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Paulo Coelho, se questi sono i maestri d’oggi

Paulo Coelho è un fenomeno. Un fenomeno da baraccone, ma dai numeri impressionanti: 100 milioni di copie dei suoi libri, tradotti e venduti in tutte le lingue del mondo; mentre il suo romanzo più famoso, L’Alchimista, è l’opera in lingua portoghese di maggior successo di tutti i tempi: altro che I Lusiadi di Luis Vas de Camões, o I Maia di José Maria Eça de Queiros, o Il libro dell’inquietudine di Fernando Pessoa. Neppure i tanto celebrati romanzi di Jorge Amado riescono a tenere il passo con i suoi, quanto a vendite, nonostante la visibilità che hanno ricevuto dalle varie trasposizioni cinematografiche. In breve, Coelho ha polverizzato tutti i record e si proietta in una dimensione addirittura post-editoriale, nella quale confronti e paragoni si svuotano di significato, diventano incongrui. Sarebbe come voler paragonare il successo di pubblico della Divina Commedia con quello di Topolino: a chi andrà la vittoria, secondo voi? Perché i romanzi di Paulo Coelho sono, fatte le debite proporzioni, e senza offesa per Walt Disney, l’equivalente di un giornalino a fumetti di presa immediata sul pubblico, rispetto a chi pratica ancora il vecchio e sorpassato mestiere di scrittore, secondo la regola per cui uno scrive perché ha qualcosa da dire, ma qualcosa che sia scritto bene e, soprattutto, che sia coerente e che offra al lettore un sia pur minimo granello di verità e di saggezza.

C’è qualcosa di assurdo e d’impudico, al giorno d’oggi, nel vendere 100 milioni di libri, specie considerando che il livello medio della cultura e della capacità critica delle persone non è per nulla progredito, semmai il contrario, al punto che si sta assistendo a una vera e propria liquefazione del concetto di intelligenza e anche di quello di persona. Dov’è l’intelligenza, oggi, ai tempi di internet e della tv onnipresente e onnipotente, e dove sono le persone, nella società di massa ove gl’individui scompaiono e subentra, al loro posto, un armento belante e mugghiante, che può essere manipolato a volontà e condotto al macello, con la massima spregiudicatezza e disinvoltura. Perciò i casi sono due: o tutte le ultime persone intelligenti di questa post-umanità si sono risvegliate per darsi appuntamento come lettrici dei romanzi di Coelho e riconoscere in lui il nuovo messia, oppure il suo successo non è altro che la conferma dell’ottundimento intellettuale e spirituale della società odierna e dell’estinzione del concetto di cultura. Diciamo "spirituale" a ragion veduta, perché tutti i libri di Coelho partono dal presupposto che il loro autore è una persona profondamente spirituale, esoterica, magica, religiosa, profonda; e già da qui si vede l’enorme confusione che regna intorno ai concetti di spiritualità, esoterismo, magia, religiosità e profondità, perché si tratta di cose fra loro incompatibili e assolutamente contraddittorie, e, per quanto egli vanti una conversione religiosa e una adesione ad un gruppo cattolico che, nessuno, peraltro, ha mai sentito nominare, resta il fatto che ha praticato per anni il satanismo e la magia nera, ha invocato il demonio, sgozzato animali, assunto droghe e spinto altri ad assumerle, celebrato riti diabolici, avuto rapporti sessuali innumerevoli, anche con uomini, prima di decidere d’essere eterosessuale, aspetto sul quale vogliamo ora fermare la nostra attenzione come parabola della cialtroneria e della totale inconsistenza di certi sedicenti "maestri" dei nostri giorni. Intendiamoci: uno può avere tutte le esperienze che vuole, può scende in basso fin che gli pare, può spingersi sino al limite estremo della degradazione; però, se poi dice d’essersi ravveduto e convertito, e scrive libri da 100 milioni di copie vendute, il mimino che si possa fare è di vedere il suo gioco, e chiedergli di mettere le carte in tavola, tanto per sincerarsi che il suo non sia tutto un bluff.

