
Quelli che costruiscono e quelli che distruggono
1 Novembre 2017
In che cosa credono i cattolici?
2 Novembre 2017Le ombre della sera erano già calate sulla terra e le sagome degli alberi apparivano simili a neri giganti profilati contro gli ultimi bagliori del giorno morente; un profondo senso di malinconia e di mistero si diffondeva sulla terra che stava per entrare nel grembo della notte.
E tu dov’eri?
Ero già all’intero della chiesa, sebbene non ricordi quando vi fossi entrato; un momento prima ero all’esterno, e contemplavo gli ultimi bagliori di luce sui muri della facciata e intuivo un’ala scura che mi passava, velocissima, sopra la testa: l’ultimo passero o il primo pipistrello? Un momento dopo ero dentro, nella fitta penombra della navata centrale.
Era la chiesa di san Giorgio?
Sì; c’era una grande pala, che raffigurava la scena del combattimento fra il santo e il drago, con la principessa in secondo piano, che attendeva trepidante l’esito della lotta.
Quella della tua infanzia?
Forse sì; difficile dirlo: sia perché non la ricordo più tanto bene — quanti anni sono passati, e non ci sono mai più ritornato! -, sia perché alcuni elementi mi facevano pensare, fin dall’esterno, a un’altra chiesa, abbastanza simile a quella e tuttavia, indubbiamente, diversa. Assomigliava un poco alla chiesa di C., e anche a quella di M.; quest’ultima, però, non è dedicata a san Giorgio, ma a san Martino. Sulla pala dell’altar maggiore, comunque, è pur sempre raffigurato un ufficiale romano, con la corazza scintillante, in sella a un bel cavallo bianco, la criniera al vento, che scalpita sulle agili zampe e trasmette un senso di forza contenuta, di sicurezza, e anche di protezione.
E poi?
Di colpo si faceva buio quasi del tutto; evidentemente il sole era tramontato, dietro i finestroni laterali, e non restava che il debole lucore di qualche candela a diradare le tenebre fitte. C’era un grande silenzio, a parte qualche lievissimo scricchiolio del legno, che, però, faceva uno strano effetto, come se vi fosse qualcuno che socchiudeva una porta, mentre l’edificio era deserto.
Come lo sapevi?Avevi controllato con lo sguardo, o era soltanto una tua sensazione?
No, non avevo controllato. Lo sapevo e basta; o, per dir meglio, lo "sentivo".
Che sensazione avevi, oltre a quella di essere lì da solo?Eri spaventato, preoccupato, o cosa?
Né spaventato, né preoccupato, e tuttavia, innegabilmente, un po’inquieto. Mi sentivo "chiamato"; sapevo di essere lì per una ragione precisa, sapevo che qualcuno mi aveva attirato in quel luogo e che non ne sarei uscito, prima di aver capito di che cosa si trattasse e aver ricevuto un messaggio.
Un messaggio? Tu sentivi che avresti ricevuto un messaggio?
Detta così è una cosa troppo netta, troppo esplicita. In realtà non sapevo esattamente che cosa avrei ricevuto e forse non sapevo neppure se avrei ricevuto qualcosa, però provavo una sensazione di quel genere, non con la parte razionale, ma in maniera intuitiva. Non era nemmeno evidente il fatto di esser lì, e che fossi entrato in quella chiesa, per una ragione ben precisa; eppure, in qualche angolo della mia coscienza, lo "sapevo", così come sapevo che qualcosa sarebbe accaduto, anche se non sapevo cosa.
È strano, vero?
Nei sogni è tutto un po’ strano, ma solo un poco, sicché si è incerti se si sta sognando o si è desti.
E poi, cosa è accaduto? Ripetimelo, per favore, anche se me l’hai già raccontato.
Camminando lungo la navata, fra i banchi vuoti, a un certo puto sono arrivato ai piedi della pala di san Giorgio che lotta contro il drago, e lo trafigge con la sua lunga lancia.
Quindi, eri salito sul presbiterio e ti eri avvicinato all’altare maggiore?
No, non direi. Mi sembra che fossi rivolto ad un altare laterale, sulla parete sinistra; ma non ne sono ben sicuro. Comunque il san Giorgio era lì, e non sull’altare maggiore, dove avrebbe dovuto essere.
Dimmi bene cosa è successo a questo punto. Ma era un sogno, poi?
