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Siamo governati da filantropi buonisti che portano l’Europa verso il suicidio?

La culturale "liberal" e radicale, erede diretta di quella dei sedicenti philosophes illuministi (quelli, per intenderci, che per chrétien intendevano crétin), si caratterizza per una duplice valenza, positiva e negativa; positivamente, essa proclama una serie di "libertà" e di "diritti" per una vasta gamma di soggetti, che essa ritiene essere stati troppo a lungo discriminati e privati delle giuste opportunità; negativamente, dichiara guerra all’ultimo sangue contro qualsiasi cosa vi si opponga.

Partiamo dalla pars construens: i soggetti da "liberare" o da "emancipare" sono essenzialmente i poveri, rispetto ai ricchi (indipendentemente dalle condizioni di partenza, ossia dal perché delle rispettive differenze socio-economiche); i figli, rispetto ai genitori e alla famiglia "tradizionale"; le donne, rispetto agli uomini; le razze non europee, rispetto ai bianchi; i disabili e i malati (compresi i malati di mente; anzi, soprattutto loro), nonché i tossicodipendenti, rispetto ai cosiddetti sani; e, più recentemente, ma con speciale insistenza e petulanza, gli omosessuali, i bisessuali e i transessuali, rispetto alle persone eterosessuali.

La pars destruens riguarda, pertanto, la lotta contro gli "sfruttatori", categoria generica nella quale rientrano tutti coloro i quali, in un modo o nell’altro, godono di uno statuto economico e sociale superiore; contro i genitori "autoritari", ma al fianco di quelli "comprensivi" (cioè "permissivi"); contro i maschi colpevoli di maschilismo, ma al fianco di quelli orientati in senso femminista; contro i bianchi "colonialisti" e "imperialisti", intendendo, come tali, quanti rientrano nella prima categoria su ricordata, ma soprattutto, contro i "razzisti", vale a dire tutti quelli che non condividono l’attuale invasione afroasiatica dell’Europa; contro i sani che si comportano da "arroganti" e da "insensibili", disprezzando o discriminando disabili, malati e tossicodipendenti; e, dulcis in fundo, tutti gli eterosessuali, i quali, quand’anche rispettino la "diversità" omosessuale, bisessuale e transessuale, non vedono però buone ragioni per ammettere il matrimonio omosessuale, o l’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali, o il fatto che un professore transessuale si presenti in classe un giorno vestito da uomo e, il giorno dopo, vestito da donna, con tanto di parrucca biondo-platino e tacchi a spillo.

Questo, per quanto riguarda le persone. Ma i liberal-radicali non si fermano certo qui; i loro obiettivi vanno ben oltre, e, fra i loro nemici da combattere implacabilmente, possibilmente fino alla completa distruzione, vi sono anche condizioni generali di esistenza, sociali, culturali, biologiche. Essi han dichiarato guerra alla povertà, all’analfabetismo, alla moda maschilista, alle barriere architettoniche, al "pregiudizio" di ogni ordine e grado, alla "discriminazione" di qualsiasi tipo, alle malattie, al grasso corporeo in eccesso (fino a imbarcarsi in campagne di terrorismo psicologico per far dimagrire gli obesi), al "dogmatismo" religioso (spesso sono credenti, o si dicono tali, ma non sopportano alcuna forma di gerarchia, di disciplina e di liturgia), alla dieta carnivora (spesso sono vegetariani, anzi vegani, del tipo che considera un crimine il mangiare carne), al fumo (sono igienisti a oltranza), ai tribunali e al voto scolastico (sono contrari a qualunque giudizio), ai confini e ai passaporti ("tutti hanno diritto di andare dove vogliono"), alla polizia e agli eserciti (sono buonisti e pacifisti a senso unico), al pudore, alla castità e alla verginità (ritenute forme di repressione medievali e intollerabili, anche se volontarie), al galateo ("una ipocrisia borghese"), alla disco music (ammettono solo la canzone d’autore), al circo (per i maltrattamenti agli animali), ai pasticcini alla crema (sono tutti dietologi dilettanti), alla teologia tradizionale (dove Dio spadroneggia un po’ troppo); e l’elenco potrebbe seguitare per ore ed ore.

