
Guai a me se non predicassi il Vangelo!
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Come si riconosce la voce del vero pastore
22 Gennaio 2018Forse ci siamo leccati le ferite abbastanza; forse è arrivato il tempo di rimboccarsi le maniche e reagire al presente sfascio della Chiesa cattolica, senza più piangersi addosso e senza aspettare rettifiche, ripensamenti e ravvedimenti da parte di chi non ci pensa affatto, anzi, è più che mai deciso a procedere nella direzione intrapresa. Fermo restando che la prima cosa da fare, sempre, costantemente, ogni giorno, è pregare e rivolgere ogni speranza e ogni invocazione a Chi solo può tutto e non desidera altro che il bene, perché è il Bene stesso, ci sembra che, nel prossimo futuro, si possa immaginare una sorta di manovra in tre tempi, perché sarebbe irrealistico immaginare un pronto ristabilimento della giusta situazione e quindi bisogna rifuggire da ogni impazienza, frenesia e precipitazione, le quali altro non farebbero se non aggravare la confusione già oggi imperante, e gettare in uno sconforto ancor più grave le anime smarrite e bisognose di conforto.
La prima mossa è quella di puntare alle dimissioni del (falso) papa Bergoglio. Se le sue continue intemperanze, buffonate, eresie e bestemmie fossero "solo" questione di carattere, d’ignoranza, di superficialità, di narcisismo, si potrebbe anche reprimere il legittimo sdegno e portare ulteriormente pazienza e attendere che, con la fine di questo sciagurato pontificato, le cose tornino verso la normalità. Ma, a parte lo scandalo quotidiano, gravissimo, e il relativo pericolo per le anime, qui si tratta di ben altro che del carattere di una singola persona, o della sua persona buona o cattiva fede. Bergoglio non è, semplicemente, la persona sbagliata capitata nel posto sbagliato; al contrario, è la persona giusta nel posto giusto, nel senso che la sua elezione è stata pensata, voluta e attuata da una cerchia di cardinali massoni al preciso scopo di fare quello che sta facendo e di non fare quello che non sta facendo. Pertanto, è ingenuo domandargli meno politica e più religione, sperare che incominci a parlare un po’ meno dei migranti o dei problemi ecologici e un po’ di più di Dio, della grazia e del peccato. Non lo farà mai; diremo di più: non potrebbe farlo, nemmeno se, per avventura, rinsavisse: non glielo lascerebbero fare. Dominato da un’ambizione smisurata, egli si è reso disponibile a fare un certo lavoro, una volta eletto: ora i suoi burattinai si aspettano che lo faccia, sino in fondo, seguendo una tabella precisa; e quella è gente che non scherza, non lascia nulla al caso e non perdona chi sgarra. Come una mafia, penserà qualcuno. Precisamente: del resto, non è stato proprio il cardinale Danneels, che ne faceva parte, a definire "mafia di san Gallo" il gruppo formato da alcuni cardinali che si riunivano nell’omonima abbazia svizzera, per mettere a punto una precisa strategia con la quale contrastare l’ascesa di Ratzinger e piazzare un suo uomo sul soglio di san Pietro, al crepuscolo del pontificato di Giovanni Paolo II? E chi c’era, a sua volta, dietro la mafia di San Gallo? Martini, Lehmann, Danneeels e gli altri agivano di proprio iniziativa, o non eseguivano, piuttosto, le direttive ricevute da un livello superiore? No: quella non è gente che lascia nulla al caso. L’elezione di Bertoglio era stata preparata da anni; e infatti, già nel conclave del 2005 essi avevano tentato il colpaccio. Nel 2013 ci hanno riprovato e stavolta è andato a segno: tanto più che ad aprirgli clamorosamente la strada erano venute le dimissioni, mai chiarite e mai neppure indagate, di Benedetto XVI. Nemmeno i più piccoli particolari sono lasciati al caso, nello svolgersi di questo pontificato; e se Bergoglio ama dare l’impressione di improvvisare, ciò avviene perché è un grande comunicatore e sa che la gente ama le improvvisazioni, anche se non sono affatto tali: hanno un sapore di freschezza, di spontaneità, che piace, che sa di pulito, di evangelico. Un esempio per tutti: il matrimonio-lampo di uno steward e di una hostess, da lui celebrato, si fa per dire, ad alta quota, a bordo di un aero, durante il suo ultimo viaggio apostolico in Cile e in Perù (ma non in Argentina, sua patria: lì si guarda bene dal farsi vedere; non ha lasciato buoni ricordi: oltre alla storiaccia dei due preti arrestati e torturati dalla polizia negli anni della dittatura militare, c’è il piccolo dettaglio che il suo superiore diretto non lo voleva nemmeno come vescovo; figuriamoci se adesso si facesse vedere come papa). Ora si viene a sapere che i due sposi avevano già espresso il desiderio che fosse proprio il papa a unirli nel vincolo religioso (sono già sposati in municipio da otto anni), il che rende risibile l’ipotesi di una mera coincidenza fra il loro desiderio e l’apparente improvvisazione di Bergoglio. La verità è che questo colpo di teatro era stato preparato in ogni dettaglio. Come un numero da circo, appunto: ma uno di quei numeri che fanno colpo, comunque, specialmente sul pubblico di bocca buona; un pubblico che non sta lì a guardare tanto per il sottile. Perché, se lo facesse, forse capirebbe che il matrimonio religioso è una cosa seria e che richiede, pertanto, preparazione, silenzio, raccoglimento, attesa, pazienza, umiltà, preghiera, fede in Dio e anche una autorevole direzione spirituale; tutte cose che non sono certo apparse nella farsesca celebrazione "al volo" di Jorge Mario Bergoglio. In compenso, qualche punto in più di audience da mettere in saccoccia e portare a casa. Per quest’uomo cinico e senza scrupoli, la sua popolarità è l’unica cosa che conti veramente; non certo la conversione delle anime.
