
Le tre domande di Dio all’uomo: Dove sei? Dov’è tuo fratello? Chi andrà per noi?
23 Gennaio 2017
Preghiamo per loro
24 Gennaio 2017È notte, gli uffici sono chiusi, tutti gli impiegati se ne sono andati a casa, da tempo, a godersi il meritato riposo. Solo il signor X, impiegato di modestissimo livello, si è fermato alla sua scrivania per smaltire del lavoro arretrato: anche se non molto apprezzato dai superiori, a causa della sua scarsa propensione alla modernità e alle innovazioni, in compenso è un uomo onesto e un lavoratore scrupolosissimo: il pensiero di avere del lavoro arretrato lo disturba profondamente, vuole mettersi a posto e chiudere tutte le pratiche aperte, non perché qualcuno gli stia con il fiato sul collo — semmai vorrebbero da lui un maggiore spirito d’iniziativa, un maggiore dinamismo, che comprende una certa quota di discrezionalità nel giudicare quali siano gli aspetti prioritari del suo lavoro — ma perché solo così si sente a posto con se stesso. Il signor X sta lavorando già da alcune oltre il normale orario d’ufficio, tutto è silenzio nei locali deserti, quand’ecco, ode una porta che si apre e dei passi, in corridoio, che a un certo punto si fermano, poi un’altra porta che si apre, ma non viene richiusa. Le videocamere, a quell’ora, sono spente: infatti, non dovrebbe esserci più nessuno, e, per ciò che riguarda le possibili minacce dall’esterno, bastano le telecamere fissate davanti all’ingresso della banca. Sì, perché il signor X lavora in una banca. Incuriosito, e anche un po’ allarmato, il signor X si alza e, badando a non far rumore, esce sul corridoio: vede subito la luce provenire dalla stanza del vicedirettore. La cosa si fa sempre più strana: in venti anni di lavoro, non lo ha mai visto tornare in banca, di notte, per nessuna ragione. Decide di non farsi vedere e di aspettare, al buio, quel che accadrà; dopo un poco, il vicedirettore esce, tenendo in mano una borsa, e si dirige con passo spedito verso il caveau, al piano sotterraneo, scendendo per le scale invece di usare l’ascensore e facendosi strada con una torcia elettrica, per non accendere la luce. Il signor X lo segue, sempre con la massima cautela, finché deve arrendersi davanti all’evidenza: il suo superiore sta facendo qualcosa non solo di molto irregolare, ma, quasi certamente, di losco. Dopo aver disinnescato l’allarme, digita il codice segreto, entra nel caveau, torna fuori due minuti dopo con la borsa ben gonfia, si guarda intorno per un attimo, poi si dirige velocemente verso l’uscita. Il signor X ha fatto in tempo a notare che indossa dei guanti di plastica, dunque è stato attento a non lasciare su alcun oggetto le sue impronte digitali. Dopo aver udito la porta d’ingresso chiudersi, il signor X resta lì, da solo, letteralmente instupidito, con il cuore che gli batte all’impazzata, la fronte imperlata di sudore, il respiro corto: non vorrebbe credere, letteralmente, a ciò che ha visto; preferirebbe pensare di aver sognato; si dà perfino un pizzicotto sulla guancia, come per destarsi da un brutto sogno. Ma è tutto vero, non è stato né un incubo, né un’allucinazione. E adesso, mio Dio, che cosa deve fare? Deve denunciare quel disonesto, naturalmente. Ma a chi? Alla polizia, al direttore? Sa che la strada giusta, o, almeno, la strada raccomandata dall’amministrazione, è quella di non spargere lo scandalo all’esterno; chissà, forse la cosa si può ancora, in qualche modo, rimediare; forse si può ancora chiarire. Il direttore, dunque: deve chiamarlo subito, deve informarlo di quanto è accaduto. Ma ecco che un terribile dubbio si insinua nella sua mente: verrà creduto? Non ha testimoni, non ha prove, niente tranne la sua parola: la parola dell’ultimo impiegato, contro quella del vicedirettore, stimatissimo nelle alte sfere, giovane, efficiente, simpatico, affidabile, con la fama di un uomo molto intelligente, molto capace e molto ricco d’iniziativa. A chi crederanno, fra loro due? E, se non crederanno al suo racconto, come verrà spiegata la mancanza del denaro che, certamente, è stato trafugato? Non c’era che lui, negli uffici deserti: gli altri impiegati lo hanno visto trattenersi lì. I sospetti cadranno proprio su di lui: disgraziatamente, essendo di turno alla camera di sicurezza, quella settimana — e solo quella settimana — anche lui è stato messo al corrente del codice segreto, che viene sempre rinnovato. Angosciato, il signor X non sa che fare.
