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Rabbiosi e disperati perché in guerra con la realtà

Vale la pena di tornare a guardarsi, su Youtube, la puntata di Porta a porta del 2009, in cui il cantante Povia si confronta con il direttore di Gay News Franco Grillini sul tema dell’omosessualità e, in modo particolare, sulle cosiddette terapie riparative, a suo tempo portate avanti dallo psicologo Joseph Nicolosi. A un certo punto, Povia dice una cosa semplicissima, per non dire banale: che l’uomo e la donna fanno dei figli, e che questi figli faranno altri figli, e questo ciclo assicura la continuità delle generazioni; e che il matrimonio è un contratto mediante il quale lo Stato riconosce all’uomo e alla donna la funzione di rinverdire la società e la "fornitura" di nuova forza lavoro. In quel momento Grillini lo interrompe, affermando: I figli li fanno anche i gay. Povia, imperturbabile, replica prontamente: No, i figli non li fanno i gay, perché non mi risulta che nessuno di voi abbia un utero. Poi, se ce lo avete, me lo dite. Grillini, allora, commenta, col tomo irritato e lamentoso di chi si vede costretto a deplorare una imperdonabile caduta di stile: Ma per piacere, daaaai, cerchi non essere volgaaaree

Ecco: il problema della cultura radicale, della cultura dei diritti civili sempre più spinti, e, in particolare, il problema della cultura omosessualista, è tutto qui: nella rabbia impotente, che genera frustrazione, amarezza e aggressività nei confronti del reale. Il fatto è che i figli nascono dall’unione dell’uomo e della donna; ma ciò dà fastidio agli omosessuali militanti e a quelli che considerano un imprescindibile diritto dell’uomo quello di avere dei figli comunque, con o senza l’unione fra l’uomo e la donna. Pertanto, essi sono arrabbiati contro la natura, e non sono disposti ad accettare le sue leggi. Ricorrono, ovviamente, alla scienza e alla tecnica per aggirare l’ostacolo, e oggi possono farlo tranquillamente; infine si rivolgono al legislatore affinché riconosca loro il diritto che la scienza e la tecnica sono già in grado di soddisfare. In questo modo, anch’essi sono in grado di avere dei figli: poco importa come, e cioè andando frontalmente contro le leggi di natura, gabbando e prendendo in giro la natura. Questo, per loro, non è un problema. La natura, per loro, esiste solo quando si tratta di chiamarla sul banco dei testimoni a sostegno delle loro tesi: per esempio, quando si tratta di invocare la liceità di tutti gli istinti. Se quello che provo è un istinto, allora è una cosa naturale, e una cosa naturale è buona: nessuno ha il diritto di impedirmi la sua realizzazione (vedi il dirotto alla pedofilia di Mario Mieli). Ma se la natura testimonia contro di me, allora faccio finta di non sentirla, di non vederla, e ricorro a mezzi artificiali per ottenere comunque ciò che voglio. Questo atteggiamento non viene manifestato solo a proposito della cosiddetta paternità surrogata delle persone omosessuali, ma anche in molte altre situazioni, per esempio nel caso di una donna di senssant0anni che decide di provare le gioie della maternità e per la quale, ovviamente, l’adozione di un figlio sarebbe un misero palliativo, che rifiuta sdegnosamente dal momento che nulla le può impedire di essere madre lei stessa, mediante la fecondazione artificiale.

Al fondo della cultura radicale c’è la rivolta contro la realtà, contro la natura, contro la tradizione, contro l’evidenza e contro il buon senso. Non ha nessuna importanza se nessuna società del passato, neanche la più permissiva, neanche la più aperta e tollerante, e nemmeno la più corrotta e sprofondata nel vizio, si è mai sognata di riconoscere un istituto come il matrimonio fra due persone dello stesso sesso, e se perfino nella Roma di Nerone le "nozze" del depravato imperatore con il suo liberto Sporo (nomen omen) suscitarono incredulità e disgusto. Nulla conta, né la natura, né la storia, né l’evidenza; la sola cosa che conta è che l’universo mondo si inchini davanti alla cultura dei diritti; chi vi si oppone è un reazionario, un fascista, un nazista. Nessuno deve permettersi di giudicare, nessuno deve neanche fiatare quando il signor X esprime la volontà di realizzare un suo diritto. Un uomo vuol sposare un altro uomo? Giusto, benissimo. Quei due signori vogliono avere un figlio? Giusto, benissimo anche questo. E una donna vuole affittare il proprio utero e soddisfare il loro incontenibile desiderio di paternità? Eccellente: chi può ardire di opporsi?

