
Necessità della preghiera
17 Ottobre 2018
Omaggio alle chiese natie: San Lazzaro
18 Ottobre 2018Gli udinesi che hanno una settant’anni o più ricorderanno una vecchia chiesa che esisteva in Piazzetta del Pozzo, sul lato interno di Porta Aquileia, e che venne demolita definitivamente nel 1953, dopo che i terribili bombardamenti della Seconda guerra mondiale l’aveva atterrata. Era la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, generalmente nota come chiesa di San Pietro; ed era la matrice della odierna parrocchia del Carmine. Costruita verso la fine del 1300, quando il borgo era ancora all’esterno delle mura cittadine, nel 1446 fu una delle tre chiese che la parrocchia originaria del Duomo, inizialmente la sola di tutta la città (derivata, a sua volta, dalla pieve di Santa Maria di Castello) decise di dotate di un cappellano ciascuna, autorizzato ad amministrare tutti i sacramenti; le altre due erano San Giorgio in borgo Grazzano e San Cristoforo in borgo Gemona (oggi piazza san Cristoforo). Le parrocchie di Udine nacquero comunque, ufficialmente, solo nel 1595, con un decreto patriarcale che ne istituiva nove, e una di queste era quella dei SS. Pietro e Paolo, in borgo Aquileia. Era una bella chiesa con la facciata a capanna che si apriva sul lato orientale della piazzetta, quattro grandi lesene, portone centrale sormontato da un finestrone centrale semicircolare e sommità coronata da un timpano, e affiancata da una robusta torre campanaria sulla destra. La sua immagine è stata "salvata" da una stampa ottocentesca che mostra la chiesa e le sue adiacenze in un momento tumultuoso della storia cittadina, l’insurrezione anti-austriaca del marzo-aprile 1848. L’autore ha raffigurato una scena ben precisa, allorché una granata degli austriaci assedianti, caduta sulla chiesa, provoca un principio d’incendio; fumo e fiamme si levano dal tetto e dall’interno, sullo sfondo del cielo notturno. Ma a quell’epoca la chiesa era stata già da tempo chiusa e sconsacrata, precisamente dal 1808, ad opera dell’amministrazione del Regno d’Italia, lo stato fantoccio creato da Napoleone e affidato al suo figliastro, Eugenio Beauharnais. Altre due chiese sorte in borgo Aquileia (noto allora anche borgo Aquileia "di dentro", per distinguerlo da quello "di fuori", cioè l’odierna via Vittorio Veneto) furono quella dei carmelitani, l’odierna chiesa della Beata Vergine del Carmine, fra il 1501 e il 1525, sul lato sinistro della via, e quella dedicata al primo vescovo di Aquileia, Sant’Ermacora, nel 1583, che sorgeva più avanti, sul lato desto.
Il trasferimento ufficiale della parrocchia di borgo Aquileia ebbe luogo solo nel 1908, ma, in realtà, da oltre un secolo la chiesa del Carmine ne svolgeva di fatto le funzioni, essendo ormai divenuta vecchia e cadente la chiesa di S. Pietro, nonostante i rifacimenti e i restauri che le avevano dato un aspetto tipicamente neoclassico. Il colpo di grazia venne con la Seconda guerra mondiale e gli spietati bombardamenti aerei anglo-americani della fine del 1944 e dell’inizio del 1945. Anche la porta Aquileia venne gravemente danneggiata, ma per la chiesa di san Pietro fu la fine. Passarono ancor alcuni anni, durante i quali la città, piena di profughi e di senzatetto, aveva altre gatte da pelare; finalmente, all’inizio degli anni ’50, amministratori e urbanisti si posero all’opera per risanare le rovine lasciate dalla guerra (era stata distrutta anche l’area del vicino viale Leopardi e la stessa chiesa del Carmine aveva subito danni non indifferenti). Ci furono accese discussioni specialmente sul destino della gloriosa porta Aquileia, ma alla fine il manufatto trecentesco venne restaurato con tutti e tre gli archi, ma la chiesa di san Pietro definitivamente abbattuta. A parte l’antica vera da pozzo che dà il nome alla piccola piazza, non è rimasto nulla del precedente assetto e non si può dire che la soluzione adottata sia stata troppo brillante: un’aiuola striminzita, una doppia fila di posti per il parcheggio delle automobili, e una serie di condomini moderni che stridono con le case più antiche, rimaste intatte sul lato opposto della via. Vale la pena di ricordare che borgo Aquileia era una zona piuttosto popolare, con molte case modeste abitate da comuni lavoratori, un po’ come borgo Grazzano o borgo San Lazzaro; solo dopo gli interventi degli anni ’50 ha assunto il volto attuale, discretamente signorile, diventando una via, se non proprio elegante, certamente più che decorosa, abbellita da alcuni palazzi di un certo pregio architettonico.
