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Ineffabili geologi progressisti e pro-gay

Che cosa c’entra un geologo con la pubblicità televisiva a favore dell’omosessualismo? Che cosa c’entrano le scienze della Terra con gli affreschi di una tomba etrusca raffiguranti scene di sesso? E che cosa c’entrano le tasse e il canone televisivo, che pagano, in moneta sonante, gli utenti italiani — fra i quali, speriamo, vige la pluralità delle opinioni su ogni questione sociale, culturale, etica — con l’indottrinamento ideologico travestito da divulgazione scientifica? Ci sembrano domande perfettamente legittime; il guaio è che non esiste alcuna risposta ragionevole, se non quella che viene dall’arroganza del potere. In Italia vige la dittatura culturale — e non culturale soltanto — della sinistra, del progressismo, del laicismo a tutto campo; una cultura materialista, irreligiosa e anticattolica, che vede con favore e che premia, invitandoli nei salotti televisivi, solo gli esponenti del clero e del cattolicesimo progressista e di sinistra, mentre sbeffeggia, ridicolizza, attacca ferocemente e fa di tutto per screditare gli ormai pochi cattolici che non piegano la testa, che non si sottomettono, che non si umiliano a domandare scusa a tutti, a Giordano Bruno, a Galilei, ai luterani, ai giudei, agli islamici, ai massoni, agli atei, ai peggiori nemici di Cristo e della sua Chiesa, e che non si accollano tutte le colpe dell’universo mondo, dall’Inquisizione spagnola ai massacri dei conquistadores, fino al colonialismo, all’imperialismo, al rifiuto di concedere l’eutanasia, alla scarsa accoglienza nei confronti dei migranti, alla discriminazione degli omosessuali. Senza dimenticare, ovviamente (e come sarebbe possibile?) il genocidio degli ebrei, che, se pure non è stato perpetrato direttamente in nome del cristianesimo, è stato, tuttavia, in qualche modo preparato e favorito da secoli di malevolenza cattolica verso gli ebrei; per non parlare, poi, del vergognoso "silenzio" di Pio XII durante la Seconda guerra mondiale, prova provata che l’antisemitismo cattolico è una brutta bestia, assai dura a morire.

Comunque, le domande di cui sopra hanno a che fare con uno — uno fra i tanti, fra i quotidiani — esempi di tale arroganza progressista: quello del programma televisivo Gaia, il pianeta che vive, ideato da Gregorio Paolini (figlio dello scrittore udinese Alcide Paolini) e condotto dal geologo Mario Tozzi, che è andato in onda, sul terzo canale statale, dal 2001 al 2006. Mario Tozzi, romano, classe 1959, divulgatore e saggista scientifico, rappresenta la quintessenza del politically correct: vegeteriano, ambientalista, salutista, e Dio sa quanti altri "ista", per finire con omosessualista, nel senso che non ha perso occasione per evidenziare la perfetta normalità, a suo dire, della condizione omosessuale e, pertanto,l’assoluta liceità della pratica corrispondente e anche della legislazione che equipara le coppie gay ad una famiglia di fatto. Queste sue convinzioni, assolutamente legittime, come quelle di qualsiasi altro cittadino della Repubblica italiana, che riconosce e tutela la libertà di pensiero, di parola, di associazione, eccetera, mentre rifiuta e condanna qualsiasi ingiusta discriminazione, francamente potrebbero interessarci fino a un certo punto, o anche per niente; se non fosse che egli si è servito impropriamente del "pulpito"televisivo, di cui poteva disporre per altre ragioni, e cioè per dirigere un programma di divulgazione scientifica sul pianeta Terra, nei suoi aspetti fisici, biologici, ecologici, per fare, invece, propaganda esplicita e smaccata a favore di un riconoscimento della piena liceità dell’amore omosessuale e della legislazione a ciò relativa. In un programma di tipo naturalistico, della durata di due ore e mezzo a puntata, nella fascia d’ascolto della prima serata, specialmente di sabato, fascia molto seguita anche da un pubblico di bambini, e in un contesto tale che i genitori, evidentemente, potevano ritenere del tutto sgombro da agguati o trabocchetti ideologici, egli ha voluto impancarsi a fautore della causa omosessualista, oltretutto rimediando una solenne figuraccia sul piano strettamente culturale, come ora vedremo, perché ha dimostrato o di non sapere, letteralmente, di che cosa stesse parlando, oppure, peggio, di aver voluto deliberatamente alterare i fatti, mostrando solo una parte della realtà per avvalorare le sue tesi. Tesi che, torniamo a ripetere, non c’entravano e non c’entrano nulla con la geologia, con la natura, con l’ambiente e con le dinamiche della vita animale e vegetale sul nostro pianeta.