Bella domanda: era un sogno? Me lo sono chiesto cento volte. E la cosa stranissima è che non sono riuscito a darmi una risposta. Era un sogno, molto probabilmente. Anzi, è quasi certo. Però, "quasi". Se ci penso, non riesco a ricordare quando avrei fatto un tale sogno; e invece dovrei ricordarmene, non è vero? Voglio dire: dovrei almeno ricordarmi cos’ho provato al momento del risveglio, visto che lo ricordo così bene, a distanza di parecchi giorni, il che non mi era mai successa prima. I sogni, di solito, li dimentico ancora prima di svegliarmi: non li ricordo proprio. E quei pochi che ricordo, li dimentico nel giorno di qualche ora, o piuttosto di qualche minuto. Puff!, e via, non ci sono più: spariti, come la nebbia che si disperde al primo raggio di sole…
E se non era un sogno, che cos’era? Tu che cosa pensi che sia stato?
Chi può dirlo con certezza? Una specie di visione; o forse, semplicemente, una voce interiore.
Che cosa ti ha detto quella voce? E veniva dall’esterno o dall’interno della tua coscienza?
Non so da dove venisse; non l’ho percepito allora, e non l’ho capito nemmeno dopo. Mi diceva qualche cosa come: "Tu sei mio, adesso. E ti verrà dato un compito, avrai un incarico da eseguire".
Era la voce di san Giorgio? Era lui che ti stava parlando e ti diceva quelle cose?
No, non credo che fosse san Giorgio. In un certo senso, san Giorgio ero io. Cioè, vi era il sottinteso che io avrei dovuto sostenere, come lui, una difficile prova, la quale avrebbe richiesto tutto il mio coraggio. E anche qualcos’altro. Nel senso che, con le mie sole forze, non avrei mai potuto farcela.
Quindi, ti veniva promesso l’aiuto della grazia.
Sì, credo di sì. Come viene promesso a qualsiasi cristiano che si rivolga a Dio con cuore puro.
Tu dov’eri, cosa facevi? Eri sempre ai piedi della pala del san Giorgio con il drago?
Sì. Era una pala molto bella, opera di un arista del Cinquecento, a giudicare dallo stile.
Era quella di Sebastiano Florigerio, nella chiesa della tua città natale?
Non lo so. Certo, le assomigliava; ma non so se fosse proprio quella. Raffigurava un san Giorgio che trafigge il drago, di discreta fattura; piuttosto scura, non molto luminosa. Era scurita dal tempo, credo che avesse bisogno di un restauro; alcuni particolari restavano del tutto in ombra, anche se le figure principali — il santo, il drago e la principessa – erano chiaramente riconoscibili, sullo sfondo di un paesaggio boscoso, tormentato, con qualcosa d’inquietante.
Ma tu che stavi facendo? Perché ti eri fermato proprio lì?
Ero inginocchiato su un banco di legno e tenevo la coroncina del Rosario fra le dita.
Stavi pregando, quando hai udito la voce?
Suppongo di sì; avevo il Rosario fra le dita ed ero lì, in ginocchio, e guardavo il dipinto. Ma a un certo punto avevo avuto come un brivido di freddo, o, forse, di paura.
Perché di paura?
Non lo so; forse perché il sole era sparito e si era fatto così buio, di colpo era scesa la notte e io mi sentivo solo e un po’ smarrito, non capivo bene dove mi trovassi e cosa stesse succedendo.
Ti eri messo a pregare perché avevi paura di qualcosa?
Non ricordo se avevo già cominciato a pregare, suppongo di sì: ma non avevo iniziato a recitare il Rosario perché avevo paura; la paura, se era tale — forse non proprio paura, ma come un vago senso di smarrimento; come un venir meno del coraggio — era subentrata dopo, quando il sole era sparito e la chiesa era stata ingoiata dall’oscurità, come da un fiume nero che straripa dal suo letto.
Oppure erano state quelle parole a spaventarti, a farti sentire smarrito?
No; era come se una mano di ghiaccio mi avesse stretto il cuore, d’improvviso; ma non erano state quelle parole a provocare la stretta. Quelle parole mi avevano investito di un senso di altissima responsabilità, e, insieme, mi avevano dato una chiara coscienza della mia piccolezza, della mia inadeguatezza, sicché mi avevano causato più stupore e quasi incredulità, che turbamento o paura.
Ed è stato a quel punto che hai visto venire il Bambino attraverso la navata?
No, non veniva "attraverso la navata"; veniva avanti in uno spazio "diverso", non so spiegare; era come se, a un tratto, non ci fosse più la chiesa, e io non fossi più in un luogo preciso, e intanto il Bambino veniva avanti, con un passo svelto e deciso, ma, nello stesso tempo, con una grazia e una naturalezza impareggiabili. Intorno a lui c’erano solo tenebre, ma dove posava i piedi, pareva sgorgare un fiume di luce, per cui i suoi piedi non toccavano terra, la sfioravano solamente. Dico "terra", ma non camminava sulla terra; a un certo punto si è fermato e sotto i suoi piccoli piedi c’era un Libro, un grande Libro aperto, dalle pagine tutte splendenti; e tutt’intorno, come per incanto, fiorivano rose e gigli, e si sentiva un intenso profumo di fiori e d’erbe, come in un bellissimo giardino primaverile.
