
Stiamo trattando il nemico da amico?
18 Febbraio 2019
Ma lo sa che sta spaccando la chiesa? Sì: e allora?
18 Febbraio 2019La liturgia della santa Messa di ieri, domenica 17 febbraio 2018, ripropone ai fedeli un passo del Libro del profeta Geremia (17, 5-8):
Maledetto l’uomo che confida nell’uomo,
e pone nella carne il suo sostegno,
allontanando il suo cuore dal Signore.
Sarà come un tamarisco nella steppa;
non vedrà venire il bene,
dimorerà in luoghi aridi nel deserto,
in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.
Benedetto l’uomo che confida nel Signore
e il Signore è la sua fiducia.
È come un albero piantato lungo un corso d’acqua,
verso la corrente stende le radici;
non teme quando viene il caldo,
le sue foglie rimangono verdi,
nell’anno della siccità non si dà pena,
non smette di produrre frutti.
Sono parole molto, molto forti; temiamo che parecchi cattolici, ormai abituati a sentirsi leggere la Bibbia come se fosse una specie di ninna-nanna, non trovino il tempo e l’occasione di ponderarle a sufficienza. In questo breve passo di Geremia ci sono una maledizione e una benedizione: la maledizione è rivolta all’uomo che confida in se stesso, la benedizione è rivolta all’uomo che confida nel Signore Iddio. Tutto chiaro, dunque? Niente affatto: non è chiaro per nulla. Se fosse chiaro, i cattolici già da un pezzo si sarebbero stancati di un signore che si veste di bianco, che si affaccia dal balcone del Palazzo apostolico per l’Angelus (ma senza degnarsi di abitarvi, fosse pure per modestia, come hanno fatto tutti gli altri papi prima di lui, da quando quel palazzo esiste) ma che i suoi discorsi li fa dappertutto, in aereo, per la strada, nelle parrocchie e nelle comunità (quelle rigorosamente catto-progressiste; le altre, per lui non esistono o meritano il commissariamento), e nei quali non si trova neppure l’ombra dello spirito che il profeta Geremia afferma essere indispensabile a chi voglia vivere nell’amore e nel timore di Dio. Quel signore abusivo, eletto in circostanze più che dubbie, dopo le dimissioni ancor più dubbie del suo predecessore, e quando il segreto di Pulcinella è che i congiurati massoni della mafia di San Gallo si sono vantati di aver piazzato uno dei loro sul soglio di Pietro (come ha fatto, sfrontatamente, il cardinale Danneels, senza che nessuno, nella Chiesa o fuori, gliene chiedesse conto) non parla mai nei termini indicati da Geremia; al contrario: parla sempre dell’uomo, dei diritti dell’uomo, della dignità dell’uomo, della speranza dell’uomo, dei problemi dell’uomo, della coscienza dell’uomo. In breve, non solo non parla come un papa dovrebbe parlare, ma neppure come dovrebbe parlare un qualsiasi cattolico che sia degno di questo nome. Non parla della totale fiducia in Dio, non dice che ogni cosa viene da Dio, non riconosce che nulla di buono può venire all’uomo senza Dio; e quando si degna di fare qualche vago accenno a Dio, evita, ogni volta che può, perfino di nominare il Dio di cui i cattolici dovrebbero parlare e nel quale dovrebbero confidare, evita cioè di fare anche solo il nome di Gesù Cristo. E non basta. La sua bassa furbizia arriva fino al punto di parlare, sì, di apertura al trascendente, ma poi, leggendo bene i suoi discorsi, o ascoltandoli bene quando li pronuncia, scopre che non si tratta di una apertura verso il trascendente, ma di una dignità trascendente: sottile differenza, che però vuol dire tutto. Insomma il trascendente che il signore biancovestito si degna, in qualche rara occasione, di nominare, è un trascendente interno all’uomo, alla sua dignità, un trascendente-immanente, umanistico, che non ha nulla a che fare con il Dio cattolico, ma, semmai, ricorda parecchio il Grande Architetto dell’Universo di massonica memoria. Logico, del resto: non ha forse detto, scandendo il concetto e parlando con un noto ateo anticlericale, che Dio non è cattolico e che lui, ad ogni modo, non crede in un Dio cattolico?