Secondo caso. La donna delle pulizie di una grande ditta commerciale ha una relazione con un impiegato della dirigenza: lei è giovane e carina, e così, nonostante l’abisso sociale che li divide, sono diventati amanti. Nel fuoco della passione, lui le ha fatto delle rivelazioni scioccanti: fra le altre cose, che la ditta fornisce regolarmente materiali scadenti ai suoi clienti, specialmente quando si tratta di commesse statali, perché esiste una rete di complicità e connivenze con gli uffici dei clienti, una rete così ampia ed efficiente che comprende anche le autorità preposte ai controlli, compresi i rappresentanti locali della Guardia di Finanza, per non parlare dei politici e degli amministratori implicati nelle commesse. In pratica, si tratta di un vastissimo sistema clientelare che sfrutta il pubblico denaro per consentire facile guadagni a tutti quelli che ne fanno parte, mettendo a rischio la sicurezza e la salute degli ignari cittadini. La signorina Y, per quanto libera e spregiudicata nella sua condotta personale, non estende la sua mancanza di scrupoli alla sfera morale: quel che è venuta a sapere la riempie di sgomento, di rabbia, d’indignazione: per lei, che non guadagna neanche mille euro al mese lavorando duramente, e che in banca ha un conto corrente di poche centinaia di euro, quel che stanno facendo quei signori è semplicemente scandaloso. Un pensiero la tormenta: fare qualcosa. Ma che cosa? Lei, una umilissima donna delle pulizie, potrebbe mai puntare il dito contro dei pezzi grossi di una grande ditta commerciale, e, indirettamente, anche contro tutta una rete di pezzi grossi di altre ditte e della pubblica amministrazione? Oltre a inimicarsi terribilmente il suo amante, che non solo la pianterebbe all’istante, ma la minaccerebbe e, forse, la picchierebbe, le sue denunce, prive di qualunque elemento di riscontro, come verrebbero accolte? A chi dovrebbe rivolgersi? Chi sarebbe disposto a darle ascolto? E se capitasse proprio dagli stessi uomini che fanno parte della disonesta congrega? Le rovinerebbero la vita; la denuncerebbero per calunnia; la manderebbero in prigione. E dunque, che fare?
