
Lungo un sentiero alpino, d’estate
17 Agosto 2016
L’ideologia gnostico-edonista, gender compreso, sogna di oltraggiare la natura perché la odia
18 Agosto 2016Osservare una folla moderna, una moltitudine di individui/consumatori che si pigiano in un ipermercato, in un centro commerciale, o su di una spiaggia di ferragosto o in una malga alpina — non c’è differenza fra dovere e piacere, fra una umanità che va al lavoro ed una che cerca lo svago — non è solo uno spettacolo angosciante, sulla cui bruttezza si potrebbero svolgere infinite considerazioni: è, più ancora, una testimonianza eloquente della nostra attuale degenerazione, del nostro attuale livello di abbrutimento volontario.
Osservare quei corpi semivestiti e orrendamente acconciati, tutti tatuati, pieni di anelli in ogni angolo di cute; osservare quelle acconciature, quei portamenti, sempre più mascolini nelle donne e sempre più effeminati negli uomini; osservare quelle persone obese che indossano fuseaux e camicie attillate, o quelle persone scheletriche che esibiscono braccia e gambe nude; quelle donne che ostentano il seno e la pancia, anche se non c’è proprio nulla da ammirare, ma solo da rattristare lo sguardo: osservare quella assoluta mancanza di stile, di garbo, di discrezione, di buon gusto; peggio ancora: osservare quel compiacimento morboso, quell’aberrante soddisfazione di se stessi, quello scattarsi selfie a tutto spiano, perfino con apposite prolunghe che vanno a ruba nei negozi, magari con lo sfondo del Ponte di Rialto a Venezia, o delle Tre Cime di Lavaredo sulle Dolomiti, ebbene, tutto ciò non è solo deprimente, è anche di estremo interesse, perché ci dice più cose sulle trasformazioni della modernità, di quante ce ne potrebbe dire una intera enciclopedia.
E a tanta bruttezza, a tanta inconsapevolezza, a tanta improntitudine, si aggiungano la cafonaggine, la maleducazione, la volgarità; il muoversi per la strada come elefanti, il guidare la macchina con incoscienza (e sempre parlando al telefonino), il dare del tu a chiunque, anche alle persone anziane, anche ai clienti di un negozio o di un ristorante; il farsi avanti senza riguardi, l’incapacità di cedere il passo ad un altro davanti a una porta, a un ascensore, o di offrire il proprio posto su di un treno, su di un autobus affollati; l’essere pronti ad alzare la voce, a litigare per un parcheggio, a strombazzare il claxon se chi sta davanti ha un ritardo d’una frazione di secondo nel ripartire, quando il semaforo dà il segnale di via libera.
Si aggiungano, ancora, gli sguardi spenti, vuoti, inespressivi; i volti anonimi, banali, pur dietro gli spessi strati di creme, di gel, di rossetto, di mascara e Dio sa di che cos’altro; le facce spente, assenti, nonostante (o proprio per) i gioielli, gli orecchini, gli occhiali da sole a specchio, i riccioli ben curati fino all’ultima piega: i segni di una umanità cadaverica, che se ne va in giro credendo d’essere ancora viva, solo perché non si è resa conto d’essere morta, putrefatta, e di emanare il tanfo inconfondibile della corruzione. Volti e corpi che vorrebbero attirare l’attenzione, che tentano disperatamente di richiamare gli sguardi altrui su di sé, ma che non vi riescono affatto, perché sono volti e corpi fabbricati in serie, terribilmente monotoni e ripetitivi, tutti uguali, senza un’ombra di fantasia, ma costruiti artificialmente, fino all’ultimo dettaglio. Volti e corpi che non dicono niente, proprio come non attirano per niente l’attenzione gli automobilisti che suonano continuamente la tromba, in una città di persone ignoranti e incivili, dove tutti, ma proprio tutti, dal primo all’ultimo, fanno esattamente la stessa cosa.
Infine, cosa più grave di tutte, si osservi come la bruttezza, il vuoto e l’insipienza di quegli individui siano il fedele riflesso del loro vuoto interiore, della loro bruttezza morale, della loro falsità, ipocrisia, cialtroneria e furbizia da quattro soldi; del loro narcisismo esasperato, del loro piccolo io meschino che strepita e pesta i piedi continuamente per farsi notare, perché gli altri lo vedano e lo riconoscano; dell’ottundimento della loro intelligenza e della loro sensibilità, come se non più uomini fossero, ma bestiame, o peggio: perché il bestiame svolge pur sempre una funzione utile, e, se non ci fosse bisognerebbe inventarlo; ma costoro…?