E allora, ecco i tre tempi della manovra che i cattolici dovrebbero mettere in atto per reagire alle trame, sempre più scoperte e sfrontate, della neochiesa, miranti alla completa distruzione della teologia, della dottrina, della pastorale, della liturgia e, soprattutto, della morale cattolica.
Primo tempo: le dimissioni di Bergoglio.
Abbiamo già detto che non sarebbero affatto sufficienti, perché, dietro costui, c’è ben altro; nondimeno, sarebbero un primo passo, e, soprattutto, darebbero un po’ di speranza a chi l’ha quasi perduta, e infonderebbero coraggio a chi lo ha quasi smarrito, in vista delle battaglie successive. Le dimissioni di Bergoglio sono un obiettivo irrinunciabile e, nello stesso tempo, possibile e realizzabile. Se si permette a questo personaggio di chiudere in "bellezza" il suo pontificato, i danni che esso ha prodotto diverranno irreparabili: la sua prassi si consoliderà, e passerà in eredità ai prossimi papi; non si potrà più neanche immaginare di tornare indietro, ma si andrà avanti nella sua medesima direzione, verso l’annientamento della Chiesa e la rimozione di Dio dalla coscienza dei fedeli. Ma come arrivarci? Necessariamente, attraverso una insorgenza di massa, dai cardinali ancora sani, ai vescovi, ai sacerdoti, ai teologi, ai frati e alle suore, ai semplici fedeli. Non è più questione di un singolo documento, come Amoris laetitia; quindi, non è più questione di una singola correzione, come nel caso della Correctio filialis. Si tratta di delegittimare tutto lo stile pastorale di questo personaggio, il quale ogni giorno, sia in sede pubblica che privata, ufficialmente e no, sferra una nuova picconata alla vera fede cattolica, con le sue battute, con le sue sconcezze, con le sue buffonate, con le sue allusioni, le sue provocazioni, i suoi sottintesi, i suoi sorrisi, i suoi silenzi. Non c’è praticamente nulla di cattolico in tutto quello che fa e che dice; e anche quando fa o dice una cosa cattolica, la fa e la dice in un contesto di voluta ambiguità, con tali e tanti sottintesi, furberie, ammiccamenti, da renderla non credibile e nemmeno ortodossa. Conclusione: deve andarsene, puramente e semplicemente. Ha fatto più male lui alla Chiesa di un esercito di barbari scatenati. E anche dopo che se ne sarà andato, ci vorranno anni per medicare le ferite che ha causato, per ricostruire dalle macerie che ha provocato. Ma come indurlo a mollare? Abbiamo detto che ciò sarebbe anche pericoloso (per lui), anche ammesso, per pura ipotesi, che egli lo prendesse in considerazione. Mediante una pressione morale e anche di tipo pratico: negandogli qualunque autorevolezza, qualunque attenzione e qualunque obbedienza. Tanto varrebbe prestar fede e obbedienza a un lupo travestito da pastore: il suo scopo è divorare le pecore, non certo proteggerle. Si dovranno raccogliere delle firme per chiedergli di andarsene; disertare le messe (minuscola) da lui celebrate, e da lui trasformate (e profanate) in sproloqui politico-sociali; disertare le udienze e il domenicale appuntamento per la benedizione dell’Angelus; spegnere il televisore quando parla; boicottare la falsa stampa cattolica, che ne sta facendo un idolo, disdire gli abbonamenti, mandare delle lettere di protesta ai direttori, a cominciare da quell’Antonio Spadaro che dirige, in piena sintonia con costui, La Civiltà Cattolica; snobbare i neovescovi "di strada" nelle loro stesse cattedrali, i Perego, i Tisi, i Cipolla, eccetera; denunciare i sofismi storici dei Melloni e le eresie teologiche dei Grillo e dei Bianchi; contestare apertamente i neopreti che si permettono di servirsi della santa Messa per fare concioni politiche e anticattoliche, disprezzando il Vangelo e i suoi simboli, affermando di non credere al Credo, eccetera. Si dirà che tutto questo sarebbe gravissimo, che provocherebbe uno shock nei fedeli. Al contrario: lo shock, fino ad oggi, i veri cattolici lo hanno subito, e hanno dovuto mandar giù, in silenzio, le lacrime insieme ai bocconi amari. Ora è tempo che a provare un po’ di shock siano i nemici di Cristo e della vera Chiesa, i seminatori di scandali, gli arroganti cattolici modernisti e di sinistra i quali, a questo punto, hanno finito per credersi infallibili e intoccabili, visto che nessuno reagisce alle loro enormità e alle loro bestemmie. Non diciamo di venir meno al principio sacrosanto della carità e, quindi, della correzione fraterna: ma la vera carità è dire le cose chiare e nette, specie in situazioni estreme, come quella in cui ci troviamo: una falsa pietà sarebbe peggiore di qualunque altra cosa. Non si può schermare di fioretto con chi adopera la clava; e non si possono fare troppi complimenti, quando è in gioco la salute delle anime.
