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Ma Dio è cattolico o no?

Quando il signore argentino, nel settembre del 2013, conversando amabilmente con il suo caro amico Eugenio Scalfari, disse: Io non credo in un Dio cattolico; non esiste un Dio cattolico; esiste Dio e basta, quello avrebbe dovuto essere un segnale chiarissimo che costui non voleva fare il papa, anzi, non voleva nemmeno essere cattolico, e tutti avremmo dovuto capirlo. Pure, né quella affermazione, né molte altre che l’avevano preceduta, e che l’avrebbero seguita, furono sufficienti a suscitare la doverosa consapevolezza. Vi si opponevano molti fattori, il più importante dei quali è il senso di rispetto, umiltà e obbedienza che ogni cattolico prova nei confronti del papa: non di questo o quel papa, non del papa come uomo, ma del papa come vicario di Cristo, Naturalmente, questo sentimento di obbedienza e devozione filiale è giusto, ma si accompagna al fatto che il papa, per definizione, è e vuole essere il capo dei cattolici, non di qualcun altro o di qualche cosa d’altro. Non di un individuo, per esempio, il quale, come ha fatto il signore argentino a Palermo, il 15 settembre 2018, durante un viaggia apostolico, si è rifiutato di benedire i fedeli e persino di fare il segno della croce, dicendo di non voler offendere i sentimenti di quanti non sono cattolici. Ma con ciò siamo già arrivati ai nostri giorni, mentre stavamo parlando dell’intervista pubblicata su Repubblica il 1° ottobre del 2013. Il signore argentino era stato eletto da alcuni mesi e, sebbene vi fossero stati numerosi segnali più che allarmanti di chi egli fosse in realtà e di quali fossero le sue vere intenzioni — il più clamoroso di tutti, il commissariamento dei francescani dell’Immacolata — pure la stragrande maggioranza dei fedeli si rifiutò, semplicemente, di pensar male. Mise i suoi dubbi nel cassetto, si ricacciò le sue perplessità in gola, si astenne dal muovere critiche, pensando che bisognava dare tempo a quell’uomo venuto "dalla fine del mondo" di prendere le misure della sua nuova responsabilità. Ogni dubbio e ogni impressione sfavorevole, perciò, vennero messi da parte o congelati; perfino le stranissime e inquietanti dimissioni del suo predecessore, fatto inaudito, sconvolgente, per non dire della oscurità delle loro motivazioni; e perfino le circostanze anomale dell’elezione successiva, nella quale vi furono diverse irregolarità, la più evidente delle quali, su cui, stranamente, nessuno si permise di aprire bocca, era che un gesuita, non può, semplicemente non può, essere eletto papa, per statuto di quell’ordine religioso. Noi stessi, per ben tre anni, aspettammo di vedere e di capire meglio; ricacciammo indietro lo sgomento, lo sconcerto, l’angoscia e la tristezza che gli atti e le parole del signore argentino ci causavano, e sperammo di aver capito male, di avere frainteso, insomma preferimmo pensare di essere noi a sbagliarci, e non lui. Facendo torto alla nostra intelligenza e mortificando la nostra coscienza. In questa posizione scomoda vennero a trovarsi centinaia di milioni di persone; senza dubbio molte più di quel che non si creda, dato che era impossibile, e ancora oggi è difficilissimo, muovere delle critiche all’operato di questo signore senza rischiare una totale incomprensione da parte degli altri, e, nel caso di un consacrato, senza rischiare di essere cacciati fuori dalla Chiesa.

Eppure, il lunedì questo signore diceva una cosa cattolica, il martedì una cosa non cattolica; il mercoledì tornava a parlare da cattolico, e il giovedì, pronunciava un’altra eresia. E così, avanti, un giorno sì e un giorno no, a corrente alternata: ora una casa cattolica, ora una cosa eretica. Le affermazioni non cattoliche, peraltro, egli ha sempre avuto — o quasi sempre l’abilità di dirle e non dire,e di farle intendere, di lasciarle dire e ad altri, oppure di suggerirle, con i suoi silenzi: insomma, ha sempre avuto la diabolica furbizia di scagliare il sasso e nascondere in tempo la mano. Non sempre, ma la maggior parte delle volte. Certo, fa impressione sentore un papa che dice, parlando di Gesù che scriveva sulla sabbia quando gli portarono l’adultera da giudicare, Gesù fa un po’ lo scemo. Una espressione così non si userebbe neppure per parlare del proprio padre terreno; figuriamoci per parlare del Padre celeste. Oppure lo abbiamo sentito dire, parlando della Passione di Gesù Cristo: era brutto da fare schifo. Mai ci si sognerebbe di dire così del proprio padre umano: e come si può usare questa espressione per parlare di Dio è quasi una bestemmia; anzi, è proprio una bestemmia. Tuttavia è detta con una certa quale squallida furbizia gesuitica: è detta nascondendo la mano che scaglia il sasso. Sì, parlando umanamente, il Corpo di Cristo era così piagato, da fare impressione; ma dire che era brutto da fare schifo? Quando mai un cattolico si è sognato di dir così? Neppure il più rozzo, il più sprovveduto, il più ignorante dei preti di paese, neppure un cappellano alle prime armi, neppure il più maldestro dei catechisti, neppure un sacrestano. No, proprio non si può dire una cosa simile. Ma lui l’ha detta, eccome se l’ha detta. L’ha detta e si è guardato attorno con quello sguardo tagliente, duro, pieno di cattiveria. È un uomo malvagio, perché gode a scandalizzare le anime: orribile cosa, scandalizzare le anime abusando dell’abito da ministro di Dio; anzi, dell’abito da papa. Un papa non può bestemmiare: nessuno è preparato a una cosa del genere. Ma lui lo ha fatto: ha bestemmiato. Dire che Gesù fa schifo è una bestemmia: ci siamo forse dimenticati che Gesù non è solamente Uomo, ma è anche vero Dio? Pertanto, è come dire che Dio fa schifo. Una bestemmia, evidentissima, e delle più triviali; ci vergogniamo anche solo a ripeterla. Ecco, questa è la condizione penosa in cui ci ha messo quel pessimo maestro: nella condizione di sentirci sporchi perché ripetiamo le sue espressioni, e sia pure per ripudiarle.

