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La Comunione dei Santi, primizia dell’eternità

Il mistero sublime della santità è che essa agisce anche, e soprattutto, dopo la conclusione della biografia terrena: quando la persona fisica del Santo non c’è più, la sua azione continua, anzi, si fa via via più possente, come un fiume che le cui acque s’ingrossano mano a mano che scende verso il mare. Questo avviene perché la santità è una primizia della dimensione dell’Assoluto e dell’Eterno; vivendo la loro vita in Dio, i Santi incominciano ad abbattere, già fin da ora, la barriera che separa la vita terrena dalla vita eterna. Nei Santi appare ciò che la religione cristiana ha sempre insegnato, ma che tutti, anche molti credenti, tendono a dimenticare: ossia che la morte, in se stessa, non esiste: è solo un mutamento di stato, una porta che si apre su di un’altra dimensione. Dopo aver varcato quella soglia, la persona malvagia scompare nel nulla che ha ostinatamente coltivato; il Santo continua a irradiare, per così dire, dietro di sé, il profumo della vita divina, nella quale è entrato. Il Santo continua a vivere perché vive in Dio, e aveva incominciato a farlo sin da qui, quando aveva ancora un corpo, vestiva panni, mangiava e beveva come noi tutti; ma si era allenato a sbarazzarsi del superfluo e a coltivare solo l’essenziale. Con l’evento della morte, nel Santo sopravive la sua essenzialità, cioè il suo pieno abbandono in Dio: come porterebbe cessare d’irradiare la sua luce, colui che si è annullato nella Luce infinita di Dio? Al contrario, quella luce, non più offuscata dal corpo fisico, brillerà in maniera sfolgorante. Il mistero della santità è racchiuso in questo semplice concetto: morire al mondo e farsi tutto in Dio.

I Santi sono già presso Dio in questa vita. Le loro estasi, la loro chiaroveggenza, la conoscenza delle lingue, la bilocazione, il potere di scacciare i demoni, vengono loro dal fatto di questa familiarità con Dio, che è, per parlare più esattamente, annullamento del proprio io e dono totale di sé al Creatore. Quando un’anima, ancora legata al suo corpo terreno, riesce a fare questo, a donarsi totalmente a Dio Padre e a lasciarsi guidare da Lui dove vuole e come vuole, essa partecipa già alla gloria del paradiso, e può vedere gli Angeli e i santi salire e scendere intorno al trono dell’Onnipotente, cantando incessantemente le sue lodi con l’accompagnamento di una musica celestiale. Certo, queste possono sembrare delle favole per bambini: cosa fanno gli Angeli e i Santi? Cantano la gloria di Dio. E chi mai può riuscire a vederli? I Santi, mentre sono ancora in questa vita, e, talvolta, coloro che stanno loro vicino, immersi nella preghiera. Invece sono cose che accadono, anche se nessuno potrebbe registrare il fenomeno con degli strumenti scientifici per "dimostrarlo". Il fenomeno è lì, ma si rivela solo agli occhi di chi ha il dono della fede; agli altri non si manifesta, ed essi restano chiusi e corazzato nella loro ignoranza, certi e convinti che nulla di ciò che sfugge agli strumenti della scienza merita di essere preso sul serio.

Ecco cosa vide uno degli uomini che assistevano, durante i suoi esorcismi, padre Matteo La Grua – un certo Rosario Russo -, il santo frate del quale abbiamo già parlato; il fatto è stato riportato da Paolo Brosio in uno dei suoi libri di argomento religioso (da: P. Brosio, La terra delle meraviglie, Milano, Edizioni Piemme, 2012, pp. 240-241)

Quando padre Matteo aveva 86 anni e ancora celebrava la messa, ogni mattina di solito, al termine faceva un quarto d’ora di evangelizzazione. Un giorno, durante la messa, accadde qualcosa di eclatante che ho visto coi miei occhi.

Padre Matteo guida i fedeli alla preghiera eucaristica e arriva al momento dell’acclamazione: "Santo, santo, Santo il Signore Dio dell’universo. I Cieli e la terra sono pieni della Tua Gloria, Osanna nell’alto dei Cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore, Osanna…". In quel preciso momento on riesco più a scorgere padre Matteo perché assisto a un fenomeno incredibile : al suo posto vedo Gesù Cristo e dietro di lui si apre una porta da cui si vedono entrar ei santi, i giusti e tutta la corte celeste. Scoppio a piangere e sento distintamente una voce che mi dice: "Guarda!… Tutti gli angeli custodi che sono qui in assemblea stanno adorando ai piedi del Signore ad acclamarlo".

