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La via della fede nella S.S. Trinità è l’amore

Abbiamo detto che quello della Santissima Trinità è uno dei più grandi e sublimi misteri, se non più il mistero più grande e sublime, di tutta la fede cattolica. Per tentare non diciamo di capire e di spiegare razionalmente, ma di accettare con atto di umiltà intellettuale una cosa che non è contraria alla ragione, ma di troppo superiore ad essa, non servono le vie ordinarie della razionalità naturale. È necessario un aiuto, una grazia soprannaturale: e anche con ciò non sarà possibile giungere a una cognizione chiara e distinta, ma bisognerà contentarsi di rimanere sulla soglia del mistero, accogliendo per fede ciò che la nostra mente, per come è fatta e conformata, non arriverà mai a vedere e ad afferrare nella sua luminosa pienezza.

Pure, noi sentiamo, nell’accostarci a questo mistero con timore e tremore, che si tratta non solo di uno dei più augusti misteri che segano, per così dire, la differenza abissale fra la Mente divina e la nostra, fra la perfetta Onniscienza del Creatore e la povera scienza della creatura, ma anche di un arcano meraviglioso, la cui bellezza sovrumana e sfolgorante, se fosse anche solo in parte alla nostra portata, ci riempirebbe l’anima di consolazione, e il cuore di dolcezza. Noi intuiamo e in qualche modo possiamo avvertire quella pienezza ineffabile, quella gioia indescrivibile, senza peraltro poter spingere più a fondo lo sguardo, nonostante l’intenso ardore di tutto il nostro desiderio. Dante nella Divina Commedia, che certamente ebbe un’ispirazione soprannaturale, è riuscito quasi farci intravedere per un fugace istante, quasi "plasticamente", l’insondabile mistero del Dio uno e trino (Par. XXXIII, 115-120):

Ne la profonda e chiara sussistenza

de l’alto lume parvermi tre giri

di tre colori e d’una contenenza;

e l’un da l’altro come iri da iri

parea reflesso, e ‘l terzo parea foco

che quindi e quinci igualmente si spiri.

Fra i moderni, uno di quelli che hanno saputo maggiormente avvicinarsi all’incanto di questo mistero, così mirabile e così fondamentale per la fede cristiana, è stato il francese Auguste-Alphonse Gratry (Lilla, 1805-Montreux, 1872), scrittore, teologo e presbitero, nonché oratore di eccezionale finezza e capacità di penetrazione del cuore umano, ne La filosofia del Credo, Siena, Ed. Ezio Cantagalli, 1936, pp. 92-95):

Si arriva alla fede viva di questo mistero quando si porta nel cuore la divina carità, perché allora lo si porta in sé. Nel mondo dei corpi noi vediamo le vestigia di questo mistero. Nel mondo degli spiriti noi ne vediamo una fredda immagine che il ragionamento svolge ai nostri occhi punto per punto. Nel mondo della carità lo portiamo in noi stessi. qui incontriamo per guida il Cristo stesso.

Ecco ciò che Cristo ha detto circa le tre Persone divine e la loro dimora in noi. state attento, poiché ogni parola è una sorgente di luce, e tutte le parole di questo bel testo, in qualche modo, non sono che una, tanto che esse racchiudono la medesima idea: «Se voi mi amate, osservate i miei comandamenti: ed io pregherò il PADRE perché vi dia un ALTRO CONSOLATORE che viva eternamente in voi». «LO SPIRITO DI VERITÀ, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce, », voi lo conoscerete, perché egli abiterà in voi e sarà in voi». «Io non vi lascerò orfani, ritornerò a voi». Ancora poco tempo e il mondo non mi vedrà più, ma voi mi vedrete, PERCHÉ IO VIVO E VOI VIVETE». «In quel giorno voi saprete che IO SONO NEL PADRE MIO E CHE VOI SIETE IN ME E IO IN VOI». «Colui che ascolta le mie parole e le osserva, quegli è che MI AMA; E CHI MI AMA SARÀ AMATO DAL PADRE MIO, ed io pure L’AMERÒ e mi MANIFESTERÒ a lui».

Giuda (non l’Iscariota) gli disse: «Signore, perché ti manifesti a noi e non al mondo?» «Gesù gli rispose: SE QUALCUNO MI AMA, osserverà la mia parola, e il PADRE MIO l’amerà, e verremo IN LUI Eì FAREMO IN LUI DIMORA». Colui che non mi ama non osserva la mia parola, eppure la parola che ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha inviato.» «Io vi ho detto queste cose mentre resto con voi; la lo SPIRITO SANTO, il CONSOLATORE, che il Padre invierà in mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi suggerirà tutto quello che io vi ho detto (Giov. 14, 15-26).

«È bello!»

«No, non si possono abbastanza penetrare queste incomparabili parole; non abbiamo abbastanza luce nell’intelligenza, non abbiamo abbastanza amore nel cuore per scorgere ciò che vi vedrebbero anime più luminose e più amanti. Il divino maestro che parla, non cerca di inculcare una formula nell’anima; ma racconta la santa vita della Trinità nelle anime e fra di loro

Vedete questa uguaglianza e questa società, questa cita comune del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e questa vivente e perpetua circolazione dall’uno all’altro? Essi sono insieme, vivono insieme, si domandano, si pregano, si ascoltano, si mandano (ben inteso che il Padre non può mai dirsi "inviato") e si obbediscono mutualmente; si manifestano l’uno l’altro vogliono insieme, dicono insieme le stesse parole; amano insieme. Sono visibili insieme per coloro che amano, invisibili per coloro che non amano. Vengono insieme in coloro che amano uno di essi. Non vengono che in coloro che amano.