Da buon seguace, o ex seguace, di Aleister Crowley (nessuno scandalo, in questo, ci vuol altro: anche i signorini Beatles lo erano, e lo dichiaravano sulla copertina dei loro dischi), Coelho, nella sua vita, ha voluto sperimentare tutto, oltre a ciò che altri gli hanno fatto sperimentare (i ricoveri con elettroshock in ospedale psichiatrico e gli arresti con tortura, ai tempi della dittatura brasiliana), e la pratica omosessuale è stata una di tali esperienze, come la droga o l’alchimia. La cosa è stata molto semplice: preso dal dubbio che la sua vera attrazione fosse per gli uomini, il nostro ha voluto provare, e non una volta sola; solo dopo aver avuto dei rapporti omosessuali completi, si è convinto che non facevano per lui ed è tornato a volgersi interamente alle donne. Tipico esempio della filosofia di vita hippy degli anni ’60 e ’70 del Novecento (Coelho è nato nel 1947): se una cosa suscita curiosità, se stuzzica, se ha il fascino del proibito e della trasgressione, allora la si prova, che sia la droga, o il satanismo, o la fuga on the road, o l’esperienza omosessuale: tanto, c’è sempre tempo per tornare indietro, non certo per prendersi una pausa di riflessione, ma per provare qualcos’altro. Nulla si rifiuta, di quel che la vita offre; tutto si prova, ed è "giusto" provarlo, perché solo così si è in grado di esprimere un giudizio competente, una valutazione motivata. Si dirà che questo è il Coelho giovane e assetato di esperienze, non il Coelho adulto, autore dei libri che l’hanno reso famoso; vero: ma il secondo è la diretta prosecuzione del primo. Non c’è alcun sostanziale cambiamento d’indirizzo interiore: tutto si svolge all’insegna della stessa psicologia, della stesa filosofia di vita: bisogna fare più esperienze possibili, tutte le "esperienze", bisogna discendere all’inferno, come Rimbaud; bisogna provarle tutte, anche degradarsi, l’importante è scoprire chi si è, perché in noi c’è Dio, anzi, noi siamo Dio, o press’a poco. È la stessa concezione del New Age, un misto di antroposofia (senza offesa per Rudolf Steiner, che sarà stato anche un po’ strambo, ma era, a suo modo, un ricercatore serio delle cose spirituali) e di "saggezza" da Baci Perugina, con un po’ di pepe tragressivo: roba da figli di papà che hanno soldi per girare il mondo — tanto, per lavorare c’è sempre tempo, finché pagano gli altri – e giocare a fare gl’imitatori di Carlos Castaneda, che, a sua volta, è solo e unicamente un bluff, un bluff da molti milioni di libri e che ha portato un sacco di soldi nelle tasche del sedicente "iniziato" ai misteri spirituali. Dopo di che, nella maturità, Coelho si sarà pure convertito, come afferma, nel 1982; questo lo sanno solo lui e Dio; ma il fatto è che non si nota alcuna autentica svolta nel suo atteggiamento, mentre la conversione dovrebbe essere proprio questo: una raggiunta chiarificazione, non solo intellettuale, ma esistenziale; una netta riprovazione e contrizione rispetto agli errori passati; una altrettanto chiara decisione di vivere la vita etica, da ora in poi, inseguendo non il successo esteriore, ma il bene delle anime, cominciando dalla propria, ma senza trascurare quella degli altri.

Ed ecco come il giornalista brasiliano Fernando Morales, persona assai bene infornata delle cose del nostro, ricostruisce, insieme a lui, questa pagina brutta della biografia di colui che passa per un maestro agli occhi di milioni di persone, nel libro che Coelho non ha sconfessato (da: F. Morales, Il guerriero della luce. Vita di Palo Coelho; titolo originale: O Mago, 2008; traduzione dal portoghese di Ruta Desti, Milano, Bompiani, 2010, pp. 190-191 e 193-194):

Paulo sapeva che, invece di tormentarsi con infiniti dubbi [sul suo orientamento sessuale], esisteva un modo per risolvere immediatamente la questione: provare. Durante la lettura di un testo di Karl Marx scovò una frase del tipo:"la pratica è determinante" e la interpretò come un ulteriore avallo della decisione che aveva preso. Una serra, quando ancora abitava nell’appartamento del nonno nella zona commerciale della città [Rio de Janeiro], si fece coraggio e decise di chiarire tutti i suoi dubbi. Girovagò per ore tra i vari locali gay che si aprivano nei cui "bas-fonds" dei grandi magazzini Alaska e manesca, a Copacabana, finché, confortati da alcuni whisky, decise di passare all’azione. Presso il bancone di un ritrovo approcciò un coetaneo un professionista, un ragazzo disposto a fare sesso a pagamento — e gli parlò schiettamente.

"Ciao. Mi piacerebbe venire aletto con te. Ci stai?"

Paulo era preparato a tutto, tranne alla risposta che udì: "No. Non mi va di scopare con te".

La sorpresa non sarebbe stata più grande se avesse beccato un cazzotto. Perché no? Lui pagava! Il tizio si voltò e se ne andò, lasciandolo ammutolito con il bicchiere in mano. Ritentò in un altro locale e, quando ottenne il secondo "no", ritenne conclusa la sua breve e frustrante esperienza omosessuale. Passarono alcune settimane di intensa attività professionale [cioè il teatro], e Paulo pareva aver dimenticato l’intera faccenda. […]

Quando il demone dell’omosessualità decise di ritentarlo, recitava nell’"Opera da tre soldi" e viveva nella casa dei genitori. Stavolta non fu lui a prenderei l’iniziativa, ma un attore sulla trentina che lavorava nel medesimo spettacolo. Fino ad allora, i due si erano scambiati solo qualche frase e alcuni sguardi; poi, una sera, dopo la rappresentazione, l’altro lo abbordò svelando le sue intenzioni: "Vuoi venire a dormire da me?".