Secondo tempo: UN PROFONDO E PUNTUALE RIPENSAMENTO DEL CONCILIO VATICANO II.
Inutile girarci attorno: il male viene da lì. Ora, è tempo che se ne parli, così come nella cultura laica si parla già da tempo dei danni e dei disastri che il ’68 ha prodotto nella scuola, nella famiglia e nella società. Sappiamo bene che è un argomento tabù: e non pretendiamo una condanna totale e senza appello. Non c’è alcun dubbio che molti padri conciliari e molti cattolici di tutto il mondo erano perfettamente in buona fede, nella stagione del 1962-65, allorché auspicavano un rinnovamento, un rilancio, una sorta di rinascita della Chiesa di fronte alle sfide del mondo moderno. E non vogliamo neanche negare che vi fossero delle cose che andavano riviste e rinnovate, degli abusi che andavano repressi, dei disordini che andavano corretti. Il punto, tuttavia, non è questo. Il punto è che la sincera, ma ingenua, ansia di rinnovamento di tutti quei cattolici venne strumentalizzata dalla massoneria ecclesiastica, che aveva scelto quell’assise per sferrare, senza farsi scorgere, il suo attacco a fondo alle basi stesse della Verità cristiana. Quel che si riprometteva era di introdurre un cuneo nella liturgia e, in parte, nella dottrina; ad allargarlo si sarebbe provveduto poi, pazientemente, un giorno dopo l’altro, un anno dopo l’altro. L’importane era che la gente non se ne rendesse conto. E infatti, nel giro di cinquant’anni, e sempre sfruttando le parole d’ordine del Concilio ed invocando il sedicente "spirito" del Concilio, a quali estremi non si è arrivati? Estremi che nessuno, o quasi, nel 1962-65, avrebbe immaginato, tanto meno desiderato; estremi che avrebbero fatto rabbrividire, se li avesse potuti prevedere, ogni sano sacerdote, ogni vescovo, ogni singolo vero cattolico. Ripensare il Concilio, anche alla luce degli altri venti concili ecumenici della storia della Chiesa, significa rendersi conto che, al di là delle buone intenzioni, non tutto fu bene di ciò che esso fece, e, sopratutto, che, da quel momento in poi, la Chiesa, credendo di rinnovarsi e di dialogare più efficacemente con il mondo, si mise su un binario falso, che l’avrebbe condotta a un rapido impoverimento della sua ricchezza spirituale e ad una disastrosa dispersione della sua saldezza e coesione dottrinale, per inseguire le lucciole di una contemporaneità che era, di fatto, sempre un passo avanti, e che, alla fine, ha condotto la Chiesa a lasciar penetrare al proprio interno il vento della secolarizzazione, del relativismo e, alla fine, dell’incredulità, tradendo, di fatto, la propria missione e venendo meno al mandato ricevuto da Cristo. C’era una regia occulta, dietro quella falsa prospettiva, della quale la gran massa dei cattolici e del clero stesso nulla sapevano; una regia che si è parzialmente rivelata solo nel corso degli anni e dei decenni, proprio nel sempre più palese allontanamento della Chiesa dal Magistero di sempre e dalla sacra Tradizione, mentre, sul momento, il Concilio è stato visto e vissuto come un salutare aggiornamento delle forme, specie al livello della comunicazione del messaggio evangelico, ma non della sostanza dottrinale e morale. Invece proprio questo è accaduto: che la dottrina e la morale sono ormai palesemente distanti da ciò che la Chiesa, con una sola voce, ha insegnato per duemila anni. Già questo solo fatto dovrebbe suggerire molti interrogativi e rendere legittimo e doveroso un dibattito su quel che era realmente ispirato dallo Spirito, e quel che non lo era affatto, nella stagione conciliare.
Terzo tempo: UN ABBANDONO DI QUEL CHE ERA SBAGLIATO E UN RITORNO DELLA CHIESA ALLA SUA TRADIZIONE, ALLA SUA VOCAZIONE E MISSIONE NEL MONDO: la conversione delle anime a Dio e l’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo, il Verbo Incarnato, al mondo: ma non accettando come base di partenza le menzogne, i peccati e le immoralità erette a sistema da parte del mondo, bensì la necessità della conversione del mondo e il riconoscimento del valore ineludibile della redenzione di Gesù per la sua salvezza. Si tratta di un’immane opera di bonifica della zizzania e, poi, di seminagione del buon grano. Sì, umanamene è impossibile; ma nulla è impossibile a Dio…
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