Quando si ama il verbo incarnato, si opera bene; quando si opera bene, il Padre ci ama, il Figlio manifesta il Padre e manifesta se stesso; il Verbo prega il Padre, il Padre invia lo Spirito in nome del Figlio, e lo Spirito vivifica in noi tutte le parole del Figlio, che sono le parole stesse del Padre

Si vive allora, e vivendo si conosce ciò che vive, cioè Dio nella sua eterna società. Lo si conosce perché lo si porta in sé. Questo è vivere. Vivere, è essere come Dio e con Dio, ciò che è la vita, molti in uno.

Che cosa si potrebbe aggiungere a queste parole così belle, così toccanti, così profonde, che paiono scendere direttamente alle profondità più intime del cuore, e sanno descrivere con tanta efficacia la circolazione dell’amore sia fra le tre Persone santissime della Trinità, sia fra ciascuna di esse, ed esse tutte insieme, e l’anima del fedele che si rivolge con ardore al Padre, ai Figlio e allo Spirito Santo? Leggendole, ci si sente trasportati come in un’atmosfera paradisiaca, ove par già di respirare un anticipo di quella atmosfera meravigliosamente fresca e dolce che è il premio trionfale delle anime beate.

E che dire, che pensare, a quale Santo mai rivolgersi per dissipare al più presto dalla mente l’eco orribile, satanica, evocata dalle parole sciaguratamente uscite di bocca, piacerebbe pensare in un momento di obnubilamento, da colui che viene chiamata papa, nel corso di un’udienza al Catholic Theological Ethics in the World Church il 17 aprile 2017:

Anche dentro la Santissima trinità stanno tutti litigando a porte chiuse, mentre fuori l’immagine è di unità: e ciò per spiegare ai fedeli che cosa intenda lui col concetto di unità nella differenza.

Per la precisione, queste parole, che non facevano parte di un discorso ufficiale preparato ma probabilmente sono il frutto di un’esternazione "a braccio", sono state testualmente riportate da una testimone oculare, non smentita, la teologa argentina Emilce Cuda, docente alla Universidad Católica di Buenos Aires, molto vicina al rettore Victor Manuel Fernandez, consigliere molto influente presso Bergoglio nonché notoriamente suo ghost-wrtiter, cioè colui che gli prepara, gli revisiona e gli corregge tutti i documenti ufficiali, che poi questi sigla con la sua firma. A maggiore conferma, quelle parole sono state riprese e ripetute dal biografo ufficiale di Bergoglio, il vaticanista inglese Austen Ivereigh, il quale evidentemente non solo le garantisce come autentiche, ma non ci ha trovato nulla di male.

Siamo alle solite. Noi cattolici, oggi, che cosa intendiamo con l’espressione "essere cattolici"? E si badi che non è una mera questione di stile, ma di sostanza.

Se davvero il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo se ne stanno sempre a baruffare, con l’aggravante dell’ipocrisia di non lasciar trapelare nulla, allora la Santissima Trinità:

a) è una cosa senza senso, perché vi regna costantemente la discordia;

b) non è formata da un solo Dio in tre Persone, ma da tre Persone distinte (e litigiose), quindi da tre dei, e in tal caso avrebbero ragione gli islamici, gli ebrei e quanti accusano i cristiani di essere politeisti camuffati;

c) il Vangelo sarebbe pieno di menzogne, specialmente quello di Giovanni, là dove Gesù assicura i suoi Apostoli (14, 8-26):

^8^Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». ^9^Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: «Mostraci il Padre»? ^10^Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. ^11^Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
^12^In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. ^13^E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. ^14^Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.

 ^15^Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; ^16^e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, ^17^lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. ^18^Non vi lascerò orfani: verrò da voi. ^19^Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. ^20^In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.  ^21^Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
^22^Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?».  ^23^Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. ^24^Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
^25^Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. ^26^Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Perciò la domanda, implacabile, ineludibile, è sempre la stessa: chi è cattolico?

È cattolico colui che dice:

Quando si ama il verbo incarnato, si opera bene; quando si opera bene, il Padre ci ama, il Figlio manifesta il Padre e manifesta se stesso; il Verbo prega il Padre, il Padre invia lo Spirito in nome del Figlio, e lo Spirito vivifica in noi tutte le parole del Figlio, che sono le parole stesse del Padre

Si vive allora, e vivendo si conosce ciò che vive, cioè Dio nella sua eterna società. Lo si conosce perché lo si porta in sé. Questo è vivere. Vivere, è essere come Dio e con Dio, ciò che è la vita, molti in uno.

Oppure è cattolico colui che dice:

Anche dentro la Santissima trinità stanno tutti litigando a porte chiuse, mentre fuori l’immagine è di unità.

Forse la risposta è semplice. Il teologo Bernhard Bartmann, sulle orme di Gratry, osserva che l’amore è la via alla fede nella Trinità. C’è la grazia dell’amore in uno che parla come Bergoglio?

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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