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19 Febbraio 2016Il mondo moderno, si sa, ha smesso di credere all’esistenza del Diavolo ormai da molto tempo, così come ha smesso di credere alla realtà della sua azione nefasta mirante a condurre gli uomini verso l’infelicità e la distruzione materiale, e, sul piano spirituale e morale, verso il peccato e la rottura della relazione d’amore con Dio.
La cultura moderna, che ha smesso, e da parecchio, di credere a Dio, ha smesso di credere anche alla realtà del Diavolo: le due cose, in fondo, sono perfettamente simmetriche e speculari. E non solo essa ha smesso di credere nella realtà soprannaturale (e in quella preternaturale), ma ha fatto anche oggetto di sufficienza, ironia e dileggio quanti ancora vi credono, sempre in nome della mitologia del Progresso illimitato e puramente immanente (due concetti talmente contraddittori, che bastano a mostrare la povertà intellettuale dell’antropologia ateistica).
Stando così le cose, ci si chiede come la pensi la Chiesa cattolica romana; come la pensi la gerarchia, a cominciare dai vescovi (perché i pontefici, tutti, dal primo all’ultimo, hanno sempre ribadito la presenza misteriosa, ma reale, del Demonio); come la pensino i pastori del gregge, i vescovi; come la pensino quei preti e quei teologi, i quali vengono così di frequente invitati a parlare alla televisione, e che ci vanno così volentieri; e come la pensi, infine, la massa dei fedeli, dei laici, delle persone comuni.
Andrea Gemma, napoletano, classe 1931, vescovo emerito di Isernia-Venafro, autore di svariate pubblicazioni, e in particolare, di alcuni studi sulla figura di don Orione, è stato al centro di accese discussioni a proposito della veridicità delle apparizioni mariane di Medjugorje, da lui aspramente negata (d’accordo, in questo, peraltro, con due successivi vescovi di Mostar); ed è stato anche uno dei pochi vescovi a "uscire allo scoperto" riguardo alla presenza reale del Maligno nel mondo ed alla efficacia delle cerimonie di esorcismo, essendo stato lui stesso, in prima persona, un esorcista molto convinto e impegnato.
Mentre vi sono vescovi cattolici, in Europa e anche in Italia, dei quali si dice che non vogliono neanche sentir parlare della pratica dell’esorcismo, né avere degli esorcisti nelle loro diocesi (e noi stessi ne conosciamo qualcuno), Andrea Gemma non si è tirato indietro e ha scritto un libro molto esplicito su tale argomento, nel quale dichiara tutta la saldezza delle sue convinzioni al riguardo: «Io, vescovo esorcista» (Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2002, 20204-207):
«L’uomo moderno manifesta una vera e propria allergia a sentir parlare di questo argomento. Si è finito per accettare una spiegazione tranquillizzante. Il demonio? È la somma del male morale umano, è la personificazione simbolica, un mito, uno spauracchio, è l’incontro collettivo o l’alienazione collettiva. Quando Paolo VI osò ricordare ai cristiani la "verità cattolica" che il demonio esiste ("Il male — disse in un’occasione — non è soltanto una deficienza, ma un’efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terribile realtà. Misteriosa e paurosa"), una parte della cultura reagì stracciandosi le vesti scandalizzata. […]
Quelli che negano l’esistenza del demonio, una scusa, a dir vero, ce l’hanno. Quello che conoscono al riguardo — casi di possessione diabolica, storie e film di esorcismi — ha quasi sempre una spiegazione patologica, facilmente riconoscibile. Se c’è un appunto che si può loro muovere è di fermarsi qui, di ignorare tutto un altro livello in cui la spiegazione patologica non basta più.
Si ripete l’equivoco in cui è caduto Freud e tanti dopo di lui: a forza di occuparsi di casi di nevrosi religiosa (perché per questo si ricorreva a lui) egli finì per credere che la religione in sé non è che una nevrosi. Come se uno volesse stabilire il livello di sanità mentale di una città dopo aver visitato il locale manicomio!
La prova più forte dell’esistenza di satana non si ha nei peccatori, negli ossessi, ma nei santi. è vero che il demonio è presente e operante in certe forme estreme e "disumane" di male, sia individuale che collettivo, ma qui egli è di casa e può celarsi dietro mille sosia e controfigure. Avviene come con certi insetti, la cui tattica consiste nel mimetizzarsi, posandosi su un fondo del loro stesso colore.
Al contrario, nella vita dei santi egli è costretto a venire allo scoperto, a mettersi "controluce"; la sua azione si staglia nero su bianco. Nel vangelo stesso la prova più convincente dell’esistenza dei demoni non si ha nelle storie di liberazione di ossessi (a volte è difficile distinguere in esse la parte che svolgono le credenze del tempo sull’origine di certe malattie), ma si ha nell’episodio delle tentazioni di Gesù.
Chi più chi meno, tutti i santi e i grandi credenti (alcuni dei quali intellettuali di prim’ordine), testimoniano ella loro lotta con questa oscura realtà. San Francesco d’Assisi un giorno confidò a un suo intimo compagno: "Se sapessero i frati quante e gravi tribolazioni e afflizioni mi danno i demoni, non ci sarebbe alcuno di loro che non si muoverebbe a compassione e pietà di me".
Il Francesco che compone il sereno "Cantico delle creature" è lo stesso che lotta con i demoni; la santa Caterina da Siena che incide nella storia anche politica del suo tempo è la stessa che il confessore dichiara "martirizzata" dai demoni; il padre Pio che progetta la Casa del Sollievo della Sofferenza lo stesso che di lotte sostiene lotte furibonde con i demoni. Non si può vivisezionare la loro personalità e prenderne solo una parte. Non lo permette l’onestà e neppure la psicologia. Questa gente non ha lottato contro i mulini a vento! Si ripete la vicenda di Giobbe (cfr. Gb. 1, 6 sgg.). Dio "consegna" nelle mani di Satana i suoi amici più cari per dare loro l’occasione di dimostrare che non lo servono solo per i suoi benefici. Gli dà potere non solo sul loro corpo, ma a volte, misteriosamente, anche sulla loro anima, o almeno su una parte di essa. nel 1983 fu beatificata una carmelitana, Maria di Gesù Crocifisso, detta la Piccola Araba perché di origine palestinese. Nella sua vita, quando era già molto avanti nella santità, vi furono due periodi di vera e propria possessione diabolica, documentata negli atti del processo. E il caso è tutt’altro che isolato…
Perché allora, anche tra i credenti, alcuni sembrano non accorgersi di questa tremenda battaglia sotterranea in atto nella Chiesa? Perché così pochi mostrano di sentire i sinistri ruggiti del "leone" che gira cercando chi divorare? è semplice! Essi cercano il demonio nei libri, mentre al demonio non interessano i libri, ma le anime, e non si incontra frequentando gli istituti universitari, le biblioteche, ma le anime.
Un altro equivoco regna a volte tra i credenti. Ci si lascia impressionare da quello che pensano, dell’esistenza del demonio, gli uomini di cultura "laici", come se vi fosse una base comune di dialogo con loro. Non si tiene conto che una cultura che si dichiara atea non può credere nel demonio; è bene, anzi, che non vi creda. sarebbe tragico se si credesse nell’esistenza del demonio, quando non si crede nell’esistenza di Dio. Allora sì che ci sarebbe da disperarsi.
Che cosa può sapere di Satana chi ha avuto a che fare sempre e solo non con la sua realtà, ma con l’idea, le rappresentazioni e le tradizioni etnologiche su di lui? Quelli che passano in rassegna i fenomeni che la cronaca presenta come diabolici (possessione, patti con il diavolo, caccia alle streghe…), per poi concludere trionfalmente che è tutta superstizione e che il demonio non esiste, somigliano a quell’astronauta sovietico che concludeva che Dio non esiste perché lui aveva girato in lungo e in largo per i cieli e non lo aveva incontrato da nessuna parte. In tutti e due i casi, si è cercato dalla parte sbagliata.»
Resta, quindi, la domanda: se è logico e naturale che la cultura laicista e secolarizzata, allontanatasi da Dio, non creda più nel Diavolo e non voglia neppur sentirne parlare, certo non può dirsi che un tale atteggiamento sia altrettanto diffuso all’interno della cultura cattolica, o della Chiesa stessa. Il catechismo della Chiesa cattolica, del resto, lo ribadisce: gli angeli e i diavoli esistono: gli uni per aiutare l’uomo nel suo cammino verso Dio, gli altri per trascinarlo con sé nell’eterna dannazione. E i papi, tutti, dal primo all’ultimo, hanno sempre tenuto fermo su questo punto: con il Diavolo non si scherza; egli è una persona, un essere spirituale che cerca di trascinare l’uomo al male e al peccato, per allontanarlo da Dio e rifarsi, così, della propria sconfitta. La dottrina, quindi, non è cambiata: la Chiesa insegna quello che ha sempre insegnato, da duemila anni a questa parte; da quando Gesù stesso metteva in guardia contro le tentazioni del Maligno, dopo averle affrontate lui pure, e da quando san Pietro ammoniva i fedeli circa il fatto che il Diavolo, simile a un lene ruggente, si aggira in cerca di anime da divorare. (A proposito, Andrea Gemma scrive una grave inesattezza, quando afferma che nella possessione diabolica Dio permette al Diavolo di impadronirsi non solo dei corpi, ma, talvolta, e sia pure parzialmente, anche delle anime; perché la possessione fisica, fosse pure la più drammatica e spettacolare, non implica minimamente una "possessione" dell’anima: tanto è vero che, alla conclusione positiva dell’esorcismo, la persona liberata non ricorda nulla di quel che è accaduto, e la Chiesa non la considera minimamente responsabile di quanto può aver detto o fatto mentre era in potere degli spiriti malvagi.)
