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Vogliono la chiesa senza Dio, il vangelo senza Gesù

Qual è la meta finale, l’obiettivo, lo scopo di tutte le incessanti manovre, grandi e piccole, fatte di parole, gesti e omissioni, con le quali la neochiesa si sta sostituendo, un centimetro alla volta, un giorno dopo l’altro, lentamente, metodicamente, implacabilmente, alla vera Chiesa, Sposa di Gesù Cristo e fondata sulla Comunione dei Santi? Questo: arrivare ad una chiesa senza più Dio e ad un vangelo senza più Gesù Cristo, cioè senza Redenzione. E arrivarci facendo in modo che la cosa avvenga per gradi, cautamente, abilmente, come il serpente che striscia nell’erba in silenzio, e che, senza farsi accorgere, piomba all’ultimo istante sulla sua preda. È chiaro, infatti, che, se qualcuno si accorgesse della manovra, le cose potrebbero complicarsi; e, di fatto, qualcuno se n’è accorto, e ha lanciato l’allarme. Però, fin quando si tratta di poche persone, di piccoli numeri, la cosa non rappresenta, di per sé, un problema troppo grave. Avrebbe potuto esserlo un tempo, diciamo fino a cinquanta, quarant’anni fa, quando i seminari sfornavano ancora sacerdoti ben preparati e quando ogni singolo cattolico, per il fatto stesso di aver ricevuto i Sacramenti, aveva ricevuto anche, in preparazione ad essi, una discreta formazione dottrinale e morale: quel tanto che sarebbe bastato per non lasciarsi infinocchiare, per non scambiare, come oggi sta accadendo, la moneta falsa, e anche falsificata malissimo, per moneta buona. Oggi, però, le cose sono infinitamente più facili; la dottrina pare che la conoscano in pochi, e, come se non bastasse, essa viene costantemente sminuita, denigrata, svillaneggiata proprio da coloro i quali la dovrebbero custodire come la pupilla dei loro occhi: i pastori, i vescovi, e prima di tutti, il papa; il quale, al contrario, in una tristemente celebre omelia, ha affermato che se la dottrina crea delle divisioni, allora essa è una cosa brutta, abbasso la dottrina cattiva che divide, e abbasso i cattolici che si tengono stretti alla dottrina, perché sono solo dei rigidi, dei formalisti, degli adoratori di una vuota e arida "ideologia", contrapponendoli, implicitamente, ai cuori generosi, ai cattolici pieni di zelo, di carità e di fede, come monsignor Paglia, che celebra le lodi ammirevoli e preclare di Marco Giacinto Pannella; come monsignor Galantino, per il quale la "riforma" di Lutero è un dono dello Spirito Santo; e come padre Sosa, generale dei gesuiti, che nega l’esistenza del diavolo e che nega l’indissolubilità del matrimonio, insieme a tutto quel che c’è scritto nei Vangeli, con la dotta e raffinata argomentazione che, a quei tempi, non essendoci i registratori, nessuno può dire con certezza quali parole, esattamente, siano uscite dalla sua bocca.