Ad accorgersi di ciò sono stati gli scrittori Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, due orribili e impresentabili cattolici tradizionalisti, che lo hanno evidenziato, fra le molte altre cose interessanti, nel loro esilarante libro – e tristissimo, per il contenuto – Io speriamo che resto cattolico. Nuovo manuale di sopravvivenza contro il laicismo moderno, in un passaggio che qui riportiamo, ringraziandoli per la segnalazione (Casale Monferrato, Piemme, pp. 34-37):

Mettiamo che sotto la pressione del più grande dei pargoli, uno scolaretto delle elementari ovviamente già appassionato di vulcani, maremoti, tsunami, fisica dei quanti e astrofisica — la famigliola decida di sintonizzarsi su Rai Tre per vedere "Gaia il pianeta che vive", programma di divulgazione scientifica condotto da Mario Tozzi. Una scelta che appare pacificamente tranquilla: che cosa ci può essere infatti di più neutro e obiettivo di una trasmissione condotta da un geologo del CNR? I genitori ripensano a quando, molti anni prima, in tv c’erano i documentari: roba un po’ noiosa ma istruttiva e, appunto, innocua. Niente donne nude, niente sparatorie, niente parolacce. Insomma: semaforo vedere. Appunto. Inizia la puntata di "Gaia" e che cosa fa il nostro geologo Tozzi a libro paga del servizio pubblico, cioè dei nostri abbonamenti? Si introduce in una tomba etrusca e mostra alla famigliola attonita le immagini pittoriche di un amplesso omosessuale. Prima che i due genitori, suonati come un pugile colpito dal gancio di Cassisus Clay, possano abbozzare una qualche reazione, il nostro scienziato è già decollato con una tirata clamorosa a favore dei Dico, dei Pacs, dell’amore gay, degli omosex, eccetera eccetera. Ah signora mia, se ci fossero ancora gli Etruschi!, allora sì che questi cattolici se ne sarebbero zitti. Gente in gamba, gli Etruschi, che a sentire il geologo (che all’occorrenza diventa un esperto di archeologia, letteratura antica, morale e diritto) non erano dei bigotti come noi, non pativano gli attuali "ridicoli tabù", ma erano "aperti". Eh già: più aperti di così…

Ma non è finita: sullo schermo ecco scorrere le immagini di accoppiamenti fra scimmie e gazzelle dello stesso sesso. Roba per palati forti. E la voce fuori campo a spiegare che in natura l’omosessualità è normale. Ora, a parte il fatto che — come ha scritto giustamente Rino Cammilleri — anche ammettendo che gli animali lo fanno, sarebbe comunque una buona ragione per distinguersi dalle bestie. Ma anche un etologo di terz’ordine sa che questi comportamenti avvengono quando un animale, non trovando un partner di sesso opposto, si lascia travolgere dalla sua foia. Non c’è che dire: una bella immagine promozionale per l’omosessualità umana.

Quanto agli Etruschi, Tozzi non ha nemmeno nominato la tomba, che è quella detta "dei Tori" a Tarquinia. Sempre Cammilleri rileva che una illustrazione meno disonesta mostrerebbe che le scene di accoppiamento sono due: una etero (con accanto un toro che guarda sereno) e una omo.

