
Ed ecco, nella luce dell’alba, una grandiosa città di pietra appare in mezzo alla foresta…
28 Luglio 2015
Jacques Benoist-Méchin: quando i Francesi erano tutti col maresciallo Pétain
28 Luglio 2015La modernità viene intesa, dai suoi fautori, come un bene in se stessa, e, per giunta, come un bene auto-evidente; di più; essa viene fatta coincidere con lo "spirito dei tempi", come a dire che quanti vivono nel tempo presente, non possono che essere fautori della modernità, del progresso e della visione materialistica e relativistica del mondo; pertanto la religione — nel caso dell’Occidente, la religione cristiana — viene presentata o come il nemico da battere e da spazzar via definitivamente, o come un’utile stampella, che si deve adeguare al Progresso, perché è essa che si è venuta a trovare in torto rispetto alla storia, non certo l’ideologia della modernità.
Ora, ci sarebbe molto da dire a proposito dello "spirito dei tempi": sia di questo nostro tempo presente (che taluni chiamano "moderno", dimenticando che "moderno" è un aggettivo dal valore relativo, e non assoluto, perché anche il nostro tempo sarà "antico" agli occhi dei posteri), sia di ogni altro tempo della storia. In particolare, ci sarebbe da osservare che, ogni volta — è uno spettacolo che sempre si ripete e, considerato da un certo punto di vista, appare perfino monotono — una minoranza audace e risoluta, che si auto-erige a guida e faro delle umane sorti, proclama di incarnare questa cosa piuttosto dubbia ed evanescente, lo "spirito dei tempi", e si dà un gran daffare per avvalorare, fra le masse, un simile giudizio, che è, in effetti, quasi sempre, del tutto auto-referenziale, vale a dire, non giustificato dal benché minimo senso critico, né messo alla prova dalla benché minima opposizione. O meglio, l’opposizione c’è, di solito: ma essa viene squalificata in partenza in modo tale, che quasi tutte le persone che occupano una certa posizione, e che hanno qualcosa da perdere — o sul piano sociale, o su quello culturale, o, magari, su quello politico — preferiscono tacere, assentire e accodarsi alle «magnifiche sorti e progressive».
Il fenomeno, senza dubbio, è sempre esistito; ma è diventato particolarmente invasivo e soffocante con l’avvento della modernità, in quanto ha trovato il suo terreno ideale nelle ideologie liberali, democratiche, progressiste, le quali si richiamano al concetto della sovranità popolare e che hanno bisogno di giustificare l’esercizio del potere con la capacità dei governanti di interpretare in maniera adeguata codesto preteso "spirito dei tempi": il quale, a partire dall’Illuminismo, in pratica si è fuso con il mito del Progresso illimitato. In altre parole, agli occhi della mentalità democratica, è legittimo un potere che sappia interpretare le istanze del Progresso, dando realizzazione concreta allo "spirito dei tempi"; e, naturalmente, tale potere, in quanto incarnazione della sovranità popolare, ha il diritto e il dovere di condurre una guerra ad oltranza, senza compromessi e senza pietà, contro tutti quegli individui, quelle forze e quelle istituzioni che al Progresso si oppongono, e che contrastano il celebrato "spirito dei tempi".
Inutile dire che quella creazione tutta moderna, o piuttosto quella invenzione, che è l’"opinione pubblica", diventa l’indice di gradimento popolare della linea di condotta tenuta dagli intellettuali progressisti e dai politici al passo con i tempi: e poco importa se essa, di fatto, desidera quel che i poteri che l’hanno creata, vogliono che essa desideri; e se aborrisce quel che i suddetti poteri vogliono che essa aborrisca. Giova piuttosto sottolineare il fatto che l’opinione pubblica, cartina al tornasole dello "spirito dei tempi", si basa sulla perfetta illusione di non essere diretta dall’esterno, ma libera e spontanea; e che essa, "liberamente" e "spontaneamente", si presta a qualunque manipolazione, senza nemmeno riconoscerla come tale: un esempio per tutti è la recentissima dittatura esercitata dalla tecnica dei cosiddetti sondaggi di opinione, in base ai quali la televisione misura e preleva quotidianamente campioni di "opinione pubblica", in funzione dei quali, a sua volta, l’opinione pubblica, e con essa la politica, l’economia, la società, la cultura, vengono continuamente modellate e rimodellate, magari contraddicendo oggi quel che affermavano ieri, ma senza mai fare ammenda dei propri errori di giudizio, perché l’assioma su cui si regge il totalitarismo democratico è, appunto, che il popolo ha sempre ragione, e – dunque – che l’opinione pubblica è infallibile. Perciò, se, nella dialettica tra i fatti e le idee, bisogna dare torto a qualcuno, non lo si darà mai, per definizione, all’opinione pubblica: essa discende dallo "spirito dei tempi", e allora come potrebbe essersi sbagliata? Piuttosto, si darà torto ai fatti, ma non alla pubblica opinione: mai si è vista e mai si vedrà una opinione pubblica che smentisce se stessa, che sconfessa se stessa, che dichiara di volersi opporre alla dittatura dei sondaggi o alla cappa impenetrabile dello "spirito dei tempi".
