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Lottare strenuamente a difesa della propria umanità

Sarà una coincidenza, ma i tempi sono più che sospetti. Nello scorso agosto 2020, mentre il mondo era bloccato dalla cosiddetta emergenza sanitaria per la cosiddetta pandemia da Coronavirus, il solito ultramiliardario "filantropo" (che bellezza: tutti grandi filantropi, questi ultramiliardari!) col vizietto di voler rifare la natura, Elon Musk, proprietario e/o presidente di Neuralink, Solar City, Tesla e varie altre aziende tanto colossali quanto avveniristiche, ha fatto impiantare con successo, davanti a un pubblico ammirato, un microchip nel cervello della graziosa maialina Gertrude, che ha consentito di farla camminare senza che ne se ne rendesse conto, nonché di farle vedere e udire cose che non esistono. Il tutto colto direttamente dalle sue circonvoluzioni cerebrali osservabili sul display di un computer, per la gioia di coloro che amano il controllo mentale a distanza. E non basta: l’oligarca trionfante ha anche annunciato che quanto prima l’esperimento verrà replicato su delle cavie umane; oh, ma sia ben chiaro, a fin di bene, cioè per curare svariati disturbi della psiche, come il morbo di Alzheimer, quello di Parkinson e le conseguenze delle lesioni al midollo spinale, non certo per manipolare l’uomo (ma che andate mai a pensare, voi complottisti!) e ridurlo ad un burattino telecomandato, tale da far impallidire i cyborg del cinema di fantascienza e le pecore elettriche immaginate dalla pur sbrigliata fantasia di Philip A. Dick. Del resto, non sono i volontari che mancano; e se mancassero, si può sempre attingere a due categorie che non possono dire di no: i detenuti delle prigioni e i militari in servizio attivo. Questo significa che stiamo andando a grandi passi verso il post-umanesimo, o transumanesimo, o come lo si vuol chiamare; e che non sarà più possibile segnare un confine preciso fra l’uomo e la macchina, fra lo spirito e la tecnologia: l’intelligenza artificiale ingloberà quella umana e nascerà qualcosa di nuovo e orripilante, qualcosa di molto simile al soggetto de L’isola del dottor Moreau di H. G. Wells (scritto nel 1896 e pubblicato l’anno dopo: più di centoventi anni fa!). E se questo futuro per caso non ci piace, allora non abbiamo più un giorno, un minuto da perdere: dobbiamo reagire adesso, subito; ne va della conservazione del nostro statuto ontologico di esseri umani.

E tuttavia, chiederanno in molti, una volta che siamo arrivati a questo punto, che fare? Da dove incominciare? Su che cosa far leva per rompere l’incantesimo maligno e uscire dallo stato d’ipnosi in cui la sbandierata pandemia ci ha fatti piombare, imprigionandoci in una rete angosciosa di terrore e togliendoci quel poco di lucidità e coscienza critica che erano sopravvissuti a più di cinquant’anni di sistematico lavaggio del cervello ad opera dei mass-media finanziati e indirizzati dal potere globalista? La risposta a questi interrogativi si articola in un duplice ordine di azioni: una pars destruens e una pars construens. In primo luogo, si tratta di applicare la regola aurea di qualunque arte medica: evitare qualsiasi cosa, qualsiasi comportamento, o abitudine, o stile di vita, che conduca verosimilmente alla malattia, perché prevenire è meglio che curare. Ora, l’uomo dei nostri giorni, terrorizzato dalle notizie sulla pandemia che a tutte le ore gli vengono somministrate da agenzie e poteri tutti al soldo della grande finanza, interessata a che egli resti imprigionato nella sua bolla di terrore, è anzitutto schiavo delle proprie cattive abitudini, a cominciare da quella di guardare la televisione e magari di tenere acceso l’apparecchio tutto il giorno. Se poi si informa, o crede d’infornarsi, acquistando e leggendo anche un giornale quotidiano, di quelli che hanno le maggiori tirature e che raccontano le menzogne più spudorate, la frittata è fatta. Si tratta dunque di capire che per non ammalarsi di angoscia, depressione e terrore, è necessario spegnere il pulsante del televisore, o meglio ancora, non guardare affatto la televisione: fare come se non ci fosse, a parte forse qualche documentario naturalistico e qualche vecchio film. Ma i telegiornali non bisogna guardarli, assolutamente: sono gli strumenti privilegiati coi quali i poteri forti ci tengono perennemente spaventati e sottomessi. E lo stesso vale per i giornali: semplicemente non bisogna leggerli; non bisogna più compararli, perché leggere i giornali della cosiddetta grande stampa equivale ad inquinare irreparabilmente la propria mente e a introiettare una quantità di pensieri falsi, tutti altamente negativi, che ci intossicano e creano una nube di vibrazioni negative a bassa frequenza, attorno a noi. Vibrazioni energetiche create dalla nostra confusione, dal nostro spavento e dalla nostra depressione.

