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Illuminismo moderato: salvezza o inganno?

Russell Shorto, saggista e giornalista statunitense, storico della colonizzazione olandese di New York, classe 1959, nativo di Johnstown, in Pennsylvania e attualmente residente ad Amsterdam, è un esempio quasi perfetto di intellettuale illuminista moderato, che vede nell’illuminismo moderato la sola possibile risposta alla minaccia rappresentata, a suo parere, dai due opposti fondamentalismi odierni, quello religioso  e quello illuminista e scientista radicale.

Nel suo fortunato saggio Le ossa di Cartesio, partendo dalla ricostruzione della morte del filosofo francese, padre della modernità, e dalle strane vicissitudini delle sue spoglie mortali, da un luogo all’altro, da un cimitero all’altro, perdendo per via qualche "pezzo", come la scatola cranica, egli auspica un dialogo fecondo e costruttivo fra i "moderati" dei due schieramenti, quello teologico e quello scientifico, basato sul riconoscimento del contributo dato da entrambi al progresso della storia umana, allo scopo di contenere le spinte allarmanti del "fondamentalismo", perché, a suo giudizio, la salvezza sta al "centro". Va da sé che egli non si attarda a fare alcuna distinzione tra fondamentalismo islamico, che è una realtà di massa, e quello cristiano, confinato a piccolissimi gruppi e individui, in ogni caso non violenti; anzi, dedica una pagina intera a descrivere una comunità di fondamentalisti cristiani del Maryland per mostrare quanto sono rozze e inverosimili le loro idee, ma sempre con molto fair play, perché lui è un liberal della Costa atlantica e vuol mostrare, anche con una maniera sobria e contenuta di esprimersi, che i suoi giudizi nascono da valutazioni razionali e non sono frutto di rozzezza e ignoranza, come accade per gli altri. Ad esempio, a un certo punto egli afferma (op. cit.; titolo originale: Descarte’s Bones: A Skeletal History of the Conflict Between Faith and Reason, New York, Random House, 2008; tradizione dall’inglese di I. A. Piccinini, Milano, Longanesi, 2009, pp. 231-232):

Per un altro incarico ricevuto dalla rivista [il "New York Times Magazine"], mi ritrovai nel soggiorno della casa di un ranch nella campagna del Maryland, a condividere un pasto con sei militanti di un movimento che vuole emendare la costituzione dello stato per proibire il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Le loro motivazioni scaturiscono dalle loro convinzioni religiose: l’omosessualità è un peccato e un vizio; non ha alcuna realtà nell’individuo ma è piuttosto un male della società. Il fatto che l’Organizzazione mondiale della sanità, l’American Medical Association e in teoria qualunque organizzazione professionale di medici o psicologi abbia un punto di vista completamente diverso serve solo a rafforzarli nelle loro convinzioni, giacché ritengono che si tratti di organizzazioni basate su fondamenti malfermi, non biblici. Ci sono sempre state persone al margine della società occidentale che hanno costantemente rifiutato gli ideali di base ereditati dall’Illuminismo riguardo all’individuo, al primato della ragione e così via. Ma le convinzioni con cui ho avuto a che fare nel Maryland hanno un’ampia diffusione in America, dove l’assolutismo cristiano è una forza consistente, e si estendono al di là della sfera della sessualità per andare a toccare la biotecnologia, l’istruzione, i servizi sociali, la crescita dei bambini e in pratica ogni aspetto della vita umana, andando a influenzare la politica estera dell’unica superpotenza rimasta. In questo sistema di credenze la storia moderna non è altro che una serie di svolte sbagliate. I militanti del Maryland me lo spiegarono con estrema chiarezza, come se avessero in mano sagome colpite da proiettili. Il movimento delle donne. La pillola per il controllo delle nascite. L’idea della separazione tra stato e chiesa. Darwin. Alla fine uno di loro, un ministro di culto, disse il nome dell’uomo che io avevo in mente: "Se ci pensa, tutto in realtà comincia con Descartes". Proseguì poi a parlare con eloquenza dei cambiamenti verificatisi da quando Cartesio aveva cominciato a far ruotare la realtà intorno alla ragione  umana. "La mente umana può essere condotta fuori strada", disse. "Senza Dio, non vale niente".