Riportiamo la nota storica consultabile sul sito http://www.viaggioinfriuliveneziagiulia.it/:
La strada di Udine che dalla piazza sotto il castello dirigeva verso sud è da sempre intitolata ad Aquileia, verso cui conduceva. Veniva chiamata anche Udine inferiore: "Utini inferiori"
La parte più antica, l’attuale Via Vittorio Veneto, venne inclusa nella città, verso la seconda metà del Duecento, dalla terza cerchia di mura in cui, presso l’incrocio con le vie Piave e Gorghi, si aprì una prima "Porta Aquileia". Agli inizi del secolo successivo, in seguito al tumultuoso sviluppo della città, si cominciò la quinta cerchia di mura incluse anche il borgo che si era sviluppato esternamente: l’attuale via Aquilleia. La costruzione della cerchia durò circa un secolo, in seguito alle lotte feudali all’interno del patriarcato che assorbirono moltissime risorse finanziarie. Nacque così il borgo che era distinto in due parti: "di dentro" (Bòrg d’Olée di dentri) e "di fuori"(Bòrc d’Olée di fûr). La zona a sinistra della via, verso la porta venne anche indicata come "Borg di Sot". Nel 1373 si costruì la torre che si vede ancora oggi in fondo alla via. Il 7 novembre del 1441 si deliberò di costruire "unam portam tam pulchram et speciosam quam fieri poterit quod per eamdem maior habetur concursa gentium quam per aliquam aliam portam…".
La chiesa parrocchiale era intitolata ai Santi Pietro e Paolo e sorgeva nella piazza in fondo al borgo. Agli inizi del Cinquecento, tra il 1501 e il 1525, i carmelitani costruirono l’attuale chiesa del Carmine con l’annesso convento. Nel 1571 fu sistemata l’immagine della Vergine del Carmine.
Gli Sbrojavacca erano nobili di antica data, baroni del Sacro Romano Impero ed abitavano in Borgo Aquileia sin dal Quattrocento. La nobile Elisabetta di Porcia vedova Sbrojavacca assai devota a San Ermacora primo vescovo di Aquileia volle costruire una chiesetta in suo onore. La sua decisione fu favorevolmente accolta dai figli che l’aiutarono e nel 1583 la chiesa fu solennemente inaugurata. Essa era adiacente all’attuale Caserma Savorgnan. Tra il Seicento e Settecento molte famiglie nobili fecero sorgere numerosi palazzi, abbelliti da affreschi realizzati da grandi pittori come Quaglio, Morelli, Canale.(…) Nel 1770 i Carmelitani del Carmine furono sostituiti dai Frati Minori Conventuali che vi trasportarono il corpo del Beato Odorico da Pordenone, avendo essi dovuto lasciare il convento attiguo alla chiesa di S. Francesco, che fu adibito ad ospedale. (…) In seguito alle leggi napoleoniche, i francescani dovettero lasciare anche questo convento e la chiesa, che divenne parrocchiale in sostituzione della vecchia ed angusta chiesa di San Pietro. (…) Nel 1808 la trecentesca chiesa dei Santi Pietro e Paolo fu sconsacrata e trasformata in magazzino militare, ma solo con il decreto arcivescovile del 5 agosto 1908 fu fatta la traslazione nella sede parrocchiale e l’unione dei titoli delle due chiese. (…) Nel 1834 fu demolita la vecchia porta interna. La strada fu allargata e fatta passare sopra un nuovo ponte della Roggia. (…). Dei tre archi che chiudono Via Aquileia, il primo quello attaccato alla torre è originale, quello di centro ricostruito nell’Ottocento, il terzo arco della porta, quello più esterno, è opera di Ettore Gilberti e risale al 1925. (…)
Durante la seconda guerra mondiale la via, vista la prossimità con la stazione, fu pesantemente bombardata. Fu distrutto il convento del Carmine e anche la vecchia parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo. La Porta, anche se non direttamente colpita, risentì dei gravi bombardamenti che distrussero quasi tutti gli edifici circostanti ed aprirono vaste fenditure nelle sue murature. Nel 1953 si pensò addirittura, per agevolare il traffico, di abbattere i due archi più recenti. Per fortuna prevalse la saggezza e nel 1960 il Comune provvide ad un salutare restauro.