Poi ci sono i social. Ciascuno di essi è un anello della catena che tiene schiavi coloro che se ne servono, o meglio che credono di servirsene, per il proprio piacere o la propria comodità. I più rozzi e "popolari", come Facebook e Instagram, servono solo a far circolare pettegolezzi e quindi ad alimentare sospetti, invidie e maldicenze. Quelli più "seri", come WhatsApp, vengono usati spesso anche per ragioni professionali, ma a ben guardare, recano più inconvenienti che vantaggi: ad esempio, rendono impossibile una chiara separazione fra tempo di lavoro e tempo privato, col risultato che una persona viene bombardata di messaggi lavorativi a ogni ora del giorno e della notte, sabati e domeniche compresi. A parte questo, c’è un altro inconveniente, assai più insidioso anche se non immediatamente evidente. Il solo fatto di servirsi dei social implica una sorta di "schedatura" dell’utente, tanto per cominciare a scopi pubblicitari: i messaggi composti e le pagine internet vistate forniscono indicazioni sui suoi interessi e i suoi gusti, e una quantità di messaggi promozionali comincia ad arrivare, non richiesta, segno che nulla è sfuggito all’algoritmo e che quindi, da qualche parte, esiste, sia pure allo stato potenziale, un dossier su ciascun iscritto ai social network, e sia pure compilato non da una qualche persona fisica, ma da un sistema informatico che è stato programmato per operare spontaneamente. Nulla vieta, tuttavia, che un domani, se dovessero presentarsi determinate condizioni generali, ad esempio se dovesse venire instaurato un regime totalitario (questo per caso vi dice qualcosa?; noi abbiamo la sensazione che ciò sia già avvenuto, solo che non ce ne siano accorti), quei dossier da potenziali potrebbero diventare concreti e venire utilizzati contro le persone in questione, non solo violando la loro privacy, ma facendole arrestare o mettendole in stato di grave pericolo. E non basta. Se voi parlate al telefono con un amico, ed esprimete un certo giudizio o una certa opinione su una data cosa, ad esempio se esprimete l’intenzione di acquistare una bicicletta da corsa, ecco che "stranamente" vi compariranno sullo schermo numerose offerte di biciclette in vendita tramite Amazon, mentre state lavorando al computer e pensavate a tutt’altra cosa che la bicicletta. Ciò indica che il contenuto delle vostre telefonate viene "ascoltato" e poi utilizzato per venire incontro a una richiesta che voi, in effetti, non avevate neppure espresso, tranne che chiacchierando al telefono con quell’amico, conversazione della quale vi eravate perfino scordati. Ma non se n’è dimenticato lui, l’orecchio che tutto ode, e che non butta mai via niente, tesaurizza e immagazzina nel suo ventre capace ogni singola parola e ogni sia pur minima informazione, perché tutto gli serve per mettere insieme i frammenti e ricostruire il quadro d’insieme, con una velocità e una precisione che solo una macchina estremamente sofisticata può ormai raggiungere. Ad ogni modo, una cosa è sicura: più adoperate i social e più siete "tracciati" e, naturalmente, tracciabili. Certo, potete anche dire che la cosa non vi turba affatto, che non vi preoccupa minimamente; siete liberi di pensare che non ha alcuna importanza se qualcuno, da qualche parte, volendo, solo con un semplicissimo click, può ottenere così tante notizie su di voi, sul vostro profilo, sulle vostre abitudini, sulla vostra vita privata, sulle malattie che avete avuto, sulle eventuali debolezze che avete manifestato. Siete padroni di credere che tutto ciò in fin dei conti non significa nulla, e che bisogna essere paranoici per pensare che in un ipotetico futuro qualcuno potrebbe davvero prendersi il disturbo di andare a vedere tutte quelle cose che vi riguardano così da vicino. In tal caso, buona fortuna: si vede che siete persone piene di fiducia verso la bontà del mondo, e che per voi è impossibile concepire che se qualcuno possiede un potere così grande da poter "schedare" tutti quelli che, ad esempio, utilizzano Youtube, un domani potrebbe non essere tentato di servirsi di quelle informazioni, qualora gli tornasse utile e voi poteste, chi sa come, rappresentare un fastidio o un ostacolo per i suoi piani. Sta di fatto che abbiamo visto cosa può fare Mark Zuckerberg, forte dei suoi soldi e del suo potere: può oscurare tutti i messaggi del presidente degli Stati Uniti, per la ragione che lui solo, a proprio insindacabile giudizio, ha deciso che costui non è degno di rivolgersi ai suoi concittadini. E se ha potuto oscurare il presidente americano, cosa non potrebbe fare, volendo, nei vostri confronti?