Lo stesso padre La Grua si era occupato di un fenomeno simile, ma nell’ambito dell’acustica: la manifestazione di cori angelici, che si fanno udire quando si riuniscono dei gruppi di preghiera che rivolgono tutti i loro pensieri verso l’Altissimo, per rendergli la lode e il ringraziamento, e ne aveva parlato in un piccolo libro, Esperienze di Cielo, di cui lo stesso Paolo Brosio ha riportato un estratto (op. cit., pp. 248-250):

Nei nostri incontri di preghiera ci sono momento in cui dall’assemblea si leva come un mormorio di voci, che somiglia al mormorio delle acque di un ruscello, al fruscio delle foglie degli alberi del bosco solcati da una brezza, e la preghiera vocale si trasforma in un canto, in cui ognuno dei partecipanti interviene con una sua melodia, e tutti insieme concorrono a produrre un’armonia strana ma bella. […]

Le persone, quasi ascoltandosi tra di loro, convergono nell’esprimere un unico sentimento di lode o di ringraziamento o anche di implorazione di perdono. Succede talvolta, durante questi canti, di udire altre voci, come voci di un coro lontano che si avvicina e si unisce al canto dell’assemblea; succede anche di sentire il suono di altri strumenti, diversi da quelli usato dall’assemblea, che potenziano la musica e danno la sensazione di una deliziosa armonia celeste che integra quella terrena. La percezione di questi suoni (arpe, flauti, campane) talvolta è avvertita da alcuni dei partecipanti; a volte invece sembra captata da tutti o quasi tutti i presenti. Che si tratti, in questo caso, un di un fatto soggettivo personale, sui una forma si suggestione collettiva, ma di un fenomeno reale oggettivo, trova conferma nella registrazione delle cassette.

Riascoltando i nastri sonori, rileviamo con meraviglia queste "interferenze", che convenzionalmente chiamiamo "interferenze angeliche" o "canti degli angeli". Pensiamo che ci siano presenze celesti che si uniscono a noi nel lodare l’unico Signore del cielo e della terra. Ma gli angeli effettivamente cantano e suonano strumenti, se sono puri spiriti? Nell’Apocalisse assistiamo a solenni liturgie, in cui gli angeli, nei diversi ordini, intervengono con canti e suoni di arpe e di altri strumenti musicali.

Una signora, il giorno 8 maggio del 1999, non solo udì, ma anche vide gli Angeli che cantavano e accompagnavano con la musica il coro dell’assemblea (ibidem, p. 251):

Udii il cinguettio degli uccelli e subito dopo vidi aprirsi la porta centrale del salone ed entrare la madonna con una veste regale che, procedendo nel corridoio centrale, salì all’altare e si mise accanto al celebrante.

Allargando le braccia ho visto tanti raggi di luce sfolgoranti uscire dalle mani della Vergine. Al momento della consacrazione è entrata una schiera di angeli contornata da altri angeli più piccoli e più grandi seguiti da tanti uccellini cinguettanti.

Il salone si riempì di angeli che cantavano e suonavano degli strumenti a canna e il loro canto si unì a quello dell’assemblea. Ma il canto angelico copriva il canto umano e io sentivo questa musica forte e credevo che fossero i cantori, invece mi sono sentita toccare come da un’ala di angelo che stava accanto a me. Allora ho capito che non era un canto umano, ma era una straordinaria presenza della Madonna con la sua schiera angelica.

D’altra parte, è noto che molti santi lasciavano dietro di sé, e hanno lasciato anche dopo la morte, un intenso, meraviglioso profumo, fenomeno che gli esperti chiamano "osmogenesi" , laddove il corpo umano, in circostanze normali, e specialmente se sudato, non profuma affatto, per quanto possa essere seducente all’aspetto. Padre Pio da Pietrelcina, per esempio, emanava un profumo celestiale sia dal corpo, sia dagli indumenti, e perfino dalle bende insanguinate delle sue stimmate, profumo che veniva percepito distintamente da moltissime persone. Interrogato a proposito di ciò, il padre rispondeva: Figliolo, non sono io; è il Signore che fa tutto. E questo ci riporta al nocciolo del nostro discorso.

