
La teoria della panspermia sposta il problema dell’origine della vita, ma non lo spiega
29 Settembre 2017
Alle radici etiche della nostra crisi attuale
29 Settembre 2017Anno 1990, Italia. Il signor X vive in una cittadina di 10.000 abitanti del Nord, è sposato e ha due bambini piccoli. Hanno un lavoro stabile sia lui che sua moglie, lui come impiegato in un’azienda pubblica, lei in una privata, e se la passano discretamente, senza lussi, cui d’altronde non sono interessati, e senza eccessivi sacrifici. Trentacinquenni, hanno appena acquistato l’appartamento in cui vivevano, da qualche anno, in affitto: il padrone l’ha messo in vendita e loro non hanno esitato a cogliere l’occasione. Per raggranellare la somma necessaria, hanno dato fondo a tutti i loro risparmi, hanno acceso un piccolo mutuo con la banca e, infine, hanno ricevuto un sostegno finanziario dai rispettivi genitori: e adesso la casa è loro. Oltre a un considerevole risparmio, la proprietà del nido familiare infonde loro un senso di protezione e stabilità: persone semplici, contrarie al consumismo, amanti della natura e della tranquillità domestica, non hanno intenzione di trasferirsi e giudicano, ragionevolmente, di poter trascorrere lì il resto della loro vita, di crescere in santa pace i loro figli e di vederli avviati, a loro volta, ad affrontare la vita con tutti gli strumenti necessari a disposizione, non solo materiali, ma anche morali, intellettuali e spirituali. La cittadina in cui si sono stabiliti, lasciando, con il matrimonio, le loro città d’origine, è molto calma e graziosa, incorniciata dalle colline; basta fare pochi passi e si è sui sentieri del bosco, si può godere di una serie di magnifiche passeggiate in mezzo alla natura; ci sono alcune industrie di mobili e di prodotti alimentari, ma l’aria, nel complesso, è abbastanza buona, e così la qualità dell’ambiente in generale. Il quartiere periferico in cui sorge la loro palazzina, inoltre, è particolarmente quieto e riposante; le famiglie, più o meno, si conoscono, anche perché c’è un’unica bottega di alimentari e generi vari, che funge un po’ da luogo di ritrovo; il vecchio parroco è lì da quarant’anni, e pare un’istituzione permanente, destinata a durare all’infinito: è uno della vecchia scuola, va a benedire le case, una volta l’anno, passandole una per una. L’asilo parrocchiale, gestito da tre suore, e la scuola elementare sono frequentati da bambini normalissimi, come quelli del signor e della signora X, provenienti da famiglie sane; e se corre voce che, in centro, "gira" la droga, il signor X non ne ha mai avuto indizi precisi, non gli risulta che ci sia un giro nella zona in cui vivono loro, non si vedono per strada facce strane, non si notano persone sospette. Che cos’è: un piccolo paradiso, una valle incantata fuori dal mondo, o, magari, un sogno a occhi aperti, una situazione immaginaria, da cartolina illustrata, da romanzo di Liala, un qualcosa che non esiste? Niente affatto: è una situazione reale, perfettamente veritiera; e, a parte le grandi città come Milano, Roma, Napoli, si può dire che questa fosse la normalità dell’Italia del 1990. Un Paese che ha perso lo slancio e il dinamismo dei decenni precedenti, ma che è ancora decisamente benestante; e dove, specialmente nella regione del Nord in cui vive il signor X, i segni della crisi non si sentono per niente, c’è lavoro, c’è molta esportazione, e quindi c’è anche un’offerta di occupazione che supera la domanda. Ragion per cui sono comparsi alcuni stranieri, lavoratori perfettamente in regola; pochi, d’altronde, i quali stanno tutto il giorno in fabbrica e la sera si vedono appena, sono tranquilli e non creano alcun problema.