Eppure, incredibilmente, ci sono ancora molti cattolici che chiudono gli occhi davanti alla verità, che fanno finta di non capire, che preferiscono sorvolare; e ce ne sono molti altri, purtroppo, i quali, per ignoranza o perché una simile "pastorale" asseconda i loro appetiti disordinati, la loro voglia di relativismo e di permissivismo, lo ammirano e lo lodano proprio perché parla in quel modo, proprio perché si rivolge a tutti, quasi più ai non credenti che ai credenti, e spinge la sua vergognosa indifferenza per le pecorelle del gregge a lui affidato sino a rifiutarsi d’impartire loro una benedizione nel nome di Gesù Cristo (è accaduto a Palermo, durante un "visita apostolica" che ci permettiamo di mettere tra virgolette, il 15 settembre 2018) per non recare offesa o incomodo o disturbo ai non cattolici che, per caso, si fossero trovati lì presenti (?). E benché tali parole, tali gesti e atteggiamenti, contrastino frontalmente con le parole, i gesti e gli atteggiamenti dell’unico Buon Pastore, che è, almeno fino a prova contraria, Gesù Cristo (e non Buddha, o Confucio, o Maometto, o chiunque altro si voglia, visto che il signore vestito di bianco, ad Abu Dhabi, ha sottoscritto un vergognoso documento in cui attribuisce a Dio la diversità delle religioni e delle fedi sulla terra), pure una gran massa di fedeli continua a non voler vedere, a non voler udire, a non voler capire chi è, in realtà, quel signore, a che scopo è stato (abusivamente e illecitamente) eletto, e che cosa stia facendo da quell’infausto 13 marzo del 2013.
Vale perciò la pena — ed è, effettivamente, una gran pena — rileggersi il testo integrale (qui ne riportiamo solo un passaggio chiave) tenuto dal signor Begoglio davanti ai membri del Parlamento europeo, a Strasburgo, martedì 25 novembre 2014, circa un anno e mezzo dopo la sua elezione, e consultabile sul sito ufficiale del Vaticano, http://w2.vatican.va/, sotto il titolo Discorso del Santo Padre Francesco al Parlamento europeo:
Nel rivolgermi a voi quest’oggi, a partire dalla mia vocazione di pastore, desidero indirizzare a tutti i cittadini europei un messaggio di speranza e di incoraggiamento. Un messaggio di speranza basato sulla fiducia che le difficoltà possano diventare promotrici potenti di unità, per vincere tutte le paure che l’Europa – insieme a tutto il mondo – sta attraversando. Speranza nel Signore che trasforma il male in bene e la morte in vita. Incoraggiamento a tornare alla ferma convinzione dei Padri fondatori dell’Unione europea, i quali desideravano un futuro basato sulla capacità di lavorare insieme per superare le divisioni e per favorire la pace e la comunione fra tutti i popoli del continente. Al centro di questo ambizioso progetto politico vi era la fiducia nell’uomo, non tanto in quanto cittadino, né in quanto soggetto economico, ma nell’uomo in quanto persona dotata di una dignità trascendente. Mi preme anzitutto sottolineare lo stretto legame che esiste fra queste due parole: "dignità" e "trascendente". La "dignità" è una parola-chiave che ha caratterizzato la ripresa del secondo dopoguerra. La nostra storia recente si contraddistingue per l’indubbia centralità della promozione della dignità umana contro le molteplici violenze e discriminazioni, che neppure in Europa sono mancate nel corso dei secoli. La percezione dell’importanza dei diritti umani nasce proprio come esito di un lungo cammino, fatto anche di molteplici sofferenze e sacrifici, che ha contribuito a formare la coscienza della preziosità, unicità e irripetibilità di ogni singola persona umana. Tale consapevolezza culturale trova fondamento non solo negli avvenimenti della storia, ma soprattutto nel pensiero europeo, contraddistinto da un ricco incontro, le cui numerose fonti lontane provengono «dalla Grecia e da Roma, da substrati celtici, germanici e slavi, e dal cristianesimo che li ha plasmati profondamente», dando luogo proprio al concetto di "persona". Oggi, la promozione dei diritti umani occupa un ruolo centrale nell’impegno dell’Unione Europea in ordine a favorire la dignità della persona, sia al suo interno che nei rapporti con gli altri Paesi. Si tratta di un impegno importante e ammirevole, poiché persistono fin troppe situazioni in cui gli esseri umani sono trattati come oggetti, dei quali si può programmare la concezione, la configurazione e l’utilità, e che poi possono essere buttati via quando non servono più, perché diventati deboli, malati o vecchi.