Invece, dal sito della parrocchia del Carmine, riportiamo quanto scrive Paolo Pascoli:
La storia della nostra parrocchia viene da lontano e parte da una piccola chiesa che oggi non c’è più e che si trovava poco lontano da qui, in piazzetta del Pozzo, a ridosso delle mura di porta Aquileia.La chiesa era quella di San Pietro, costruita nel 1390, e la parrocchia quella di San Pietro. (…) Nel frattempo ebbe origine il convento dei frati Carmelitani e la chiesa della B. V. del Carmine in via Aquileia, consacrata nel 1525. La famiglia dei frati carmelitani rimase fino al 1770, quando un decreto della Repubblica veneta deliberò che venissero soppresse alcune corporazioni religiose quando fossero formate da meno di 10 componenti; i Carmelitani di Udine dovettero abbandonare il loro convento e trasferirsi a Venezia. Vi subentrarono i Frati Minori Conventuali di S. Francesco, che lasciarono il loro convento e la chiesa per la costruzione del nuovo Ospedale di Santa Maria della Misericordia. Con sé portarono nella chiesa del Carmine l’urna con le spoglie del Beato Odorico da Pordenone e la devozione a San Antonio da Padova. I Francescani rimasero fino al 1806, quando per le leggi napoleoniche numerosi conventi udinesi furono demanializzati, compreso quello di via Aquileia. Nel 1808 la chiesa di San Pietro presso la porta Aquileia, edificata nel 1390 e parrocchia dal 1595, "vista la sua meschinità e ristrettezza" viene ridotta ad uso profano e la parrocchia trasferita nella chiesa della Beata Vergine del Carmine, "considerato che questa è ampia ed ha tutti i titoli di magnificenza per la sua architettura e peri capi d’arte di cui è fornita". (…) L’ex chiesa parrocchiale di san Pietro, adibita nel frattempo a magazzino, nel 1848 subì molti danni a causa di una bomba austriaca e, un secolo dopo, nel 1945, fu rasa al suolo quasi completamente dai bombardamenti aerei nella seconda guerra mondiale. Demolita nel 1953, al suo posto furono costruiti alloggi.
Abbiamo parlato con alcune persone che abitavano in via Aquileia prima della Seconda guerra mondiale, e non tutte ricordano l’antica chiesa di San Pietro; di quelle nate dopo, praticamente nessuna ne conserva la memoria. La chiesa di San Pietro, demolita nel 1953; la gloriosa chiesa di Santa Maria Maddalena, che aveva subito la stessa sorte nel 1931, e quella di San Nicolò, nel 1933; la chiesa di sant’Ermacora, abbattuta fin dal 1864: e sono solo alcune. Talvolta si trattava di demolizioni inevitabili; altre volte, come per la chiesa di Santa Maria Maddalena, di decisioni assolutamente arbitrarie. Anche alcuni edifici profani subirono un simile destino, per esempio il bellissimo e originale Cinema Eden, inutilmente e barbaricamente abbattuto nel 1958, per fare posto… ai magazzini della UPIM. Sicché, se è certo una provocazione quella dell’architetto e storico dell’architettura Roberto Pane, che nel 1968, a un convegno tenutosi nella Loggia del Lionello, definì il centro storico di Udine, dopo gli ultimi interventi urbanistici, uno dei più brutti d’Italia, resta il fatto che gli amministratori cittadini degli anni ’50 e ’60 non sempre ebbero la mano felice nel ridisegnare il nuovo volto della città. Abbiamo citato più volte il caso della copertura delle rogge, le quali davano a i borghi un aspetto così caratteristico; abbiamo citato l’inutile e criminosa demolizione della Porta San Lazzaro, nel 1955, semplicemente per agevolare lo scorrimento del traffico in entrata e in uscita dal centro storico; e si potrebbe parlare a lungo dei mediocri condomini moderni tirati su, in fretta e furia, in vari luoghi della città, da via del Gelso a Via Morpurgo, o, più di recente, in via Ronchi: e l’elenco di tali brutture potrebbe seguitare alquanto. Certo, una città non può essere imbalsamata o trasformata in un asettico museo: è una cosa viva, un centro di attività, di commerci, di produzione, di studi, e soprattutto il luogo in cui abitano le persone, si muovono, e hanno necessità di costruire nuove case, o di ristrutturare le vecchie, per non parlare dei bisogni relativi al traffico; ma ciò non giustifica la distruzione del patrimonio edilizio storico sulla base di motivazioni esclusivamente economiche e utilitarie. Il verde pubblico, per esempio, non è un bene strettamente necessario, sul piano materiale; eppure è indispensabile per una buona qualità della vita. Che mai sarebbe una città senza alberi, senza siepi fiorite, senza aiole, né giardini, né parchi pubblici? Udine, per fortuna, possiede un discreto patrimonio floristico, con una grande varietà di essenze arboree, dai platani, ai tigli, ai bagolari, agli abeti, ai liriodendri e tante altre specie, che conferiscono una nota gioiosa e naturale al paesaggio urbano, specie nella bella stagione. Ma anche la memoria è importante. Tornando alla chiesa di san Pietro, e a tutte le chiese che sono scomparse in tempi recenti, crediamo che non sia un bene l’oblio del passato recente da parte delle giovani generazioni. Esse devono sapere quali sono le loro radici; devono conoscere il volto delle cose al tempo dei loro genitori e dei loro nonni, per essere consapevoli del divenire storico e poter cogliere, nel mutare continuo della società, quali sono i valori imprescindibili, che rappresentano comunque dei punti fermi nella vita delle persone e anche nelle vicende dei popoli e delle nazioni. Per quanto riguarda le chiese, sono la testimonianza vivente di un aspetto fondamentale della civiltà alla quale apparteniamo. Conoscerle, significa sapere chi siamo; ignorarle equivale a regredire nella inciviltà…