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Viviamo in una società «erodiana» che vede nel bambino un’entità trascurabile?

Scriveva nell’ormai lontano 1958, Hans Müller Eckhard nel suo libro «Das Unverstandene Kind» (traduzione italiana di Valentino Giacomuzzi, «Il bambino, questo incompreso», Brescia, La Scuola Editrice, 1962, pp. 279-80):

«L’alta dignità conferita al bambino, inerme e psicologicamente tanto vulnerabile, e il capovolgimento del precedente ordine gerarchico ad opera del Cristo stesso, ha portato infine ad un orientamento completamente nuovo nell’interpretazione de quinto comandamento. Nel Discorso della Montagna già l’essere in collera è parificato all’uccidere. Con questo "Ma io vi dico" è stata infranta la morta interpretazione teologica letterale. Il vecchio S. Giovanni interpreta così il quinto comandamento (Prima Epistola di Giovanni, 3, 15): "Chi odia il proprio fratello è un assassino. Indubbiamente la scoperta dell’alta dignità del bambino e della sua vulnerabilità psichica porta con sé una misurazione e valutazione di minime, tenuissime quantità di dolore e di scandalo nei confronti dell’anima del bambino. Non è forse proprio come giudica Dostojewskij, che già la minima traccia di malevolenza non si può più con sicurezza differenziare da un assassino?

Più volte negli ultimi anni non abbiamo potuto allontanare l’impressione che nella "cristiana" Europa si diffondesse una mentalità "erodiana". Benché il sistema di violenza e di schiavitù spersonalizzatrice, che durante la dittatura hitleriana ha dominato l’educazione dei bambini e dei giovani, sia apparentemente spezzato, benché non esista più il principio razziale inumano e spregiatore dei bambini, LO SPIRITO DI ERODE VIVE ANCORA. La generale concezione dell’uomo meccanicistico-quantitativa e totalmente impersonale lo fa riapparire di continuo. Ogni minaccia di guerra lo fa rivivere. Ovunque dei bambini sono costretti a vivere in campi di concentramento o sono deportati – e ciò succede ancor sempre nel mondo, anche oggi -, ovunque dei bambini sono vittime di quella spaventosa religione della potenza e della forza professata dai politici d’oggi, un tremendo giudizio si prepara per i responsabili di questa sciagura: un giudizio al quale nessuno potrà sottrarsi, perché è un giudizio degli stessi angeli "che di continuo contemplano il volto di Dio" e notano ogni più piccolo dolore e ogni lacrima dei bambini.

Ma la mentalità erodiana è viva e operante anche in tutti i piccoli avvenimenti quotidiani, dove il bambino viene trattato, educato e istruito senza il rispetto che merita, dove, soprattutto nell’ambito della negazione dello spirito da parte dell’uomo, il bambino viene spinto al più presto possibile nel mondo dei fini e del demoniaco ordine degli adulti, dove egli viene "curato", "ricoverato", "assistito" senza nessuna affettuosa comprensione: dove in una parola il bambino è insicuro, angosciato, triste, disorientato e abbandonato e rimane INCOMPRESO.

Certamente non c’è nessuna via che conduca a Dio senza passare per l’uomo, nemmeno per un bambino! Come sarebbe possibile amare Dio, senza accogliere con amore almeno uno di questi piccoli? Amare veramente i bambini è una via che conduce a Dio, perché noi amiamo allora delle creature che, per la loro angelicità, sono vicine a Dio.

Dostoiewskji, che più di ogni altro comprese la tragedia del destino storico dell’uomo in questa nostra civiltà occidentale, che interpretò, senza evitare gli aspetti più spaventosi, il vero essre dell’uomo,ha, più di ogni altro poeta al mondo, dedicato tutta la vita a scoprire le radici di ciò che è insopportabile nell’esistenza dell’uomo e ha fatto così comprendere all’uomo il destino dei suoi simili. Egli aveva la missione d’indagare gli aspetti più profondi del dolore umano. Nelle sue opere risplende qualcosa del mistero del bambino e di quell’atteggiamento infinitamente delicato e amorevole verso i bambini, quale aveva anche il Cristo.»

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Mike Chai from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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