Ogni tanto, comunque, c’è qualcuno che si oppone a tale totalitarismo e a tale idolatria: ma si tratta di individui isolati, che non fanno opinione, anzi, che vanno contro l’opinione corrente, e perciò sono bollati, prima ancora di aprir bocca, come folli, o meschini, o venduti a qualche potere occulto; le loro affermazioni non sono nemmeno ritenute degne di ricevere una smentita: perché non ci si abbassa a discutere con i folli, con i meschini e con i venduti. Nei casi più gravi, costoro vengono infine ridotti al silenzio con mezzi materiali (non sempre e non necessariamente violenti: esistono tecniche assai più raffinate, per punirli e screditarli del tutto: dalla calunnia al ricovero in qualche istituto psichiatrico); bisogna che tutti vedano, attraverso la repressione sistematica delle opinioni divergenti (divergenti sulle questioni di sostanza, beninteso: ché, sulle questioni secondarie, il dissenso è non solo gradito a qualunque potere, ma perfino necessario; e, se non c’è, il potere non esita ad inventarselo), che non esiste spazio, né possibilità di farla franca, per chi abbia l’idea balzana e donchisciottesca di criticare, contestare, rifiutare, ciò che l’opinione pubblica giudica vero e buono e giusto, e che incarna, appunto, lo "spirito dei tempi".
Ecco che cosa scriveva Alessandro Manzoni, a questo proposito, nel secondo capitolo delle sue «Osservazioni sulla morale cattolica», pubblicate nel 1819, un anno prima che si mettesse in moto la prima delle tre ondate rivoluzionarie liberal-democratiche che caratterizzarono l’età della Restaurazione (in: A. Manzoni, «Tutte le opere», a cura di Mario Marelli, Firenze, Sansoni Editore, 1988, vol. II, pp. 1473-1474): sono osservazioni che potrebbero essere state formulate benissimo ai nostri giorni, dato il loro carattere di estrema attualità [noi ci siamo presi la licenza di apportare qualche piccolissima modifica al lessico, per facilitare la comprensione del testo]:
«Una accusa che si fa comunemente ai nostri giorni alla Religione cattolica, è ch’ella sia in opposizione collo spirito del secolo. Questa accusa può in un senso essere dalla Religione ricevuta come un elogio: se per spirito del secolo s’intende la tendenza violenta ad alcune cose transitorie come beni da ricercarsi per sé, l’amore e l’odio insomma delle creature non diretto ai fini voluti da Dio, la Religione si protesta, come sempre si è protestata, nemica di questo spirito; e quando venisse a far tregua con esso, allora si potrebbe trovarla in contraddizione e diffidare di essa. Guai alla Chiesa se ella facesse un giorno pace col mondo! Se desistesse dalla guerra che il Vangelo ha intimata, e che ha lasciata alla Chiesa come la sua occupazione e il suo dovere; ma questo timore non può mai esser fondato, perché l’espressa parola di Gesù assicura il contrario.
Ma, si risponde, lo spirito del secolo presente non è altro che il complesso di molte verità utili e generose, presentite già da alcuni uomini grandi, diffuse di poi, e divenute il patrimonio di tutti i popoli colti, verità, il legame ed il punto centrale delle quali, non osservato nemmeno da quei sommi che le promulgarono, è stato sentito ai nostri tempi, è divenuto il fondo, per dir così, della opinione pubblica, e distingue questa epoca sommamente ragionevole. Ora questo spirito che onora la ragione umana meno ancora per la sua evidenza che per la sua bellezza, non è secondato dalla religione cattolica, anzi molte volte essa vi si oppone; e quando siamo a questo punto non bisogna stupirsi, se l’intelletto si volge da quella parte dove sta la dimostrazione, e la coscienza della dignità umana. Perché se voi trovate ardita o erronea una proposizione che sia il risultato della riflessione degli uomini i più illuminati d’una generazione, se tremate ad ogni esame che si istituisca, non dovete poi lagnarvi se si dirà che la vostra religione è nemica del pensiero, e che essa non vuole che il sacrificio del raziocinio ad una cieca sommissione: e dovreste esser convinti che su questa non è più da far conto. Che se la religione non è realmente opposta a queste verità, perché suscitate voi alla nostra fede un nemico che essa non avrebbe senza di voi? E se credete di poter provare che lo spirito della Chiesa è veramente opposto a quello del secolo, l’evidenza stessa della vostra tesi dovrebbe determinarvi a non sostenerla, perché il secolo è disposto a conservare il suo spirito ad ogni costo. Questo mi sembra a un dipresso il sugo dei rimproveri che si fanno in questo genere alla morale della Chiesa cattolica. L’obiezione è semplice, ma è impossibile che la risposta lo sia: perché deve aggirarsi su molte e varie cose, e fare assai distinzioni e nello spirito del secolo e in quello della Chiesa, e nel modo di manifestarsi dell’uno e dell’altro.
