo coinvolgimento emotivo, anche fra persone che non sono affatto omosessuali, ma che vedono in essa una tipica "battaglia di civiltà", che i progressisti sono in dovere di combattere strenuamente, che siano o che non siano cattolici praticanti; coinvolgimento emotivo che una sapiente regia, che non è difficile identificare, ha saputo prontamente trasformare in mobilitazione ideologica.

Lo schema, ampiamente collaudato, è sempre lo stesso: dall’Olocausto in poi, lo abbiamo visto più e più volte. Si parte da un (sommario) giudizio storico: i sodomiti sono stati a lungo perseguitati e discriminati: non si dice da chi; se si andasse a verificare, si scoprirebbe che la Chiesa cattolica, anche nel più "buio" Medioevo, ha costantemente esercitato una funzione moderatrice sulla giustizia nei loro confronti, quando tutte le legislazioni civili, e quelle dei Paesi protestanti assai più dei cattolici, consideravano la sodomia un grave reato (si pensi alla condanna ai lavori forzati per il celebre scrittore Oscar Wilde, in piena età vittoriana), e che la Chiesa cattolica non ha mai considerato un peccato avere delle tendenze omosessuali, ma solo la pratica della sodomia e della pederastia. Da quel fatto, si trae la deduzione che i perseguitati e/o i discriminati sono stati vittime di una grave ingiustizia, ingiustizia che richiede una pronta e incondizionata ammissione di colpa, nonché una doverosa riparazione. Per quanto concerne l’ammissione di colpa, i cattolici devono scusarsi ripetutamente e pubblicamente per i loro comportamenti passati: nonostante che, per trovare quei fatti nella Chiesa cattolica, sia necessario andare parecchio indietro nel tempo. Pertanto, vige il principio che, per i cattolici, e solo per loro, le colpe dei padri ricadono sul capo dei figli: i cattolici di oggi si devono scusare per quel che di sbagliato hanno fatto i loro nonni, bisnonni e trisavoli. Per quel che riguarda la riparazione, poi — e qui veniamo al dunque — sembra ad alcuni teologi neomodernisti e a un certo numero di preti progressisti che il solo risarcimento adeguato non possa consistere che in una piena "rivalutazione", non solo dei sodomiti, ma anche della sodomia, affinché i poveretti si sentano definitivamente liberati dal marchio dell’infamia (nel 2018?) e le malvagie persecuzioni del passato, da parte cattolica, non abbiano mai più a rinnovarsi. In pratica, per questi cattolici divorati da tragici sensi di colpa per ciò che accadde nei secoli passati, la sola cosa giusta da fare è dichiarare non solo che tutti i sodomiti sono delle perone eccellenti e meritevoli di ogni stima, comprensione e affetto, ma anche che la sodomia non è per niente un peccato, e, se mai la Chiesa ha potuto dire questo, ora è giunto il momento di voltare pagina, riscattarsi da una simile bruttura, e proclamare con franchezza che non c’è niente di più bello della pratica sodomitica; tanto è vero che qualche prete si sta già attrezzando per l’accompagnamento pastorale delle coppie omosessuali e si sta attivando per metter su dei corsi di affettività per "fidanzati" gay, il tutto all’ombra del Crocifisso e con la benedizione del nostro Signore Gesù Cristo.

E una volta che la prima linea è caduta, vediamo che l’assalto si sta sviluppando sempre più poderoso contro la seconda e la terza, e che le difese sono in rotta, i difensori si sbandano e fuggono, o, cosa più grave di tutte, si uniscono agli assalitori, fraternizzano con loro, rivolgono le loro armi contro i propri compagni che ancora vogliono battersi per difendere quel che resta della verità. Dapprima un prete qua, un prete là, entrato in amicizia con i circoli LGBT e con quelli dei cosiddetti "cristiani omosessuali" (si veda, in rete, il Progetto Gionata; portale su fede e omosessualità, che ora esulta per la presa di posizione di monsignor Camisasca a Reggio Emilia; però, una piccola domanda: chi lo dice che Gionata era l’amico intimo di Davide?), hanno deciso di boicottare e condannare ogni forma di "discriminazione", ad esempio ogni attività o manifestazione delle Sentinelle in Piedi o del Popolo della Famiglia. Poi hanno aderito ai loro pressanti inviti di aderire alla lotta contro l’omofobia, nella maniera più appropriata a dei sacerdoti cattolici, vale a dire con delle apposte veglie di preghiera contro quell’orrendo vizio che è la discriminazione contro gli omosessuali. Infine, preso il coraggio a due mani e varcato definitivamente il Rubicone, si son messi a fare propaganda per i movimenti di "liberazione" omosessuale, bisessuale, transessuale, per l’ingresso della cosiddetta educazione gender nelle scuole e negli asili, e si sono adoperati nella compilazione di documenti e perfino appositi "catechismi" nei quali la sodomia sia definitivamente sdoganata e derubricata dall’elenco dei peccati, e anzi sia santificata e canonizzata, magari mediante il riconoscimento delle unioni gay e, se possibile, di un apposito "sacramentino" che consenta ai sodomiti di celebrare le loro sante nozze in chiesa, davanti all’altare del Santissimo, ovviamente comunicandosi con la massima compunzione, come fece Wladimir Luxuria (dove Luxuria è tutto un programma e suggerisce immediatamente l’idea della continenza e della pietà cristiana) alle esequie di don Gallo, ricevendo la particola direttamente dalle mani dell’arcivescovo di Genova, il cardinale monsignor Angelo Bagnasco. I vescovi, da parte loro, dapprima hanno brillato per la loro assenza ed il loro assordante silenzio, vale a dire per la loro ignavia e la loro pavidità. Poi, mano a mano che questi casi si moltiplicavano nelle loro diocesi, e che ciò attirava la morbosa attenzione dei mass-media, dopo qualche ulteriore tergiversazione, hanno incominciato a prendere posizione: e lo stanno facendo, in maniera sempre più convinta, nel senso di appoggiare codeste veglie di preghiera contro l’omofobia e di criticare, con una acredine sempre più palese, le contro-iniziative, come le veglie di riparazione, indette da gruppi cattolici in occasione dei Gay Pride o di altre aberranti manifestazioni similari.

Eppure, lo ripetiamo, l’insegnamento della Chiesa, su questo tema, è assolutamente chiaro, e il Magistero lo ha confermato nel corso di duemila anni. Leggiamo, ad esempio, nella Prima Lettera ai Corinzi (6, 13-20):

I cibi sono per il ventre e il ventre per i cibi!». Ma Dio distruggerà questo e quelli; il corpo poi non è per l’impudicizia, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio poi, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza.

Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? Non sia mai! Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. Fuggite la fornicazione! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà alla fornicazione, pecca contro il proprio corpo. O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!

I vescovi, peraltro, fino a poco tempo fa, quando la pressione dei media e degli ambienti politici e intellettuali era minore e, soprattutto, quando ancora non era stato eletto alla cattedra di Pietro il signor Bergoglio, avevano ancora il coraggio di difendere il retto insegnamento della Chiesa e di sfidare anche l’impopolarità, per dir le cose con franchezza e con lealtà. Il già citato Angelo Bagnasco, che, non a caso, era considerato l’erede spirituale di monsignor Giuseppe Siri, ebbe a dire a suo tempo (riportato su Wikipedia, rispettivamente da articoli del Corriere della Sera, il Quotidiano Nazionale e L’Avvenire, tutti del 2007):

Quando il criterio dominante è l’opinione pubblica o le maggioranze vestite di democrazia – che possono diventare antidemocratiche o violente – allora è difficile dire di "no". Perché quindi dire no a varie forme di convivenza stabile giuridicamente, di diritto pubblico, riconosciute e quindi creare figure alternative alla famiglia? Perché dire di no all’incesto, come in Inghilterra dove un fratello e sorella hanno figli, vivono insieme e si vogliono bene? Perché dire di no al partito dei pedofili in Olanda se ci sono due libertà che si incontrano? Bisogna avere in mente queste aberrazioni secondo il senso comune e che sono già presenti almeno come germogli iniziali.

E il cardinale Gerhard Ludwig Müller, ex prefetto per Congregazione per la Dottrina della Fede, intervistato da Costanza Miriano, molto più recentemente, ha dichiarato (17 maggio 2018; vedi l’intervista completa sul blog della gioralista):

L’omofobia, semplicemente non esiste, è chiaramente un’invenzione, uno strumento del dominio totalitario sulla mente degli altri. Al movimento omosessualista mancano gli argomenti scientifici, per questo hanno costruito un’ideologia che vuole dominare, cercando di costruire una sua realtà. È lo schema marxista, secondo cui non è la realtà a costruire il pensiero, ma il pensiero che costruisce la realtà. Quindi, chi non accetta questa realtà deve essere considerato malato. Come se, tra l’altro, si potesse agire sulla malattia con la polizia o con i tribunali. D’altra parte in Unione Sovietica i cristiani venivano chiusi nei manicomi: sono i mezzi dei regimi totalitari come il nazionalsocialismo e il comunismo. Oggi in Nord Corea la stessa sorte tocca a chi non accetta il pensiero dominante…

In effetti, il tema della pratica omosessuale è il cavallo di Troia ideale per far entrare il nemico fin dentro il cuore della cittadella cristiana, demolendone le difese dall’interno. Giocando sull’equivoco di confondere il peccato e il peccatore, si chiede rispetto e accoglienza per le persone omosessuali, ma poi, di fatto, si riconosce uno statuto etico alla sodomia, si pretende che tutti si inchinino a questo nuovo "vangelo" e si finisce per considerare come i peggiori nemici proprio i cattolici (non cattolici "tradizionalisti", come impropriamente si dice, ma cattolici e basta) i quali non ci stanno a subire questa confusione e questo ricatto, vogliono rimettere i punti sulle "i" e ribadiscono che, pur con tutto il rispetto e l’accoglienza per le persone omosessuali, in quanto persone (rispetto e accoglienza che non si negano ad alcuno), quello della sodomia è un peccato gravissimo; che la Chiesa lo ha sempre considerato tale; e che a nessuno, parroco o vescovo, e neppure al papa, è lecito cambiare o togliere anche solo una virgola (iota unum!) al Deposito della fede, di cui la dottrina morale cattolica è parte integrante, viva e operante. Ma gli attivisti LGBT sanno benissimo che denunciare l’omofobia, un reato che non esiste e una colpa "ideologica" che solo un regime totalitario e liberticida potrebbe voler introdurre, è solo una strategia per imporre, appunto, l’ideologia gender e omosessualista; e i cattolici gay-fiendly, i quali lo sanno bene, sono, nel migliore dei casi, gli utili idioti del momento e nel peggiore, lupi travestiti da agnelli intenzionati a causare il maggior danno possibile. Del resto, non è chi non veda che la campagna per riabilitare la sodomia è solo una parte della più vasta campagna per svalutare e archiviare il valore cristiano della castità e della purezza. Come ha detto don Paolo Cugini, quello delle veglie anti-omofobia a Reggio Emilia: già facciamo fatica noi preti a vivere la castità; immaginarsi se possiamo imporla vita a persone laiche, pur credenti. Bravo don Paolo: però se la pensa così, perché ha scelto di farsi prete?

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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