Si può conoscere la realtà o soltanto la conoscenza?
13 Agosto 2022La vera filosofia è scienza dell’essere in quanto essere
16 Agosto 2022La nostra epoca è caratterizzata dalla più ampia diffusione di indizi riguardanti la presenza demoniaca, non solo nelle azioni individuali, ma nei modi di vita complessivi dell’intera società; e nello stesso tempo dalla più completa indifferenza nei confronti di essa, o per dir meglio dalla più completa ignoranza su di essa. È come se gli uomini di oggi avessero una benda sugli occhi che impedisce loro di vedere ciò che è tutto intorno ad essi e che è impossibile non vedere, a meno che si sia totalmente accecati. Perciò la domanda che bisogna farsi è che cosa sia questa benda, quale sia il fattore che li acceca fino a questo punto.
La prima considerazione da fare è che, necessariamente, si finisce per trovare quel che si cerca, se se ne conosce la natura e non se ne ignora l’esistenza; in caso contrario, è quasi certo che non si troverà nulla, anche se si dovesse andare a sbattergli contro. Poniamo, per esempio, che un pastore si sia accorto che una pecorella del suo gregge manca all’appello, e la vada a cercare. Nel corso della ricerca potrà imbattersi in molte cose, in altri animali, ad esempio in un maiale, ma se pure il suo occhio vedrà tali oggetti, la mente non ne prenderà nota, perché nella sua mente c’è posto per una cosa sola: la pecora. Noi cerchiamo e finiamo per trovare ciò che ci aspettiamo di trovare, e non altro. Questo è il motivo per cui tante volte i filosofi sono così staccati dalla realtà: si sono costruiti un universo mentale nel quale ogni cosa va al suo posto, e non hanno voglia di sobbarcarsi la fatica di rimettere tutto in discussione ogni volta che qualcosa denuncia una distonia fra il pensiero e la realtà. Questa è anche la ragione per cui un geologo, se trova l’impronta fossile d’un piede umano su una roccia antica milioni di anni, si rifiuta di prenderne atto: la scienza infatti ha stabilito che non esistevano esseri umani in epoche così remote. Ed è la ragione per cui se un archeologo osserva tracce di piogge torrenziali sulla superficie della Grande Sfinge di Giza, si rifiuta di prenderne atto: la Sfinge, infatti — si sa – fu costruita migliaia di anni dopo che tali piogge avevano smesso di cadere sulla valle del Nilo.
Adesso proviamo applicare il ragionamento alla nostra affermazione iniziale. Gli indizi della presenza diabolica sono ovunque: non solo nei comportamenti individuali di molte persone, ma anche nei comportamenti collettivi: dal disprezzo per la vita nascente, che si esprime sia nell’aborto volontario, sia nella fabbricazione e nell’uso di farmaci e prodotti cosmetici ottenuti con feti umani; dalla crudeltà efferata delle decisioni pseudo sanitarie prese dai governi nei confronti della popolazione, alla cinica mistificazione e al deliberato stravolgimento della legge morale portato avanti, con tenacia e assoluta determinazione, dal clero sedicente cattolico, spingendo milioni e milioni di anime verso l’errore, la colpa e il peccato e mettendo in pericolo la loro salvezza eterna. Ce ne sarebbe più che a sufficienza per sentire odore di zolfo, non solo davanti allo spettacolo del Male, ma a quello dell’apparente indifferenza e dell’aria di perfetta normalità con cui vengono fatte tali cose, dai livelli più alti della società fino ai più modesti, ove esse assumono il tetro volto di un orrore quotidiano. Eppure quasi nessuno sembra avvertire quel terribile odore, tanto meno trarne le debite conclusioni. Una società che è stata indottrinata a non credere più nell’esistenza del Male ha perso anche gli strumenti per vederlo e riconoscerlo: non si può vedere, infatti, ciò che non esiste nella propria mappa concettuale. Mancano perfino le parole per dirlo: e la mente formula i suoi pensieri per mezzo della parola.