Effettivamente quale dignità esiste quando manca la possibilità di esprimere liberamente il proprio pensiero o di professare senza costrizione la propria fede religiosa? Quale dignità è possibile senza una cornice giuridica chiara, che limiti il dominio della forza e faccia prevalere la legge sulla tirannia del potere? Quale dignità può mai avere un uomo o una donna fatto oggetto di ogni genere di discriminazione? Quale dignità potrà mai trovare una persona che non ha il cibo o il minimo essenziale per vivere e, peggio ancora, che non ha il lavoro che lo unge di dignità?(…)
Ritengo perciò che sia quanto mai vitale approfondire oggi una cultura dei diritti umani che possa sapientemente legare la dimensione individuale, o, meglio, personale, a quella del bene comune, a quel "noi-tutti" formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale. Infatti, se il diritto di ciascuno non è armonicamente ordinato al bene più grande, finisce per concepirsi senza limitazioni e dunque per diventare sorgente di conflitti e di violenze.
Parlare della dignità trascendente dell’uomo significa dunque fare appello alla sua natura, alla sua innata capacità di distinguere il bene dal male, a quella "bussola" inscritta nei nostri cuori e che Dio ha impresso nell’universo creato; soprattutto significa guardare all’uomo non come a un assoluto, ma come a un essere relazionale. Una delle malattie che vedo più diffuse oggi in Europa è la solitudine, propria di chi è privo di legami. La si vede particolarmente negli anziani, spesso abbandonati al loro destino, come pure nei giovani privi di punti di riferimento e di opportunità per il futuro; la si vede nei numerosi poveri che popolano le nostre città; la si vede negli occhi smarriti dei migranti che sono venuti qui in cerca di un futuro migliore. (…)
Cari Eurodeputati, è giunta l’ora di costruire insieme l’Europa che ruota non intorno all’economia, ma intorno alla sacralità della persona umana, dei valori inalienabili; l’Europa che abbraccia con coraggio il suo passato e guarda con fiducia il futuro per vivere pienamente e con speranza il suo presente. È giunto il momento di abbandonare l’idea di un’Europa impaurita e piegata su sé stessa per suscitare e promuovere l’Europa protagonista, portatrice di scienza, di arte, di musica, di valori umani e anche di fede. L’Europa che contempla il cielo e persegue degli ideali; l’Europa che guarda e difende e tutela l’uomo; l’Europa che cammina sulla terra sicura e salda, prezioso punto di riferimento per tutta l’umanità!
Si leggano attentamente queste parole e si giudichi secondo onestà e coscienza, alla luce del solo modello riconosciuto da un cattolico, cioè il Vangelo. Dove viene nominato, in questo discorso, Gesù Cristo? Da nessuna parte. Forse per non offendere i parlamentari di Strasburgo, in maggioranza massoni e anticristiani, ed espressione di un’Europa dominata dalle lobby finanziarie massoniche e anticristiane? Sarebbe nello stile del signor Bergoglio, il quale ci tiene a intrattenere eccellenti relazioni con quei signori. I quali, da parte loro, ricambiano la stima e la cortesia due anni dopo, il 6 maggio 2016, conferendogli, ad Aquisgrana, il (massonico) Premio Carlo Magno. Il premio Carlo Magno a un papa, a un vicario di Cristo in terra! Non è un po’ strano? Ma per i vescovi servili, per i direttori ultraservili della stampa ex cattolica, per i giornalisti accreditati in Vaticano, anche quelli delle testate più laiche, non c’è alcun problema: nessuno solleva obiezioni, nessuno fa domande scomode. Nessuno ha chiesto al signore biancovestito: Santo Padre, come mai a Strasburgo lei non ha parlato di Gesù Cristo? Santo Padre, come mai lei a Strasburgo non ha detto che la speranza degli uomini consiste nel tornare a Dio? Come mai lei ha detto esattamente il contrario, che la speranza dell’Europa consiste nella "sacralità della persona umana"? Come mai ha parlato a lungo dei Diritti dell’Uomo, ha parlato della Grecia e di Roma, dei Celti e degli Slavi, ma non ha parlato dei diritti di Dio? Come mai ha parlato dei problemi sociali, dell’immigrazione (equiparata a un diritto naturale), delle violenze, delle discriminazioni, ma non del Regno di Dio, della grazia e della vita eterna? Ora, i soliti finti ingenui pensano che abbia fatto bene a parlare così, perché non si rivolgeva ai fedeli, ma a un’assemblea laica. Invece proprio questo è il male: o il papa parla da papa, sempre e ovunque, oppure ha il dovere di star zitto. Sia il vostro dire sì, sì, e no, no…
Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash