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Chi detesta la voglia di pulito?

La società odierna è talmente immersa nella sporcizia morale che molti neanche se ne rendono più conto: vuol dire che le difese sono crollate e gli anticorpi non funzionano più. Sino a qualche anno fa, molte persone si rendevano conto dello slittamento verso la sporcizia, ne erano offese e nauseate; oggi, quelle stesse persone, per non parlare delle nuove generazioni, non vi fanno più caso. È come se vivere in mezzo allo sporco, per loro, fosse diventato una cosa naturale. Succede come in una grande città, nella quale il servizio della nettezza urbana smetta di funzionare in modo decente (e noi italiani ne sappiamo qualcosa). All’inizio, davanti alle montagne di spazzatura che stravolgono il paesaggio, e davanti al fetore sempre più forte che si leva da quei cumuli, la gente protesta, si arrabbia, grida tutta la sua esasperazione; ma poi, vedendo che passano i giorni e non succede nulla, finisce, non diciamo per rassegnarsi, ma per registrare l’eccezionale come se fosse il normale. Dovendo vivere in quelle condizioni, la gente rimuove lo scandalo e fa finta che tutto sia come dovrebbe essere: vede la bruttura, annusa la puzza, ma la mente si rifiuta di fare due più due, si auto-censura, stacca la spina per tutto ciò che riguarda quell’ambito della realtà. Vede e registra tutto il resto, ma quello no, si rifiuta di fare i conti con esso. Ebbene, con la sporcizia morale nella quale siamo immersi, è successa la stessa cosa.

Molti sono i fattori che hanno contribuito a ciò, primo fra tutti l’onnipotente televisione, che più d’ogni altra cosa ha introdotto la sozzura nelle nostre case, nelle nostre famiglie, e che nelle ore di maggiore ascolto ha "lavorato" la sensibilità delle persone, fino a demolire le resistenze del pudore, della morale, del semplice buon gusto, e le ha praticamente immunizzate alla decenza, attuando una vera e propria contro-educazione, una educazione all’inverso, imponendo il brutto al posto del bello, il cattivo al posto del buono, il falso al posto del vero, e facendo sì che le persone si adeguassero a questa inversione nella tavola dei valori. La moda ha fatto il resto: la moda della provocazione, della cafoneria, della volgarità, dell’esibizionismo, della impudicizia, ha attuato il suo ricatto contro i giovanissimi e le giovanissime, ha pervertito il gusto e il senso estetico dei più piccoli; poi è partita dall’alto, ha sedotto gli uomini e le donne di una certa età, la generazione dei nonni e delle nonne; infine ha completato l’opera conquistando d’assalto la fascia degli adulti. Il cinema, la musica, gli spettacoli in genere, e infine lo stesso sport, sono diventati cinghie di trasmissione di questa decostruzione morale e di questa contro-educazione; la letteratura si è affrettata a sua volta, per non restare indietro: ed è stato un diluvio di romanzi pornografici, i più nocivi e insidiosi dei quali sono quelli con pretese artistiche. Quindi le arti figurative, specialmente la pittura. Da ultimo la politica, con un vero e proprio arrembaggio sessuale, dalla prostituzione per il potere allo sfruttamento erotico della propria bellezza, fase, quest’ultima, che ha visto particolarmente attive le donne, in gran parte femministe o ex femministe convertite, ma in perfetta malafede (cioè negando ipocritamente quel che stanno facendo), alla sapiente "valorizzazione" delle proprie attrattive. Ormai, nei salotti televisivi dedicati alla politica, si vedono quasi sono delle cretine dall’aria procace, che accavallano le gambe con noncuranze per mostrare le loro meraviglie, e intanto annoiano a morte il pubblico con discorsi talmente insulsi, da far rimpiangere che non siano, oltre che delle perfette sceme, anche mute.

Non si creda, peraltro, che il dilagare della sporcizia sia legato solo alla pornografia, anche se quasi sempre ha a che fare, magari indirettamente, con la sfera erotica e sessuale. La sporcizia morale investe tutti gli aspetti della vita, solo che la nudità e la provocazione fisica assumono le forme più appariscenti, come ben sanno le balde militanti del movimento femminista ucraino Femen, protagoniste di atti gloriosi come l’aggressione, in diretta televisiva, al vescovo belga Lénard, gettandogli addosso una secchiata d’acqua e dileggiandolo con i loro seni nudi e dipinti, per far vedere quanto la Chiesa cattolica sia bigotta, moralista e repressiva (ma le sguaiate baccanti hanno fatto una ben magra figura di fronte alla serenità composta e dignitosa dell’anziano monsignore, che dallo squallido episodio è uscito moralmente mille volte vincitore). No: la sporcizia morale non è fatta solo di corpi nudi ostentati, magari da parte di omosessuali e transessuali, come negli orridi Gay Pride, nei quali la parola d’ordine è scandalizzare, offendere, disgustare il prossimo, le persone "normali"; ma è anche fatta di corruzione, di sordido egoismo, di carrierismo cinico, di tradimenti e brutture nella vita coniugale, di scandali che i grandi danno quotidianamente ai piccoli, e, quel che è peggio, di celebrazione della oscenità e di derisione del pudore. Tutte cose che, ormai, magari con la scusa di "andare incontro agli emarginati", sono penetrate alla grande nella stessa Chiesa cattolica, un tempo roccaforte dei valori morali: come quando monsignor Vincenzo Paglia fa decorare il duomo di Terni con un enorme affresco blasfemo, vera e propria celebrazione delle perversioni sessuali, e vi si fa allegramente raffigurare egli stesso, a "edificazione" di coloro i quali, in chiesa, forse ci vanno per pregare, e magari anche per incontrare Gesù Cristo, e non per vedere esaltata la sozzura degli invertiti.

La stessa espressione "sporcizia morale" è ormai passata di moda, e noi l’abbiamo adoperata intenzionalmente, al preciso scopo di far notare quanto essa suoni ormai obsoleta: è una di quelle espressioni che paiono appartenere all’Ottocento, a un mondo scomparso per sempre, fatto di crinoline e buone maniere. E, come sempre, le parole tendono sparire (o, nel caso opposto, a comparire) quando ciò che indicano è sparito dal paesaggio quotidiano, e si può trovare, al massimo, in qualche luogo appartato, in qualche vecchio armadio polveroso. Non si parla più di sporcizia morale per il semplice fatto che essa non viene più percepita come tale: e questo per la buona ragione che ha raggiunto livelli industriali, e quando una cosa è massicciamente entrata nella nostra vita quotidiana, noi finiamo per considerarla una parte "naturale" del paesaggio, e l’accettiamo, come si accettano le stagioni, o il sole e la pioggia, senza ulteriori ragionamenti. Nello stesso tempo, ciò sta a indicare che è sparito anche il concetto della pulizia morale: dunque, che la pulizia morale non è più considerata una cosa buona e necessaria; peggio ancora: che incomincia ad apparire come una stranezza, una stravaganza, una eccentricità. Una ragazza che non si concede al primo appuntamento con un ragazzo, per esempio, appare ai più come una originale, o una bigotta, o una repressa, e subito s’invocano Freud o Jung, si sollecita la "liberazione" che viene solo dalla psicanalisi, si va a cercare il trauma infantile che può averla "bloccata". Analogamente, una bella ragazza che non faccia generosa esibizione del proprio corpo, che non lo mostri al massimo, che non lo adoperi per far girare la testa a tutti quanti, per strada, a scuola, sul lavoro, perfino in chiesa, appare non solo come una rarità, ma come una specie di non-senso: ma come, è così bella e non lo sfrutta? Non lo fa notare? Non valorizza le forme generose che la natura le ha donato? Ah, ma allora è proprio una stupida: nascondersi dentro quei vestiti abbondanti, dietro quelle gonne lunghe, quei pantaloni larghi. Anzi, la prima cosa che si va a pensare è che, dopotutto, forse non è poi così bella; forse non mostra le gambe perché sono storte; forse non esibisce il seno perché è piccolo e mal fatto: insomma, sembra una cosa inconcepibile che si auto-censuri soltanto perché non è interessata a fare mercato delle sue grazie. Oppure, semplicemente, è una povera complessata, una auto-lesionista; e, naturalmente, una sciocca e una perdente, una "sfigata". E lo stesso modo di giudicare si applica al ragazzo che non approfitta subito della ragazza che gli piace, che non prova a portarsela subito a letto, ma che la rispetta, perché vede in lei una persona a cui tiene, e tiene anche alla sua stima, non la considera solo una bella bambola di plastica. Ma che tipo sarà mai, un ragazzo del genere? Forse è impotente? Forse è un omosessuale latente? Non cogliere al volo le occasioni: quale immensa stupidaggine; che mancanza di savoir-vivre!

Eppure, se c’è una cosa di cui si sente un grandissimo, un immenso bisogno, è proprio la pulizia morale. Se ne sente il bisogno come colui che, costretto a vivere in un immondezzaio, sogna una ventata d’aria fresca e pura. Il fatto che molti non se ne rendano conto, non significa nulla: anche certe malattie non si manifestano con dei sintomi evidenti, ma, nelle profondità dell’organismo, avanzano disastrosamente; anche un bambino, cresciuto fra adulti che si ubriacano, litigano, bestemmiano tutto il giorno, finisce per adattarsi, ma una parte di lui, in fondo al suo essere, grida e protesta e aspira a un altro ambiente, a un altro genere di presenze. La nostra società ha bisogno di persone moralmente pulite, di cose pulite, di spettacoli puliti, anche se non lo sa: non sempre il malato sa di esserlo e non sempre desidera le cure e le medicine; ma il suo corpo, sì, lo sa, e istintivamente vorrebbe fuggire da ciò che lo fa star male (il vizio del fumo, ad esempio, per chi ha la bronchite cronica) e andare incontro a ciò che lo farebbe star meglio. Perciò, senza scoraggiarci, senza stancarci, senza sentirci frustrati se le nostre parole e le nostre azioni non vengono apprezzati, noi abbiamo il dovere di fornire agli altri, e specialmente ai bambini e ai giovani, degli esempi di pulizia morale; oltre che per noi stessi, dobbiamo farlo per loro. Quelli della nostra generazione lo devono ai giovani, a titolo di parziale risarcimento per tutti i cattivi esempi, per tutti i modelli negativi che, fino ad ora, in prevalenza abbiamo offerto. Non importa se non vedremo subito il risultato, se non saremo capiti, se saremo criticati e osteggiati; dobbiamo farlo ugualmente, in primo luogo con i nostri figli, e poi con tutti i bambini e i giovani i quali, forse, ci stanno guardando, e hanno in cuor loro una segreta speranza, magari inconsapevole di se stessa, di vedere e udire da noi cose diverse, un po’ meno sporche, un po’ più pulite, di quelle che ordinariamente vedono e odono da parte della maggior parte degli adulti.

A questo punto, però, sorge un ulteriore problema; e vi abbiamo già fatto un cenno, parlando di monsignor Paglia e dell’affresco del duomo di Terni (ma avremmo anche potuto parlare, sempre per lo stesso personaggio, del suo scandaloso, intollerabile elogio del defunto Marco Pannella, che ha avuto l’ardire di designare quale persona dalla spiritualità altissima, e additare a tutti quanti, cattolici compresi, quale esempio di vita meritevole di essere imitato). Il problema è questo: la sporcizia morale, oggi, non solo non viene più percepita come tale; non solo è la pulizia morale che, al contrario, fa problema, suscita incredulità e quasi fastidio; ma vi è una vera e propria regia occulta, finalizzata a creare un atteggiamento diffuso d’intolleranza, di critica, di derisione e di autentico odio contro tutto ciò che è pulito, che è buono, che è onesto, che è veritiero. C’è qualcuno che detesta la voglia di pulito, qualcuno che desidera non solo estendere la sporcizia il più possibile, ma aizzare i sentimenti della gente contro quei pochi e quelle poche i quali non si uniformano all’andazzo generale, ma si sforzano di vivere la vita buona, la vita onesta, nell’amore e nel timor di Dio. Siamo profondamente convinti che l’atteggiamento di odio e disprezzo verso le persone oneste e pulite, verso i comportamenti onesti e puliti, non è solamente "spontaneo", per quanto può esserlo ciò che, in effetti, è stato creato da una lenta e capillare opera di contro-educazione da parte dei mass media; ma che tale opera di contro-educazione viene portata avanti in maniera scientifica e programmata, sia allo scopo di agevolare la diffusione della mentalità consumista, sia per raggiungere un obiettivo meno pratico e più ideologico, anzi, decisamente ideologico: sovvertire interamente la morale e creare le condizioni per l’avvento di una società votata al male.

Pare quasi che abbiamo detto una enormità; ed ecco che qualcuno ci bollerà come paranoici, come cultori delle balorde teorie del cospirazionismo. Semplicemente, come cattolici, crediamo quel che ogni cattolico è tenuto a credere: che esiste un Nemico, il diavolo, intenzionato a spingere gli uomini lontano dalla grazia di Dio, e a vanificare l’opera dell’Incarnazione del Verbo e della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo, per la loro salvezza. Noi, questo, lo crediamo; e se padre Sosa Abascal, il numero uno dei gesuiti, non lo crede affatto, dal momento che ha dichiarato di non credere all’esistenza del diavolo, quello è affar suo; come pure è affare del papa Francesco il non essere intervenuto, l’essere rimasto in silenzio (lui che ama parlare così spesso), mentre il suo illustre confratello rilasciava, con tono modano, nel corso di un’intervista alla stampa, quella incredibile affermazione. Noi, dunque, crediamo fermamente che il diavolo esiste; che si adopera incessantemente per la nostra rovina, a causa dell’odio che nutre nei confronti dell’Amore divino; che egli è all’origine di gran parte del male che devasta la terra e che fa soffrire così tanto l’umanità, e specialmente i buoni e gli innocenti. Il resto viene da sé: non c’è bisogno di esser particolarmente inclini alle teorie complottiste. Stiamo parlando di un disegno globale, addirittura planetario: e la cosa più logica, per chi persegue un tale disegno, è quella di assicurarsi il maggior numero possibile di alleati. Non è necessario che tutti quelli che lavorano per il diavolo, lo sappiano: per la maggior parte, sono solo degli utili idioti che credono di battersi per la libertà, l’emancipazione, i diritti, eccetera. Ma il fatto è quello: e non si possono servire due padroni. Perciò, o si è con Dio, oppure…

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Mike Chai from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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