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L’inferno esiste, parola di Curd Jürgens

Esiste, l’Inferno? Secondo i teologi buonisti, progressisti e modernisti — d’accordo, in questo, con gli anti-teisti più intransigenti e combattivi — la risposta negativa è ormai quasi scontata: come potrebbe esistere, dal momento che Dio è Amore? Stranissimo modo di ragionare, codesto; sarebbe, più o meno, come se, alla domanda: «Secondo te, Tizio può essersi macchiato di rapina, di stupro, di omicidio?», Caio prontamente rispondesse, con una sfumatura di sacra indignazione nella voce: «Certo che no; come potrebbe, dal momento che suo padre è una così brava persona?»; come dire che se il Padre è buono, anche i figli dovranno esserlo senz’altro. Magari fosse così! Ma chi pensa una cosa del genere, oltre a non saper ragionare, non conosce nulla della vita, non si è mai guardato intorno, né mai si è tolto, neanche per un istante, le lenti oscurate della sua ideologia buonista e naturalista, che gli impediscono di vedere la realtà per quella che effettivamente è.

Qualcuno, non ancora convinto, potrebbe replicare che, sì, i figli, talvolta, tralignano, nonostante gli ottimi esempi e l’eccellente educazione ricevuta dai genitori; però il perdono dei genitori è sempre scontato: non lo dice forse anche una parabola di Gesù Cristo, quella del figlio prodigo? Di nuovo, chi muovesse una simile obiezione dimostrerebbe di non saper ragionare e di non saper guardare la realtà con occhio veritiero. I genitori sono sempre pronti a perdonare, questo è certo, perfino se i figli mascalzoni non mostrano alcuna ombra di pentimento; ma se il figlio mascalzone va a finire sotto le ruote di un treno, mentre fugge dopo aver commesso uno dei suoi crimini, il padre potrà forse riattaccargli la gamba maciullata, con colpo di bacchetta magica; oppure potrà resuscitarlo, se è rimasto ucciso? In altre parole: l’Amore può cancellare le conseguenze dei nostri atti, e fare come se quegli atti non ci fossero mai stati? E se anche ciò fosse possibile, sarebbe conforme a giustizia? Renderebbe giustizia al nostro libero arbitrio?

Di fatto, sono numerose le testimonianze di mistici e di persone comuni i quali, trovandosi in circostanze estreme, hanno avuto la visione dell’Inferno (come anche quella del Paradiso, d’altronde). Ciascuno è libero di crederci, oppure no; il cristiano, tuttavia, indipendentemente dal valore di verità che voglia attribuire a questa o a quella testimonianza, non può dubitare che l’Inferno e il Paradiso esistano, perché, se lo facesse, non sarebbe più un cristiano rispettoso della Tradizione e della Scrittura, le due fonti della Rivelazione; sarebbe un cristiano a modo suo (come ce ne sono tantissimi, oggi, del resto; il che non ne fa degli autentici cristiani, solo per il fatto d’essere in tanti). L’adesione a un credo religioso, infatti, non si qualifica attraverso una conta numerica di tipo democratico – un uomo, un voto – ma attraverso la fedeltà alla dottrina di quella data religione; che non è cosa modificabile a piacere, o a capriccio.

Curd Jürgens (nato a Monaco di Baviera nel 1915, morto a Vienna nel 1982) è stato un attore tedesco molto noto in tutto il mondo, specialmente negli anni Cinquanta e Sessanta; benché fosse prevalentemente un attore di teatro, ha recitato anche in numerose serie televisive e interpretato oltre 150 film diretti da registi famosi, alcuni dei quali appartengono alla storia del cinema, come «Piace a troppi», di Roger Vadim, accanto a Brigitte Bardot, «Occhio per occhio» di André Cayatte, «Le spie» di Henri-Georges Clouzot, «Vittoria amara» di Nicholas Ray, «Duello nell’Atlantico» di Dick Powell e «L’angelo azzurro» di Edward Dmytryk.

Un episodio pochissimo conosciuto della vita dell’attore è legato alla straordinaria esperienza di pre-morte che egli fece nel 1969, nel corso di un delicato intervento chirurgico al cuore, durante il quale egli ebbe una visione, molto precisa e realistica, di quello che ritenne essere l’Inferno, con le anime dannate sconvolte da una sofferenza insopportabile e una donna dall’aspetto crudele, venuta per portarlo via, che gli si presentò come la personificazione della morte, e che poi si allontanò malvolentieri, con un sorriso beffardo, al sopraggiungere della giovane moglie dell’attore, Simone Bicheron, intervenuta per richiamarlo alla vita.

