
L’indottrinamento della società, palese e occulto
30 Dicembre 2016
Dimmi che santo veneri, e ti dirò chi sei
31 Dicembre 2016Il fenomeno della pedofilia è in costante aumento: dilaga letteralmente, e il fatto di parlarne in maniera allarmistica e sensazionalistica, enfatizzando e mercificano al massimo le notizie ad esso relative, non contribuisce ad una sua miglior comprensione. Ora, da un punto di vista strettamente filosofico, e anche psicologico, la domanda non dovrebbe essere formulata a partire da un atteggiamento di sdegno e di esecrazione, del tipo: Come mai la pedofilia è un fenomeno in costante aumento?, bensì dovrebbe essere: Come mai la pedofilia non è sempre stata un fenomeno diffuso, come mai è sempre stata limitata e circoscritta, in tutte le società che conosciamo, ad eccezione della nostra? Infatti, l’amore per i bambini è sempre stato incoraggiato e valorizzato come un sentimento positivo, con tutti i comportamenti pratici che ne derivano; e, fra questi, vi è anche quello di esprimersi attraverso la cura dei loro corpi, aiutandoli a lavarsi, a vestirsi, eccetera, cosa che implica un alto grado di familiarità con essi, organi sessuali compresi. Ora, le persone adulte che si prendono cura di loro, queste figure parentali o professionali — genitori, fratelli più grandi, medici, infermieri, maestre d’asilo, baby sitter, eccetera — che manipolano i loro corpi, e dalle quali ci si aspetta che provino amore e interesse verso di loro, nella stragrande maggioranza dei casi restano entro i limiti dell’amore disinteressato o dell’interesse professionale, e non estendono l’amore e interesse alla sfera sessuale, non vedono cioè i bambini, dei quali si occupano, sotto il punto di vista erotico, come possibili oggetti di godimento e soddisfacimento sessuale.
La cosa, se ci si riflette un momento, e ragionando in maniera fredda e impersonale, è, di per se stessa, strana: statisticamente, ci si aspetterebbe che una situazione di familiarità fisica così grande degeneri abbastanza frequentemente in una qualche forma di rapporto sessuale, più o meno esplicito, più o meno deliberato. Anche l’alta probabilità di non dover rendere conto del proprio agire, e la quasi assoluta passività dei bambini quali partner sessuali, parrebbero deporre nel senso di una casistica relativamente frequente di comportamenti pedofili: si direbbe che tutto, o quasi tutto, congiuri per rendere la cosa facile e pressoché priva di rischi, almeno in un grandissimo numero di casi. Questo, invece, non avviene; o meglio, non avveniva fino a poco tempo fa, diciamo fino a una o due generazioni or sono. Resta perciò la domanda: come mai, nonostante una cultura che incoraggia l’amore per i bambini, e una situazione diffusa di familiarità fisiche tra adulti e bambini, anzi, quasi di complicità, non si registrano se non pochi casi di pedofilia conclamata (pur ammettendo che una percentuale, impossibile da quantificarsi, rimanga sconosciuta e sfugga, perciò, a qualsiasi ulteriore riflessione)?
In fondo, è una domanda simile a quella che si può porre riguardo al fenomeno dell’incesto: come mai i casi conclamati d’incesto sono relativamente rari, quando le occasioni per consumarlo sono, al contrario, così frequenti, così quotidiane, e la probabilità che esso rimanga segreto è, sovente, molto alta? La cosa è tanto più significativa se si tiene conto del contesto culturale più ampio che caratterizza la società odierna, e, in modo speciale, la crescente, ossessiva, capillare erotizzazione dell’immaginario collettivo, veicolata senza posa dai mass media, dal cinema, dalla letteratura, dalla pubblicità. Si pensi ad un romanzo come Lolita di Vladimir Nabokov, e al relativo film (anzi, due film: del 1962 e del 1997), entrambi troppo noti perché serva precisare ulteriormente; oppure ad un film come La luna, di Bernardo Bertolucci (1969), nel quale una madre consuma un rapporto sessuale completo con il proprio figlio adolescente, peraltro in un clima molto rilassato, e privo di ogni elemento drammatico, almeno per ciò che concerne il fatto in se stesso: anzi, quel gesto è presentato quasi sotto una luce positiva, perché la donna vuol salvare il ragazzo, ad ogni costo, dalla dipendenza nei confronti della droga, ed è disposta a fare qualsiasi cosa pur di "distrarlo" e allontanarlo dall’eroina.
