
Lo squallido trionfo dei nipotini di Jean Meslier
28 Febbraio 2019
Non solo cattivi maestri, ma anche piccoli
1 Marzo 2019Che relazione c’è fra le eresie dottrinali della contro-chiesa del signor Bergoglio e le sue aberrazioni pastorali? Potrebbero sembrare aspetti completamente distinti di una medesima deriva apostatica; invece esiste un filo rosso che li lega e li riconduce ad un unico disegno. In realtà, da quando Giovanni XXIII ha deciso di convocare un concilio puramente pastorale, ha introdotto, di fatto, il primato della pastorale sulla dottrina: perché tutti i venti concili del passato erano sempre stati convocati per dirimere delle pericolose controversie dottrinali e per fare chiarezza, appunto, sul piano della dottrina. Un concilio pastorale sarebbe sembrato, a tutti i papi anteriori al conclave del 1958, una contraddizione in termini: per fare la pastorale non servono i concili, ma la scrupolosa applicazione del diritto canonico, illuminato dal Magistero perenne e vivificato dalla sacra liturgia. Ma il concilio "pastorale", il Vaticano II, ha attaccato proprio la liturgia; e una volta aperta quella breccia – e che breccia!; una voragine: si pensi solo alla nuova Messa di Paolo VI, che è stata una rivoluzione — il resto sarebbe venuto da sé, inevitabilmente. Quale resto? Il progressivo assorbimento della dottrina da parte della pastorale. La pastorale, spostata sulle nuove basi della liturgia rivoluzionaria, era diventata, dopo il 1969, sostanzialmente una cosa del tutto nuova rispetto alla pastorale di sempre, in particolare quella praticata dalla Chiesa fra il Concilio di Trento e il Vaticano II: quindi, a rigore — anche se la maggior parte dei fedeli e, senza dubbio, anche una bella fetta del clero — non se ne rese neppure conto, la Chiesa cattolica era stata silenziosamente sostituita da una nuova entità, da una contro-chiesa gnostica e massonica, però camuffata così abilmente, da poter essere ancora scambiata, se guardata da lontano e con un po’ di distrazione, per quella vera. Il guaio è che la stragrande maggioranza dei cattolici, compresi i consacrati, erano, per l’appunto, abbastanza distratti da non notare la differenza. Se pure qualcuno vi fece caso, tenne i suoi dubbi per sé; con la sola eccezione – ormai è storia — di monsignor Lefebvre, il quale denunciò la rivoluzione spacciata per riforma e osservò che lui non voleva cambiare nulla, ma erano il papa e i vescovi che pretendevano di cambiare la Chiesa e la sua dottrina perenne. Nessuno poté dimostrare il contrario, cioè che quanto egli diceva non fosse vero; ma trovandosi del tutto solo, di fronte a centinaia di vescovi che davano ragione al papa e al Concilio, fece comunque la figura del fanatico, dell’esagitato, del paranoico, e il suo grido d’allarme non venne raccolto. Anzi, per parecchi anni il Vaticano poté avvantaggiarsi della teoria degli opposti estremismi, proprio come la Democrazia Cristiana sul terreno politico: gli estremisti conservatori di Lefebvre facevano sponda agli estremisti progressisti, come i seguaci della teologia della liberazione. La Chiesa teneva il timone al centro, la Chiesa disapprovava e condannava entrambi: tale fu la linea del papato, da Paolo VI in avanti, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI compresi.
Ora, il primato della pastorale sulla dottrina — che è, puramente e semplicemente, una aberrazione quasi inconcepibile, e che come tale sarebbe stata riconosciuta e prontamente denunciata non solo dai teologi del passato, ma dai papi, dai cardinali, dai vescovi e da tutto il clero — porta con sé anche il primato dell’azione sulla verità. Fare le opere buone, ammesso che siano "buone", passa davanti al fare le cose giuste, cioè secondo verità e giustizia: dar da mangiare ai poveri diventa la cosa essenziale; farlo nei luoghi appositi e convenienti, nelle mense dei frati e nei vasti locali dei semiari rimasti desolatamente vuoti da anni e da decenni, a riempirsi di ragnatele, oppure farlo dentro le chiese, togliendo i banchi e sospendendo la Messa e la preghiera per servire la pasta al ragù e i fiaschi di vino rosso, è la cosa secondaria. E in tal caso, perché non allestire il pranzo di Natale per i poveri dentro le chiese, magari con un bel concorso di fotografi e giornalisti, così tutto il mondo saprà quanto sono buoni e misericordiosi questi preti di strada e questi vescovi altrettanto fieri di essere chiamati, e di chiamarsi da se stessi, di strada? Ed ecco come la dottrina viene stravolta dalla"pastorale": le chiese diventano le case del popolo, non più le case di Dio; e la religione del Povero sostituisce la religione di Cristo. Tanto peggio se il primo comandamento dice chiaro e tondo: Io sono il Signore tuo Dio; non avrai altro Dio fuori che me. D’altra parte, se al tempo di Gesù Cristo non c’erano i registratori — come acutamente osserva il generale dei gesuiti, Sosa Abascal, confortato dal silenzio/assenso del suo papa, Bergoglio — figuriamoci se potevano esistere molto prima, al tempo di Mosè e delle dodici tavole sul Monte Sinai.