E allora, proviamo a prendere il toro per le corna e a confrontarci con quella realtà che suona come irreale, solo perché nel nostro universo mentale abbiamo fatto il deserto di tutto ciò che può aiutarci a vedere e a capire. Abbiamo smesso di avere paura: il che è male. La paura è necessaria, è benefica, perché ci fa stare attenti ai pericoli. Se l’uomo sa che il Male esiste, sta attento a coglierne gli indizi; ma se non lo sa, se non ci crede, perché così gli è stato insegnato, gli andrà incontro del tutto disarmato e facilmente ne diverrà preda. Tale è la nostra condizione, e ancor più lo è la condizione dei giovani. Alle persone che oggi hanno almeno sessant’anni, queste cose erano state insegnate. Poi sono venuti i pedagogisti permissivi, i teologi buonisti e i preti vaticansecondisti, i quali, sulla scia di psicoanalisti convinti che reprimere gli istinti è sbagliato e controproducente, hanno fatto cadere tutte le difese e aperto le porte a tutti i nemici. Ricordo che c’era una pagina, nel libretto del catechismo (il catechismo di Pio X) che, sfogliandolo, cercavo di evitare: c’era un disegno del Diavolo, tutto rosso, cornuto, che emerge dall’inferno con un ghigno spaventoso, pronto a ghermire le sue vittime. Era una santa paura, quella: chi appartiene alla mia generazione non ha scuse, né attenuanti: eravamo stati avvertiti. Siamo noi che non abbiamo fatto il nostro dovere e non abbiamo dato ai nostri figli e nipoti gli strumenti per stare in guardia ed essere in grado di difendersi. Perché il pericolo c’è.
E così, chi capovolge la dottrina, non è più un eretico, ma un cattolico adulto; chi irrompe a forza nella patria altrui non è più un invasore e nemmeno un clandestino, ma uno che ha ogni diritto di essere accolto e di accamparsi vittorioso come fosse a casa sua; e chi esalta le peggiori deviazioni sessuali, a cominciare dalla pedofilia, denuncia quanti osano criticarlo, e vince le cause. In questo mondo alla rovescia c’è una regia occulta, ma bisogna saperla vedere: nei due livelli, umano e non umano. Moltissimi fanno fatica a vedere anche solo il primo livello, benché di questi tempi si stia mostrando, sempre di più, in piena luce; ma il secondo livello, quello demoniaco, si può dire che non lo scorge praticamente nessuno. Sono venuti meno i presupposti per vederlo e riconoscerlo. La scienza, che da molto tempo si è seduta in trono al posto di Dio, ha sentenziato che credere al Diavolo è roba da Medioevo: il che è vero, ma non nel senso che intendono quei signori. L’uomo medievale era una persona seria: sapeva perché si viene al mondo, sapeva a cosa tende la vita umana; sapeva che c’è Dio che ci chiama a Sé, e c’è il diavolo che ci vuole allontanare da Lui. Ma le persone "serie", oggi, sono quelle che non sanno perché si viene al mondo, non sanno perché il mondo esiste; non credono né a Dio né al Diavolo, ma solo alla scienza, o a quella brutta cosa di cui si sono impossessati e chiamano, mentendo, con il nome di scienza. Il catechismo dei nostri dì, si fa per dire, è quello di san Piero Angela
Parliamo, dunque, della presenza diabolica: lo che la vediamo e la riconosciamo; e lasciamo che dicano di noi che siamo pazzi, oscurantisti, medievali: guai se parlassero bene di noi. Per prima cosa, è necessario distinguere fra la tentazione interna all’uomo, che nasce dalla concupiscenza, o inclinazione al peccato, di ogni figlio di Adamo, e la tentazione esterna, messa in atto da altri soggetti, e possibilmente anche dal Diavolo e dai suoi angeli. In quest’ultimo caso si può parlare di un’attività demoniaca ordinaria, per distinguerla da quella straordinaria, che si manifesta nella infestazione, nella ossessione e nella possessione vera e propria di singoli esseri umani, a volte di gruppi e intere comunità: distinzione che è stata fatta anche da uno dei più autorevoli demonologi del XX secolo, monsignor Corrado Balducci, dal cui libro Il Diavolo riportiamo la seguente pagina (Piemme, 1988, pp. 193-195):
La tentazione nel suo significato più corrente e più proprio è, come si è detto, uno stimolo, un allettamento a peccare. Nel caso provenga da noi (tentazione interna) si può parlare piuttosto di inclinazione, trasporto, stimolo; se proviene da altri, compreso il demonio, si può indicare più opportunamente come invito, sollecitazione, incitamento.
In un senso particolare e più ampio, mi sembra di poter vedere la tentazione demoniaca in un lavorio continuato, più insistente, più penetrante, volto ad allontanare l’uomo da Dio, a tenerlo lontano da lui, fino a giungere ad offuscare, a spegnere quei sentimenti quei valori fondamentali di amore e giustizia che il creatore ha posto nel cuore dell’uomo; sicché esso, nato per essere l’abitacolo di Dio, finisce per essere dimora del diavolo, dimora più o meno operosa, attiva, che tende e che può arrivare in certi casi a trasformarlo in un portatore di male, in un demonio — per così dire — "incarnato".