In quest’ultima, uno dei due si accerta furtivamente se qualcuno si accorge dell’atto: infatti, c’è un toro che sta caricando furiosamente. Il toro è simbolo del dio della fertilità che si compiace dell’accoppiamento fecondo tra uomo e donna mentre punisce quello invertito. Altro che Etruschi politicamente corretti. Ma perché stupirsi della scorrettezza (o dell’ignoranza: fate voi) del geologo Mario Tozzi? Uno che, tanto per dire, a suo tempo, in un’intervista alla radio, esaltò la mattanza dei preti nella guerra civile spagnola e se ne augurò una analoga in Italia. Né gli Etruschi, è i Greci, né i Romani, presso i quali esistevano casi di omosessualità, hanno mai decretato la normalità di questa pratica con un atto legislativo o una qualche vaga forma di "matrimonio gay".

Riassumendo: l’incidente in cui è inciampata la nostra tranquilla famigliola è la fotografia più nitida di un clima spaventoso che sta montando contro l’istituto del matrimonio naturale.

Fino a non molti anni fa, se qualcuno si fosse azzardato mettere in discussione il concetto stesso di matrimonio e di famiglia, lo avrebbero preso — giustamente — per matto. Che il matrimonio sia l’unione fra un uomo e una donna, e che solo da questo vincolo per la vita possa nascere una famiglia, è non tanto un’idea, ma un fatto incontestabile. Come il sole e la luna. È una cosa così pacifica che proprio i bambini potrebbero senza fatica "spiegarla" agli adulti. Anche perché, senza unioni fra uomo e donna, non ci sarebbero più bambini, e dunque la società e la storia umana finirebbero grazie alla profetica soluzione del modernissimo "amore" omosessuale. Banalità, ovvietà, sfide degne della perizia di monsieur de La Palisse. Ma il processo di decomposizione della ragione si è fatto così avanzato nel tempo presente, che oggi assistiamo all’impensabile: e cioè a estenuanti dibattiti che hanno lo scopo di stabilire che cosa si debba intendere per famiglia e che cosa invece non lo sia (per il momento). Un vero e proprio delirio, che tuttavia esprime un progetto tutt’altro che casuale. C’è un disegno intelligente (nel senso di studiato a tavolino) dietro questa offensiva anti-family. Lo so: usare l’aggettivo "intelligente" per quello sgorbio giuridico chiamato Dico e partorito dallo sforzo unitario delle menti di Rosy Bindi e Barbara Pollastrini, suona strano, molto strano. Ma si deve intendere che a dispetto della stupidità che alimenta i protagonisti di questo delirio, c’è una mano invisibile che guida questa azione planetaria di disfacimento della famiglia come essa è e deve essere. Detto in poche parole: vogliono colpire al cuore la famiglia per devastare definitivamente ogni esperienza umana autentica.

Qualcuno, per caso, si ricorda ancora del putiferio mediatico che scatenarono le parole pronunciate dallo storico Roberto De Mattei, il 16 marzo 2011, ai microfoni di Radio Maria, nel contesto di un discorso teologico e religioso che prendeva lo spunto dal terremoto in Giappone, e nel quale egli sostenne che le catastrofi naturali, in taluni caso, possono essere opera della giustizia divina, come richiamo e punizione all’umanità peccatrice? Si dà il caso che anche De Mattei, come Mario Tozzi, ha avuto a che fare con il Consiglio Nazionale delle Ricerche: per la precisione, ne è stato vicepresidente, e per due volte: la prima dal 2004 al 2007, la seconda dal 2008 al 2011. Però, mentre un geologo come Mario Tozzi, ricercatore del CNR, può sproloquiare liberamente sull’omosessualità fra gli Etruschi, dimostrandosi o ignorante, o fazioso, e in ogni caso scorretto per l’abuso del mezzo televisivo, le parole di De Mattei hanno provocato l’immediato intervento del presidente del CNR stesso, Luciano Maiani, che ha fatto ricorso a un comunicato ufficiale per mettere bene in chiaro, quantunque non ve ne fosse il minimo bisogno, che l’intervento di De Mattei, per quanto legittimo (bontà sua), non aveva nulla a che fare con il Comitato stesso. Insomma, la soluta storia dei due pesi e delle due misure: a sinistra si può dire tutto ciò che si vuole, e la propria appartenenza a un organismo scientifico di alto livello non crea alcun "conflitto d’interessi" rispetto a ciò che si dice al di fuori di quella sede; a destra, invece, le cose vanno in maniera diametralmente opposta. A destra bisogna misurare le parole, centellinare gli aggettivi, sorvegliare le virgole, perché l’establishment culturale politicamente corretto non ne fa passare liscia nemmeno una.