E ora torniamo all’affermazione che Dio non è cattolico. Non è un’affermazione originale: l’aveva già fatta il cardinale Carlo Maria Martini, nelle sue Conversazioni notturne a Gerusalemme. Martini era massone e lo sapevano tutti: era il segreto di Pulcinella. Logico che un massone non crede nel Dio cattolico; e infatti la domanda avrebbe dovuto essere: che ci fa un massone nel ruolo di cardinale? Fra parentesi, anche Martini era un gesuita; lui, però per esser nominato cardinale ameno aveva ricevuto la dispensa. Sia come sia, Martini parlava del "rischio della fede": un linguaggio che sarebbe piaciuti a Bergoglio, e infatti gli assomiglia parecchio. Rischio della fede? Un pastore può parlare in questo modo, della fede cattolica? Secondo noi, no. Può farlo un teologo eretico, come Hans Küng, che infatti, dopo un lungo tira e molla, è stato allontanato dall’insegnamento nelle facoltà cattoliche. Ora, naturalmente, il signore argentino lo vorrebbe riabilitare; come ha riabilitato il prete pedofilo e pessimo maestro Lorenzo Milani, e come tiene in palmo di mano il falso prete e falso teologo Enzo Bianchi. Ma questo è affar suo. A noi risulta che un massone non dovrebbe esser nemmeno cappellano perché la massoneria è stata scomunicata dalla Chiesa e la scomunica è tuttora valida, a quel che ne sappiamo. Se il Magistero non è una opinione, almeno. Dunque, se un massone dice di non credere a un Dio cattolico, dice bene, perché per i massoni Dio è ben altro; ma se lo dice un papa, allora sorge qualche problema. Tutti ricorderanno la frase, diametralmente opposta, del filosofo Jean Guitton: Mi dispiace per gli altri, ma Dio è cattolico. Ora, non si tratta di contrapporre una opinione ad un’altra opinione; quella di Guitton a quella di Bergoglio. Qui non stiamo parlando di opinioni; qui stiamo parlando della dottrina cattolica, che ha per oggetto, per i cattolici beninteso, non per i massoni e per gli altri non cattolici anticattolici, la Verità. Per un cattolico, la Verità è Gesù Cristo, il quale disse di sé: Io sono la Via, la Verità e la Vita. Dunque, per un cattolico Dio è cattolico, perché per un cattolico Dio è Gesù Cristo, insieme al Padre e allo Spirito Santo. Questo dice la dottrina cattolica e questo professa la fede cattolica. Chi la pensa diversamente non è cattolico. Quindi, è vero che dire che Dio è cattolico significa adoperare un linguaggio umano, perciò imperfetto; Dio è Dio, e di Dio nessuna mente umana può avere piena e perfetta cognizione. Nondimeno, il cattolico, a differenza del massone, o dell’ateo, o del seguace di altre religioni, non solo pensa che Dio si sia rivelato agli uomini per farsi conoscere; di più: pensa che per farsi meglio conoscere, e per poter redimere pienamente l’umanità peccatrice, Dio s’è fatto Uomo. Questo è il grande Mistero dell’Incarnazione, che, insieme al Mistero della Santissima Trinità, è il dogma fondamentale del cattolicesimo. Intendiamoci bene: qui non siamo partecipando a una tavola rotonda, dove ciascuno dice la sua. Qui stiamo definendo le verità fondamentali della fede cattolica. Se uno non le condivide, è liberissimo di farlo; ma allora, evidentemente, si pone al di fuori del cattolicesimo, e anche al di fuori della Chiesa. Un consacrato, un sacerdote, un vescovo, non possono venire a dire che Dio non è cattolico, perché, facendolo, si qualificano come non cattolici, come seminatori di scandalo, e come nemici della Chiesa. Meno ancora può farlo un romano pontefice, oltretutto conversando con tono salottiero con un nemico dichiarato della religione cristiana, con un sostenitore di tutti i valori laicisti che collidono frontalmente con ciò che Gesù Cristo ha insegnato. E invano il solito padre Pasquale, che si è assunto il tristo incarico di difendere sempre e comunque le eresie e le bestemmie del signore argentino, di arrampica sugli specchi per asserire che la frase di Bergoglio è legittima e normalissima per un papa; no, non lo è affatto, e chi la difende, dimostra di essere tanto eretico quanto lui. Già quella conversazione, quella specie di intervista di Bergoglio con Scalfari, era, di per se stessa, uno scandalo. Un papa non parla di argomenti così delicati a mezzo della stampa laicista; non parla di cose decisive per la fede con un massone e anticristiano notorio. E non rilascia interviste che getteranno nella confusione e nello sgomento centinaia di milioni di anime. Se lo fa, è qualcosa di peggio di un irresponsabile o un incosciente: è uno strumento del demonio. Solo una ispirazione demoniaca può spingere un papa, o un signore che pretende di essere papa, a dare continuamente scandalo alle anime su questioni di fede. Solo uno strumento del diavolo può fare quel che fatto il signore argentino, rifiutarsi di rispondere a quattro cardinali i quali, legittimamente e rispettosamente, gli avevano posto degli interrogativi su una questione di fede. Gesù non si rifiutava mai di rispondere, quando veniva interrogato da qualsiasi persona su questioni di fede. Tali questioni, infatti, hanno a che fare con la salvezza delle anime, tacere su tali questioni, dopo aver generato dubbi e confusione, è doppiamente demoniaco: prima lo è il fatto di aver seminatio quei dubbi, poi lo è il fatto di non rispondere. A ciò il signore argento ha aggiunto un terzo scandalo: la menzogna. Ha detto tranquillamente, parlando con un giornalista, di non aver mai ricevuto la lettera dei quattro cardinali: menzogna, solenne menzogna. Costui mente con la facilità con cui ride e scherza — e ride e scherza continuamente, anche quando non dovrebbe, anche dove non è opportuno. Non è opportuno ridere e scherzare durante la vista a un convento di suore di clausura: le suore scelgono di andare in un convento di clausura per meditare e pregare nel silenzio, in modo da udire la voce di Dio. Gli scherzi e le risate sguaiate vanno bene in osteria, non in un convento di clausura, per giunta davanti ai fotografi. Ma i fotografi non mancano mai, quando il signore argentino muove un passo o dice "bah". Qualunque cosa dica o faccia, uno stuolo di giornalisti servili lo segue, lo fotografa, si preoccupa di immortalare le perle di saggezza che escono dalle sue labbra papali. Anche se sono affermazioni non cattoliche e quindi eretiche; anche se sono atroci bestemmie.