Del resto, la neochiesa, da tempo, ha coltivato le scenografie di massa, l’esteriorità, i raduni oceanici, a imitazione degli spettacoli mondani; Giovanni Paolo II, soprattutto, ha concentrato l’attenzione sulla promozione della propria immagine, il mantello svolazzante, i viaggi incessanti, le folle adoranti, i papua e gli zulù che ballano e cantano, i papa boys che ridono, saltano e frequentano le Giornate Mondiali della Gioventù a caccia di divertimento assicurato e avventure sessuali facili: non è un segreto per nessuno, non diciamo niente di blasfemo, a meno di voler essere ipocriti. E dunque in una Chiesa dove non contano più il silenzio, il raccoglimento, la pietà; dove nessuno parla più di penitenza, tanto meno di preghiera e di digiuno; in una chiesa siffatta, dove conta solo integrare i migranti, accogliere i musulmani, lavare i piedi ai poveri (davanti alle telecamere) e trasformare le basiliche in mense per i poveri, sempre per la gioia delle televisioni e per la soddisfazione della Comunità di sant’Egidio, se pure qualcuno si accorge che il trucco c’è, e mette in dubbio che il magistero sia quello di sempre, e la chiesa sia quella di sempre, e che il papa stia facendo il suo dovere di custode della fede e di propagatore del Vangelo, visto che fa dei viaggi "apostolici" nei quali non gli esce dalle labbra neanche il nome di Gesù Cristo, semmai quello di Buddha e del santo di cui ha scelto il nome, poco male: nessuno lo ascolta, nessuno gli dà retta, anzi, lo liquidano definendolo un nemico del papa (è il nuovo spartiacque creato dalla neochiesa: non più amici o nemici di Cristo, ma amici e nemici di questo papa), e la cosa finisce lì.

Hanno perfino creato un vocabolo nuovo, per screditare in partenza qualsiasi voce critica nei confronti della neochiesa e del (falso) papa Bergoglio: il vocabolo è ultratradizionalista, dove, come ben si sa, già la parola "tradizionalista" suona, da molti anni a questa parte, diciamo dalla scomunica di monsignor Lefebvre, nel 1988 (che fu dovuta a motivi disciplinari e non dottrinali), come una condanna senza appello; figuriamoci ultratradizionalista. Per essere ultratradizionalisti, evidentemente, bisogna non solo essere cattivi, ma anche un po’ folli: se già erano un po’ folli i vecchi tradizionalisti, gli ultratradizionalisti devono essere proprio del tutto schizzati, completamente svitati, sbullonati, e quindi totalmente non credibili, qualsiasi cosa venga loro in mente di dire o di fare. Si tratta di un vocabolo creato quasi contemporaneamente al suo "gemello", evocato sui mezzi di (pseudo) informazione a proposito della politica (presentata però non come tale, ma come emergenza umanitaria), e più precisamente della invasione africana ed islamica dell’Europa, descritta come una normale vicenda migratoria che gli europei devono accogliere con generosità e spirito di solidarietà, pur sapendo benissimo che i "profughi" sono, al novanta per cento, dei falsi profughi, e che in mezzo a loro non mancano certo né i delinquenti di professione, né i fanatici, né i terroristi: il vocabolo gemello è ultradestra. Nelle recenti elezioni austriache, ad esempio, ha vinto l’ultradestra, stando a quel che dicono i mass media politicamente corretti, cioè praticamente tutti i media del mondo: vale a dire una destra che più destra non si può; il che evoca immagini di razzismo, di fascismo, d’intolleranza, brutale, e, in controluce, se non proprio Auschwitz, qualche cosa di simile. Attenzione, dunque: come la società civile è minacciata dai rigurgiti dell’ultradestra, così la neochiesa è minacciata da quelli dell’ultratradizionalismo: e come la prima è presa d’assalto da orde di pericolosissimi fascisti, come si è visto in quel di Como e in qualche spiaggia romagnola, allo stesso modo le coraggiose riforme del papa "francescano" sono avversate e ostacolate in ogni modo da un manipolo di biechi individui, falsi ed ipocriti, impregnati di spirito oscurantista e reazionario, farisei e sepolcri imbiancati, gli stessi che già nostro Signore denunciava con parole di fuoco, ai suoi tempi (perché in questo caso, sì, i Sosa e tutti i neopreti sanno molto bene, e sono più che sicuri, di quali parole esattamene abbia adoperato Gesù Cristo, e in quale contesto, e riferendosi a chi).