Scrive molto opportunamente il prof. Stefano Fontana su La Nuova Bussola Quotidiana del 08/02/19:
Il grimaldello con cui la rivoluzione teologica degli anni Sessanta aprì la cassaforte della teologia cattolica trasformandola è in realtà qualcosa di molto semplice: negare che l’uomo possa avere accesso alla verità indipendentemente dalla propria collocazione storica in una situazione (il famoso Sitz im Leben della teologia sessantottina). Ciò bastò per fare della teologia cattolica una nuova teologia. Da allora divenne canonico che la comprensione che la Chiesa ha della rivelazione non è una conoscenza, ma una interpretazione. Tra conoscenza e interpretazione c’è questa sostanziale differenza: la prima conosce l’oggetto in sé, la seconda conosce l’oggettoper me. Come scrive Rahner, conoscendo l’oggetto, il soggetto conosce sempre anche qualcosa di sé. Siccome la pastorale è il contatto vitale con la situazione, essa condiziona la dottrina e rende impossibile una teologia valida sempre. Dapprima, come si è detto, tra le due si pensò esserci circolarità, che si illuminassero a vicenda e che si trattasse di trovare nuove espressioni per rendere la dottrina di sempre, ma pian piano si scivolò verso il primato della pastorale, perché il modo storico di esprimere la dottrina di sempre divenne parte integrante della dottrina che, quindi, non era più di sempre.
Ora, se la pastorale prevale sulla dottrina, se detta l’agenda alla dottrina, se indica i contenuti dottrinali — che la carità verso i poveri precede anche il timor di Dio, per esempio — non devono stupire più di tanto le incredibili sparate del signor Bergoglio, come quella che ha pronunciato nella udienza generale in Piazza San Pietro il 7 giugno 2017 (consultare il testo completo del discorso La Speranza cristiana su https://w2.vatican.va/ ):
Cari fratelli e sorelle, non siamo mai soli. Possiamo essere lontani, ostili, potremmo anche professarci "senza Dio". Ma il Vangelo di Gesù Cristo ci rivela che Dio che non può stare senza di noi: Lui non sarà mai un Dio "senza l’uomo"; è Lui che non può stare senza di noi, e questo è un mistero grande! Dio non può essere Dio senza l’uomo: grande mistero è questo! E questa certezza è la sorgente della nostra speranza, che troviamo custodita in tutte le invocazioni del Padre nostro.
Cosa? Abbiamo sentito bene? Dio non può stare senza di noi? Dio non sarà mai un Dio senza l’uomo? Lui non può essere Dio senza di noi: e questa eresia sarebbe contenuta nel Padre nostro? Ma dove ha studiato teologia, costui? Ma se un simile sproposito fosse uscito dalla bocca di un qualsiasi seminarista, i suoi professori, speriamo, non avrebbero esitato un istante a correggerlo, prendendolo per le orecchie, tanto per insegnargli a parlare con rispetto, oltre che con cognizione di causa. Questa, espressa con tanta rozzezza e spavalderia del signore argentino, è una colossale eresia: precisamente l’eresia gnostica, secondo la quale Dio diviene tale grazie all’uomo, e avrebbe quindi creato l’uomo per "necessità", in quanto gli mancava qualcosa. La Chiesa cattolica, al contrario, quella vera, insegna che Dio è sempre stato, è, e sarà sempre perfetto in se stesso, e perfettamente appagato dalla comunione d’amore esistente fra le Tre Persone della Santissima Trinità; mentre la creazione del mondo e dell’uomo è nata da una sovrabbondanza del suo amore, non da una sua oggettiva necessità.
Ma cosa aspettarsi da un "papa" il quale non si perita di affermare (17 marzo 2017, udienza al Catholic Theological Ethics in the World Church) che nella Santissima Trinità stanno tutti litigando a porte chiuse, mentre fuori l’immagine è di unità. E anche quella volta, nessuna reazione: quando la "teologa" sudamericana Emilce Cuda, tacchi a spillo, vestita e truccata come una majorette, se ne veniva fuori, esultante, dal colloquio con sua santità e riferiva queste meravigliose parole, nessuno si è alzato in piedi a chiedere che Bergoglio rendesse conto di una simile, inaudita e blasfema espressione.