Concludendo. La frase Dio non è cattolico, non esiste un Dio cattolico, in bocca a un papa, è un laccio teso alla fede dei cattolici, un tranello e una pietra d’inciampo. È una frase che potrebbe essere accettabile da un non cattolico, oppure da un cattolico che parli in termini astrattamente filosofici, in una conversazione privata; non da un papa e non da un papa che parla in un’intervista che verrà divulgata — e lui lo sa bene — in tutto il mondo. Si può dire che Dio non è cattolico, se s’intende che Dio, in se stesso, è superiore a ogni umana definizione. Ma non lo si può dire se si intende che Dio non è il Dio annunciato da Gesù nel Vangelo, e che era Dio Egli stesso: non da cattolici, ovviamente. In ogni caso, una frase terribilmente ambigua: e non su una questione secondaria, ma sul cuore stesso della fede cattolica. Perciò, un papa che parla così o è, nel senso tecnico del termine, un perfetto incapace altamente pericoloso, come lo sarebbe un pompiere il quale, invece di spegnere gli incendi, li alimenta, e sia pure, vogliamo crederlo, non per malvagità ma per incapacità; oppure è un infiltrato, un uomo che è stato messo un quell’altissima posizione per fare tutto il danno che da lì è possibile fare, provocando confusione, sofferenza e turbamento fra i cattolici. Nel primo caso è uno stupido bene intenzionato, nel secondo un malvagio ben cosciente di ciò che fa. Ora, il signore argentino non è stupido, e lo ha dimostrato cento volte. Non sappiamo se sia intelligente; sappiamo che è molto furbo: la prima ipotesi perciò deve essere necessariamente scartata. Resta la seconda. E allora non si può fare a meno di mettere insieme le stranezze della sua elezione: quella mancata del 2005; le strane e improvvise dimissioni del suo predecessore; la fretta indecente del conclave che lo ha eletto, senza nemmeno rispettare i quindici giorni previsti dal diritto canonico; e poi tutte le sue azioni e le sue parole, fin dal primo istante. A corrente alternata, parla e agisce anche da cattolico: e così i suoi sostenitori possono dire: Vedete? Parla da cattolico, si inginocchia perfino davanti al Santissimo. Perfino. Citano in sua difesa ciò che dovrebbe essere la regola e invece è l’eccezione: è raro vederlo inginocchiato, raro sentirlo parlare da vero cattolico…

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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