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La nostra mente è preparata ad accettare questo?

Nel pomeriggio di mercoledì 7 gennaio del 1970 due giovani sciatori di nome Aarno Heinonen ed Esko Viljo, i quali percorrono le vaste e silenziose distese di un bosco coperto di neve presso Imjarvi, nel sud della Finlandia, in condizioni meteorologiche severissime, vedono una sfera volante sospesa nell’aria e circonfusa da una sorta di nebbia colorata, esperienza che li riempie d’inquietudine e, ben presto, di autentico terrore. Infatti, improvvisamente, dalla parte inferiore del misterioso oggetto esce una colonna di luce, nella quale i due vedono distintamente, a terra, una piccola entità difficile da classificare, comunque di aspetto umanoide, ma simile a una specie di folletto e con uno strano copricapo a forma di cono. Entrambi i testimoni, sconvolti, dopo essere tornati a casa, soffrono una serie di misteriose patologie e uno di essi, in particolare, mostra segni evidenti di esposizione alla radioattività. Questo, per chi non lo sapesse, è un incontro ravvicinato del terzo tipo: uno dei tanti, scelto praticamente a caso nella vastissima casistica, ma dotato di seri elemento di credibilità, in particolare l’attendibilità dei testimoni e i riscontri sulle loro condizioni di salute fatte dal personale medico (cfr., fra gli altri autori, Jenny Randles, La piccola grande enciclopedia degli UFO, tr. it. Armenia, 2001, pp. 75-76).

Per chi, poi, fosse maggiormente interessato agli incontri ravvicinato del quarto tipo, cioè in pratica, quelli caratterizzati da un rapimento alieno, è notissimo, anche se controverso (ma quale di simili episodi non lo è?) il caso del metronotte milanese Pier Fortunato Zanfretta, classe 1952, il quale nel periodo che va dal 1978 al 1981 sarebbe stato avvicinato e rapito almeno una decina di volte da creature rettiliane altre circa tre metri, con la pelle verde e rugosa e gli occhi gialli triangolari, pacifiche nonostante l’aspetto spaventoso, provenienti da un pianeta denominato Titania e in missione esplorativa nello spazio, alla ricerca d’una nuova sede futura, in quanto il loro mondo sarebbe ormai morente. Esse gli avrebbero anche lasciato in dono una sfera trasparente contenente un tetraedro ruotante in sospensione, che nessuno però ha mai visto perché l’uomo lo avrebbe nascosto, e che lui stesso non sarebbe riuscito a fotografare, essendo risultato invisibile sulla pellicola. I fatti sarebbero accaduti a Genova e avrebbero la conferma, sia pure indiretta, di alcuni testimoni i quali hanno visto fenomeni luminosi insoliti proprio nei luoghi e nei tempi corrispondenti agli incontri ravvicinati del metronotte. Neanche l’ipnosi regressiva ha fornito prove decisive, sebbene alcuni stimati studiosi, come lo psicanalista Cesare Musatti, si siano espressi per la buona fede di Zanfretta; anche se è possibile essere sinceri ma avere dei ricordi illusori.

Ad ogni modo, la letteratura sugli incontri ravvicinati e sull’interazione fra creature umane e aliene è talmente vasta che c’è solo l’imbarazzo della scelta. Essa s’intreccia con le testimonianze, quale che sia il grado di attendibilità che si voglia attribuir loro, di quelle persone che sostengono di aver visto gli alieni all’interno di basi militari terrestri, come nel caso del discusso Bob Lazar e della fantomatica Area 51, nel deserto del Nevada. E a questo proposito vale la pena di ricordare che voci su presenze aliene all’interno di aree militari top secret esistono non solo per gli Stati Uniti, ma anche per l’Italia, ad esempio relativamente alla base aerea NATO di Aviano, in provincia di Pordenone, nominalmente italiana ma in effetti utilizzata dall’Aeronautica statunitense, che comprenderebbe enormi strutture sotterranee vietate agli estranei. Per non parlare di una vera e propria base aliena situata lì vicino, ai piedi delle Prealpi Carniche, da cui si alzerebbero in volo numerosi UFO, la cui frequenza è stata oggetto perfino d’una interrogazione parlamentare. E il ricercatore Antonio Chiumiento (cfr. il suo libro Ho le prove. La verità sulla presenza degli alieni, Pordenone, Edizioni Biblioteca dell’Immagine, 2004) sostiene di aver raccolto le confessioni di un "addotto", ossia di una persona del posto, un giovane operaio che sarebbe stato rapito dai "grigi", coi quali avrebbe fraternizzato, e condotto più volte in tale base sotterranea, ove avrebbe visto le loro aeronavi e anche degli strani "militari", apparentemente simili a zombi privi di volontà.

