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Che ci sia una manovra, è ormai evidente…

Che dietro l’implosione della Chiesa cattolica ci sia una manovra ben precisa, studiata e pianificata a tavolino, e diretta da forze estranee, è ormai sotto gli occhi di tutti, o, quanto meno, di tutti quelli che sono disposti a tenerli aperti e a guardare nella direzione giusta, invece di tenerli chiusi o di usarli per guardare dall’altra parte, quando ciò che si vede non è conforme ai propri gusti, alle proprie aspettative o alle proprie convinzioni. Questo ossessivo battere e ribattere della neochiesa sul tema di cosiddetti migranti, per esempio, nonché della concessione della cittadinanza a tutti quelli che la vogliono acquisire: ogni benedetto giorno, e perfino nella omelia del santo Natale, indicano che il (falso) papa Bergoglio e i suoi giannizzeri stanno mettendo in opera un copione che era già stato scritto ben prima della sua fortunosa elezione. Chi lo vuol vedere, chi lo vuol capire, lo vede e lo comprende: senza bisogno di fare ricorso a chissà quali ipotesi complottiste, a chissà quali dietrologie. Basta fare due più due. L’invasione dell’Europa da parte dei falsi profughi, è forse materia di fede? La concessione della cittadinanza italiana a tutti i bambini stranieri che vi nascono, è forse una questione di fede? Evidentemente, no; eppure, questo è il tema principale del giorno: assillante, martellante, implacabile. E allora, perché? Ovvio che Bergoglio e i suoi non stanno lavorando al servizio della Chiesa cattolica, ma contro di essa; specie tenendo conto che il novanta per cento dei falsi profughi, e aspiranti cittadini italiani, sono di religione islamica. Se poi si considera che questo stesso personaggio, ora insediato sulla cattedra di Pietro, ha dichiarato, al principio del suo pontificato, che il proselitismo è una solenne sciocchezza, e che anche recentemente, facendo un viaggio "apostolico" in Myanmar, è stato così bravo da non pronunciare in pubblico, nemmeno una volta, il nome del nostro Signore Gesù Cristo, le cose diventano ancora più chiare. Immigrati islamici, sì; cittadinanza agli immigrati, sì; apostolato, no: tutto ciò è compatibile con il ruolo di un romano pontefice? È coerente con la ragion d’essere della Chiesa cattolica? Se la Chiesa cattolica diventa un’agenzia di accoglienza e promozione dell’immigrazione clandestina, in gran parte islamica, e nello stesso tempo si rifiuta di annunciare alle genti il Vangelo di Gesù Cristo, essa è ancora quel che dice di essere, cioè la Chiesa cattolica? Oppure è un’altra cosa? Secondo noi, è un’altra cosa. È una neochiesa sincretista, gnostica e massonica, impregnata di modernismo da cima a fondo: dunque, una chiesa eretica e apostatica, perché il modernismo non è soltanto una versione progressista del cattolicesimo, ma è una vera eresia, solennemente condannata dal Magistero.

Su questo non ci piove: questi sono fatti, non opinioni.

E che la neochiesa sia una conventicola di eretici modernisti, lo vediamo tutti i giorni, anche da altri segnali, chiamiamoli così interni ad essa. Per esempio, le lodi smodate di monsignor Paglia al radicale Pannella, campione di ogni sorta di peccati: dal divorzio all’aborto, dalla droga alle unioni omosessuali. L’ostentata stima ed amicizia di Bergoglio per Emma Bonino ed Eugenio Scalfari vanno nella stessa direzione: distruggere, nei fedeli, il senso di ciò che è buono, di ciò che è giusto, di ciò che è vero. Le affermazioni scandalose, provocatorie, insopportabili di padre Sosa: il diavolo non esiste; il matrimonio cristiano non è indissolubile; non si sa cosa realmente abbia detto Gesù Cristo; e le sue pose, altrettanto provocatorie, come il farsi fotografare in un tempio buddista, in mezzo ai monaci buddisti, che medita seduto a terra, nella posa del loto (non sia mai che qualcuno lo sorprenda in una chiesa, inginocchiato a pregare, le mani giunte, da buon cattolico: oh, sarebbe una intollerabile mancanza di delicatezza verso i non cristiani!). E poi, siccome il modernismo non sarebbe pienamente tale senza il progressismo, ecco la comunità di sant’Egidio, che da anni si è autonominata la vera interprete delle virtù evangeliche, trasformare una delle più belle basiliche di Roma, quella di Santa Maria in Trastevere, il giorno di Natale, in una sala da pranzo per centinaia di poveri, d’immigrati, di musulmani, con Andrea Riccardi che passa in tivù a riscuotere il consueto omaggio delle telecamere: certo i tavoli si potevano sistemare anche nei saloni parrocchiali, ma vuoi mettere la soddisfazione di trasformare la casa del Signore in un refettorio, in modo da togliere ogni residuo alone di spiritualità, di trascendenza; in modo da far dimenticare ai cristiani cosa siano il digiuno, la penitenza e la preghiera, e da convincerli che conta solo l’inclusione del diverso, solo l’accoglienza del barbone, solo la cittadinanza al musulmano. È così che si trasforma una religione in una cooperativa di volontariato, laica al cento per cento; con un papa che non parla mai di Dio e raramente di Gesù Cristo, e con dei vescovi e dei cardinali che fanno a gara nel riempirsi la bocca di parole d’ordine sociali, politiche ed economiche, ma non parlano mai del peccato e della grazia, del bene e del male, del paradiso e dell’inferno; figuriamoci, questa è roba vecchia, roba d’altri tempi: i tempi di prima del Concilio, immaginatevi un po’!