Parecchie delle loro convinzioni sono rispettabili e anche condivisibili; peccato che le portino avanti con la rigidità e il fanatismo di un "nuovo ordine" totalitario, dove chi la pensa diversamente è un nemico da distruggere, e dove non è lecito neppure tirarsi fuori: o si è con loro o contro di loro. E loro sono nel giusto e nel Bene, sempre e comunque. Se si degnano di discutere, assumono sempre un sorrisetto sostenuto, un tono didattico, una apparenza di disponibilità all’ascolto che mal dissimula la radicata certezza di essere moralmente e intellettualmente migliori dell’interlocutore. Semplicemente, non riconoscono a chi la pensa in altro modo la stessa dignità di persona, non lo rispettano come un essere umano di pari valore; nel loro integralismo, sono assolutamente incapaci di distinguere fra le persone e le idee, fra le idee e i comportamenti, fra il peccato e il peccatore. Sono la versione aggiornata della Santa Inquisizione, ma con un obiettivo opposto: mentre quella voleva proteggere, certo in maniera sbagliata, l’armonia e la coesione della società, essi parteggiano per la libertà totale, anarchica, dell’individuo; si prendono a cuore la causa dei gruppi solo quando si tratta di contrastare, demonizzare, scomunicare degli altri gruppi. Sono individualisti di massa, e conformisti dell’anticonformismo.

Questo è il loro primo difetto, ed è un difetto di forma e di sostanza al tempo stesso: il calvinismo, il puritanesimo, il fondamentalismo del Bene, identificato con le loro "lotte" e "battaglie" per la libertà e l’esercizio dei diritti. Il secondo è che essi portano all’esasperazione dei giusti concetti e arrivano a trasformarli in qualcosa di grottesco, di assurdo e di sbagliato, e solo per una cecità ideologica che li induce continuamente a negare i fatti per non dover dare toro alle loro teorie. Inoltre, l’onestà intellettuale non è il loro forte: messi davanti all’evidenza delle loro contraddizioni, raramente, o quasi mai, hanno la lealtà e la franchezza di ammettere d’essersi sbagliati. Davanti agli stupri di massa di Colonia, per esempio, la notte di Capodanno del 2016, si son trovati in trappola fra il loro "antirazzismo", che interdiceva la possibilità di puntare il dito contro gli stupratori arabi e nordafricani, e il loro femminismo, che avrebbe voluto urlare tutta la sua rabbia contro quegli stupri e quelle violenze: il risultato è stato un corto circuito ideologico e, nella maggior parte dei casi, un silenzio carico d’imbarazzo, vergogna e frustrazione.

Il terzo difetto che li contraddistingue è anche il più grave: l’uso sistematico dell’arma psicologica più bassa, il ricatto morale, per trionfare di qualunque opposizione. Se qualcuno avanza obiezioni alle loro richieste di accogliere in Europa qualsiasi quantità d’immigrati stranieri, o di concedere il matrimonio omosessuale, o, semplicemente, se osa dire che a scuola decidono i professori come far lezione, e a casa decidono i genitori come tirar su i figli, e in chiesa decide il prete come dire la Messa, allora essi ribaltano immediatamente la frittata e mettono sotto accusa la presunta intolleranza, il presunto razzismo (con l’inevitabile variante dell’antisemitismo, non appena si osi dir qualcosa contro la politica d’Israele), il presunto autoritarismo, il presunto disprezzo verso quelle categorie di persone. Se un prete, per esempio, si rifiuta di amministrare il sacramento della Comunione ad una donna che gli si presenta all’altare mezza nuda, è un bieco maschilista e, per giunta, un traditore del Vangelo, che è sempre e solo "amore e misericordia". Se un albergatore ammette, imbarazzato, che nel suo albergo c’è, sì, l’ascensore, ma che manca il piano inclinato per superare i quattro gradini che portano all’ingresso, l’indomani giornali e telegiornali lo metteranno alla berlina per aver scacciato, o, comunque, costretto ad andarsene, un portatore di handicap. E se un cittadino osa fare un commento, o anche solo domandare quale sia la nazionalità dell’autore dell’ennesima rapina in appartamento, magari con minacce, percosse e sevizie a un anziano o a una famigliola, subito costui si vedrà accusato di predicare l’odio razziale.

Il fatto è che l’establishment culturale, ciò che un tempo si chiamava l’intellighenzia, è passata, armi e bagagli, dalla loro parte. Fino a ieri custode dei valori e della tradizione, oggi la cultura spara a zero sui valori e sulla tradizione e fa sue tutte le rivendicazioni dei liberal-radicali, anche le più strampalate e velleitarie, anche le più prepotenti e totalitarie. Professori universitari e intellettuali di successo fanno a gara nel profondersi in polemiche a sostegno delle "libertà" civili (a cominciare dall’aborto e dall’eutanasia), nel lanciare tuoni e fulmini contro i conservatori, i reazionari, i nemici del progresso: anche se, guarda caso, proprio loro sono tutti sul libro paga del Potere. Deve essere una sensazione infinitamente piacevole, per essi, scaldare quelle preziose poltrone, percepire quei lauti stipendi e, nello stesso tempo, stare idealmente sulle barricate, impegnati in titaniche battaglie contro l’Ingiustizia, la Discriminazione, lo Sfruttamento, l’Egoismo e il Passatismo; deve essere delizioso godere di tutti i privilegi delle élites e sentirsi, al tempo stesso, intrepidi guerrieri della verità, esponendosi ed affrontando chissà quali biechi poteri, quali oscure istituzioni: mentre i loro veri "nemici", a ben guardare, sono pensionati, casalinghe, padri e madri di famiglia, gente inerme e pacifica, che ha il solo torto di non stare al passo con la loro idea del Progresso.