Nervoso e sorpreso per quell’approccio inatteso, Paulo rispose impulsivamente: "Sì, certo".

Passarono la notte insieme, Molto tempo dopo, ricordò di aver provato una sorta di ripulsa quando si ritrovò scambiarsi carezze con un uomo, eppure fece sesso con lui, penetrandolo e facendosi penetrare. L’indomani, Paulo rientrò a casa più confuso di prima. Non aveva provato alcun piacere e continuava a non sapere se fosse o no omosessuale. Alcuni mesi più tardi, decise di lanciarsi in un nuovo tentativo per risolvere i propri dubbi: scelse un compagno tra i colleghi di palcoscenico. A casa dell’uomo, un monolocale a Copacabana, provò un enorme imbarazzo allorché il partner gli propose di fare il bagno insieme. La sensazione di disagio si protrasse per tutta la notte. La luce del sole cominciava a filtrare nel piccolo appartamento quando finalmente riuscirono a scopare — e Paulo Coelho si convinse, una volta per tutte, che non era omosessuale.

Dio del cielo, come è terribilmente banale tutto ciò, oltre che infinitamente squallido. Non è questione di fare i moralisti a buon mercato; si tratta di valutare il peso specifico di una persona — peso intellettuale, spirituale, morale — così come emerge da simili episodi, i quali, a loro volta, sono indicativi di tutta una mentalità, di tutto un atteggiamento verso la vita. Intanto, la banalità delle letture, oltretutto mal digerite: Marx, Brecht, la solita roba degli anni intorno al ’68; e fin qui niente di speciale, nel senso che milioni e milioni di giovani subivano lo stesso fascino conformista, leggevano gli stessi libri — o facevano finta di averli letti, per darsi un tono – sentendosi emancipati, moderni e, naturalmente, rivoluzionari. Perché non avrebbe dovuto farlo un ragazzo della buona borghesia brasiliana, se lo facevano tantissimi suoi coetanei europei e nordamericani? Appunto: perché no? Certo non vi è il minimo indizio di originalità o d’indipendenza di giudizio: eppure la personalità di un essere umano si manifesta pienamente fin dalla prima giovinezza, per quanto possano poi mutarle sue idee e il suo modo esteriore di comportarsi. Ma se uno è totalmente conformista a vent’anni, non è probabile che diventi creativo e profondo con la piena maturità; la stoffa di cui siamo fatti è già evidente, non a venti, ma dieci, anzi, a cinque anni. E non c’è nulla, nella fanciullezza del nostro, per non parlare dell’adolescenza e della giovinezza, che faccia pensare ad una attitudine alla profondità, o alla generosità, o al vero amore del prossimo; troviamo sempre e solo una personalità narcisista, paranoide, concentrata su se stesa, alla ricerca del proprio piacere. Gli altri sono solo uno strumento; a lui non importa quel che provano o come vanno a finire. Quando egli inizia le sue amanti (donne) all’uso della droga, che esse non conoscono, non vi è un’ombra di preoccupazione per le possibili conseguenze nella loro vita. Gli va di farlo, e lo fa, semplicemente. È un uomo egoista e cattivo. Gli va di provare il satanismo, e lo prova; poi non gli va più, e scrive su un pezzo di carta: Rescindo il contratto; non ci sto, come se ciò fosse sufficiente, dopo aver offerto l’anima al diavolo. Al punto da restare quasi paralizzato tra la possibilità di piaceri diversi, come l’asino di Buridano tra i due mucchi di fieno. Poi, la rozzezza, l’immaturità, l’incoscienza delle conclusioni: per sapere com’è una certa cosa, bisogna provarla. Quindi, ad esempio, per sapere che gusto si prova ad ammazzare qualcuno, bisogna farlo; e qui stendiamo un velo sui rituali di magia nera praticati dal nostro, nei quali, come è noto, non si opera per il bene del prossimo; così come stendiamo un velo sull’investimento di un bambino, che giacque a lungo fra la vita e la morte, da parte sua, mentre guidava un furgone, sul quale viaggiava insieme a degli amici, fuggendo poi dal luogo dell’incidente e cercando di far perdere le sue tracce.

È triste, deprimente e noioso entrare in simili dettagli, ma crediamo che sia utile per farsi un’idea del personaggio. Se sono questi i maestri odierni, siamo messi veramente male. D’altra parte, non c’è alcuna originalità in loro: Coelho, come tanti altri personaggi, sedicenti scrittori, artisti e guide "spirituali", non ha fatto altro che ripetere il motto di Aleister Crowley: Fa’ ciò che vuoi. Sarà bene anche ricordare che per lui Charles Manson, l’autore della strage nella villa di Sharon Tate, era un martire crocifisso. La realtà è che Coelho, divorato da una smodata ambizione, voleva diventare a ogni costo lo scrittore più letto al mondo, e c’è riuscito. Ma, visti i suoi trascorsi, con l’aiuto di chi?

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Wallace Chuck from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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