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28 Luglio 2015
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28 Luglio 2015Due luoghi, si dice, avvicinano in modo speciale l’anima dell’uomo a Dio: le immense, misteriose vastità del mare e le vertiginose, rarefatte altezze dei monti.
Entrambi gli scenari naturali hanno qualcosa d’immenso, di profondamente poetico, che ha il potere di afferrare l’immaginazione e di proiettarla verso l’Assoluto, verso l’Eterno, facendo sentire l’uomo straordinariamente piccolo e facendogli apparire come modeste e quasi banali le vicende della storia, in confronto con i sublimi e sconfinati orizzonti della natura.
Alzando lo sguardo alle montagne, ascoltandone l’incommensurabile silenzio, l’uomo si sente rapito in contemplazione di qualcosa che è sempre al di là, sempre più in alto, senza limiti, fino a respirare il respiro stesso dell’universo, dove passato e futuro s’incrociano, si sovrappongono, non hanno più senso: perché esiste solo, come agli occhi del Creatore, un unico, luminoso presente, fuori dal tempo e dallo spazio.
Il mare…, il mare è quiete e movimento, luce e ombra, quaggiù e lassù: una eterna parabola del reale, un enigma sempre sul punto di svelarsi e sempre rapido a ritrarsi, elusivo, fantastico, circonfuso di bellezza, ma anche d’inquietudine viva, palpitante, sovrumana; il mare, con il rotolio delle onde che non ha mai fine, con l’eco dei suoi flutti che si alzano e si abbassano, come il respiro stesso della Vita, è un perenne punto di domanda.
Solo fra cielo e mare, al timone della sua barca, il vecchio marinaio fuma la pipa e lascia vagare il suo pensiero fuori della mente, libero e leggero nel soffio del vento salmastro, nell’abbraccio del giorno che declina e dell’oscurità che esce dal seno delle liquide colline e disegna sullo sfondo barbagli di luce, lampi di preghiera, come nel giorno in cui il mondo, appena creato, uscì dalle mani del suo Creatore.
Il vecchio fuma e sorride; la sua anima non è più prigioniera della mente; è sciolta, adesso, non più legata al corpo, non più inchiodata al qui e ora, né alla brama o alla paura; nessuno può dire dove essa sia andata… solo un vago sorriso, che si affaccia alle labbra del vecchio marinaio, attesta che si tratta d’un momento magico, di pace e di pura contemplazione.
Tale è la prospettiva che si schiude in faccia al marinaio, allorché, sul declinare del giorno, stanco ma sereno, eppure col cuore trafitto dalla nostalgia, si accinge a concludere la sua giornata nella brezza della sera, e a scendere in cabina per scegliersi un libro da leggere un poco, nella cuccetta, prima d’addormentarsi e di sognare. È una piccola biblioteca, la sua: uno scaffale di legno, posto al di sopra della testata del letto, ma con le spondine di legno a mezza altezza, perché i volumi non gli cadano addosso, quando il mare è agitato. Saranno una decina di volumi appena, forse uno o due in più, o forse uno o due di meno: vecchi volumi dalla rilegatura robusta, scelti con estrema cura, letti e riletti: libri essenziali, che dicono tutto ciò che serve sapere, per potersi formare una riserva ed un prontuario di saggezza e di salvezza.
Ci saranno, crediamo, anzitutto una Bibbia, o almeno un Vangelo; e poi, senza dubbio, il gran padre Dante; e Manzoni, si capisce, coi suoi sposi promessi; qualche poeta: Leopardi, Ungaretti; un paio di classici antichi, Omero e Virgilio senza dubbio; poi qualche autore straniero, Shakespeare o Cervantes; un atlante geografico, forse un atlante del cielo; due o tre classici del mare… e qui ciascuno ha i suoi gusti, le sue allergie, le sue segrete o palesi preferenze.
Ci piace riportare, a questo proposito, un breve scritto di Giovanni Casti, un nome che ai più non dirà niente di particolare, ma che gli amanti del mare e del navigare dirà, invece, molto: colui che è stato l’ideatore, il fondatore e il direttore, per oltre quattro lustri, della rivista «Bolina, il mensile dell’andar per mare», morto recentemente dopo una lunga malattia; scritto apparso sul numero di maggio 2008 della rivista romana, intitolato — come si addice a un vecchio marinaio, amante della solitudine, ma anche della riflessione, «Libri di mare e di muffa» (pp. 83-84):
«Ci sono numerosi velisti che coltivano la loro passione, oltre che andando in barca, facendo raccolte di libri vecchi (quelli antichi sono molto costosi). Volumi che trattano di mare, di vela e di tutto ciò che si è scritto sulla navigazione nella prima metà del secolo scorso.