Ora che dietro tutto questo ci sia una precisa regia, è cosa ormai visibile a chiunque la voglia vedere. E anche le tappe, i singoli passaggi di questa strategia appaiono sempre più chiari, sempre più riconoscibili, se appena ci si prende la briga di guardar le cose da vicino, sfrondate dalla retorica che, dopo il Concilio, è stata immessa a fiumi nella vita della Chiesa: quella dei papa boys, per esempio, e delle mega Giornate mondiali della Gioventù, che di cattolico non hanno nulla e si risolvono in vergognose ammucchiate profane, con tanto di balli scomposti in riva al mare, e con tanto di vescovi e cardinali che fanno a loro volta i buffoni, per la gioia di orde di giovani spinti a tali raduni non da un profondo bisogni interiore, ma, spesso, semplicemente dalla possibilità di rompere i freni e godersi qualche spasso e qualche avventura sessuale a buon mercato. E qui una precisa ed enorme responsabilità ricade su papa Wojtyla e sul suo gusto per le masse adoranti, per le folle strabocchevoli, per le ovazioni e per quel che in altri tempi e in altri luoghi si chiamava "culto della personalità": sicché pareva che tutti quei giovani, che tutti quei cattolici non adorassero, con lui, il nostro Signore Gesù Cristo, ma che adorassero lui, il papa; che ballassero per lui, che facessero i buffoni per lui; che facessero il tifo da stadio per lui, che battessero le mani a lui. Quel che accade oggi con Bergoglio è il frutto "maturo" di quella stagione: la stagione dei grandi numeri e della superficialità, dell’esteriorità, della Chiesa che rinuncia a se stessa, al suo stile, alla sua misura, ai suoi tradizionali mezzi espressivi, e si trasforma in una grande impresa rock o punk, in una super discoteca, in una festa permanente dove tutto quello che conta è urlare e andare in delirio davanti a un papa che si atteggia a dio onnipotente, e che non invita i fedeli a rivolgere l’anima al Padre celeste, ma li incita a scatenarsi nei loro bassi istinti, il tutto dietro la misera foglia di fico di una "pastorale dei giovani" che è solo mondanità, disordine e contraffazione sistematica e spudorata degli autentici valori cristiani.

Fino a un certo punto, abbiamo chiuso gli occhi anche noi; abbiamo pensato che, per esempio, l’esplosione programmata del "caso Williamson" fosse una polpetta avvelenata per indebolire il pontificato di Benedetto XVI e, magari, costringerlo alle dimissioni, come poi è avvenuto (cfr. il nostro articolo: Il "caso Williamson" fu un complotto per screditare Benedetto XVI, pubblicato sul sito di Arianna Editrice, il 29/07/2015). Poi ci siamo resi conto che l’obiettivo era molto, ma molto più vasto: che si trattava di mettere in crisi non un singolo pontefice (Benedetto XVI, del resto, era pur sempre un fautore del Concilio, e sia pure moderato: quindi un fautore di questo "ecumenismo" autodistruttivo e di questo "dialogo-inter-religioso" dagli esiti autolesionisti e catastrofici), ma l’intera Chiesa cattolica, più precisamente di metterla sotto la tutela del giudaismo talmudico, attraverso il triplo ricatto della Shoah (la religione olocaustica dei Sei Milioni); della Nostra aetate, il documento che apriva la strada alla libertà religiosa e quindi alla rivalutazione dell’antica alleanza e all’auto-rottamazione del cattolicesimo; e dello stesso "caso Williamson", in seguito al quale Ratzinger fu costretto, specialmente dalla signora Merkel, a sottomettersi in tutto e per tutto alla religione olocaustica, tanto che il cardinale Camillo Ruini dichiarò pubblicamente, alla televisione, che chi nega l’Olocuasto (dove per "negare" si intende anche discutere sulla cifra dei Sei Milioni) non può fare il vescovo cattolico. Il che è come dire che un vescovo cattolico può fare o dire qualsiasi cosa contro la fede cattolica, come ora stanno facendo e dicendo i Paglia e i Galantino, per esempio che Martin Lutero è stato mandato dallo Spirito Santo, o che Dio non distrusse Sodoma e Gomorra per il peccato dei loro abitanti, ma le risparmiò (inventandosi di sana pianta una Bibbia gnostico-massonica e gay-friendly che contraddice frontalmente la vera Bibbia), o, ancora, che bisogna prendere esempio dalle sublimi virtù morali del defunto Marco Pannella; ma non può permettersi di porre in dubbio la sola religione cui tutti, oggi, devono genuflettersi: quella dell’Olocausto (cfr. il nostro recente articolo: Shoah, Concilio, Wiliamson: scacco in tre mosse, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 25/12/2017). Da ultimo, ci stiamo convivendo che il disegno è ancora più vasto: che si tratta di sfruttare questa leva, ossia la negazione della unicità della Redenzione cristiana e della stessa divinità di Cristo (e ci stiamo arrivando: oh, sì che ci stiamo arrivando: a piccoli passi, come dice Sandro Magister, ma ci stiamo arrivando: per esempio, ponendo in dubbio la Presenza Reale di Gesù nella santa Eucarestia), attraverso la proclamazione che l’antica alleanza è sempre valida (ma allora perché bisognerebbe farsi battezzare, invece di farsi circoncidere?) per scardinare del tutto quel poco che resta della vera Chiesa cattolica, quella fondata da Gesù Cristo, e per lasciare che la neochiesa apostatica e massonica, oltre a prenderne il posto, ne faccia perfino sparire la memoria, nascondendo ogni traccia – dottrinale, pastorale, liturgica — di essa, come se non fosse mai esistita.