Ebbene, siamo certi che dopo un periodo di tempo trascorso senza guardare la televisione, senza leggere i giornali, senza servirsi dei social, la maggior parte delle persone comincerebbero a star meglio, in tutti i sensi, e a disintossicarsi dagli influssi negativi che tali mezzi operano sulla loro mente, senza che i diretti interessati se ne accorgano neppure. Se a ciò si aggiunge un uso del telefonino cellulare limitato allo stretto indispensabile e un utilizzo altrettanto parco dell’automobile e, di contro, una consolidata abitudine a camminare ogni giorno, ad abituarsi ad ascoltare più che a parlare, a osservare le cose con attenzione e con stupore, più che a commentare qualsiasi inezia, a proposito e a sproposito; in breve: se ci si abitua a condurre una vita più sana, più normale, a mangiare secondo una dieta regolata, possibilmente non assumendo i cibi schifosi prodotti dalle multinazionali, a non fumare, a non assumere sostanze eccitanti di qualsiasi tipo, allora ci sono buone speranze di tornare ad acquistare la propria libertà di pensiero e di azione, a vedere le cose sotto una luce diversa e più veritiera, e ad essere più in sintonia con la realtà del mondo esterno, e un po’ meno prigionieri di un mondo virtuale, fatto di cose illusorie e abitudini innaturali, che purtroppo sono divenute parte della nostra vita e che si frappongono fra noi e la realtà come un fitta nebbia, proiettandoci in una dimensione irreale, come se il legame vitale fra noi e il mondo si fosse interrotto. È per questo, senza dubbio, che ci siamo abituati ad accettare tutta una serie di cose assurde, sbagliate, brutte, come se fossero normali, perché in noi si è spento quel senso istintivo della vita, di ciò che è naturale e di ciò che è giusto, il quale appartiene a ogni essere umano, ma che deve essere coltivato affinché rimanga desto e cosciente. Ciò vale sia nel campo del pensiero, dove ormai ci siamo abituati a convivere con l’idea di un pensiero debole, il che è un’assurdità in termini logici; in quello della morale, dove accettiamo l’aborto volontario come una cosa che, essendo legalmente lecita, deve essere per forza anche buona; in quello sociale, dove parliamo, ad esempio, di famiglie omogenitoriali con molta disinvoltura, quando si tratta, anche in questo caso, di un concetto in se stesso contraddittorio; e così via. A forza di prendere per buone cose sbagliate e illogiche, di considerare normali cose che fanno a pugni col principio di realtà, siamo divenuti degli esseri schizofrenici, dissociati, che non si accorgono di vivere nel vuoto e di parlare del nulla, credendo però di essere quanto mai concreti e realisti.

Riassumendo. Se vogliamo disintossicarci e quindi riacquistare abbastanza lucidità per rompere l’ipnosi in cui ci troviamo, dobbiamo compiere non un singolo atto della volontà, cosa per cui ci mancherebbero le risorse e i punti d’appoggio, ma intraprendere un lungo e paziente cammino di conversione della nostra vita, abbandonando le cose inautentiche, inutili, dannose e riscoprendo la profondità, il silenzio, la verità e la bellezza. Prima ci dobbiamo liberare dalle cattive abitudini e dai falsi pensieri; poi potremo iniziare a sviluppar nuovamente la nostra parte creativa, vitale, intelligente. Non si impara ad apprezzare Bach in un giorno solo, se per anni si è ascoltata solo musica heavy metal; né s’impara a godere di Giotto, o dello stile gotico, se si conosce solo Andy Warhol e l’architettura delle attuali archistar. E la stessa cosa vale nel campo dei sentimenti personali: se ci si è assuefatti all’utilitarismo, alla superficialità, a servire dome schiavi il proprio piacere, non si potranno riscoprire i tesori nascosti della vera amicizia e del vero amore; si passerà da un corpo all’altro, da un letto all’altro, sempre più ignoranti e dimentichi di ciò che rende davvero il cuore contento: la dolcezza, la tenerezza, la lealtà, la compassione. Anche l’egoismo e il pansessualismo esasperato, più o meno freudianamente giustificato, vengono utilizzati dai Padroni Universali per degradarci al livello di bestie perennemente in calore, incapaci di veri e profondi rapporti umani e sempre più rinchiusi nel nostro ipertrofico io. Perciò l’isolamento, fisico oltre che mentale, nel quale ora ci troviamo confinati dalle assurde disposizioni governative sul lockdown, è in realtà il punto d’arrivo di un percorso di vita intrinsecamente sbagliato e distruttivo, sul quale ci eravamo incamminati da molto tempo, anni e anni prima che costoro pensassero a utilizzare lo strumento del terrore sanitario per confinarci in casa come dei poveri esseri smarriti e tremebondi, in spasmodica e religiosa attesa del salvifico vaccino, versione aggiornata e corretta in chiave postmoderna del Messia salvatore e redentore dell’umanità.

In piedi, dunque. Dobbiamo riconquistare la nostra condizione umana prima che sia troppo tardi. Prima che ci siamo talmente disumanizzati da non renderci neppure conto della nostra metamorfosi.

Fonte dell'immagine in evidenza: Alan Camerer - Pubblico dominio

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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