Posto così il problema, la risposta sembra debba cercarsi nell’esistenza di un fortissimo tabù, morale e sociale: abusare sessualmente dei bambini, o intrattenere rapporti sessuali con i propri figli, sono considerati dei comportamenti inaccettabili e imperdonabili; e, se portati alla luce, implicano, oltre alle previste sanzioni della legge (e, per i credenti, quelle morali della Chiesa), un ostracismo sociale pressoché totale e irrimediabile: un padre o una madre che abusano dei figli, o degli adulti estranei che abusano dei piccoli loro affidati, vanno incontro ad una vera e propria morte sociale, anche dopo aver pagato il loro conto con la legge; in pratica, se restano nello stesso ambiente ove hanno consumato tali azioni, non possono sperare in alcuna forma di comprensione, di tolleranza, di perdono e di oblio da parte dei parenti, dei conoscenti, dei vicini, dei colleghi di lavoro. Perfino nel mondo, moralmente così degradato, delle comunità carcerarie, il reato di pedofilia è probabilmente l’unico che non viene tollerato dagli altri detenuti e suscita, nei confronti del colpevole, sentimenti di aggressività che si manifestano in un rifiuto totale e senza remissione. Con ciò non vogliamo dire che il solo deterrente nei confronti della pedofilia (e dell’incesto) sia la paura delle conseguenze, qualora gli adulti vengano scoperti, perché siamo convinti che esiste anche, e soprattutto, una legge morale naturale, innata nell’individuo, che vieta di abbandonarsi a simili pratiche; tuttavia non oseremmo negare che la paura sia uno degli elementi, e forse il più forte, che trattengono gli adulti dal profittare delle occasioni di piacere sessuale che la vicinanza e la passività dei bambini potrebbero, in teoria, offrir loro con relativa facilità e con pochissimo rischio di subire delle conseguenze immediate. (Inutile precisare che pensiamo, qui, alle situazioni più frequenti, cioè a quelle nelle quali è l’adulto a prendere l’iniziativa di un rapporto sessuale con il minore; ma sappiamo, e sarebbe pura ipocrisia negarlo o fare finta di non saperlo, che vi sono anche dei casi, certo più rari, nei quali è il minore a prendere l’iniziativa, o, quanto meno, a stuzzicare e sollecitare sessualmente l’adulto: perché quello della "innocenza" infantile è un mito ideologico di matrice russoviana, né più né meno di quello, altrettanto irrazionale, del "buon selvaggio").
