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In mezzo agli scaffali carichi di libri, attira la nostra attenzione una serie di volumi rilegati, con il dorso rosso e le impressioni in oro: appartengono alla collana Le grandi religioni nel mondo. Ne prendiamo uno a caso: Cristianesimo. I Vangeli apocrifi. L’argomento è molto interessante: lo sfogliamo un po’ in fretta; sembra ben fatto: lo acquistiamo, insieme ad altri, riservandoci il piacere di esaminarlo con calma, più tardi. A casa, lo prendiamo in mano e sfogliamo le prime pagine: e subito l’occhio ci cade su una firma, "Dario Fo". Che c’entra Dario Fo con la storia del cristianesimo, con i Vangeli apocrifi? È forse un esperto di storia delle religioni, di storia del cristianesimo delle origini? Crediamo quasi d’aver visto male; torniamo indietro: ma è proprio così. La collana è diretta da Marcello Craveri, il volume è preceduto da un saggio di Geno Pampaloni; e fin qui, ci siamo (abbastanza). Ma c’è anche una Prefazione di Dario Fo, firmata: "Barcellona, 12 giugno 2005": e qui non ci siamo per niente. Sono tre smilze paginette per un volume di 600 pagine, nella prima delle quali, al solito, Fo parla di se stesso, in prima persona, con enfatico compiacimento, e non del libro; nelle altre due, di cui riportiamo il passaggio centrale, dispiega la sua competenza di grande storico del cristianesimo delle origini e di grande filologo dei Vangeli apocrifi. Chissà, forse qualche nome più meritevole c’era, dopotutto; forse qualche persona realmente competente avrebbe potuto scrivere quella Prefazione con maggior cognizione di causa: ma no, l’editore ha voluto lui, il grande scrittore, il grande Premio Nobel per la letteratura, conosciuto, apprezzato e ammirato in tutto il mondo.
In effetti, tutta la "competenza" di Fo si riduce al fatto che, dai tempo del Mistero Buffo in avanti, cioè per tutta la sua vita di scrittore e autore di teatro, non ha fatto altro che irridere la religione cristiana, parodiare la letteratura popolare e religiosa del Medioevo, e prendere in giro Dio, i Santi e la Madonna, abbandonandosi al più sfrenato narcisismo e al più sbracato laicismo e progressismo in chiave anticristiana. E che per tali "meriti" gli sia stato chiesto di firmare la Presentazione a un serio volume di storia delle religioni ci ricorda, per l’ennesima volta, che la cultura italiana, e non solo quella, si muove in uno spazio surreale e tutto suo, fuori del tempo, fuori della decenza, fuori del buon senso; in uno spazio che avrebbe fatto invidia, contemporaneamente — e non è una sintesi da poco! – a Tristan Tzara e a Josif Stalin, ad André Breton e a Mao Tse Tung. Dadaismo e stalinismo; surrealismo e maoismo: semplicemente geniale. L’Italia è forse l’unico Paese al mondo, e certamente l’unico fra i "grandi" (ché l’Italia è un grande Paese, e lo diciamo con perfetta serietà: grande a dispetto di tutto, e specialmente a dispetto degli Italiani) nel quale il comunismo non è mai finito e nel quale i comunisti, che sono anche dadaisti e surrealisti senza saperlo e senza neanche sospettarlo, continuano a spartirsi felicemente cattedre universitarie, case editrici e canali televisivi pubblici e privati. Il tutto per la maggior gloria della Verità e per il debito amore del "popolo", che paga tali servizi in cambio di una informazione e di una cultura che fanno ridere, oltre al piccolo dettaglio di essere vecchie e superate di almeno settant’anni (che provino a dire o scrivere quelle cose, i nostri signori intellettuali, nei Paesi che il comunismo l’hanno vissuto davvero, sulla loro pelle: e allora vedremo come reagirà il pubblico e ci godremo un bello spettacolo).
La collana Le grandi religioni del mondo è stata pubblicata dalla casa editrice Giulio Einaudi nel 1969 e ristampata nel 1990 e nel 2005. Due annui dopo, nel 2007, è stata ristampata dalla Arnoldo Mondadori Editore in una edizione speciale per i lettori del settimanale Panorama. E qui è opportuno fare un po’ di chiarezza. Giulio Einaudi era un liberale che amava molto i comunisti, e veniva da un’ottima famiglia (liceo Parini, professor Augusto Monti): era il figlio del futuro presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Fondò la sua casa editrice nel 1933, in chiave larvatamente antifascista, nel cuore della Torino bene, per l’intellighenzia nostrana di sinistra; e, in attesa di poter lotta apertamente contro il Duce, dava spazio a scrittori come Pavese e Vittorini, i quali, a loro volta, si sfogavano a tradurre e far tradurre i classici americani, promossi al rango di campioni di "libertà" e progresso. Si tenga ben a mente questo fatto: la sinistra italiana novecentesca ha strizzato l’occhiolino, fin dall’inizio, agli Stati Uniti, patria del capitalismo e dunque, teoricamente, patria del Male Assoluto; alleanza che si è poi rafforzata con la Resistenza, quando gli Stati Uniti erano in guerra contro il nostro Paese, ma quei signori della sinistra erano in guerra col governo allora esistente, dunque erano alleati dello straniero contro il loro e il nostro Paese, e, nel 1945, gli dovevano pure qualcosa per averci "liberati" da… noi stessi (in fondo, lo sapevano benissimo anche loro che la Resistenza, di per sé, era stata militarmente ininfluente). Tutto questo ci aiuta a capire meglio il presente: l’assenso di D’Alema all’aggressione americana contro la Serbia, o il frenetico adoperarsi di Giorgio Napolitano in senso filo-americano, nonostante la loro militanza comunista di una vita intera (alla fine, l’unico no deciso alla prepotenza americana è stato quello di Sigonella, da parte del tanto vilipeso e "destrorso" Bettino Craxi….).
I libri della Einaudi, dunque, pur strizzando l’occhio all’area ideologica comunista, si rivolgevano a un pubblico molto benestante: erano, e sono, carissimi. Negli anni della contestazione studentesca, negli anni ’60, chi era di sinistra comprava i libri economici della Feltrinelli, non certo i libri raffinatissimi della Einaudi. Ma poi succede un fatto nuovo. Succede che, nel fatidico 1994 — l’anno della "discesa in campo" e della bruciante vittoria politica di Berlusconi — la Einaudi viene rilevata dalla Mondadori, la più grande casa editrice italiana; la quale Mondadori, a sua volta, era ormai controllata proprio dalla Fininvest. Come dire che la (cripto) comunista Einaudi diventa di proprietà dell’anticomunista Berlusconi. Sbaglierebbe chi pensasse che, a quel punto, vi sia stato un cambio di rotta della linea editoriale: la Einaudi aveva una tradizione filo-comunista, si rivolgeva a un pubblico sostanzialmente comunista. Pecunia non olet, insegnava il buon Vespasiano, ideatore degli omonimi gabinetti pubblici nell’antica Roma: dunque, la Einaudi, che di Einaudi aveva ormai solo il marchio, ma non la proprietà, ha continuato a strizzare l’occhiolino alla sinistra. Ecco allora la scelta di chiedere all’illustre storico delle religioni, Dario Fo – noto in tutto il mondo come intellettuale di estrema sinistra, nonché per i suoi lazzi e sberleffi alla religione, anzi, precisamente al cristianesimo – di scrivere la Prefazione al volume sui Vangeli apocrifi, ristampato dalla Mondadori, che lo aveva ripreso dalla Einaudi. Una logica diabolica, ma perfetta; soprattutto, una logica meravigliosamente italiana. Di quel Paese surreal-comunista che è l’Italia, dal 1945 in poi, quando i partigiani comunisti dal grilletto facile, quegli stessi che hanno fatto sparire un trentamila persone (oh, ma tutti "nemici del popolo", sia chiaro) a guerra ormai finita, con la gentile e modesta collaborazione degli Alleati anglosassoni che avevano spianato la Penisola dalla Sicilia fino alle Alpi, per terra e dal cielo, riducendola a un cumulo di rovine fumanti e inglobandola nel loro nuovo impero politico-finanziario mondiale, avevano "liberato" il nostro Paese e lo avevano promosso al rango di nazione finalmente civile, democratica e politicamente corretta.
E così, nella Repubblica di Pulcinella nata dalla vergogna e dalla mistificazione, dove alla fine tutti, o quasi tutti, gli intellettuali (o sedicenti tali) si sono scoperti democratici e antifascisti, e poi, in successione, femministi, ambientalisti, progressisti, cattocomunismi, buonisti, internazionalisti, atlantisti, abortisti, omosessualisti, mondialisti, tutti, insomma, felicemente -isti e tutti molto politically correct, sempre, sia che il vento soffiasse da Est (da Mosca), sia che soffiasse da Ovest (da Washington), sia che ora soffi da Nord (da Bruxelles) o da Sud (dagli Emirati arabi); dove il comunista Napolitano crea e disfa i capi di governo italiani su mandato della finanza internazionale e dove il comunista Vendola se ne va nell’ex covo del capitalismo per ordinare, a suon di migliaia di dollari, un bambino su commissione, da riportare a casa e da accudire con suo "marito": in un tale Paese, l’ultima delle sorprese dovrebbe essere questa, trovare che la Prefazione a una patinata edizione dei Vangeli apocrifi sia stata scritta da un certo Dario Fo, pubblicata dalla comunista Einaudi e ripubblicata dalla berlusconiana Mondadori. Che Paese straordinario, l’Italia: l’unico Paese al mondo dove l’opposizione fa anche da forza di governo, e dove il governo fa anche l’opposizione (di se stesso), ivi compreso l’ambito dell’informazione e della cultura. Certo, per chi a certe cose non è mai stato avvezzo, l’abitudine stenta ad arrivare; per gli ingenui che cercano ancora la fata Morgana della cultura con la "c" maiuscola, non c’è mai fine allo stupore, e — confessiamolo — anche, qualche volta, allo scoraggiamento. Eppure, in Italia si sa che tutto è possibile. Anche che i ministri facciano fare le leggi a favore di se stessi, dei propri fidanzati, dei propri genitori, dei propri fratelli, dei propri amici. Gli Italiani sono un popolo fantasioso, ma, per certi aspetti, sanno essere anche terribilmente ripetitivi, perfino monotoni. Ci piacerebbe, che so?, apprendere dal telegiornale che qualche ministro ha proposto un emendamento al decreto di legge tal dei tali, per finanziare un ospedale in difficoltà, o per far avere una pensione dignitosa alla vedova di un servitore dello stato, morto ammazzato dalla mafia. Ma così è, se vi pare.
E allora, facciamoci una cultura abbeverandoci alla profonda sapienza di Dario Fo a proposito del cristianesimo primitivo (op. cit., pp. XII-XIII), e così ci tireremo un po’ su di morale:
Per chi voglia approfondire l’evolversi della storia del movimento cristiano, dalle origini ai giorni nostri, lo studio e l’approfondimento dei vangeli apocrifi è essenziale. Questo arricchimento serve soprattutto per riuscire a leggere i Vangeli canonici proiettati in una chiave interpretativa del tutto nuova, affatto inaspettata. Per esempio il ruolo delle donna e nel concetto davvero rivoluzionario che Gesù propone ala nuova comunità dei suoi seguaci. Il Messia si rivolge spesso alle femmine che nella società ebraica, rigidamente patriarcale, si ritrovano costrette all’ultimo gradino. Gesù le sprona a liberarsi di ogni costrizione mortificante a costo di distruggere l’assetto familiare dove sono relegate, prive di ogni diritto se non quello di procreare, servire, ubbidire e tacere. […] Questi atti sono già scritti nei Vangeli sinottici, ma, per quanto mi riguarda, solo dopo aver letto e analizzato i Vangeli apocrifi mi sono trovato in grado di intendere a pieno il loro sogni fiato davvero rivoluzionario, inaccettabile per le società ebraica e romana del tempo di Gesù, il Messia che forzatamente veniva indicato dai rabbini e dai conservatori come fomentatore di disordine sociale, pazzo e criminale.[…] Ebbene, io Vangelo apocrifi sottolineano questa propensione smaccata, altamente provocatoria, di Gesù per lo scandalo: "Sono venuto per darvi la spada, per dividere il padre dalla figlia, la figlia dalla madre". Molti studiosi seri e disincantati della fede cristiana sottolineano spesso il particolare che in alcuni passi dei vangeli sinottici si intuiscono interventi censori o addolcimenti di tono e perfino manipolazioni sostanziali. Ed è proprio confrontando analoghe situazioni espresse dagli Apocrifi che queste "correzioni e aggiustamenti" appaiono più evidenti. Ad esempio in alcuni testi apocrifi l’evangelista extrasinottico (?) ci dice senza reticenza alcuna: Gesù era lo sposo di Maddalena ed erano innamorati al punto che, pubblicamente, Gesù la baciava sulla bocca…
Evidentemente, Dario Fo ha studiato la storia del cristianesimo delle origini su Il codice da Vinci di Dan Brown. Del testo, basta vedere di quali categorie mentali fa sfoggio: una cosa gli diventa chiara quando coincide con i suoi pregiudizi; Gesù è stato un rivoluzionario che, pur di emancipare la donna, era deciso a distruggere la famiglia; i "conservatori" odiavano Gesù, perché appunto era un rivoluzionario (strano, visto che hanno chiesto a Pilato di liberare al suo posto Barabba); mentre gli studiosi "seri", cioè "disincantati della fede cristiana", sono quelli che hanno "intuito"(per grazia celeste, evidentemente) che i Vangeli canonici mentono, e che solo quelli apocrifi dicono la verità su Gesù. A Dario Fo poco importa che i Vangeli apocrifi siano stati scritti uno o due secoli dopo quelli canonici: l’importante è che offrano una base ai suoi pregiudizi, ai suoi capricci (che Gesù fosse sposato con la Maddalena, lo dà per certo e dimostrato, senza prendersi minimamente la briga di dimostrarlo). L’importante è dare addosso alla tradizione cristiana, alla Chiesa cattolica, e capovolgere l’immagine di un Gesù che parla "solo" (orrore!) del regno dei Cieli.
Ma tant’è: anche con simili cialtronerie si fa cultura, oggi, in Italia. E nessuno fiata, o quasi nessuno; gli intellettuali politicamente corretti tacciono. Del resto, sono abituati a mandar giù ben altri bocconi: l’importante è sostenersi a vicenda, un po’ come fanno i politici se, per caso, qualche solerte magistrato li mette sotto inchiesta. Una mano lava l’altra. Altrimenti, la mangiatoia finisce…
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