Come si vede nella maniera più esplicita, si tratta di un atteggiamento intellettuale che è una strana mescolanza di rabbia, desiderio di rivalsa, voglia di scandalizzare ma manche di essere accettati, nonché dalla pretesa che la realtà sia non quella che è, ma quella che si vuole che sia: in breve, sindrome paranoica di onnipotenza, con l’aggravante del narcisismo e dell’aggressività nei confronti dei "normali" (parola, quest’ultima, ovviamente impronunciabile). Proviamo a spiegarci. Innanzitutto, precisiamo che non stiamo parlando di tutte le persone omosessuali, ma solo di quelle, una piccola minoranza, che vogliono imporre all’intera società l’ideologia omosessualista, ovvero una ideologia che, con la scusa di rivendicare il rispetto per tutte le persone e per tutte le minoranze, mette esattamente sullo stesso piano di dignità e di "naturalezza" l’essere omofili o l’essere eterosessuali. Non è difficile capire che il rispetto per le perone omosessuali è una cosa, mentre voler denunciare una maestra perché ha osato chiedere a un bambino chi sono il suo papà e la sua mamma, accusandola di omofobia, perché non ha considerato che i genitori possono essere dello stesso sesso, è un’altra cosa. Limitandoci, dunque, a questa piccola minoranza di omosessualisti arrabbiati, cioè una piccolissima minoranza sul totale della popolazione mondiale (perché l’insieme degli omosessuali, militanti e no, è solo una minoranza percentualmente trascurabile, e quindi è di per sé assurdo e pretestuoso voler presentare l’orientamento omosessuale come del tutto equivalente a quello eterosessuale), appare evidente che essi sono in stato di protesta permanente contro la natura, contro la società e contro la storia, e pretendono di riscriverle a modo loro: la natura, mediante le tecniche della fecondazione artificiale; la società, mediante una gabbia legislativa che inibisca il libero dibattito su questo tema; la storia, costringendo lo Stato e i cittadini a inchinarsi davanti alle sofferenze passate dalla minoranza omosessuale perseguitata, più o meno come l’intera popolazione mondiale, ma specialmente quella di religione cristiana, deve inchinarsi davanti a Israele per le passate sofferenze del popolo ebreo, delle quali è colpevole in solido, non si sa bene perché, ma comunque è moralmente colpevole, punto e basta. Il fatto che gli omosessuali non vengano più perseguitati, nei Paesi di cultura cristiana, da secoli (in quelli di cultura islamica, la musica è ben diversa anche al giorno d’oggi) non fa alcuna differenza; così come non fa alcuna differenza, rispetto alle colpe della Chiesa cattolica verso la scienza, il fatto che il processo contro Galilei si sia celebrato quasi cinque secoli fa, perché quelle colpe rimangono, quella vergogna rimane, quel debito è inestinguibile e incancellabile, e qualsiasi cosa la Chiesa dica o faccia nei secoli dei secoli, essa è e rimane la nemica della ragione e del progresso. Amen.

Tale è l’atteggiamento mentale di tutti questi signori per i quali esistono solo e sempre nuovi diritti civili, che essi equiparano, automaticamente, a delle vere e proprie "conquiste di civiltà". Che due uomini possano amarsi pubblicamente (perché di questo si tratta; in privato, nessuno potrebbe metterci il becco, evidentemente), per loro è una "conquista di civiltà"; che possano sposarsi, in municipio e magari anche in chiesa, cioè davanti agli uomini e davanti a Dio, è una "conquista di civiltà" (e tale è, senza dubbio, anche per vescovi come De Kesel o come Paglia e Galantino); che possano adottare dei bambini, è un’altra "conquista di civiltà". L’interesse prevalente del bambino non conta, conta il desiderio di paternità (o di maternità) delle coppie di sodomiti; o meglio, si scioglie il nodo gordiano affermando che per i bambini va benissimo, quel che conta è l’amore fra i genitori e l’armonia della famiglia, e, quanto alla trascurabile circostanza di avere due papà (o due mamme), si trovano dozzine di psicologi pronti a giurare e spergiurare che non esiste alcun problema, che non c’è il benché minimo pericolo dal lato educativo, che i bambini cresceranno felici e contenti e non saranno per niente influenzati dal fatto di avere due genitori dello stesso sesso, anzi, ce ne fossero di più che hanno due genitori innamorati e sereni. A quanto pare, tutte le coppie gay sono, per definizione, innamorate e serene, e tutte le coppie etero sono, almeno potenzialmente, a rischio di conflitti, d’infelicità e di esercitare una pessima influenza sui figli. E queste lucidissime e inappuntabili teorie vengono proprio da coloro i quali, per decenni, hanno sparato a zero sulla famiglia in quanto tale: hanno sostento che la famiglia è una prigione, un campo di concentramento, un ergastolo, una stanza delle torture, una barbarie medievale. Adesso, però, che essa è formata da due sodomiti, o da due lesbiche, è diventata un paradiso in terra, il luogo della felicità e dell’amore, insomma l’ambiente perfetto per crescervi tanti bei bambini, paffutelli e spensierati. Come si vede nei manifestini distribuiti nella Cattedrale di Santo Stefano, a Vienna, dove la famiglia ideale austriaca è formata da due uomini, uno giovane, l’altro attempato, vestiti alla tirolese, ma sempre felici e contenti, e da un bellissimo bambino, africano ben s’intende, perché alla diversità di genere (pardon, alla uniformità di genere) bisogna aggiungere la diversità di etnia, e così il cocktail è perfetto e la nuova famiglia arcobaleno è sbocciata, con la benedizione del vescovo e, forse, anche del buon Dio, per la gioia di tutti quanti credono nel progresso, nel pluralismo, nel dialogo e odiano, invece, i pregiudizi, gli stereotipi e le chiusure di qualsiasi tipo.