È pur vero che molti indizi, e da molti anni, facevano pensare che fosse in atto una manovra oscura, quasi un gioco di prestigio, un gioco delle tre carte, per sostituire la neochiesa alla vera Chiesa di Cristo, facendo sparire quest’ultima sotto gli occhi dei fedeli, ma facendo sì che non se ne rendano conto; ed è altrettanto vero che tutte queste cose erano, e sono, implicite nella stessa fede cristiana: basta leggere i Vangeli e la Passione di Gesù; basta leggere le Lettere di san Paolo; basta leggere il libro dell’Apocalisse. E Léon Bloy, uno che aveva capito molte cose, soleva dire che, per conoscere le ultime novità, lui andava a leggersi le Lettere di san Paolo e l’Apocalisse. Non si dice forse, nelle Scritture, che, com’è stato perseguitato dagli uomini il Verbo Incarnato, saranno perseguitati anche i suoi seguaci? E non si dice forse che verranno dei falsi maestri, i quali riusciranno a sedurre e ingannare molti, allontanandoli alla Verità? E non si dice che il diavolo, simile a un leone ruggente, se ne va in giro cercando anime da divorare, e che bisogna stare sempre in guardia, altro che abbattere muri e spalancare porte, perché da quei muri abbattuti e da quelle porte spalancate il diavolo può entrare con estrema facilità, fingendo, sino al’ultimo, di non essere quel che è, ma vestendo, anzi, i panni del buon cristiano? Ecco: abbiamo peccato di rilassatezza, d’ignavia, e anche d’ingenuità. Sapevamo che il momento sarebbe venuto; sapevamo che la prova sarebbe arrivata: ce lo aveva predetto Gesù in persona; e sapevamo che si deve vegliare e pregare, pregare sempre, senza stancarsi, e vegliare giorno e notte, perché nessuno sa quando verrà il Padrone, ma prima del Padrone potrebbe arrivare qualcun altro, anzi, sicuramente verrà quell’altro, e forse è già arrivato: quello che semina la zizzania nel buio della notte, e che prepara insidie nell’ombra, come è suo costume, per rovinare l’opera del Figlio di Dio. Quando avremmo dovuto vegliare, abbiamo dormito; quando avremmo dovuto pregare, ci siamo distratti; quando avremmo dovuto far penitenza, abbiamo gozzovigliato: traviati dal malefico consumismo abbiano sostituito l’adorazione delle cose all’adorazione di Dio solo e unico. E la neochiesa ci ha incoraggiati in tale sbandamento, se non altro con le sue omissioni: quando mai ci raccomanda la penitenza?

Ecco: questo è un punto chiave. Senza la penitenza, la fede è morta; senza la penitenza, l’anima rimane chiusa al soprannaturale; senza la penitenza, le norme morali ci scivolano addosso come l’acqua, e noi siamo pronti e solleciti a fabbricarcene di nuove, secondo le nostre personali necessità, e abbiamo anche l’ardire di giustificare un simile abuso in nome di una interpretazione più "matura", più "profonda", più "concreta" del Vangelo di Gesù Cristo. Questa è stata la perversione teologica incominciata dal Concilio Vaticano II e portata avanti, scientemente, deliberatamente, dal neoclero e dai sopratutto dai neoteologi — i Kasper, i Küng, i Schillebeeckx, i Congar, fino ai loro nipotini odierni, i Grillo, i Bianchi, i Mancuso (!): la pretesa, blasfema, eretica, di poter cambiare la dottrina, con la scusa d’averla capita di più (ma più di chi? più di san Paolo? Più di sant’Agostino? Più di san Tommaso d’Aquino?); di poter cambiare la morale, con la scusa di dare più importanza al volto misericordioso di Dio (ed espungendo del tutto il peccato, il giudizio, l’inferno, cioè quella che padre Ermes Ronchi definisce "la pedagogia della paura": il che significa falsificare il Vangelo e contraddire la Parola di Dio). Un popolo cristiano che ha scordato il valore della penitenza è un popolo cristiano agonizzante: la neochiesa di questi ultimi anni gli sta solo assestando il colpo di grazia. In quanto cristiani, in quanto cattolici, noi eravamo già, per la maggior parte, dei cadaveri ambulanti. Senza la penitenza, non c’è la fede; e senza la fede, di quale mai cristianesimo stiamo parlando? Stiamo solo buttando parole al vento: un cristianesimo senza fede non esiste, è una contraddizione in termini. Resta una dottrina sociale, sempre più terrena, sempre più immanente, sempre più a senso unico, materialista e presuntuosa: con l’aggravante della cattiva coscienza, perché Dio, in una tale dottrina, è ridotto a fare da paravento di una stanza vuota. È una dottrina dell’uomo per l’uomo, dove Dio non c’è più, tanto meno Gesù Cristo.