Terzo caso. A bordo di una grande nave da crociera è stato assunto, da poco, un nuovo aiuto-cuoco: l’ultima ruota del carro, come si dice, su un personale che comprende quasi duecento individui. Pelar patate non è un lavoro che conferisca prestigio, e, soprattutto, non offre prospettive di avanzamento; ma tant’è, quando si ha bisogno, si accetta qualunque lavoro onesto. Ora, un brutto giorno, il nostro aiuto-cuoco, chiamiamolo Z, un ragazzo di vent’anni, senza alcuna qualifica o referenza particolare, si trova, per puro caso, ad ascoltare una conversazione telefonica del comandante, che non ha mai visto se non di sfuggita, e col quale non ha mai avuto l’occasione di scambiare una sola parola. Da quello che ha sentito, Z. ha compreso una cosa sola, in mezzo a tante altre che gli sono rimaste oscure: che il comandante ha deciso di portare la nave sugli scogli, durante la manovra di avvicinamento al prossimo porto, perché è d’accordo, con alcuni suoi amici della società marittima, di attuare una truffa a danno della compagnia di assicurazioni. Si tratta di una cifra miliardaria: in ballo, però, c’è l’incolumità di circa mille persone che sono a bordo della nave, fra equipaggio e passeggeri. Da come parlava il comandante, pare che questo problema non interessi punto né a lui, né ai suoi amici: se ci saranno delle vittime, tanto peggio per loro; piuttosto, quel che lo preoccupa è di fare che le cose accadano in maniera tale da non creare spiacevoli conseguenze per lui, sul piani giudiziario. È già previsto che perderà il posto, ma, con la cifra che lo aspetta quando i suoi soci avranno intascato l’assicurazione, potrà rifarsi una vita e smettere di lavorare, per sempre. Da quel che l’aiuto-cuoco ha capito, si sta preparando una congiura per far ricadere la colpa sul comandante in seconda, in quanto è previsto che l’incidente accada durante il turno di notte, mentre il comandante sarà andato a riposare. Il macchinista, che fa parte del complotto, eseguirà male gli ordini, e poi addosserà la colpa al comandante in seconda. Un paio di falsi testimoni sono già stati istruiti in proposito. Per giunta, tutti sanno che al comandante in seconda piace bere, anche se, finora, ciò non ha mai influito sul suo lavoro. Sarà il capro espiatorio ideale. Il povero Z, da quando ha udito quella conversazione, non ha più avuto un istante di pace: non è preoccupato solo per la sua sicurezza, ma per quella di tutte le persone a bordo; se fosse solo per lui, gli basterebbe procurarsi per tempo un giubbotto salvagente: sarebbe l’unico a non rischiare nulla. Ma la sua coscienza non gli perdonerebbe mai di aver taciuto, davanti all’incombere di una tale minaccia sulla vita di tanta gente. E tuttavia che fare, con chi parlare? Un aiuto-cuoco, appena assunto, che accusa l’onorato comandante della nave, di un crimine gravissimo, peraltro non ancora commesso: chi mai gli crederebbe? Assurdo: gli riderebbero in faccia. Perderebbe il suo lavoro, senza ottenere niente di niente. E allora, come regolarsi?
Adesso lasciamo perdere la letteratura e passiamo alla realtà. C’è una cosa molto seria, che si chiama Chiesa cattolica: l’ha fondata Gesù in persona, il Figlio di Dio, e Dio Lui stesso, e l’ha affidata a Pietro ed ai suoi successori. Attualmente, essa comprende qualcosa come un miliardo e duecentocinquanta milioni di fedeli sparsi in tutto il mondo. Il messaggio che essa porta avanti, e che amministra con l’ausilio dei Sacramenti, cioè con l’aiuto soprannaturale di Dio stesso, ha dato speranza e significato alla vita d’immense moltitudini, nei duemila anni che vanno dalla sua fondazione. Molte persone vi hanno trovato una tale pace e una tale verità, da offrire la propria vita per difenderla e per testimoniarla. La sua importanza nella vita delle singole persone e in quella della storia mondiale è stata, ed è, semplicemente incalcolabile. Per duemila anni, essa ha insegnato il Vangelo, lo ha custodito, lo ha diffuso, lo ha spiegato, lo ha posto a fondamento della vita di tutti i credenti. Nel farlo, si è sempre ispirata ai due pilastri incrollabili della Scrittura e della Tradizione: e, così facendo, e con l’aiuto dello Spirito Santo, non ha mai sbagliato sul piano dottrinale, anche se alcuni suoi membri hanno peccato sul piano personale, e ve ne sono che continuano a peccare anche al presente. Mai, però, neppure nei momenti più drammatici della sua storia, la Chiesa è caduta nell’apostasia o nell’eresia; mai ha insegnato dottrine erronee; e mai, in tal modo, ha posto in pericolo la salvezza delle anime. Vi sono stati dei papi, dei vescovi, dei sacerdoti e dei religiosi che hanno disonorato l’abito che indossavano, che hanno tradito il Vangelo, come Giuda tradì Cristo, e come san Pietro lo rinnegò, nel cortile del sommo sacerdote; mai, però, il Magistero della Chiesa cattolica ha insegnato dottrine erronee, mai ha deviato dalla verità della divina Rivelazione. Se alcuni pastori indegni sono stati di scandalo sul piano della condotta personale, mai nessuno ha osato essere di scandalo sul piano dell’insegnamento, portando i fedeli ad allontanarsi dalla Verità. E se pure qualcuno lo ha fatto, è stato prontamente espulso e scomunicato.