Osserva acutamente — pur con qualche indulgenza verso il mito della cosiddetta innocenza infantile – Piero Monni, nel suo ampio saggio L’arcipelago della vergogna. Turismo sessuale e pedofilia (Roma, Edizioni Universitarie Romane, 2001, pp. 196-198):
Riferendosi al mercato dei bambini qualche pedofilo ha dichiarato : "Io desidero gratificarmi; per questo ho bisogno di strumenti di auto gratificazione; li compro; se ci sono, li pago". Si ha quindi il passaggio ad un sesso come pura auto gratificazione, ad un sesso banalizzato ed infine ad un sesso inevitabilmente mercificato. Un sesso che va sul mercato a chiedere cosa gli può convenire. Perciò il sesso diventa domanda di un prodotto su un mercato qualsiasi, in cui il partner eventuale, che sono poi i soggetti di tutta la produzione di materiale erotico, non si interessano dell’altro,
A livello mondiale questa, forse, è una delle ragioni principali del fiorire della prostituzione minorile, in genere, e delle violenze sessuali sui miniori. Il bambino che abita vicino, che si incontra per tanti motivi, lo si vede non come individuo, ma come un oggetto, per giunta passivo e abbordabile. Con un adulto, con un ragazzo o una ragazza di 16/17 anni, c’è da affrontare una personalità. Con il bambino non si prospetta questa difficoltà: è un oggetto puro e semplice. La scelta pedofila può dipendere anche da una incapacità, ormai diffusa, di rapporti inter-personali. I pedofili — essendo incapaci di confrontarsi con una persona dell’altro sesso , o in certi casi anche del proprio sesso, al di là del momento erotico o puramente sessuale, a livello inter-personale — si rifugiano nel bambino; il che, infine, è un modo per poter soddisfare solo se stessi. Il minore offre veramente la totale passività. Qui interviene un altro fattore patologico di natura prevalentemente psicopatica, che spesso può sfociare nel cosiddetto "raptus". Come succede nella maggioranza dei casi, un adulto può cercare bambini o ragazzi, anche perché "si diverte" di più con loro, o solo perché sono più passivi. Si tratta però, qui, di due problemi diversi, forse finora non sufficientemente distinti, perché è difficile farlo. Il caso della pedofilia può anche non essere affatto patologico, quando, ad esempio, uno si trova benissimo a far l’amore con i grandi, ma lo diverte qualcosa di più, un’esperienza diversa, una curiosità nuova. Questa può essere la radice di gran parte del turismo sessuale: non tutti sono pedofili o psicopatici. Da notare la presenza in questo contesto, non solo di uomini, ma anche di donne, per lo più europee, che affrontano lunghi viaggi per poter "giocherellare" con bambine o bambini dell’Oriente o del Sud America. Non si tratta di problemi legati all’omosessualità, e neppure a situazioni psicopatiche. Ci saranno anche questi casi, ma si tratta di casi marginali: sostanzialmente, per questi soggetti, è una forma di soddisfazione diversa, gratificante per vari motivi.
È quindi possibile ritenere che sia in atto una trasformazione profonda della cultura occidentale, interessata a vario titolo a tali indir irizzi sessuali, oggi difficilmente reversibili ma che rientrano nel cima di psicolabilità al presente così diffuso. L’enfatizzazione di queste tendenze fatta da psicologi e psicoanalisti ripropone il PROBLEMA DELL’ALTERITÀ. Tale aspetto attraverso radicalmente tutto il vissuto della nostra società. Qualcuno, a proposito dei pedofili, ha rilevato che questi vivono in mezzo a noi, sono accanto a noi e, forse, ci somigliano.
All’interno di questo radicale problema del non riconoscimento dell’altro, il bambino diventa la voce dell’innocente che, in fondo, rivendica la propria diversità in nome di tutta l’umanità dell’ALTRO. Per cui, dietro l’abuso, si nasconde forse il desiderio di tutto ciò, confusamente e torbidamente avvertito e quindi risvegliato. Ma, nell’abuso sessuale, si consuma un fatto criminale: il bambino viene strappato alla sua innocenza. L’abusante si ripropone nella drammaticità della sua situazione, incapace di avvertire la gioia positiva di questo fascino, ricercandolo attraverso la sua distruzione.
Il rapporto del pedofilo col bambino diventa il peggiore dei rapporti, dove l’altro viene negato radicalmente nella sua alterità e il bambino, in quanto incapace di difendersi, può essere "manomesso" dall’abusante. Certamente, il problema dell’ALTRO riguarda tutti, ma emerge in maniera esemplare nel rapporto sessuale, affettivo, emotivo.