Questo, infatti, è l’obiettivo finale della neochiesa: portare i cattolici, poco alla volta, evitando che una scossa troppo brusca possa destarli dal loro sonno, verso una chiesa senza più Dio e verso un vangelo senza più Gesù Cristo. Non è affatto un traguardo impossibile; al contrario, è ormai piuttosto vicino. Se qualcuno non lo crede possibile, vuol dire che sta ancora dormendo. Di solito, giunti a questo punto, qualcuno dei cattolici semiaddormentati avanza la seguente obiezione: Sì, è vero; ci sono delle cose che non vanno, ci sono degli eccessi, degli abusi; c’è un po’ troppa confusione, ogni sacerdote va per conto suo, e le Conferenze episcopali anche, per cui si rischia di compromettere l’unità pastorale, dottrinale e liturgica della chiesa. Ma da qui a trarre la conclusione che esiste un disegno globale; da qui a pensare che il papa e le gerarchie della chiesa sono parte consapevole di un tale progetto, di un tale disegno scellerato, ce ne corre… Voi "conservatori" interpretate tutto male, ingigantite i fatti, vi irrigidite, senza sforzarvi di capire i tempi nuovi, e la necessità che la chiesa, per riuscire a raggiungere gli uomini moderni, accetti alcuni aspetti del mondo moderno. Ebbene, sono i tipici discorsi di chi non ha voglia di svegliarsi del tutto, ma preferisce sonnecchiare beatamente il più possibile; in fondo, è così dolce dormire, cullati dalle suadenti melodie della neochiesa: niente peccato, ma solo misericordia; niente dottrina, ma solo la coscienza individuale; niente penitenza, ma solo l’esercizio dei legittimi diritti; niente mortificazione della carne, solo gioia e divertimento; niente sforzo verso la santificazione, solo assecondare gli umani desideri; niente sacrificio, solo la pienezza del qui ed ora; niente trascendenza, solo la realtà di questa vita; niente mistero, solo la ragione; niente dogmi, solo la morale della situazione; niente spiritualità, solo problemi sociali che vanno affrontati e risolti. Quanti cattolici, o piuttosto ex cattolici (che non sanno di esser tali) sono già del tutto ipnotizzati da queste dolcissime melodie? Quanti di loro sentono, pensano, parlano e agiscono non più come dei cattolici, cioè come uomini nuovi, rinati in Cristo, ma come gli uomini vecchi del paganesimo e del giudaismo, idolatri, arroganti, avari, lussuriosi, senza timor di Dio, senza senso del limite, gonfi e superbi di un amore del prossimo che è solo la proiezione strumentale del loro smisurato amor di se stessi? Davvero non arrivano a vedersi, quando parlano e quando agiscono: davvero non vedono quel che chiunque, dall’esterno, vede benissimo: che essi non credono più in Dio, e meno ancora nella divinità di Gesù Cristo, ma che credono solamente in se stessi, e cercano solo l’approvazione degli uomini, una volta ottenuta la quale sono del tutto appagati e soddisfatti, né desiderano altro? Ma cosa credevano, che il Vangelo fosse una camomilla? Spiacenti, ma si sono sbagliati, e di molto.

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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