Uno dei caratteri dello spirito predominante di tutti i secoli è una certa persuasione di alcune idee che degenera in tirannia di opinione, che condanna chi lo contraddice, a passare per ignorante o per male intenzionato, dal che nasce un timore che impedisce a molti di esporre i loro dubbi, ed a moltissimi di concepirne. Questa tirannia è come tutte le altre, precipitosa, impaziente di ogni obiezione e di ogni esame, vaga di parlare, e nemica di ascoltare, e di dare spiegazioni; come tutte le altre, essa non vorrebbe dar campo alle risposte perché, come tutte le altre, è in dubbio di quella sua autorità che pure vorrebbe far riconoscere a tutti e fare ammettere come fondata sulla ragione senza lasciarla vagliare dal ragionamento. Eppure in tutte le discussioni è necessaria la calma, la pazienza, la libertà; eppure bisogna esaminar tutto, ed anche lo spirito del secolo. Senza entrare a discutere tutti i punti nei quali si pretende, a ragione o a torto, che lo spirito della Chiesa contrasti a quello del secolo, io esporrò di seguito alcuni principi, i quali, a quello che mi sembra, debbono essere gli elementi logici di ogni questione di questo genere. I principi sono questi:
Una generazione può avere la più forte persuasione di sentir rettamente, ed essere in errore. In questo caso non è da stupirsi se i principi della religione saranno in opposizione collo spirito di questa generazione. Nelle opinioni di una generazione vi può essere del vero e del falso. Essa può cavare conseguenze storte da principi retti, o stabilire principi storti per dedurne conseguenze che sono verità, e che verrebbero logicamente da altri principi che essa non vuol riconoscere, per qualche prevenzione. In questo caso la Religione si opporrà alla parte falsa, e sarà d’accordo colla vera.
Una generazione può esagerare i principi giusti, estendere la loro importanza oltre la verità; la Religione riconoscendo i principi giusti, e rivendicandoli come suoi, si opporrà alla esagerazione.
Una generazione può sostenere dei principi giusti per motivi di passione e con passione. La Religione riconoscerà pure i principi, e condannerà le passioni.
Una generazione può conoscere assai poco la Religione, e non amarla, e travisare i suoi dogmi e le sue massime, e creare una opposizione chimerica con altre massime vere.
Finalmente alcuni di quelli che difendono la Religione, possono o per ignoranza o per fini particolari sconoscere lo spirito della Religione, presentare come conseguenza della sua dottrina il loro spirito particolare, e creare essi una opposizione chimerica.
Se questi principi si avessero presenti quando ci sai affaccia un caso in cui ci sembri che la ragione del secolo sia in contrasto colla ragione eterna della fede, la ricerca sarebbe più lunga e più difficile sì, ma si potrebbe avere un po’ più di fiducia nel giudizio che si porterebbe con queste precauzioni, e il giudizio sarebbe in molti casi che l’opposizione non esiste, e dove si trovasse si vedrebbe che l’errore è dalla parte del mondo, che non fa che disdirsi, che passare dall’entusiasmo al disprezzo, che confessarsi fallibile nel passato, pretendendo poi di essere riconosciuto infallibile ad ogni nuovo sentimento che adotta, e che la verità è con quella Religione che, diciotto secoli sono, disse al mondo: "Io non mi cangerò mai"; e che non è mai cangiata. …»
Nel caso specifico del Cristianesimo e della Chiesa cattolica, ci pare che Manzoni — il liberale Manzoni, si badi: amico di Rosmini e nemico del potere temporale dei papi — abbia perfettamente colto nel segno; se la verità cristiana è eterna, essa non dovrebbe affatto preoccuparsi di piacere al mondo, né di essere al passo coi tempi: i tempi (e le pubbliche opinioni) passano, la Verità rimane…
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