In verità, non si notano differenze sostanziali di tipo generazionale, in una folla moderna: tanto i giovani come i meno giovani seguono pedissequamente le stesse mode, subiscono le stesse tacite imposizioni: quelle della pubblicità, della televisione e del cinema. Sono le imposizioni che giungono in Europa e in Italia dagli Stati Uniti d’America: l’anti-civiltà per eccellenza, se mai ve n’è stata una; il tumore, la degenerazione della civiltà europea. Due tipi di barbarie stiamo importando, noi Europei: quella di una immigrazione incontrollata e selvaggia, formata da legioni di persone ben decise a non integrarsi affatto e che, spacciandosi per profughi, mirano, in realtà, a sostituirci come popolazione residente; e quella culturale proveniente dagli Stati Uniti, dalla quale abbiamo imparato un altro tipo di barbarie, non meno esiziale: quella del denaro, del materialismo, della superficialità, dell’arroganza e della sciatteria eretti a sistema. Una civiltà americana non esiste: esiste una immensa discarica che raccoglie i liquami di tutto il mondo, e che li vomita di nuovo dappertutto, facendoseli però pagare a peso d’oro.
Le nostre folle odierne sono il risultato di questa doppia invasione, di questa duplice conquista: le persone perdono lo statuto di persone, si annegano nel gran mare dell’anonimato, si appiattiscono, si uniformano, scompaiono; il loro modo di vestire, di camminare, di guardare, e, naturalmente, di sentire, di pensare (ammesso che pensino), perfino di amare (o di credere d’amare) sono l’effetto visibile di questo duplice modellamento, di questo duplice assalto. All’insegna di un mondialismo senz’anima, senza coscienza, senza senso di responsabilità, gli Europei si stanno allegramente suicidando: e muoiono col sorriso sulle labbra. Dimentichi della civiltà che essi rappresentano, inebetiti, involgariti, regrediti a livelli sub-umani di stupidità e ignoranza, totalmente inconsapevoli dei tesori di pensiero, arte e spiritualità che avevano ricevuto quale immeritata eredità dai loro avi, fanno a gara tra loro nel gettare via per sempre le cose più preziose, i gioielli di famiglia, e nell’adornarsi con tibie fra i capelli, anelli al naso e sveglie appese al collo. Danzano le danze più selvagge, più triviali e avvilenti, per celebrare il funerale della loro gloriosa tradizione, l’atto di morte della nobilissima civiltà eretta dai loro padri.
La Chiesa cattolica, che, per tradizione ed esperienza due volte millenaria, avrebbe potuto, e dovuto, tenere alta la fiaccola della civiltà, del senso spirituale della vita, e la fede nella Rivelazione e nell’immortalità dell’anima, ha abdicato al proprio compito e si è messa a scimmiottare lo stile del mondo: cercando applausi, medicando consensi al prezzo di venire incontro agli istinti più bassi della folla, corteggiandola e vezzeggiandola con la le più basse forme di demagogia. Là dove i fedeli cercano una luce nelle tenebre, una parola di rassicurazione e d’incoraggiamento, non trovano, molto spesso, che un blaterare insulso e logorroico, un inneggiare agli stereotipi e ai luoghi comuni più triviali, più beceri della modernità; là dove credevano d’incontrare il sacro, si trovano nel bel mezzo dello spirito profano, contrabbandato per sacro: un cristianesimo annacquato e adulterato, preambolo alla resa definitiva e alla dissoluzione di ciò che resta del Vangelo nel gran mare di una "religione" universalistica, illuminista, deista, gnostico-massonica, il cui scopo ultimo non è la ricerca di Dio, ma l’auto-celebrazione sfrenata dell’uomo. E tutto questo è avvenuto, e avviene tuttora, grazie all’opera subdola, perversa, condotta in perfetta mala fede, da una minoranza di teologi modernisti e di preti progressisti, fermamente decisi a sfilare il cattolicesimo da sotto i piedi dei cattolici, silenziosamente e artatamente, in modo che non se ne accorgano, e si ritrovino, a un certo punto, a posare i piedi sopra una cosa completamente diversa, irriconoscibile, blasfema. Ma grazie anche alla viltà, all’opportunismo, al carrierismo di un esercito di vescovi apostati, cinici o imbelli, i quali, pur vedendo la deriva cui era avviata, fin dal Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica, nulla di serio hanno fatto, non diremo per fermarla, ma neppure per segnalarla e mettere in guardia le anime affidate alla loro cura: non pastori del gregge, dunque, bensì mercenari o, peggio ancora, lupi travestiti da agnelli. Quanti cardinali e vescovi sono iscritti alla massoneria? Quanti di essi hanno giurato di portare la Chiesa, di fatto, sotto le insegne della squadra e del compasso, così come hanno brigato per decenni (ma gli è andata male, anche se non per colpa loro) per condurla, tacitamente e subdolamente, sotto le bandiere con la falce e il martello? Del resto, non abbiamo visto, di recente, un capo di stato sudamericano donare al papa Francesco un Crocifisso scolpito con la falce e il martello, e il Santo padre accettarlo con un sorriso di compiacimento?