L’uomo, speso, ha difficoltà a riconoscere il mondo femminile, che è "altro" dal maschile; non è omologabile, poiché annulla la reciprocità, la differenza. Ebbene, tanti rapporti sessuali e sociali non sono ispirati e sostenuti dal riconoscimento dell’altro come ALTRO, quindi come possibilità di reciproco arricchimento, ma dall’idea dell’altro come SIMILE A ME, come identico rispetto a me…
E ora possiamo tentar di rispondere anche alla domanda principale che ci eravamo posta: perché la pedofilia sta dilagando nella nostra società, e, senza dubbio, la vedremo dilagare sempre più nel prossimo futuro? La ragione principale — poiché, senza dubbio, ve ne sono anche altre, e ad alcune abbiamo accennato; ma un loro esame, sia pur frettoloso, richiederebbe molto più spazio — sta nella difficoltà sempre più grande, da parte delle persone, di relazionarsi con l’altro in quanto altro, e, perciò, nella forte tentazione di surrogare la relazione con un rapporto univoco – anche, ma non necessariamente, violento – con il bambino (pedofilia), con il proprio figlio (incesto), con il proprio simile (omosessualità), oppure queste situazioni insieme. La radice è sempre la stessa: non tanto la paura dell’altro, quanto l’indifferenza verso l’altro, inteso come persona; e, di conseguenza, l’impossibilità di un rapporto paritario. Al limite, questa tendenza va in direzione della necrofilia, perché la soggezione perfetta dell’altro, ridotto a puro oggetto di piacere, si ha solo nella relazione sessuale con un cadavere, preferibilmente di una persona giovane e bella; ed è altrettanto chiaro che si coglie, in ciò, il riflesso d’una più ampia cornice culturale e spirituale: quella di una società che non si vuole bene, che si odia, e che corteggia la morte per incapacità di apprezzare la vita (basti pensare a tanta musica rock e a tanta parte del mondo dello spettacolo, nei quali si manifesta un inno disperato, e persino una chiara evocazione, nei confronti dei demoni della distruzione e, appunto, della morte).
Stiamo raccogliendo, insomma, i frutti di una cultura radicalmente sbagliata: quella che ha separato il principio del piacere dalla sfera dei sentimenti, per cui, nel rapporto con l’altro, abbiamo finito per vedere solo noi stessi e il nostro bisogno di gratificazione, senza alcun riguardo per i bisogni, e soprattutto per l’affettività, dell’altro.
Infatti, il ritratto tipico del turista sessuale non è — ci dicono le statistiche — quello di un maniaco e di un deviato, cioè di uno psicopatico, insomma di un adulto che non sa e non può provare il piacere sessuale, se non abusando dei bambini; ma è quello di un uomo (e, non di rado, di una donna) che, nella vita normale, è un soggetto socialmente bene inserito, di solito con una famiglia, dei figli e una buona posizione professionale, il che gli consente la disponibilità finanziaria per effettuare i suoi viaggi all’estero, con maggiore o minore frequenza.
Come mai delle persone simili praticano il turismo sessuale, e, più in generale, come mai hanno, accanto alla loro normale vita sessuale, anche una vita sessuale deviata, nella quale abusano dei bambini? Che cosa li spinge, qual è la molla del loro comportamento aberrante? La risposta è sempre la stessa: la società moderna, per i valori, o piuttosto contro-valori, ai quali si ispira, per i miti che insegue, per le immaginazioni e le aspettative che sollecita, tende a creare, sempre di più, individui socialmente disadattati, schizofrenici, perché non interessati all’altro, ma, in compenso, enormemente interessati alla propria gratificazione, specialmente (ma non solo) sessuale. Insomma, individui che non vedono affatto l’altro come persona, ma che, nell’altro, vedono solo la possibilità di ottenere, come da un oggetto neutro e passivo, il loro massimo piacere sessuale. Il "nuovo" tipo di pedofilo va a caccia di bambini, così come l’erotomane va a caccia di strumenti e giochi di natura sessuale.
Stando così le cose, i bambini, quali oggetti di godimento erotico, se non ci fossero, bisognerebbe – Dio ci perdoni — addirittura inventarli…
Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Mike Chai from Pexels