Le cose stavano a questo punto sino a qualche anno fa, ma ora la battaglia per le "conquiste di civiltà" è entrata in una ulteriore fase, e i suoi paladini si sono domandati: ma perché discriminare questi bravi genitori del medesimo sesso e costringerli ad adottare dei bambini, quando potrebbero benissimo avere dei figli loro, dei veri figli e non dei figli adottivi? Il progresso della scienza e il progresso, ancor più rapido e impetuoso, della "nuova" morale (omosessualista) rende possibile, infatti, una cosa del genere: sono le meraviglie del futuro che diventano realtà, e sarebbe un vero peccato non approfittarne. Ma come, dei figli loro?, chiedono le persone ignoranti e retrograde, come il cantante Povia; se non possiedono l’utero, come possono due uomini avere dei figli loro? Ma certo che possono: esistono svariate soluzioni; comunque, la più semplice e sicura è quella dell’utero in affitto. Certo, l’utero non ce l’hanno (ma anche questo è tutto da dimostrare, direbbero prontamente i transessuali, al termine del felicemente riuscito cambio di sesso), però una ragazza di buona volontà, magari un po’ a corto di quattrini, disposta a offrire il suo utero e anche il feto da impiantarci, vuoi che non si trovi, sul mercato della globalizzazione? Ma certo che si trova; si trova tutto, al giorno d’oggi; basta fare un annuncio e avere i contanti per pagare. Una faccenda da ricchi, a dire il vero; ma che sono questi pregiudizi contro il denaro? Sì, è vero che la sinistra lo ha sempre demonizzato; è vero che ha sempre descritto il ricco come un capitalista infame, sfruttatore e senz’anima: ma qui, come tutti vedono, il caso è assai diverso. Qui si tratta del tenero, tenerissimo, commovente, desiderio di avere un figlio, un figlio da veder crescere sin da piccino, un figlio tutto proprio, non un bambino da adottare, magari già grandicello. Un frugolino da allattare e a cui cambiare i pannolini, e al quale insegnare a dire papà (che meravigliosa parola; mamma, invece, è molto più banale, sa di Ottocento, anzi di Ancien régime). Come si fa a non vedere che l’intenzione è buona, anzi, ottima, e che i soldi usati per tale scopo sono benedetti, in quanto spesi per la causa della liberazione, della felicità e dell’amore? Certo, resta il dettaglio di quella donna-ombra, di quella madre surrogata che sparisce come un fantasma, dopo essere stata pagata; però, non lasciamoci fuorviare dalle apparenze, non è la vera madre, il suo ruolo potrebbe essere svolto da una gestatrice meccanica, da un utero artificiale, e la scienza, certamente, riuscirà a sostituirla con una macchina, senza che si debba aspettare ancora molto. Nessuna crudeltà, quindi, e nessun rimpianto per il piccolino che se ne va via con quei due uomini; lei, la donna che ha affittato il proprio utero, è una persona maggiorenne e responsabile, ha fatto una scelta libera, nessuno l’ha costretta, e del resto è stata ben pagata: di cosa potrebbe lamentarsi? Per favore, evitiamo i sentimentalismi fuori moda. Guardiamo il lato pratico delle cose: ha vinto l’amore; non è questo che conta? Lei ha avuto i suoi soldi; i due uomini hanno avuto il loro bebè; e il bebè trova una splendida famiglia che lo accoglie sin dalla culla, anzi, sin dalla sala parto. Meglio di così: liberi tutti, felici tutti, e tanto di guadagnato per la "civiltà". Si tratta solo di avere ancora un po’ di pazienza: nel giro di qualche anno, le persone volgari e ignoranti come Povia spariranno, oppure si lasceranno convertire alla realtà delle nuove famiglie arcobaleno, splendidi fiori che sbocciano nell’arida steppa di un paesaggio monotono e banale, quello delle famiglie formate da un uomo e una donna: lunatiche, bisbetiche, piene di problemi e povere di affetto. Sarà bellissimo: ci sarà tanto, tanto amore per tutti. Perfino i preti si stanno convincendo; e la salesiana Elledicì batte in breccia tanti cattolici oscurantisti e stampa un catechismo per bambini dove si vede un bel Gesù che somiglia tutto a Conchita Wurst, e due papà gay che corrono sul prato coi loro bambini, tutti quanti cattolici e felici. La felicità è un diritto, e lo si è visto quando Luxuria, ai funerali di don Gallo, ha preteso di ricevere la santa Comunione dalle mani del cardinale Bagnasco, arcivescovo di Genova. Contenti gli uomini, perché Dio dovrebbe fare il difficile e trovar qualcosa da eccepire? Lui è solo bontà e misericordia…

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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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