Le cose, peraltro, diventano più chiare se si aggiunge, nel caso che qualcuno non lo sapesse, che De Mattei è stato consigliere culturale nel secondo e nel terzo governo Berlusconi; che ha preso pubblicamente posizione contro il centralismo dell’Unione Europea, contro l’aborto, contro l’eutanasia, contro l’evoluzionismo, contro l’omosessualità; che, come se tutto ciò non bastasse, si è reso particolarmente inviso ai cattolici progressisti, tipo Alberto Melloni, con il libro Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, fortemente critico sulle posizioni di apertura conciliari e post-conciliari; e, ancora, che ha lanciato un appello a Benedetto XVI perché chiarisse che gli incontri interreligiosi di Assisi non devono ingenerare confusione fra i cattolici, quasi che tutte le religioni abbiano il medesimo valore di verità davanti a Dio. Come si vede, un curriculum di tutto rispetto per essere odiato e detestato dagli intellettuali di sinistra. E chi è, invece, Luciano Maiani, fisico sammarinese, classe 1941? È un signore che, nel novembre del 2007, ha messo la sua firma sulla "lettera dei 67" che chiedevano al rettore dell’Università di Roma La Sapienza di bloccare l’invito a papa Benedetto XVI ad intervenire all’inaugurazione del nuovo anno accademico, il 17 gennaio successivo. Questa è la sua idea di laicità della cultura: se parla il papa, che vada a farlo in sacrestia, non in una università statale (beninteso, quando si tratta di papa Ratzinger; a papa Bergoglio, invece, ponti d’oro!); e se uno studioso, che è anche membro del CNR, si permette di esprimere una opinione teologica in una emittente privata, immediata precisazione affinché tutti siano edotti che il CNR, da lui presieduto, non c’entra nulla. Tutti hanno parlato, sentenziato, censurato, per delle settimane, delle "discutibili" e "inaccettabili" opinioni teologiche di De Mattei (il quale, fra parentesi, ha avuto la dignità e la fierezza di non chiedere scusa, di non retrocedere, anzi, semmai, di ribadire le sue convinzioni: supplemento di colpa, quindi, per la perseveranza nell’errore); nessuno ha evidenziato le mille scorrettezze quotidiane di quanti, dentro e fuori il CNR, dentro e fuori la TV di Stato, hanno le spalle ben coperte dall’establishment politico-culturale dominato dalla sinistra.

È così che funzionano le cose, nella nostra bella Italia, laica e democratica, dove c’è spazio per tutte le opinioni, purché siano politicamente corrette. Vanno così da settant’anni, cioè dalla fine della Seconda guerra mondiale e dalla nascita della Repubblica, asservita, fin dal principio, ai potei forti della finanza mondiale; e non vi sono indizi che le cose cambieranno, almeno nel prossimo futuro. L’unica novità, se così vogliamo chiamarla, è che i più accaniti, battaglieri e vendicativi paladini del politicamente coretto, i più arcigni e superciliosi vigilanti sulle trasgressioni e le "eresie", non sono più quelli che stanno fuori della Chiesa e della cultura cattolica, ma quelli che stanno dentro di essa. È una guerra civile fra cattolici, ormai, quella che si sta profilando, anzi, quella che è già incominciata, senza esclusione di colpi (specie da pare di papa Francesco e dei suoi fedelissimi, i cosiddetti vescovi di strada e "preti scomodi", alla don Milani). E ne portano la responsabilità,m tutta intera, non quanti sono rimasti fedeli alla dottrina di sempre, ma quanti hanno voluto stravolgerla, per dei loro tenebrosi disegni, fingendo, però, di non averne cambiato che la forma esteriore: mentre il loro vero obiettivo è la sua dissoluzione completa e la sua sostituzione con una Nuova Religione Mondiale, di tipo gnostico e massonico, che servirà, in ultima analisi, a celebrare l’Uomo, cioè il dominio occulto della élite segreta, fin da ora insediata al potere.

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Wallace Chuck from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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