Ora passiamo al 2017. Il signor X ha varcato la soglia dei sessant’anni, lavora ancora, anche se non gli mancano che un paio d’anni alla pensione, mentre sua moglie ha perso il lavoro, senza alcuna colpa: è stata licenziata, da un giorno all’altro, a causa della crisi in cui versava la sua azienda e della riduzione di personale. A quasi cinquant’anni, senza più un lavoro, né prospettive di trovarne un altro, ha finito per dedicarsi interamente alla casa; ciò ha comportato una stretta nel bilancio familiare, tuttavia, grazie anche ai risparmi messi da parte, la famiglia ha potuto tirare avanti, senza doversi indebitare con nessuno. D’altra parte, alcuni amici della coppia hanno perso gran parte dei loro risparmi proprio a causa del disonesto comportamento delle banche, ove li avevamo collocati, sotto forma d’investimenti consigliati proprio dai loro impiegati, e rivelatisi poi catastrofici. Un’altra esperienza dolorosa è stata quella dei furti in casa: ne hanno subiti tre, come, più o meno, parecchi loro coinquilini e vicini di casa, e tanti altri abitanti di quella cittadina e dei paesi limitrofi. I ladri non sono mai stati individuati, la refurtiva non è mai stata recuperata – denaro in contanti, gioielli, alcune macchine fotografiche e telefonini, un paio di computer – e le denunce, regolarmente sporte, sono cadute nel vuoto. Anche il figlio maggiore ha subito il furto dello scooter, che aveva acquistato con il denaro guadagnato con un lavoro estivo; senza contare tre o quattro biciclette, sparite in vari luoghi, una proprio nel cortile della scuola del figlio minire, benché fossero state chiuse col lucchetto: in tutti questi casi, il signor X non aveva neanche sporto denuncia, visto che, probabilmente, non gli avrebbero dato retta: sono decine, infatti, le biciclette e i motorini che spariscono ogni mese, perfino da dentro i garages, e ormai la gente, benché amareggiata, ha cominciato a non farci più caso. Il signor X, comunque, ripensa con tristezza a quando, tanti anni prima, avendo dimenticato il portafogli al bar del quartiere, se l’era visto restituire, intatto, dal proprietario, il giorno dopo: benché fosse rimasto a terra, presso uno dei tavoli, forse per diverse ore, nessuno l’aveva preso, anzi, un cliente lo aveva notato e consegnato al barista. Ora, un episodio del genere sarebbe impensabile, anche perché sono venute moltissime persone da fuori e ormai i vicini di casa non si conoscono più, molti degli abitanti originari hanno preferito andarsene, mentre gli anziani sono semplicemente morti, e le loro abitazioni son rimaste vuote e in abbandono. La moglie del signor X ha anche subito un paio di furti personali: semplicemente, tornando a casa, non ha più trovato il portafogli nella borsetta; si è poi ricordata di strani personaggi che, alla cassa del supermercato, standole dietro, si erano avvicinati un po’ troppo, ma non vi aveva fatto caso, salvo poi capire che le avevano sfilato il portafogli senza che se ne accorgesse, sfruttando la confusione di quel luogo nell’ora di punta, poco prima della chiusura serale. Un’altra volta, ella è stata derubata della collana: era ferma, in piedi, alla fermata dell’autobus, quando un ragazzo, probabilmente un tossicodipendente, gliel’ha strappata dal collo con un gesto velocissimo e si è dileguato in motorino. Più che il danno economico, è stato grave lo shock emotivo: la vittima, che già si trovava in stato depressivo per la perdita del posto di lavoro e per la morte del padre, ha avuto un peggioramento e ha vissuto alcuni mesi assai difficili, dovendo ricorrere anche alle cuore dello psichiatra, che le ha prescritto una terapia a base di psicofarmaci. Poi si è ristabilita, non però del tutto; le sono rimasti dei sintomi quali insonnia, nervosismo, attacchi di panico e un certo tremito alle mani. I loro figli hanno più di vent’anni, stanno concludendo l’università e uno ha già cominciato a lavorare, sia pure con orario ridotto e in maniera non stabile, ma sempre con un regolare contratto. Tutto bene, dunque? Il sogno del nostro eroe, di vivere una vita tranquilla e serena, nel luogo che ama, con le persone care, semplicemente con i frutti del suo lavoro e del suo risparmio — mai una crociera, mai un viaggio o una spesa di lusso, sempre cose semplici e sobri passatempi — si sta realizzando? Tutto il contrario: è come se, in questi ventisette anni — sì e no, lo spazio di una generazione — sul suo mondo, come, del resto, su quello di milioni di italiani come lui, cittadini onesti che pagano le tasse e le bollette, versano i contributi per la pensione, rispettano le leggi, si fosse abbattuto un uragano. Qualche volta al signor X sembra di vivere immerso in un incubo, e gli pare impossibile che, strizzando gli occhi e scuotendosi, l’incubo non si dissolva e ritorni, con lo stato di veglia, il mondo di sempre, quale egli lo conosceva, o credeva di conoscerlo. Eppure, è proprio così: non c’è da svegliarsi, perché la realtà è questa, anche se lui e tantissimi altri non riescono a capacitarsene. La loro sensazione più diffusa, che poi altro non è se non un’amarissima constatazione, è questa: Ce l’hanno fatta sotto il naso. Anni di sacrifici, di progetti, di lavoro, di onestà, di legalità, non sono serviti a niente, non contano niente: è come se fossero stati buttati via da qualcuno, nel cestino della carta straccia. E ancora non si riesce a capire come ciò sia potuto accadere.