Non è facile indagare cosa sia che favorisce questa apertura a satana, questa possibilità di trasformarci in altrettanti lui. Comunque i continui rifiuti ai ripetuti richiami della grazia fio a tacitarli, a non sentirli più, il trasformare l’indifferenza e l’incredulità alla verità religiosa in una posizione di ostilità contro di essa, abbandonare la verità conosciuta o addirittura negarla, impugnarla, sono indubbiamente manifestazioni chiare della nostra volontà di non volerne sapere di Dio e rappresentano non solo fessure ma porte spalancate all’ingresso di satana, che penserà a riempire il vuoto lasciatogli.
Questi comportamenti sono come delle evocazioni implicite di colui che è ben lieto e desideroso di entrare a fare di noi un altro lui; anche in questo egli è scimmiottature di quel Dio, il quale, quando gli mostriamo di volerci dare a Lui e ci incamminiamo per questa via, finisce per trasformarci in altrettanti Dei! (…)
Specie questo tipo di tentazione demoniaca dagli inizi del secolo e con ritmo crescente sembra vada manifestandosi più di prima e con una modalità particolare; la tentazione cioè è rivolta all’individuo non solo quale essere singolo ma pure quale membro di una comunità, quale appartenente a una collettività. (…)
Questo aspetto collettivo dell’attività tentatrice demoniaca e questa progressiva conquista da parte del demonio di comunità, di intere masse è particolarmente preoccupante; ci sembra quasi di vivere nell’era del diavolo.
Una qualche conferma ci viene pure data da un rifiorire e da un impressionante moltiplicarsi dei culti satanici. A ciò si aggiunga un pullulare di sette e di movimenti spiritualistici, di dubbia se non falsa ortodossia, che vanno proliferano al punto da venire ormai elencati a centinaia. (…)
Sembra davvero l’era del diavolo! E più ancora dei culti satanici, delle messe nere e di certi movimenti sembra dircelo la grave crisi che il mondo sta attraversando, crisi che per la vastità territoriale, per la generalità delle categorie di persone a cui si estende (non ha risparmiato il clero, la Chiesa) e per la molteplicità se non la totalità dei princìpi e dei valori umani, civili e religiosi in essa coinvolti, veramente mai è esistita così grave nella storia dell’umanità.
Quanto all’azione straordinaria del Diavolo, non stupisce che essa, benché più spettacolare, sia ancor più ignorata dalla cultura ufficiale e dalla maggior parte delle persone, che da tale cultura sono state plasmate e modellate. Ne hanno conoscenza solo quelli che vi sono direttamente coinvolti: gli esorcisti innanzitutto (i pochi veri e seri che rimangono, dopo che la Chiesa, per la via semi-ufficiale del generale dei gesuiti, ha stabilito che il Diavolo non esiste affatto); i parenti delle vittime (non sempre); e le vittime stesse. Parrà strano a chi non ha familiarità con la questione, ma non è detto che neppure le vittime sappiano la vera origine dei loro mali e delle loro sofferenze. Tale era il caso di una distinta signora quarantenne, molto dolce e affabile, che s’inalberò con forza all’idea di essere sottoposta a un esorcismo, dopo che nessun medico aveva saputo fornire una spiegazione, tanto meno una terapia, per i gravi disturbi che la travagliavano. Fu potata in chiesa quasi a forza: ed ecco il resoconto fatto da uno psichiatra che era presente e che aveva sollecitato l’iniziativa (da: Simone Morabito, Psichiatra all’Inferno. Reportage scientifico (Edizioni Segno, 1995, pp. 24-26):
Quando la donna si trovò di fronte all’esorcista cominciò a smaniare, voleva fuggire. Allora il sacerdote la prese per le mani e lei gli si avventò contro come una belva. Appena ebbe inizio l’esorcismo fu presa da conati di vomito, da un tremore convulso e gridava: «Sto morendo, so morendo». Poi cominciò a emettere dei gemiti spaventosi. Avevo un piccolo registratore tascabile con me e volli registrarli.
L’esorcismo durò tre quarti d’ora e per tutto quel tempo la donna continuò a urlare. In seguito volli far sentore quanto avevo registrato a diversi colleghi medici. Oncologi, ginecologi, chirurghi, tutti abituati a sentire grida di persone affette dai dolori più tremendi. Ma, ascoltando quella registrazione, i colleghi restarono perplessi e dissero che quelle urla non appartenevano alla specie umana.