Tuttavia, se la dottrina non è cambiata, è indubbio che sia cambiata, e di molto, la mentalità diffusa tra i fedeli e anche tra una parte del clero: in questo particolare ambito, così come in parecchi altri (morale sessuale, indissolubilità del matrimonio, aborto, eutanasia, celibato ecclesiastico, questione del sacerdozio femminile, questione dei diritti degli omosessuali, santificazione della domenica), si è verificato uno scollamento, in parte silenzioso, ma in parte, anche, rumorosissimo, fra il Magistero ecclesiastico e il modo di pensare e di sentire dei fedeli e di molti consacrati. In altre parole, mentre un tempo era la cultura religiosa a penetrare nella società laica, a permearla, a orientarla, a informarla dei suoi valori, a indirizzarla verso determinati fini, da parecchio tempo, e soprattutto a partire dagli ultimi decenni, si è verificato il fenomeno contrario, come un riflusso della marea: ora è la cultura laica a permeare la cultura cattolica, e sono i suoi punti di vista, i suoi modelli di comportamento, i suoi "valori" (o piuttosto disvalori) ad apparire condivisibili a un gran numero di cattolici, mentre "anacronistici", "superati" e "retrivi" appaiono gli insegnamenti "tradizionali" della Chiesa stessa; mentre non sono affatto "tradizionali" nel senso di "trascorsi", ma, semmai, nel senso di "perenni" e "universalmente validi", appunto perché di origine non umana, ma divina. Tale dovrebbe essere l’atteggiamento del credente; e il fatto che così non sia, e che ormai moltissimi credenti, o sedicenti tali, si sentano perfettamente autorizzati a dissentire dal Magistero, e a ritagliarsi ciascuno il proprio pezzettino di "verità" cristiana, secondo le loro personali convinzioni, come se la Chiesa fosse una assemblea democratica le cui deliberazioni sono stabilite, ed eventualmente modificate, a colpi di maggioranza, la dice lunga sulla crisi gravissima, e forse irreversibile, nella quale versa attualmente la cristianità nel suo complesso.
Intanto, mentre milioni di credenti inclinano a pensare, a ciò incoraggiati da pastori infedeli, ebbri di superbia intellettuale, che l’Inferno non esista, che Gesù fosse solo un uomo particolarmente ispirato, e che la credenza nel Diavolo appartenga alla cultura, e magari alla superstizione, di secoli oscuri, fortunatamente passati, il Diavolo si aggira indisturbato in mezzo alle sue prede, le quali, senza rendersene conto, gli spalancano le porte, ritirano le sentinelle e scherzano con lui e con le sue seduzioni, mostrando la folle incoscienza del bambino che crede di poter giocare con una belva feroce, di poterle tirare la coda impunemente. In questo senso, egli sta celebrando il suo momento di trionfo più grande: perché mai, in duemila anni di storia (calcolando solo la fase storica successiva alla venuta di Cristo in terra), egli ha potuto avvantaggiarsi di un clima così rilassato, di un disarmo così totale nei suoi confronti, di una negazione così improvvida della sua pericolosità; mai, come ora, si è trovato ad essere pressoché padrone del campo, quasi senza lotta, grazie specialmente ad una pletora di utili idioti i quali, per vanità e orgoglio personale, pensano che una Chiesa "moderna" ed "al passo coi tempi" debba abbassare le armi spirituali di fronte ai suoi subdoli assalti. Perché la Chiesa ha abolito la preghiera a San Michele Arcangelo, istituita da Leone XIII a difesa contro Satana? Smettere di pregare contro il Diavolo è come aprirgli le porte. Allora è questo che si vuole?
Fonte dell'immagine in evidenza: Immagine di pubblico dominio (Gustave Dorè)