Ma ecco la testimonianza di uno dei più noti ufologi statunitensi, Steven M. Greer, originario del North Carolina, classe 1955, di professione medico, rilasciata nel corso di una pubblica conferenza tenuta a Washington per una delle due associazioni di ricerca da lui fondate senza scopo di lucro, Disclosure Project (cit. in: Roberto Pinotti, Alieni: un incontro annunciato, Milano, Mondadori, 2009, pp. 21-24):

Signore e Signori, vi rivelerò la mia personale esperienza. Esistono velivoli precipitati al suolo non costruiti su questo pianeta. Essi contenevano entità viventi, esseri pensanti, persone molti simili a voi e a me stesso. Intendo dire con una loro cultura, una loro vita e una loro famiglia, e così pure in grado di provare piaceri e dispiaceri. Non mi ci è volto troppo tempo per capirlo da quando sono rimasto coinvolto attivamente in specifiche missioni di recupero di UFO, ma non potevo svelare neanche alla mia famiglia questa mia attività.

Desidero ora raccontarvi un incidente da me vissuto che mi ha totalmente proiettato in quel tipo di situazione. È avvenuto in un luogo chiamato Indian Town Gap, in Pennsylvania. Allora [verso il 1969: e qui c’è qualcosa che non torna, perché Greer all’epoca doveva avere quattordici anni; nota nostra] lavoravo nella Civil Affairs Unit, 36a compagnia. (…)

Durante il corso – una notte – delle persone vennero da noi a dirci che un velivolo si era schiantato. Era probabilmente un aero americano che forse disponeva di un dispositivo nucleare e quindi ci recammo in quel posto solo noi della squadra NBC. (…)

Quando poi ce ne andammo di lì per le operazioni di recupero, ci fu fatto raggiungere un luogo dove a distanza si vedevano delle luci. Erano molto grandi e fonti luminose di quel genere noi le definivamo "a tutta luce". Guardammo attentamente e scorgemmo un sorta di velivolo che ricordava la forma di una specie di tallone infisso ne suolo. Mentre mi avvicinavo, non mi soffermai troppo a pensarci su. Cercavo di capire che tipo di mezzo potesse mai essere, ma non ci riuscii. (…)

Una volta giunto al velivolo, nel luogo dove era interrato, inclinato a 30 gradi dal suolo, guardai all’interno di questo e vidi ciò che apparentemente sembrava una cabina di pilotaggio. La cabina non era aperta. Sul lato del mezzo c’era un portello a forma di rene del quale, se pure fosse stato completamente aperto, non sarebbe però stato possibile intravedere la linea di giunzione. Ma in questo caso era aperto. Una volta arrivato guardai giù e capii che a persona che vedevo non era umana — almeno secondo la nostra definizione del termine — perché in effetti era molto più piccola di noi. La testa era molto più grande in proporzione a un essere umano, era reclinata su un lato ed ero quasi certo che fosse morta. A lato ce n’era un’altra che penzolava. Era fuori per metà, cin un braccio e la testa; la radioattività era superiore alla norma e lo rivelai. Continuai a perlustrare e dissi che avevo bisogno di un ufficiale. Sentii solo: "Okay, ci dica solo quello che vede". Risposi: "Nossignore! Credo che non abbia capito. Ho bisogno di un ufficiale!". Loro continuarono a dirmi che dovevo solo dire cosa vedevo e io riferii in pratica quello che vi sto dicendo. È stato il primo caso di un mio coinvolgimento e approccio con entità che erano state uccise. E posso dirvi che in quel velivolo c’erano quattro di quelle entità.

Dopodiché, non troppo tempo dopo quell’evento, vidi un altro essere "vivo". In quel frangente, poso dirvi che abbiamo comunicato con quell’entità. E posso dirvi che le parole che risuonarono forti alle mie orecchie furono: "Ho paura". Io e un altro soldato aiutammo quell’essere a scappare. Per questo colui che aveva costantemente guidato la nostra squadra e qualsiasi altra squadra in cui io mi fossi trovato — da me sempre definito "il colonnello" — era molto adirato e venne a dirmi cosa mi sarebbe potuto succedere. "Conosce le punizioni che si comminano a chi dà aiuto e conforto a un nemico?", mi chiese. Risposi: "Mi scusi, signore, pensavo fosse piuttosto un ospite!". Aggiunsi: "Mi scusi, signore, se mi dovesse ricapitare non lo farei più".