Questo è un perfetto concentrato di progressismo politically correct, molto liberal, molto pago di sé nella sua apparente, ostentata mitezza e moderazione, e molto perfido e ipocrita nell’uso del linguaggio per sminuire e denigrare l’avversario, sempre però dietro la maschera del fair play e della cortesia formale. Il signor Shorto sembra uscita da un romanzo di Jonathan Franzen, l’autore di Libertà, l’unico scrittore liberal americano che ha saputo guardarsi allo specchio senza maschera e mostrare, agli altri e a sé stesso, l’aspetto sgradevole, antipatico, dell’antropologia progressista: questi uomini e donne giovani, belli, dinamici, sorridenti, ottimisti, pacifisti, ambientalisti, ecologisti, animalisti, vegetariani, sempre molto politically correcrt, molto disponibili, ma a parole, verso le idee altrui, e invece sostanzialmente chiusi nelle loro rocciose certezze e nella loro apodittica convinzione di rappresentare il meglio dell’evoluzione umana, soprattutto sul piano etico, al cui paragone gli aborigeni dell’America profonda e conservatrice, rozzi, ignoranti, sessisti, omofobi, perfino razzisti, appaiono come i rappresentanti di un’umanità inferiore, se non addirittura di una specie inferiore a quella umana, fortunatamente in via di estinzione, però ancora abbastanza pericolosi da dover essere costantemente tenuti d’occhio, affinché non precipitino il pianeta nel caos di un nuovo Medioevo. Qui, invece, nella pagina di Shorto, non c’è alcuna percezione autocritica di sé: la critica è rivolta a tutti agli altri, a questi pericolosi fondamentalisti cristiani, i quali, a suo credere, sono così temibili e potenti, da essere in grado d’influenzare la politica estera dell’unica superpotenza rimasta, cioè gli Stai Uniti d’America. Del resto, per quanto ostenti moderazione, Shorto dice chiaro e tondo, in un’altra pagina, che il cristianesimo ha fatto molto male all’umanità, opponendosi alla scienza, per cui ogni diffidenza nei suoi confronti è pienamente giustificata dalla storia; evidentemente, nel suo Bignami progressista non c’è scritto che il cristianesimo, e la Chiesa cattolica in particolare, hanno reso possibile la nascita della scienza moderna e dello spirito critico, quindi lui non lo sa, e, pur credendosi un illuminista moderato, in pratica condivide esattamente lo stesso orizzonte mentale di Voltaire o di Gibbon.

La cosa più caratteristica di quelli come Shorto, e della forma mentis progressista in generale, è che essi vedono l’ottusità altrui, ma non sospettano nemmeno l’esistenza della propria. Si noti con quanto candore egli cita l’Organizzazione mondiale della sanità, o l’American Medical Association, come se fossero le istanze supreme e indubitabili per decidere cosa sia l’omosessualità: nella sua testa non si è mai affacciato il minimo dubbio che le istituzioni di quel tipo dicono e disdicono quel che vuole sentirsi dire, ossia confermare, la cultura dominante ad un dato momento storico; la quale, a sua volta, non è la cultura "della maggioranza", ma semplicemente quella forma di cultura che i poteri forti, tenendosi nell’ombra – e intendiamo in primissimo luogo il potere finanziario internazionale – hanno deciso di promuovere, di avallare, d’imporre, affinché diventi il credo dell’umanità; e questo, ovviamente, per i loro particolari scopi e non certo per una forma disinteressata di speculazione intellettuale. Quando poi, per rafforzare la sua idea, afferma che qualunque organizzazione di medici o di psicologi (e di nuovo gli sfugge la differenza tra "organizzazione"   e individuo, cioè non lo sfiora il dubbio che le organizzazioni possano anche imporre la loro volontà agli individui che ne fanno parte, strappando loro qualunque tipo di assenso, magari col ricatto professionale)  sarebbe pronta a giurare che l’omosessualità è la cosa più naturale che ci sia al mondo, egli dimostra la più grossolana mancanza anche di prospettiva storica (proprio lui, che è uno storico!): non sa, forse, che sino a pochi anni fa tutte le organizzazioni dei medici e degli psicologi erano pronte a giurare l’esatto contrario? Non gli è mai capitato di consultare o sfogliare un qualsiasi manuale di psicologia o di medicina vecchio di due o tre decenni? E non si è accorto che tutti, allora, sostenevano che l’omosessualità è una perversione, per non parlare delle autorità governative, che, nei suoi Stati Uniti, consideravano come un reato, ad esempio, la sodomia, e la punivano con severità esemplare, perfino nel caso di un rapporto fra marito e moglie, o, comunque, fra un uomo e una donna? E con ciò, non intendiamo dire che avessero ragione; di questo si può discutere: intendiamo solo ricordare che sia le opinioni degli "specialisti", medici e psicologi, sia la volontà del legislatore, sono cambiate in maniera radicale, si sono addirittura rovesciate, quasi da un giorno all’altro. Questo non fa venire in mente nulla ai signori progressisti, come Russell Shorto? Per esempio, non suggerisce loro che, se tutte le autorità scientifiche dicono oggi una certa cosa, non bisognerebbe avere fretta di giurare su di essa, perché, così’ come hanno cambiato idea per il passato, potrebbero cambiarla di nuovo nel futuro? E di fatto, la storia della scienza è costellata di simili rivolgimenti. Chi di relativismo ferisce, di relativismo perisce: i paradigmi della scienza cambiano, e spesso finiscono per contraddirsi; sono i dogmi teologici che restano sempre uguali a se stessi. Per fortuna, secondo noi; per disgrazia, secondo lui e quelli che la pensano come lui. 