Tutte queste riflessioni potrebbero sembrare lo sfogo, astioso e puramente negativo, di chi non sa adattarsi ai ritmi del progresso, di chi non ama le masse e si chiude, altero e sdegnoso, in una sua torre d’avorio, dall’alto della quale giudica gli altri con severità mista a disprezzo. Ebbene: il solo fatto che questo possa essere un argomento di critica, dimostra fino a che punto siamo scivolati in basso nel nostro modo di ragionare, nella nostra concezione complessiva del reale, e, in particolare, di ciò che è giusto e di ciò che non lo è. Siamo arrivati al punto che, a guardare le cose con franchezza e a chiamarle con il loro nome, ci si sente in colpa: ci si sente come degli aristocratici vecchio stile, con la puzza sotto il naso (e meritevoli, ben s’intende, della santa ghigliottina). Anche questo è un ricatto, e dei più meschini, che occorre rifiutare energicamente, se non si vuole soggiacere ai fantasmi dei sensi di colpa, di cui gli artefici di questo sviluppo disumano, che è assolutamente inappropriato chiamare "progresso", si servono per tacitare ed emarginare i pochi che ancora sanno usare la propria testa, e guardare il mondo con un minimo di spirito critico.
Una atleta italiana ha vinto una medaglia alle Olimpiadi di Rio de Janeiro e ha dedicato la sua vittoria alla "compagna": notizia da prima pagina. Il telegiornale, invece di parlare di sport, ha dedicato ben due servizi all’evento (non la vittoria e la medaglia, ma la dedica all’amata): una vera e propria contro-pedagogia, nella quale si celebra l’amore omosessuale e la sua assoluta "normalità", e si condannano i "pregiudizi" di chi non capisce – poverino! – queste cose. Benissimo. Ma se Mamma tivù si prende la libertà di rifilarci simili sermoni, vuol dire che noi glielo permettiamo: che la società civile è giunta al punto di bersi qualunque stupidaggine e qualunque manipolazione, sempre in nome del politicamente corretto: lotta ai pregiudizi, viva l’amore, l’amore innanzitutto, come è bello volersi bene, eccetera. Ciarpame d’infimo livello, stile Baci Perugina, che viene servito in tavola — pagato coi nostri soldi, i soldi del canone dell’abbonamento all’ente televisivo di Stato – soltanto perché nessuno reagisce, nessuno dice che l’informazione dovrebbe essere sobria e imparziale, e soprattutto appropriata: se un servizio giornalistico è riservato agli avvenimenti delle Olimpiadi, cosa c’entra che qualcuno s’impanchi a predicatore e panegirista dell’omosessualismo? E questo è solo un esempio tra i mille che si possono fare.
Qual è il problema, dunque? Da un lato, tutti vogliono sentenziare su tutto, tenere concioni su tutto, farsi apostoli della loro idea, sfruttando la visibilità offerta dai mass-media; dall’altro i mass-media stessi, invece di raccontare gli eventi, si auto-promuovono al rango di propagandisti delle bellezze della modernità. Non si sa se sia più arrogante un atleta che sfrutta il podio dei vincitori per mettere in piazza la sua vita privata, che dovrebbe essere gelosamente custodita da ciascuno (di qualunque inclinazione sessuale), o un giornalista che coglie la palla al balzo per tenere un mini-corso di "civiltà", affermando, fra le altre cose, che l’Italia, finalmente, grazie a simili episodi si sta avvicinando al livello dei Paesi veramente civili. Ordini di scuderia: indottrinare le masse, spingerle ad applaudire le magnifiche sorti e progressive. Con lo stesso conformismo con cui, trent’anni fa, i signori della tivù censuravano e mutilavano le notizie, per ipocrita moralismo, oggi gareggiano in zelo progressista per far vedere chi è più bravo a glorificare i "diversi".
E qui si arriva al nocciolo della questione. Tutto questo conformismo, questo servilismo verso le mode correnti e il pensiero dominante, da dove vengono? Vengono proprio dalla generazione che, invece, aveva ricevuto gli strumenti per imparare a pensare con la sua testa e apprezzare il valore dell’indipendenza, del sacrificio, della coerenza. La generazione di coloro che hanno ricevuto una seria educazione morale quando erano bambini, e una discreta preparazione culturale quando erano studenti; la generazione cui era stato insegnato a distinguere il vero dal falso, il buono dal cattivo, il bello dal brutto, ad opera di eccellenti maestri, a cominciare dai genitori; ma che, poi, è stata la prima a buttare a mare ogni cosa e far proprie tutte le nuove tendenze della modernità, anche le più stupide, o meglio, soprattutto le più stupide. Guardate quella signora, seduta al tavolo del ristorante, all’aperto, nella tiepida notte estiva. Come mai le brilla qualcosa all’altezza della fronte? Sono le lucette degli occhiali, l’ultimo grido della moda per consentire alle persone di leggere al buio, in questi caso il menu della casa. Che idea carina, che invenzione intelligente: è irrinunciabile. Subito ad acquistarla tutti, a cominciare dalle signore di 50, 60 anni. Viva la tecnica, anche la più frivola e inutile. Come stupirsi che le figlie, le nipoti di queste signore abbiano fatto loro un tale stile di vita?
Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Mike Chai from Pexels