Eppure, hai detto che la stagione pareva autunnale, quando ti eri trovato all’esterno della chiesa.
Sì, pareva una sera di fine ottobre o di novembre: proprio come adesso.
Che aspetto aveva quel Bambino? E che età poteva avere?
Era radioso: irraggiava la luce tutto intorno a Sé. Era piccolo, molto piccolo: doveva avere tre, quattro anni al massimo. Eppure il suo viso, il suo sguardo, non erano infantili, nel senso che erano, sì, come quelli di un bimbo di quell’età, ma possedevano anche la serietà di un perfetto adulto. Era così piccolo, eppure così forte, così sicuro di Sé: pareva che da Lui si sprigionasse una forza sovrumana, indescrivibile, ma trattenuta, come se non vi fosse alcun bisogno di ostentarla.
Il Libro che sfiorava con i piedi, che libro era? Era la Bibbia? Era il Vangelo?
Credo di sì, ma nello stesso tempo era qualcos’altro, qualcosa di più vasto. Era come se da quelle pagine aperte e luminose uscisse tutta la sapienza del mondo, tutte le conoscenze, e anche tutti i miei pensieri, i miei ricordi; mi sentivo avvolto da innumerevoli presenze, e intuivo che c’erano anche le persone care che hanno già lasciato questa vita terrena, e che adesso vivono altrove.
Erano presenze buone, quindi; amichevoli nei tuoi confronti.
Sì: ne ero avvolto, ma non minacciato; al contrario, mi sentivo incoraggiato. Percepivo che forze possenti stavano dalla mia parte, e che mi avrebbero aiutato nell’adempimento del mio compito.
Ma di quale compito si trattava? Che cosa ti veniva chiesto?
Non mi è stato detto: "Tu dovrai combattere contro il drago", però, in qualche modo, sentivo che si trattava di ciò. C’era un drago che doveva essere affrontato, perché era molto pericoloso e spaventava tutti, metteva in pericolo la gente; ma nessuno ancora lo aveva affrontato apertamente.
Quella voce non ti ha detto niente di più preciso?
Credo che mi abbia detto, o suggerito — in effetti, era una specie di comunicazione telepatica — che avrei dovuto "fare ordine nel castello", perché alcuni servitori infedeli lo avevano gettato nel caos, approfittando dell’assenza del Padrone; avevano rubato e saccheggiato, e alcuni avevamo venduto una parte degli arredi e delle cose di valore, o se li erano portati via, chissà dove. Bisognava rimettere le cose a posto, rincuorare gli scoraggiati e preparare ogni cosa per il ritorno del Padrone.
Il Padrone era Gesù Cristo?
Credo proprio di sì.
Tu cosa sentivi? Ti pareva di essere all’altezza di una cosa simile?
No, per niente. Per tre volte devo aver esclamato "Davvero, proprio io? Ma non ne sono capace". Ogni volta, però, la voce mi diceva: "Stai tranquillo; se sei stato scelto, vuol dire che lo puoi".
E allora?
Allora, dopo un minuto di turbamento, mi sono raccolto in preghiera e ho risposto: "Sia fatta la santissima volontà del Signore, ora e sempre, per tutti i secoli dei secoli. Amen".
Tutto qui? Il sogno, o qualsiasi altra cosa possa essere stato, è terminato in questo modo?
Sì; o, almeno, non ricordo altro. Ma avevo il cuore che ardeva di dolcezza; non vedevo l’ora che ritornasse il giorno, perché non volevo perdere neppure un minuto. Quando ho capito che mancava ancora molto all’alba, mi sono raccolto in me stesso e ho raddoppiato il fervore delle mie preghiere e delle mie domande.
Quali domande, scusa?
Chiedevo di sapere perché proprio io fossi stato scelto; e chiedevo anche quel che avrei dovuto fare.
E la voce?
Non l’ho più sentita. Però lo splendore del Bambino è aumentato; mi ha guardato l’ultima volta, con amore ineffabile, poi s’è girato e s’è allontanato, tornando da dove era venuto. Sono rimasto li, solo.
Che cosa provavi? A che cosa pensavi?
Non pensavo a niente. E provavo un gran senso di pace, quale non avevo mai provato in vita mia…
Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Wallace Chuck from Pexels