Oggi, e da tempo, la Chiesa non espelle e non scomunica più quasi nessuno. Ciò significa che gli eretici e gli apostati non ci sono più? Sarebbe troppo bello poterlo credere; ma non è così. La Chiesa non vive in paradiso; vive nel mondo: e, nel mondo, le debolezze umane non scompaiono, neppure fra la gente consacrata. L’orgoglio e la superbia intellettuale sono sempre in agguato: c’è sempre qualcuno che pretende d’interpretare il Vangelo a modo suo. Succedeva ai primordi della Chiesa, e ne parla anche san Paolo; succede pure oggi. Adesso, però, la cosa ha preso un’altra piega, assolutamente inedita: a deviare dalla dottrina cattolica non è questo o quel frate, questo o quel prete, questa o quella suora: è il vertice. Sono alcuni pezzi da novanta, cardinali, arcivescovi e vescovi; sono alcuni dei teologi più stimati (ma bisognerebbe vedere da chi), o, almeno, più pubblicizzati. E, quel che è peggio — infatti non era mai accaduto, con nessuno dei 265 papi precedenti — è il papa in persona. Non in modo troppo esplicito, per adesso: si tratta di una deviazione abile e sottile, dico e non dico, allusioni, sfumature, oggi qua, domani là: l’insieme, però, non lascia spazio a dubbi. Dopo circa quattro anni di pontificato (per più di tre dei quali siamo rimasti in silenzio, sempre più confusi, ma, comunque, disposti a mandar giù tutto, pur di non arrenderci all’inevitabile) si può e si deve concludere che papa Francesco sta deviando dalla dottrina cattolica e che sta cercando di trascinare tutta la Chiesa nella sua deviazione. Non volevamo crederci; abbiamo cercato di non crederci, per amore della Chiesa e per rispetto della figura del pontefice. Finché è stato possibile, abbiamo taciuto e tenuto per noi il nostro crescente turbamento, la nostra amarezza, il nostro sconforto. Non volevamo comunicarlo ad altri. E poi, chi eravamo noi per sollevare una questione così grossa, per formulare una denuncia tanto grave? A un certo punto, però, il caso di coscienza ci è apparso in una luce nuova. Non si trattava più di evitare uno scandalo alle anime sante; perché lo scandalo c’è già, e bisogna essere ciechi per non vederlo. Si trattava, e si tratta, della salute delle anime: salus animarum, suprema lex. Se un prete, un vescovo, o perfino un papa, danno scandalo con la loro condotta privata, certamente è un grave danno, ma non mette in pericolo la salvezza delle anime altrui. Se un prete, un vescovo o un papa, invece, insegnano una dottrina sbagliata, e fanno passare per verità cattolica una religione di loro invenzione, allora il pericolo c’è. E non si può tacere. Senza contare il pericolo per l’unità della Chiesa: mano a mano che lo scandalo cresce, cresce anche la possibilità d’uno scisma. Per inseguire un ecumenismo scriteriato, si sta mettendo in pericolo l’unità della Chiesa. È per questo che non si deve più tacere…
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