Prendiamone uno fra mille: l’americano Bram Dijskstra, classe 1938, già professore di Letterature comparate presso l’Università di California, a San Diego, del quale avevamo già avuto occasione di occuparci un’altra volta (cfr. il nostro articolo: «Perfide sorelle?», pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 20/12/2013), che è, a nostro avviso, un esempio quasi perfetto di intellettuale "liberal" e del tutto politically correct. In sostanza, il suo "pensiero" si riduce a questo: il maschio occidentale opprime le donne e i popoli extra-europei; per giustificare tale oppressione, si è inventato due miti su misura: quello della donna perfida e castrante ("dalla vagina dentata"), e quello delle razze "inferiori" che tramano e complottano nell’ombra, in attesa di dare l’assalto alla civiltà bianca per distruggerla o sottometterla. Pertanto, le donne e i popoli extraeuropei devono reagire e sconfiggere il maschio europeo, per instaurare la "vera" civiltà: femminista, multietnica, relativista.

Ci piace riportare un altro brano tratto dalla sua ampia monografia «Perfide sorelle. La minaccia della sessualità femminile e il culto della mascolinità» (titolo originale: «Evils Sisters. The Threat of Female Sexuality and the Cult of Manhood», Knopf, 1996; traduzione dall’inglese di Marina Premoli, Milano, Garzanti, 1997, pp. 460), riferita agli anni ’30 del Novecento:

«In tutta l’Europa occidentale e negli Stati Uniti, gli ideologi della razza concordarono con Hitler. La risolutezza d’acciaio e la "volontà di ferro" dell’"uomo superiore" erano di continuo minacciate da donne, liberali, ebrei, e da altri filantropi, il cui "umanitarismo sognatore" serviva soltanto a minare le necessarie disuguaglianze evolutive di razza, sesso, e classe sociale. Oswald Spengler in "Anni decisivi", pubblicato nel buio [sic] 1933, ammoniva: "La civiltà occidentale di questo secolo è minacciata non già da uno, ma da due movimenti rivoluzionari mondiali di proporzioni enormi". Il primo veniva dal "basso", l’altro dal "di fuori". Erano "guerre di classe" e "guerre di razza". I poveri, i deboli e gli inferiori avevano imparato a giovarsi del "pacifismo" dei filantropi che governavano l’Occidente. I rifiuti della società, rendendosi conto che la razza bianca non aveva più il fegato di governare col pugno di ferro, reagivano a questa nuova forma di effeminatezza culturale minando l’ordine sociale.

Mentre i governanti bianchi continuavano a cianciare di comportamento "umanitario" e di "pace eterna", ammoniva Spengler, gli esseri inferiori "fiutavano l’incompetenza e la irresolutezza dell’Occidente a difendersi". Invece di schiacciarli sotto il tallone di ferro, l’Occidente controbatteva alle "razze di colore" con il piumino da cipria delle preoccupazioni umanitarie. Di conseguenza, coloro che un tempo avevano temuto l’uomo bianco, ora lo disprezzavano per la sua debolezza. ..»

Premesso che noi non condividiamo questo modo brutale e schematico di porre i problemi; che non siamo, in particolar modo, degli ammiratori di Spengler, né, tanto meno, dei nostalgici di Hitler; che non auspichiamo il "tallone di ferro" verso chicchessia, se non per difendersi dai serpenti velenosi (che pure esistono, piaccia o non piaccia ai buonisti d’ogni tipo), timidamente, con molto timore e tremore, osiamo avanzare la impronunciabile domanda: e se, nella diagnosi di Spengler, ci fosse, nondimeno, una parte di verità? Se realmente esistesse il pericolo di cui egli parlava: quello della distruzione della nostra civiltà e della nostra stessa identità di figli della civiltà europea? Se fosse un errore imperdonabile quello di fare sempre la parte dei filantropi buonisti, specialmente ora che i filantropi buonisti sono passati dalle cattedre universitarie, e dalle direzioni dei giornali, direttamente sulle poltrone della grande politica, e governano le città, le regioni e gli Stati, determinando il destino dei nostri popoli e del nostro stesso continente?

Ecco un’ipotesi di lavoro alquanto interessante, per chi non teme il ricatto delle ideologie buoniste…

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Christian Lue su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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