Dunque: la rivoluzione liturgica come cavallo di Troia per espugnare l’edificio della pastorale; e la pastorale rivista e corretta, come ulteriore cavallo di Troia per espugnare l’ultima e più importante cittadella: la dottrina; una volta conquistata la dottrina, la guerra è vinta. Perché si tratta di una vera e propria guerra, che ciò sia ben chiaro e nessuno si faccia illusioni: una guerra che la massoneria ecclesiastica ha scatenato, dall’interno, contro l’autentica Sposa di Cristo, allo scopo di sostituirla e contraffarla con una contro-chiesa invertita e luciferina. Ma se la pastorale prevale sulla dottrina e se le buone azioni vengono prima della verità, perché limitarsi a trasformare le chiese in taverne, ristoranti, dormitori e pizzerie? Perché non fare le cose più in grande, molto più in grande, e trasformare l’Europa in un immenso campo profughi permanente, così da spianare la strada all’islamizzazione del continente? Infatti, la distruzione della dottrina, unta al crollo della natalità, non sono ancora abbastanza: i gesuiti hanno fretta, molta fretta, di veder realizzati i loro tenebrosi disegni. Bisogna che l’Europa cristiana, e perfino il suo ricordo, scompaiano più in fretta, molto in fretta. Le tenaglie della distruzione programmata sono due: da un lato, le legislazioni laiciste dell’Unione Europea e dei singoli Stati, come quella che in Francia ha appena dichiarato obsolete le parole padre e madre e le ha sostituite con genitore 1 e genitore 2; dall’altro, l’invasione islamica e la relativa sostituzione di popoli, fatte passare sotto la denominazione truffaldina di migrazioni, accoglienza, solidarietà e inclusione. E, quel che è peggio, il tutto spacciato per un dovere cristiano. Ecco la pastorale, peraltro una pastorale che non ha più nulla di cattolico, sostituirsi di nuovo alla dottrina. Dove mai la dottrina cattolica dice che l’islam, o qualsiasi altra religione, possiede una stessa dignità intrinseca e un grado di verità relativa paragonabile alla religione cristiana? Eppure, il signor Bergoglio ha detto anche questo; anzi, lo ha scritto, nero su bianco, e suggellato con la sua firma e con quella del Grande Imam al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, con il quale si è scambiato un bacio sulla bocca (nessun problema, per lui; la sua bocca è abituata a baciare anche il Corano, un libro nel quale c’è scritto che Gesù Cristo non è il Figlio di Dio e che chi lo afferma è un miscredente). Lo ha fatto nel Documento sulla Fratellanza umana, per la pace mondiale e la convivenza comune del 4 febbraio 2019:
La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi.
Dunque, le migrazioni/invasioni spacciate per dovere di accoglienza da parte dei cattolici; e questo mentre la contro-chiesa tace e si volta dall’altra parte mentre imperversano l’aborto, l’eutanasia e le orride unioni sodomitiche, equiparate al matrimonio. In compenso promuove il culto dell’ambiente e presenta la Terra come una sorta di divinità neopagana: per usare le parole del signor Bergoglio: A noi, a tutti, piace la madre Terra, perché è quella che ci ha dato la vita e ci custodisce (incontro in Vaticano con la con la comunità jainista di Londra del 1° giugno 2016). Pensa un po’: noi siamo dei cattolici talmente attardati che eravamo rimasti all’idea che a esserci genitori sono Dio Padre e, in senso spirituale, la Vergine Maria, madre di Dio; e che a custodirci sono gli Angeli e i Santi, e particolarmente il nostro Angelo Custode. Ma ora apprendiamo dal signore argentino che le cose non stanno così: che la nostra madre è la terra ed è lei che ci custodisce. Sarà. E intanto, un poco alla volta, un giorno dopo l’altro, un’eresia dietro l’altra, una bestemmia sopra l’altra, complice il silenzio e perfino il plauso servile di chi dovrebbe insorgere e indignarsi, passa una nuova religione, al posto di quella cattolica: la religione dell’Uomo, che prende in pugno il proprio destino e risolve da sé i suoi problemi. Dio è roba vecchia, rappresenta il passato. Il futuro è della contro-chiesa massonica, il cui vero culto – alla fine si deciderà ad annunciarlo apertamente – è quello di Lucifero…
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