Il santo è presso Dio, e lo è già in questa vita: grazie a tale vicinanza, egli è in grado di sapere, capire e fare delle cose che sono impossibili a un comune mortale. Si tratta sempre e solo di cose buone, che sono di giovamento per i suoi simili; mai di cose cattive o indifferenti, mai di cose che servono solo a stuzzicare la futile curiosità. Dopo la morte fisica, il santo è capace di giovare agli altri uomini come prima e anche più di prima, perfino attraverso dei veri e propri miracoli a vantaggio di quanti si rivolgono a lui; e sempre per la stessa ragione: unito più che mai a Dio, non lui, ma Dio per mezzo di lui, opera tali cose straordinarie. I protestanti considerano tutto ciò una forma d’idolatria e hanno soppresso il culto dei Santi, a cominciare da quello della Madonna: grossolano fraintendimento, se non vera e propria ignoranza; i Santi non sono venerati per se stessi, ma come altrettante manifestazioni viventi della gloria e dell’amore di Dio. I Santi non concedono grazie; è Dio che le concede, sollecitato dalla loro intercessione: essi, infatti, sono gli intercessori dei viventi e, in tal senso, svolgono, nei confronti degli uomini, una funzione simile a quella degli Angeli, di protezione e di custodia. E proprio come gli Angeli, i Santi, già in vita, e più ancora in morte, cantano incessantemente la gloria di Dio: tale è il senso delle visioni che abbiamo sopra riportato: l’adorazione continua e totalmente disinteressata, cioè scevra da ogni sia pur piccola richiesta personale, del Signore Onnipotente. Anche i Santi, del resto, non domandano mai nulla per se stessi; se domandano qualcosa a Dio, lo fanno per gli altri, e specialmente quando sono in presenza di casi umani particolarmente commoventi.

Ecco cosa ha scritto Benedetto XVI nel capitolo conclusivo della enciclica Deus Caritas est, del 25 dicembre 2005:

Alla biografia dei Santi non appartiene solo la loro biografia terrena, ma anche il loro vivere ed operare in Dio dopo la morte. Nei Santi diventa ovvio: chi va verso Dio non si allontana dagli uomini, ma si rende invece ad essi veramente vicino. In nessuno lo vediamo meglio che in Maria. La parola del Crocifisso al discepolo: – a Giovanni e attraverso di lui a tutti i discepoli di Gesù: "Ecco tua madre" (Gv 19, 27) – diventa nel corso delle generazioni sempre nuovamente vera. Maria è diventata, di fatto, madre di tutti i credenti. Alla sua bontà materna, come alla sua purezza e bellezza verginale, si rivolgono gli uomini di tutti i tempi e di tutte le parti del mondo nelle loro necessità e speranze, nelle loro gioie e sofferenze, nelle loro solitudini come anche nella condivisione comunitaria. E sempre sperimentano il dono della sua bontà, sperimentano l’amore inesauribile che ella riversa dal profondo del suo cuore…

Ebbene: la Comunione dei Santi è questo: è il circuito d’amore che lega in una sola realtà Gesù Cristo, la Vergine Maria, gli Angeli, i Santi di ogni tempo e tutti i cristiani che ancora stanno sperimentando la vita nella dimensione terrena, con la sua fatica quotidiana, ma anche con le sue immense opportunità di bene. È una forza colossale, addirittura inimmaginabile, che può smuovere, alla lettera, le montagne, e che chissà quante volte ha già protetto e salvato non solo le singole persone, ma anche l’umanità tutta. Una monaca di clausura che, con fede sincera e profonda, dietro le mura del suo convento, ha deciso di dedicare a Dio una intera vita di adorazione e di contemplazione, può esercitare un influsso benefico superiore a quello di decine di associazioni umanitarie, le quali agiscono esclusivamente sul piano materiale. Se vi sono dei cristiani che si dimenticano o che sottovalutano un simile fatto, allora ciò significa che la loro fede è gravemente in pericolo, perché si sono allontanati dall’essenza del Vangelo, che non è un prontuario d’intervento a favore degli uomini sul piano materiale: quantunque i Santi, come già il loro unico modello, Gesù Cristo, non ignorino le necessità materiali degli esseri umani. Tuttavia, anteporre l’azione sociale alla dimensione spirituale significa tradire il cristianesimo e abbassare Gesù al livello di uno dei tanti riformatori di questo mondo. Oggi viviamo in tempi di gravissima decadenza spirituale, al punto che questo concetto, evidente anche per un bambino, è stato quasi sepolto sotto tonnellate di chiacchiere moderniste e progressiste. Ed ecco perché abbiamo bisogno più di Santi che di teologi…

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Torsten Dederichs su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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