Come ho detto, di quell’essere riuscii solo a capire nel suo linguaggio la semplice espressione: "Ho paura" e, al riguardo, preciso che non ho mai provato tanta pietà come in quel momento. Eppure sono stato anch’io in quel piccolo paese chiamato Vietnam. Ero distante migliaia di miglia e anche io vi ho avuto paura, a diciannove anni. Ma la realtà è che quelle erano entità di cui non avremmo dovuto parlare mai. Non erano cose di cui avremmo comunque potuto parlare. Erano avvenimenti che avrei dovuto tacere ai miei familiari, ma quando li rividi nuovamente sentii invece che la mia famiglia aveva il diritto di sapere. (…)

Stasera sono venuto anche da voi come un individuo terrorizzato: un piccolo uomo terrorizzato che vi ha raccontato solo una parte di quel che gli è capitato. Ci sono stati altri fatti che vorreste conoscere relativamente alla presenza di extraterrestri sulla terra. (…)

Il fatto è che non siano soli nell’universo e ho pensato che avreste voluto saperlo. Grazie.

Le testimonianze come quelle di Steven Greer, fatta naturalmente la tara alla gran quantità di materiale totalmente inattendibile, frutto delle "rivelazioni" di mitomani o di furbe operazioni commerciali, ci pongono davanti a una serie d’interrogativi che attengono non solo alla sfera dei fenomeni naturali, possibili o "impossibili" che li si voglia giudicare, ma anche alla filosofia e alla teologia, perché – si crede – se avessero una qualche base di realtà, metterebbero in crisi una buona parte del nostro presunto sapere e alzerebbero un velo su dimensioni del tutto ignote, spiazzando le nostre certezze e mettendo in crisi alcune delle nostre più radicate convinzioni. Da sempre gli uomini si interrogano se siano soli, in quanto creature intelligenti, nell’immensità dell’universo; e se lo sono chiesto, ma piuttosto raramente, anche dei filosofi di valore, come Nicola Cusano (cfr. il nostro articolo: La riflessione sulle creature extraterrestri nel pensiero di Nicola Cusano, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 10/12/14 e ripubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 15/11/17). Qualcuno si è spinto perfino più in là ed è giunto a ipotizzare che non solo gli extraterrestri esistano e non solo visitino sporadicamente il nostro pianeta, ma che siano già presenti sulla terra, mescolati agli umani, dai quali apparentemente nulla li distinguerebbe, condizionandone in maniera occulta, forse anche geneticamente, l’evoluzione (cfr. l’articolo: E se gli alieni fossero già qui, in mezzo a noi?, rispettivamente il 13/11/08 e il 07/11/17). Il credente potrebbe, a tutta prima, sentirsi confuso da una simile eventualità, della quale le Scritture non parlano. Ma è proprio vero che non ne parlano? Come si deve intendere una frase come questa (Gen., 6, 4): C’erano sulla terra i giganti a quei tempi – e anche dopo – quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi? E perché l’Autore sacro, subito dopo, soggiunge (idem, 6, 5-6): Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male? Chi erano i figli di Dio che si sarebbero uniti alle figlie degli uomini, dando origine a una stirpe di giganti, ben presto moralmente degenerata? E passando al Nuovo Testamento, come interpretare la frase di Gesù Cristo (Giov., 14, 1-2): Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto? Significa che esistono altri luoghi dell’universo, altri mondi abitati da creature intelligenti? E, in tal caso, bisogna dedurne che Gesù Cristo si è Incarnato anche per loro, ha sofferto la Passione anche per loro ed è Risorto anche per la loro salvezza? Oppure si è Incarnato sulla Terra, una volta sola, contando che dal nostro pianeta la Buona Novella si sarebbe irradiata in tutto l’universo, così come, duemila anni fa, si è irradiata dalla piccola Giudea a tutto il mondo greco-romano e infine, vincendo ogni resistenza, all’intero orbe terracqueo? È abbastanza evidente che non si può dare una risposta su questi fragili accenni scritturistici, passibili di differenti interpretazioni. E tuttavia, perché mai la possibilità che esistano altre razze intelligenti, al di fuori della terra, o magari anche sulla terra, dovrebbe collidere con la visione cristiana? Sia la scoperta del Nuovo Mondo e di un’altra umanità, quella degli amerindi, sia l’affermarsi del modello cosmologico copernicano, sia, più di recente, la scoperta delle geometrie non euclidee e quella dell’inconscio sono parse suscettibili di mettere in crisi la visione cristiana del reale, ma poi ci si è accorti che a venir messo in crisi era solo un indebito antropocentrismo identificato a torto con essa. Sono rimasti solo i neopositivisti più attardati a opinare che il modello eliocentrico, l’evoluzionismo biologico e la psicanalisi, nonché la fisica quantistica e la teoria della relatività, abbiano assestato al cristianesimo dei colpi che, ogni volta, avrebbero dovuto esser mortali. Invece nessuna di tali teorie l’ha scalfito. A metterlo in crisi è stato altro: la resa alla mentalità e ai costumi del mondo moderno…

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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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