Sono romanzi, racconti e resoconti di navigazione d’epoca,, quando la nautica da diporto era agli albori oppure non c’era proprio. Questi libri trovano un angolino d’onore nella libreria di casa del velista e sfogliarli, sceglierne di tanto in tanto uno e leggerlo (o rileggerlo) è come fare un salto nel tempo, in momenti epici della storia della navigazione a vela. Certamente questo può essere l’effetto che fanno i libri di autori celebri. Ovviamente non tutti i libri vecchi sono di qualità ma più di un testo d’epoca, seppure non "d’autore", può aprire una finestra su come si navigava in altri tempi o insegnare tecniche che il progresso ha contribuito a fare accantonare.
Le barche da diporto su alcuni di questi libri vengono definite "panfili", termine peraltro tuttora in uso sia nelle tradizioni di libri moderni che, non si sa perché, nella pubblicità di barche di lusso da noleggiare.
Nei libri vecchi, soprattutto in quelli tradotti da autori stranieri, si trovano termini che farebbero sobbalzare i raffinati conservatori della lingua marinaresca italiana. Tuttavia, anche se con alcune "pecche", spesso vale la pena di spendere qualche decina di euro per portarsi a casa uno dui questi tomi con un po’ di muffa.
La ricerca dei volumi di mare d’altri temi non è semplice, scovarli nei banchetti dei mercatini è spesso un caso. Non esistono metodi per la loro ricerca. Di certo per trovare i romanzi di "vecchio conio", occorre tenere a mente i nomi degli autori più celebri.
Già possedere i libri di cinque autori considerati all’unanimità giganti del romanzo di mare, sarebbe sufficiente per affermare di avere una discreta biblioteca d’antiquariato. Sono: Edgar Allan Poe, Herman Melville, Joseph Conrad, Robert Louis Stevenson e Jack London.
Tra le bancarelle si possono trovare anche autori che hanno scritto opera uniche, o pochi libri di successo, come Daniel Defoe autore di "Robinson Crusoe", oppure Richard Henry Dana che scrisse "Due anni a prora", o ancora Joshua Slocum autore di "Solo, intorno al mondo".
Alcune di queste opere sono state ristampate in tempi recenti, ma per il velista che predilige l’antico, il nuovo "vale" molto meno.
Altro filone tematico nella ricerca di libri vecchi può essere quella delle grandi esplorazioni. Qui la preferenza va a coloro che hanno descritto direttamente i loro viaggi, primo fra tutti James Cook i cui giornali di bordo testimoniano il valore di questo grande marinaio.
Sono invece delle vere rarità i libri in italiano sugli esploratori, forse perché nel passato non venivano tradotti, né c’erano autori nostrani che scrivevano di questi viaggi. All’estero, al contrario, c’è stata un’ampia pubblicazione di libri di questo argomento, soprattutto in Inghilterra, in Spagna e in Francia. I mercatini e le librerie di libri d’epoca delle grandi città estere e delle città minori ma con forti tradizioni marinaresche, sono quindi una manna per chi conosce le lingue.
I protagonisti di viaggi epici sono stati: Bartolomeo Diaz, Ernest Shackleton, Ferdinando Magellano. Tra gli italiani: Giacomo Bove, Giovanni Caboto, Cristoforo Colombo, Enrico de Albertis.
Passiamo a un altro argomento, quello della costrizione navale., più tecnico ma non meno affascinante. In Italia negli anni 30-40 del secolo scorso la casa editrice Hoepli pubblicava una collana di manuali straordinari e pressoché introvabili.
Di piccolo formato […], copertina di solida fattura, cartonata, e allestimento delle pagine cucito con il filo. Insomma, dei pregevoli volumi anche per il loro valore tipografico. […]
Oltre alla ricerca di veri e propri libri di mare, frugando tra i vecchi testi si può essere attratti da volumi, sempre di piccolo formato, dedicati al turismo via terra, completi della cartografia di città o regioni. . I venditori di questo genere di libri applicano un valore aggiunto solo perché all’interno vi sono delle tavole a colori che riproducono tratti di costa, luoghi di mare e di laghi.
Libri di mare o di terra che sanno di muffa ma che valgono soprattutto per il loro contenuto di elevata qualità. Non resta che lanciarsi alla scoperta di queste preziose opere e augurare ai lettori appassionati di pagine ingiallite che parlano di mare, buona ricerca e naturalmente buon vento!»