Pure, per avere un quadro esatto e completo del presente sfacelo della Chiesa cattolica, non ci si può limitare a riconoscere i tentacoli della piovra che, dall’esterno, e in parte anche dall’interno, la sta distruggendo, sotto i nostri occhi e con la nostra collaborazione, o con la nostra complicità, o con la nostra connivenza, magari con la nostra ignavia e la nostra indifferenza: no, tutto questo è utile e necessario, ma non basta. Bisogna poi avere il coraggio di guardare la cosa più grave, la cosa più triste, quella che ha reso possibile quelle manovre, quelle strategie distruttive, esterne ed interne: ossia la decadenza morale e la perdita della fede da parte del popolo cattolico, dei cosiddetti fedeli cattolici. Ma fedeli di che cosa? E credenti in che cosa? Se i Bergoglio, i Sosa, i Paglia e i Galantino imperversano; se i Riccardi trasformano le basiliche in stalle, o poco meno, con la scusa dell’accoglienza e della solidarietà, come se loro soltanto si preoccupassero dei poveri e come se migliaia e migliaia di preti e suore, in silenzio, con umiltà, senza i flash dei fotografi e l’attenzione delle telecamere, non l’avessero sempre fatto, negli ospedali, negli orfanotrofi, negli ospizi, nei conventi, e magari con un po’ di santità in più: i De Lellis, i Cottolengo, i don Bosco, le Cabrini, mentre i cardinali Maradiaga proclamano la Chiesa povera per i poveri, e però intascano parcelle di 35.000 euro al mese; e se i vescovi cattolici, a Natale, non dicono Messa nelle loro cattedrali, ma nei templi luterani (Venezia); e vendono i terreni della Chiesa agli islamici perché ci costruiscano le loro moschee, di fronte alle chiese cattoliche (Firenze); e se, infine, ci stanno scippando, sotto il naso, perfino le nostre preghiere, perfino il Padre Nostro, la preghiera insegnataci da Gesù Cristo in Persona: allora vuol dire che noi stessi, popolo dei "fedeli", eravamo ormai allo sbando; che non credevamo più in niente, ma solo nei consumi, nei centri commerciali e negli accessori firmati; che eravamo cotti al punto giusto per mandar giù qualunque fandonia, qualunque sconcezza, qualunque contraffazione della vera liturgia, della vera pastorale e della vera dottrina cattolica. Questo è il punto centrale della questione: se noi avessimo avuto ancora la fede, non ce l’avrebbero potuta fare sotto il naso. Se ce l’hanno fatta, è perché la maggior parte dei cattolici non erano più cattolici, ma degli ex cattolici, dei simil-cattolici, che si erano fabbricato già, in cuor loro, e anche nelle pratiche e negli stili di vita, un "cattolicesimo" tutto loro, beninteso tollerante e permissivo. E se qualche sacerdote, qualche vescovo, si permetteva di tener duro sulle posizioni del vero Magistero, ecco che si scatenava un’ondata di pubblica indignazione contro di lui; ecco che una bambina veniva mandata avanti, nel silenzio della chiesa, per chiedere al prete "tradizionalista" e duro di cuore: Ma i miei genitori (separati) che cosa hanno fatto di male, che non possono ricevere la Comunione? E tutto il popolo (bue) a rumoreggiare, a commuoversi, a soffiarsi il naso nel fazzoletto: Eh, sì; parole sante: la voce dell’innocenza! Così, con questi ricatti, con questi mezzucci, con queste furberie, più degne dello stile dei radicali, rotti a tutte le astuzie per impietosire l’opinione pubblica e far passare le loro leggi contro la morale e contro la vita, che di quello dei cattolici, i quali dovrebbero sempre guardare alla Verità e non lasciarsi smuovere da essa neppure d’un millimetro, abbiamo lasciato che l’errore avanzasse e la falsa chiesa guadagnasse terreno ogni giorno, pian piano, metodicamente; finché siamo giunti sull’orlo dell’abisso. Chi ci salverà ora, il (falso) papa Bergoglio o Gesù Cristo?

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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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