La potenza terrificante di quella esperienza, di quella visione, o di quella allucinazione, o come la si vuole chiamarla e considerarla, è tale da suggerire un accostamento quasi inevitabile con alcune analoghe esperienze di cui è ricca la storia delle religioni, e, in particolare, di cui sono ricche le vite dei santi. È come se si fossero spalancate le porte dell’Inferno e il malcapitato viaggiatore avesse avuto l’opportunità, per nulla invidiabile in se stessa, ma forse significativa per il ripensamento spirituale cui potrebbe aver dato luogo, di gettarvi uno sguardo abbastanza prolungato e dettagliato: colpisce, infatti, l’estrema nitidezza delle immagini e l’intensità dell’esperienza, che sembra possedere una consistenza e uno spessore ben superiori a quello dei semplici incubi, peraltro non infrequenti nella casistica degli interventi chirurgici (anche chi scrive queste righe ne fece una limitata esperienza, da bambino, nel corso di una operazione alla gola).

Naturalmente, ciascuno è libero di fare le proprie deduzioni: si può anche pensare, in questo caso come in molti altri, che ciò che Curd Jürgens ritenne di aver visto, altro non sia stato che la proiezione delle sue paure, più o meno inconsce, nonché della concezione dell’Aldilà che, probabilmente, aveva ricevuto, sin da bambino, attraverso l’educazione religiosa; viceversa si può ammettere, magari come ipotesi di lavoro, che non di un incubo si sia trattato, non di una creazione dell’inconscio, prodotta dal suo stato di estrema tensione psico-fisica: ma qualcosa di più e di sostanzialmente diverso, proveniente dal di fuori, da un "altrove" che appartiene a una dimensione della realtà che non è quella ordinaria, della quale facciamo esperienza mediante i cinque sensi.

Affinché il lettore possa farsi una sua idea di questo strano e interessante episodio, tanto più significativo in quanto riferito da un uomo di spettacolo già ben conosciuto dal grande pubblico internazionale, e che perciò non aveva alcun bisogno di farsi pubblicità, ma che aveva, semmai, tutto l’interesse a conservare la riservatezza, dati i giudizi, forse non benevoli, cui si sarebbe esposto nel raccontarlo, citiamo una pagina di Jean Baptiste Delacour, tratta dal suo saggio "Di ritorno dall’Aldilà" (titolo originale: "Aus dem Jenseits zurück", Dusseldorf und Wien, Econ Verlag, 1973; traduzione dal tedesco di  Margret Trombetta, Milano, Armenia Editore, 1984, pp. 98-100):

 

«Il 20 gennaio 1967, un medico, conosciuto in tutta l’America, si chinava  sopra un altrettanto famoso attore cinematografico che era disteso sulla tavola operatoria.

Curd Jürgens era andato a Houston (Texas) a consultare il medico personale di Eisenhower per un grave disturbo al cuore.

Il professor Michael De Bakey gli aveva consigliato la sostituzione dell’aorta con un tubo di plastica, lungo 20 centimetri, senza però nascondergli il rischio di  tale intervento chirurgico.

Nonostante che le possibilità di sopravvivenza fossero del 50% l’attore, di cui si conosce la durezza sia verso gli altri sia verso se stesso, aveva acconsentito all’operazione.

Il chirurgo fece dunque interrompere dai suoi assistenti la circolazione del sangue nel paziente, poi isolò il cuore e sostituì l’arteria malata con un tubo d plastica. Infine, dovette rimettere in funzione il cuore che aveva smesso di pulsare. Durante quei pochi minuti, Curd Jürgens era clinicamente morto. Le sue impressioni della breve sosta in un mondo ultraterreno le descrive con le seguenti parole:
"La sensazione di benessere, che mi pervase poco dopo l’iniezione di penthotal, fu di breve durata. Dal mio subcosciente nacque ben presto l’impressione che stavo per morire. Oggi direi che è stato nel momento in cui il cuore smise di battere. L’idea che la vita mi stava sfuggendo suscitava in me una grande paura. Volevo impedirle la fuga, ma non era possibile. L’immensa cupola di vetro della sala operatoria, che avevo guardato prima, cominciava a cambiare aspetto. Ad un tratto era diventata tutta rossa, e attraverso il vetro mi fissavano delle facce deformate. Fui preso da una terribile paura, cerai di liberarmi e di oppormi agli spiriti pallidi che si avvicinavano a me. Poi mi parve che la cupola di vetro si fosse mutata in un duomo trasparente che si abbassava lentamente. cadeva una pioggia infuocata, ma benché le gocce minacciose fossero di una grandezza enorme, esse non mi toccavano.

Scoppiavano sotto di me, facendo divampare grosse fiamme. Non potevo più chiudere gli occhi davanti alla terrificante verità: le facce, che dominavano quel mondo in fiamme, dovevano essere quelle dei dannati. Ero disperato, mi sentivo indescrivibilmente solo e abbandonato. L’orrore mi faceva nodo alla gola e mi sembrava di dover soffocare.