L’atmosfera, indubbiamente, c’è: vecchi volumi rilegati in tela; profumo di salsedine, di vento, di vasti orizzonti; funi ben tese, vele gonfie di brezza, stridio di gabbiani; insomma tutto, o quasi tutto, perfino un certo aroma di caffè bollente corretto con la grappa, che si spande dal fornello, per combattere l’umidità e i reumatismi della vita di mare. Dispiace solo una certa anglomania, che porta l’autore a non avere occhi che per gli scrittori di Gran Bretagna e Stati Uniti: nel suo elenco di classici, infatti, non ve n’è uno solo che non abbia intinto la penna nell’inchiostro di quelle due nazioni. È mai possibile che gli Italiani, abitanti d’una Penisola e di un paio d’isole poste al centro del Mediterraneo, con una storia marinara da far impallidire qualsiasi altro popolo, non si ricordino mai di chi sono, ma sappiano vedere solo ciò che hanno fatto gli altri?
Questo, per quanto riguarda i classici: come se Emilio Salgari non fosse mai esistito, e non avesse scritto più di cento romanzi e duecento novelle, per la maggior parte d’ambientazione marinara, popolati di pirati della Malesia e di corsari dei Caraibi: Neri, Rossi e Verdi; o come se alcuni dei più bei versi dedicati al mare non fossero stati scritti da poeti come Dino Campana («Viaggio a Montevideo»), Giovanni Pascoli («I puffini dell’Adriatico»), Gabriele D’Annunzio («Meriggio»), Biagio Marin («E ‘ndeveno cussì le vele al vento») e Umberto Saba («Ulisse»); oppure come se non fosse stato Dante, specialmente nei primi canti del «Purgatorio», a tracciare quadri indimenticabili, con pochi tratti incandescenti, dei misteriosi orizzonti marini, cogliendoli e, si direbbe, quasi sorprendendoli all’alba o al tramonto, cioè nelle ore più trepidanti e commoventi, quando brividi arcani attraversano il cuore? E non è una famiglia di pescatori siciliani, quella dei Toscano, detti Malavoglia, al centro del primo grande romanzo dell’Italia post-unitaria? Non è forse l’Andreana, indimenticabile figura di donna creata da Marino Moretti, moglie di pescatori e commercianti di pesce, a campeggiare, nella sua grandezza e forza morale, sullo sfondo di due città di mare, come Chioggia e Cesenatico? Non sono i racconti di «Gente di mare», di Giovanni Comisso, fra i più belli che siano usciti dalla penna dello scrittore trevigiano? E che dire di relazioni di viaggio come quella di Antonio Pigafetta, che fu il cronista della prima circumnavigazione del mondo (quella di Magellano), fra il 1519 e il 1522? Quanto al navigatore Alessandro Malaspina, che alla fine del Settecento, al comando delle corvette «Descubierta» e «Atrevida», condusse un memorabile viaggio esplorativo nei mari più lontani, per conto della monarchia spagnola, solo sfortunate vicende politiche, gettandolo in carcere come premio dei suoi alti meriti, gl’impedirono di scriverne la relazione: sarà forse per questo che un uomo di mare della sua statura, paragonabile a quella di Cook o di La Pérouse, è praticamente ignoto nella sua stessa patria, dopo più di due secoli da che condusse le sue ardimentose imprese fino ai limiti del mondo conosciuto?
Sia come sia, non facciamo questione di nazionalismo, ma di giustizia. Tutte le principali nazioni che si affacciamo sul mare possiedono una tradizione marinara; e, accanto ai classici del mare italiani ed anglosassoni, ci sono i francesi («I lavoratori del mare» di Victor Hugo, per non citarne che uno), i portoghesi (lo splendido poema epico nazionale «I Lusiadi», di Luis Vaz de Camões), gli spagnoli («La canzone del pirata», di José de Espronceda ), i tedeschi («Fermo posta Floreana», di Margret Wittmer), i norvegesi (il leggendario «Kon Tiki» di Thor Heyerdahl), i romeni («Sirena Nera» di Jean Bart, pseudonimo di Eugeniu Botez), e perfino i polacchi: se è vero, come è vero, che il grande scrittore di mare Joseph Conrad, naturalizzato inglese, era, in realtà, un signore dal nome quasi impronunciabile di Józef Teodor Nałęcz Konrad Korzeniowski, nato in una cittadina dell’odierna Ucraina, posta a centinaia di chilometri dal mare più vicino. Che dire, poi, di quel classicissimo della letteratura del mare, «La nave morta», di Bruno Traven, scrittore forse tedesco, del quale nessuno ha mai saputo nulla di preciso? Un mistero del mare, pure quello…
Il mare è quasi calmo e respira come un corpo addormentato, nell’ultima luce del tramonto. Il marinaio accende la pipa e scende in cabina. Si ferma un po’ davanti allo scaffale dei libri, li sfiora con mano quasi affettuosa — quella mano grande, callosa; poi ne sceglie uno, lo tira fuori e lo apre…
Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Wallace Chuck from Pexels