Siamo giunti così al cuore del problema. Esiste un illuminismo moderato, ed è in esso che dobbiamo cercare la via della salvezza? È nell’illuminismo moderato che l’umanità del terzo millennio riuscirà a trovare un assetto più stabile, a riposare sopra delle certezze, sia pure provvisorie, che la renderanno capace di superare l’attuale fase di crisi e di smarrimento dei valori? A mostro modo di vedere, non esiste alcun illuminismo moderato. L’illuminismo è fondamentalismo allo stato puro; è il totalitarismo della ragione, del progresso, della scienza e della tecnica, al di fuori del quale non vi è salvezza, né speranza, né futuro per l’umanità. Quello che i liberal bene intenzionati, alla Russell Shorto, spacciano per illuminismo moderato, è moderato solo nelle forme, molti civili ed urbane, ma non nella sostanza: di fatto, l’ideologia illuminista non ammette moderazione, perché, se l’ammettesse, dovrebbe ammette i limiti della ragione, del progresso, della scienza e della tecnica: tutte ammissioni che non è assolutamente disposto a fare, tanto meno nella fase attuale. Nella fase attuale, al contrario, esso pretende per sé ancora più potere, ancora più fiducia cieca da parte della gente: una fiducia praticamente illimitata. Pretende che la popolazione, per esempio, lasci che lo Stato, sotto l’impulso dell’establishment tecno-scientifico, imponga una vaccinazione multipla e obbligatoria per milioni di bambini, a dispetto del fatto che non vi sia stata una sperimentazione adeguata capace di garantire l’assenza di controindicazioni importanti e generalizzate; mentre tutto l’apparato dei media, telecomandato dal potere finanziario, si mobilita per far sì che la popolazione non si opponga a questa violazione della libertà individuale, ma trovi la cosa perfettamente naturale e addirittura giusta e sacrosanta. Se davvero esistesse un illuminismo moderato, una cosa del genere non potrebbe accadere: lo Stato, dietro impulso della casta medica, potrebbe invitare la popolazione alla vaccinazione dei propri figli, ma non imporla per legge. Se una cosa del genere accade, è perché stiamo già vivendo in un clima di totalitarismo illuminista, nel quale vige la più completa intolleranza verso quanti rifiutano di allinearsi e si permettono di mostrare qualche perplessità o qualche scrupolo. E un aspetto significativo di tale intolleranza è dato proprio dal fatto che i nuovi totalitaristi non sospettano di essere tali, non si percepiscono come tali, ma vaneggiano di essere gli alfieri di un’epoca di libertà e pluralismo quale mai non si è vista nella lunga storia dell’Occidente.

Purtroppo, vi sono indizi per temere che il giro di vite del totalitarismo scientista e illuminista sarà sempre più stretto e implacabile, e non permetterà a nulla e a nessuno di sfuggire alla sua presa. Oggi si caccia dall’albo della professione quei medici che osano esprimere anche il minimo dubbio sulla bontà dei vaccini; domani si intraprenderanno azioni legali contro gli storici che oseranno avanzare qualche dubbio sulle cifre del genocidio degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale, in base al medesimo principio. Un medico che discute la bontà dei vaccini non merita di conservare la professione, perché ha mostrato di non sottomettersi totalmente alle verità della scienza medica interpretate in senso dogmatico, così come uno storico che ridiscute le cifre dell’Olocausto merita la prigione perché non si sottomette ai dogmi della "scienza" storica come li interpreta l’illuminismo politicamente corretto. L’illuminismo è lo strumento di una restaurazione del dogma scientifico contro le ragioni della persona. Il cristianesimo, al contrario, è (o forse dovremmo dire era) l’ultimo baluardo della libertà e della dignità della persona contro l’invadenza di ogni totalitarismo, laico o religioso. Non è corretto né onesto mettere tutte le religioni sullo stesso livello di fondamentalismo potenziale, sebbene lo faccia sovente proprio il papa attuale, Francesco. Gesù ha chiamato i suoi discepoli "amici", non servi, perché il servo non sa cosa fa il padrone; e il cattolicesimo non chiede una obbedienza cieca e insensata, ma un’adesione libera e volontaria a una fede che non è affatto irrazionale, ma sovra-razionale. Non così gli altri fondamentalismi, l’illuminista e l’islamico, che vorrebbero ridurre la persona in uno stato di cieca soggezione. Questo è l’inganno degli illuministi…

Fonte dell'immagine in evidenza: Wikipedia - Pubblico dominio

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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