Evidentemente mi trovavo nell’inferno, e le lingue roventi delle fiamme potevano raggiungermi ogni momento. Mentre mi trovavo in questa situazione, vedevo avvicinarsi la sagoma di una figura umana. In un primo momento, la sorgevo soltanto vagamente in mezzo alle fiamme e le nuvole di fumo rosso, poi essa prese rapidamente una forma ben distinta. Si trattava di una donna magra, avvolta in un velo nero, aveva una bocca senza labbra ed i suoi occhi avevano un’espressione che mi faceva rabbrividire: erano soltanto due buchi neri e vuoti, eppur sembrava che mi stessero fissando. Guidato da un’irresistibile attrazione, andavo incontro a quella donna che stendeva le braccia verso di me. Un’esalazione gelida mi sfiorò, e poi venni condotto in un mondo  che risuonava di lamenti appena percepibili, senza che io avessi visto un essere umano.

Di punto in bianco rivolsi al fantasma la domanda: "Chi sei?" E la sua voce rispose: "Sono la morte". Istintivamente mi concentrai sul pensiero: "Non voglio più seguirti perché voglio ancora vivere…" Aveva forse intuito i miei pensieri? Essa si avvicinò di nuovo a me e, mettendomi le mani sul petto, mi sottopose un’altra volta alla sua attrazione. Sentivo le sue mani gelate sulla mia pelle e lo sguardo fisso delle sue orbite vuote.

Ancora una volta concentravo tutti i miei pensieri sulla mia vita per sottrarmi alla morte che aveva preso le sembianze di quella donna. Inaspettatamente si verificò il miracolo: intervenne lo spirito di mia moglie per strapparmi dall’inferno, dove mi trovavo. Era venuta dal mondo dei vivi per ricondurmi alla mia esistenza terrena?

La donna dal velo nero se n’era andata con un sorriso crudele all’arrivo di mia moglie. A Simone, che rappresentava la gioventù e la vita, la morte non poteva nuocere. Sentivo tutta la sua freschezza e la tenerezza con cui mi faceva ripercorrere la stessa strada che poco prima avevo percorso sotto l’incantesimo della donna nera.

Adagio, adagio, ci allontanammo dal terribile regno delle ombre, andando incontro a un gran chiarore che ci accompagnava fino al momento in cui divenne talmente splendente da costringerci a chiudere gli occhi.

Poi, a un tratto, sentii un dolore sordo che sembrava volesse spezzare il mio torace. Strinsi ancor più forte la mano di Simone e ripresi improvvisamente conoscenza.

Simone stava seduta accanto al mio letto e indossava un camice bianco. Io ero soltanto in grado di farle un debole sorriso e di pronunciare la parola: "Grazie!"

Questa volta fu la conclusione di un viaggio nell’aldilà, terrificante e affascinante nello stesso tempo, che non scorderò mai più.»

Come è noto, esistono numerose testimonianze simili a questa, tanto di fonte cristiana, quanto di altra provenienza. Fra le prime, una delle più famose è la visione riferita da suor Lucia dos Santos, la veggente di Fatima, che ha poi raccontato con queste parole: «… e noi vedemmo come un vasto mare di fuoco e vedemmo i demoni e le anime immersi in esso. Vi erano poi come tizzoni ardenti trasparenti, tutti anneriti e bruciati, con forma umana. Essi fluttuavano in questa grande conflagrazione, ora lanciati in arai dalle fiamme e poi risucchiati di nuovo, insieme a grandi nuvole di fumo. Talvolta ricadevamo su ogni lato come scintille su fuochi enormi, senza peso o equilibrio, fra grida e lamenti di dolore e disperazione. che ci terrorizzavamo e ci facevano tremare di paura… I demoni si distinguevano per il loro aspetto terrificante e repellente simile a quello di animali orrendi e sconosciuti, neri e trasparenti come tizzoni ardenti…»

Si noti la concordanza con quanto riferito da veggenti "laici", ad esempio da Miss Hope Hunter, una medium che ricevette questo messaggio dal fratello defunto (caso citato da Ernesto Bozzano nel suo libro «La crisi della morte» (Armenia, 1981, p. 65): «Tutto sommato, vi è molto di vero in ciò che il nostro parroco andava predicando dal pulpito… Esiste realmente una vita eterna. Almeno così crediamo noi tutti; mentre coloro che condussero in terra una vita moderatamente onesta e buona, vanno in un luogo che può considerasi un paradiso, coloro che condussero un’esistenza depravata e malvagia, vanno a finire in altro luogo che può definirsi giustamente un Inferno». C’è da riflettere…

Fonte dell'immagine in evidenza: Immagine di pubblico dominio (Gustave Dorè)

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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