C’è una scienza che studia il dolore umano. Noi sappiamo che l’uomo non è in grado di sopportare qualunque dolore. Oltre una certa soglia di intensità, il dolore provoca la morte. I tumori del midollo spinale, per esempio, sono quelli che provocano i dolori più lancinanti e noi medici interveniamo sul paziente con iniezioni e con la resezione di certi nervi per impedire che gli stimoli doloriferi arrivino al cervello, perché provocherebbero la morte. Ebbene, questi specialisti ai quali ho fatto sentire le grida di quella donna sotto esorcismo mi dissero che neppure gli ammalati di tumore al midollo spinale gridano in quel modo. Erano quindi espressione di un dolore acutissimo, atto a provocare la morte. La donna ha gridato in quel modo per tre quarti d’ora. Al termine è tornata normale serena come sempre e non ricordava assolutamente niente di tutto quello che era accaduto.
Ritornò dall’esorcista una decina di volte. Le crisi a cui andava soggetta in quegli incontri divennero sempre più blande. Alla fine guarì. Ora sta bene e spesso viene a trovarmi. Orami non ho più dubbi sull’esistenza del demonio e sulla realtà delle possessioni diaboliche. La mia lunga esperienza di medico psichiatra mi permette di avere un occhio clinico per le malattie che dipendono dalla psiche. Le riconosco subito, perché hanno caratteristiche inconfondibili. In medicina, ogni malattia ha un suo quadro clinico. Ma quando un ammalato presenta contemporaneamente componenti diverse, di sindromi diverse, contrastanti tra loro, il medico resta perplesso. In quei casi, in genere, si dice che si tratta di malattie inspiegabili. Ma ora so che, spesso, sono malattie provocate dall’intervento di forze ed entità maligne.
Nell’ammalato normale non c’è "alternanza psicopatologica". Se uno ha la febbre alta, la febbre resta alta per un certo periodo di tempo. Non accade mai che uno abbia la febbre a quaranta e dopo un quarto d’ora la febbre scende di colpo a trentasette, per ritornare, dopo pochi minuti, altissima, eccetto che nella malaria. Ma questo io l’ho constatato nelle persone "possedute" dal demonio. Più studio questi ammalati e più ne resto atterrito. Le agitazioni psicomotorie degli ammalati psichici sono precedute e accompagnate dall’offuscamento della mente; i "posseduti" dal demonio, invece, appaiono sempre lucidissimi durante le crisi. Si può parlare con loro, discutere degli argomenti più disparati. Anche se sono semianalfabeti, in preda alle "entità" demoniache dimostrano una cultura straordinaria. Riescono a prevedere avvenimenti futuri e parlano lingue straniere mai studiate. Sembra che non siano loro a guardarti, ma che, attraverso i loro occhi, un’altra persona ti scruti. Al termine delle crisi, non ricordano niente.
Attenzione: non stiamo dicendo che parlare lingue sconosciute, predire gli eventi o mutar voce e gridare in maniera animalesca siano, di per sé, indizi di possessione diabolica. Stiamo dicendo che tutte queste cose, messe insieme e presenti in maniera forte e inequivocabile, sono altrettanti indizi; se poi si accompagnano alla totale assenza di spiegazioni cliniche circa i mali di cui soffre quella persona o, ancor più, se presentano un insieme di quadri clinici sovrapposti e perfino contrastanti, con la temperatura corporea che sale velocemente oltre il limite della tollerabilità umana e poi ridiscende, per risalire ancora, in assenza di una sindrome riconosciuta e riconoscibile, allora gli indizi dovrebbero dare luogo a qualcosa di più. E se questa conclusione ripugna a qualcuno, medico o prete che sia, è giocoforza dedurne che un pregiudizio ideologico impedisce a costui di trarre le logiche conseguenze.
Può sembrare un paradosso: proprio la logica, la logica che gli scientisti e i materialisti hanno sempre in bocca nei loro discorsi, davanti a certi indizi non lascia adito ad altre spiegazioni. Certo, i medici possono rifugiarsi dietro la formula, che dovrebbe chiarire tutto e invece non chiarisce nulla, della malattia inspiegabile: e non si rendono conto, o piuttosto non vogliono ammettere, che proprio quella parola, inspiegabile, fornirebbe loro la chiave per andare oltre il loro scientismo e il loro materialismo, se solo volessero. Invece, per orgoglio, si attaccano al loro povero sapere e, non trovando risposta alle loro domande, preferiscono dire che il problema non esiste, nel senso che anche per esso hanno trovato la definizione giusta: male inspiegabile. La medicina diagnostica si è così arricchita di una nuove sindrome, da usare come un jolly tutte le volte che si trovano in serio imbarazzo: e il problema è risolto. Quanto ai preti vaticansecondisti, solo ancora più colpevoli: perché sanno bene, o dovrebbero sapere, che nome dare a quei mali inspiegabili dei loro fedeli: e non lo fanno perché, accecati da un’ideologia che non è cristiana, ma che essi vogliono spacciare per tale, senza saperlo sono forse caduti negli artigli di quel Male che rifiutano perfino di ammettere.
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