Per chi scrive, uno scrittore? Per chi scrive, uno scrittore?
2 Giugno 2012
Lo splendido non-ti-scordar-di-me dell’isola Chatham minacciato da pecore e maiali
6 Giugno 2012
Per chi scrive, uno scrittore? Per chi scrive, uno scrittore?
2 Giugno 2012
Lo splendido non-ti-scordar-di-me dell’isola Chatham minacciato da pecore e maiali
6 Giugno 2012
Mostra tutto

La società romana e la società barbarica nel pensiero storico di Pasquale Villari

Scriveva Pasquale Villari nel suo classico, e oggi alquanto trascurato, «Le invasioni barbariche in Italia» (Milano, Hoepli, 1905, pp. 22-24):

«Se paragoniamo la società romana alla barbarica, il contrasto appariva assai evidente. La prima era formata da una popolazione urbana, divisa in un gran numero di città, collegate da strade, con campagne quasi deserte, coltivate da schiavi o da coloni. La seconda era invece una società rurale, sparsa pei campi, che liberamente coltivava. E sebbene anche in essa vi fossero nobili e schiavi, v’era tuttavia un’assai maggiore uguaglianza. La differenza delle fortune si limitava più specialmente al numero degli armenti. La proprietà collettiva della terra contribuiva non poco a riunire gl’interessi di tutti, che con le armi difendevano il territorio comune, e nelle popolari assemblee deliberavano insieme. Quasi nulla era l’azione dello Stato, che in realtà non esisteva, e tutto aveva un carattere personale. La pena era una vendetta affidata all’offeso e ai suoi parenti, e si poteva comporre dando soddisfazione ad essi, non alla comunanza. I legami di sangue costituivano la base stessa della società, ed in parte anche dell’esercito, ordinato in gruppi di parentele. A Roma invece predominava su tutti lo Stato, e la società era fondata interamente sulle relazioni giuridiche. I Romani avevano sin da tempi antichissimi istituita la proprietà privata, liberandola dalla forma arcaica, collettiva, dando così uno slancio febbrile all’attività individuale, al progresso sociale. Ma nella lotta per l’esistenza, i più forti e i più fortunati spogliavano i più deboli, e distruggendo la piccola proprietà, crearono i latifondi. Si ebbero così da una parte fortune enormi, dall’altra una moltitudine tumultuosa di nullatenenti affamati, cui s’aggiungeva un esercito che aggravava ognuno di tasse.

Se ora per un momento, colla nostra immaginazione, ci provassimo a fondere insieme queste due società, noi vedremmo da un lato sorgere maggiore ordine e disciplina, con l’idea dello Stato, della legge, del diritto impersonale, dall’altro vedremmo rinascere la piccola proprietà, ripopolarsi la campagna di liberi agricoltori. Ma queste chimiche combinazioni nella storia si fanno solo con la violenza, con la guerra; e però nell’urto sanguinoso delle due società, una, pur modificando sé stessa, dovevas vincere ed abbattere l’altra. Chi doveva vincere? La società romana era una vasta, meravigliosa organizzazione, con una grande forza espansiva ed assimilatrice. Se non fosse stata minacciata da interna decomposizione, avrebbe di certo potuto continuare a sottomettere, a riunire e ad assimilare nuove genti, respingendo qualunque assalto. È quello che aveva fatto per più secoli. Se non che, con le vittorie crescevano gi elementi di decomposizione all’interno, di debolezza all’estero. E intanto le popolazioni germaniche tornavano continuamente all’assalto, spinte dal bisogno irresistibile di nuove terre da coltivare, bisogno che tutte spingeva verso l’occidente. Si avanzarono tumultuose, in numero sempre maggiore, sempre crescente, come le onde di un mare in tempesta.»

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Jorgen Hendriksen su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
Hai notato degli errori in questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.