Il quartiere e la cittadina in cui vive il signor X hanno completamente cambiato volto. Oh, non in maniera vistosissima; non in senso urbanistico. È cambiata, e tremendamente in peggio, la qualità della vita. La bottega ha chiuso, dopo aver subito cinque rapine; la gente non si frequenta, il vecchio parroco è morto e la parrocchia è rimasta "scoperta": viene un prete da fuori, per la Messa della domenica, un prete giovane e pieno di idee nuove. A dir la verità, non sembra nemmeno un prete, non si veste da prete, non parla come un prete e perfino sull’altare non si direbbe che stia esercitando lo stesso ufficio del suo predecessore: si comporta come se la Chiesa fosse cosa sua, sua e di tutti quelli che hanno voglia di cambiarla, secondo il loro estro e il loro talento. E non va mai a benedire le case. Non perché non abbia tempo; perché non ci crede. All’asilo, dove non ci sono più le suore, ma delle signorine dalle idee, anch’esse, piuttosto avanzate, i bambini italiani sono una sparuta minoranza, e così alla scuola elementare: ci sono classi formate interamente da bambini stranieri, delle più diverse provenienze. In quelle classi, attivisti LGBT entrano a fare educazione sessuale, regolarmente autorizzati dalla scuola. Intanto, per far la spesa, la gente sale in macchina e si reca ai più vicini centri commerciali: ne hanno aperti già un paio, proprietà di multinazionali, e progettano di aprirne altri ancora. Per strada, si vedono quasi solo persone che parlano e smanettano col telefonino; qualcuno, intanto, porta a spasso il cane; perché bambini, bambini italiani in carrozzella, con le loro mamme o i loro papà, se ne vedono sempre meno, o, per dir meglio, non se ne vedono più. Se nasce un bambino italiano, è un evento così eccezionale che nonni, zii, cugini si affrettano a esporre, dalle terrazze e dai balconi, una quantità di fiocchi, rosa o azzurri, di dimensioni gigantesche, sia nel paese dove il bambino è nato, sia in quelli dove abitano nonni, zii, cugini: pare che siano nati quindici bambini, invece è uno solo, che, molto probabilmente, crescerà imbelle e viziato: gli regaleranno un telefonino quando ancora non andrà nemmeno all’asilo, e lasceranno che si instupidisca per ore davanti alla televisione o al computer.
Ma il cambiamento più impressionante è quello che riguarda i vicini, gli abitanti del piccolo condominio, del quartiere e della cittadina. Gli italiani sono diventati una minoranza; il loro posto è stato preso da africani, marocchini, cinesi, pakistani, bengalesi, albanesi, kosovari, sudamericani. Questa sostituzione di popolazione si è svolta nell’arco di un ventennio: quando la cosa è apparsa evidente, era già troppo tardi, il processo era irreversibile e non c’era più niente da fare. Una parte di questi stranieri si comporta relativamente bene, ma altri sono invadenti, rumorosi, strafottenti. Gruppi di sedicenti profughi bivaccano qua e là, sporcano, vanno a zonzo tutto il giorno, con le cuffie della musica negli orecchi, fumano e non fanno niente, se non spacciare droga nei giardinetti. Bande di ragazzi scorrazzano facendo i bravacci, a scuola spadroneggiano, e sulle corriere i controllori non osano più domandare il biglietto, perché quasi ogni giorno si verificano delle aggressioni ai loro danni, non solo con insulti, ma anche con percosse e ricoveri ospedalieri. Le forze dell’ordine appaiono spaesate, impotenti: si tratta di minorenni, per cui, a quanto pare, non si può procedere contro di loro; tutto si risolve in un discorsetto ai genitori, dopo di che i bulli ricominciano a fare come prima. Uscire per strada, specie la sera, è diventato un problema; e la droga gira ormai a fiumi. Un ragazzo del liceo locale è morto di overdose; ogni tanto i carabinieri si presentano coi cani da fiuto e ispezionano le aule, controllano gli zainetti; ma, in pratica, senza esito. Ancor peggio vanno le cose nella città universitaria più vicina, dove i figli della coppia sono andati a studiare: impossibile sistemarli in periferia, dove i nonni avevamo lasciato un comodo miniappartamento: le strade sono così infestate dai delinquenti, che gli stessi coinquilini li avevano sconsigliati. Così, pur disponendo di una casa privata, sulla quale il signor X paga regolarmente le tasse allo Stato, egli non può utilizzarla per sistemarvi i suoi figli e deve pagare loro l’affitto per un appartamento in centro, vicino alla sede della facoltà, dove i pericoli sono relativamente minori. Relativamente, perché anche lì, in centro, succede di tutto, sia di notte che di giorno; le bande di spacciatori africani imperversano, le prostitute non aspettano neanche che i negozi abbassino le serrande per esporre se stesse sui marciapiedi; bambini in giro non se ne vedono, e perfino i giovanotti italiani preferiscono starsene in casa, se possibile; per non parlare delle ragazze. Gli stupri sono abbastanza frequenti; nei rari casi nei quali il colpevole viene assicurato alla giustizia, la pena che gli viene inflitta è irrisoria, perché il magistrato trova per lui, e solo per lui, ogni sorta di attenuanti e giustificazioni. Pare che esser stranieri convenga, e che convenga violar la legge; per gli italiani e per le persone oneste, invece, è tutto il contrario. Il signor X sa il rischio che corre, con quell’appartamento sfitto: un suo amico gli ha raccontato di aver trovato la sua seconda casa — non una villa da milionari, ma semplicemente la casa lasciata in eredità dai suoi genitori, frutto di una vita di lavoro — occupata da uno stuolo di stranieri, e nessuno gli ha reso giustizia: quelli son rimasti e lui continua a pagare l’avvocato per una causa che non va mai avanti. Il signor X, che non è mai stato razzista, ma lo sta diventando, vorrebbe svegliarsi e scoprire che è tutto solamente un incubo…
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