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Santa Maria, aiuto dei cristiani: prega per noi

Nella chiesa semibuia un piccolo gruppo di persone, quasi tutte donne e quasi tutte anziane, sta inginocchiato sui banchi presso l’altare della Madonna ove brilla un lumicino; esse hanno la corona del Rosario fra le dita, e ripetono una serie di formule d’invocazione:

Santa Maria: prega per noi. Madre di Dio: prega per noi. Santa Vergine delle Vergini: prega per noi. Madre di Cristo: prega per noi. Madre della Grazia divina: prega per noi…

L’uomo che è appena entrato non è un cattolico, non è un credente; è uno studioso di storia dell’arte e non sta cercando il raccoglimento e la preghiera, ma un certo dipinto del Cinquecento che sa essere custodito in una delle cappelle laterali. Muovendosi piano, per non disturbare, e tuttavia istintivamente imbarazzato, si dirige al luogo che gli interessa, il quale, per fortuna, si trova vicino all’entrata, il che gli permette di non farsi troppo notare e, a sua volta, di poter ammirare il dipinto senza sentirsi osservato. La luce del tramonto è scarsa e sta dileguando dietro gli alti e stretti finestroni, ed egli si ripromette di tornare di giorno, per usufruire della luce del mattino; adesso non osa dirigersi in sacrestia e chiedere che venga accesa la luce elettrica, perché non è il momento adatto. Mentre contempla la bellissima pala, per niente inferiore alle sue aspettative, gli giunge smorzata, come una dolce cantilena, la voce delle donne, che la sua attenzione registra in maniera involontaria e pressoché automatica:

Madre purissima: prega per noi. Madre castissima: prega per noi. Madre inviolata: prega per noi. Madre intemerata: prega per noi. Madre amabile: prega per noi. Madre ammirabile: prega per noi. Madre del buon consiglio: prega per noi. Madre del Creatore: prega per noi. Madre del Salvatore: prega per noi…

La sua attenzione è rivolta al dipinto, non alle preghiere di quelle persone, nondimeno qualcosa, nel suo inconscio, si muove; come se quelle parole trovassero una segreta e misteriosa corrispondenza con qualcosa che era già in lui, nascosta in qualche piega e, in apparenza, dimenticata. Forse si tratta di una preghiera che ha udito da bambino, chi lo sa quanto tempo prima. Non sa nemmeno il nome di quella preghiera, ignora che si tratta delle Litanie lauretane, che hanno cinque secoli di storia, perché si cantavano già agli inizi del XVI secolo, quando ancora lo scisma di Lutero non aveva lacerato a sangue, irreparabilmente, la cristianità, da un capo all’altro dell’Europa: certo, esse hanno una cadenza gradevole, e, come dire?, antica… Non gli dispiace quel sottofondo, mentre osserva, estasiato, la Natività del famoso pittore rinascimentale, ne ammira la purezza del tratto, la forza smagliante dei colori:

Vergine prudentissima: prega per noi. Vergine venerabile: prega per noi. Vergine degna di ogni lode: prega per noi. Vergine potente: prega per noi. Vergine clemente: prega per noi. Vergine fedele: prega per noi…

Gli vien fatto, a un certo punto, di rivolgere un po’ di attenzione a quei ritornelli, a quelle espressioni; e gli vien fatto di accorgersi che non s tratta per niente di vuote celebrazioni retoriche, ma che ogni singolo vocativo, ogni singola invocazione alla Madonna definisce un aspetto preciso della sua misericordia, della sua fede, della sua missione nel mondo. Lo percepisce, così, quasi per una ispirazione che lui stesso non saprebbe spiegarsi, dato che, non essendo religioso, non ha mai fatto attenzione ai concetti fondamentali della religione cattolica, né, meno che meno, alla figura di Maria Vergine e al culto devoto che le rivolgono tanti milioni di fedeli. Eppure, proprio la sua posizione di persona "esterna" alla Chiesa e all’universo cattolico, gli permette di cogliere quei significati, istintivamente, forse meglio di tanti cattolici abitudinari, i quali ripetono tali espressioni senza porvi quella consapevolezza, quella lucida e devota concentrazione che sarebbe necessaria: ogni parola comincia a risuonargli nelle profondità dell’anima con un suono nuovo, producendo un’eco insospettata, dove nulla è casuale, enfatico, esteriore — o, come direbbe Rudolf Bultmann, "mitologico" -, ma tutto ha una profonda ragion d’essere, tutto risponde a una necessità interna, alla logica sottostante al culto della Madonna:

Specchio di giustizia; prega per noi. Sede della sapienza: prega per noi. Causa della nostra letizia: prega per noi. Vaso spirituale: prega per noi. Vaso degno d’onore: prega per noi. Vaso insigne di pietà: prega per noi. Rosa mistica: prega per noi…

Ma sì; ma certo che quelle parole hanno un senso, hanno un significato profondo; ora arriva ad intuire una cosa che non aveva mai pensato, ossia che il fatto di pronunciarle non ha niente a che fare con la superstizione, con la magia, col fanatismo, come vorrebbe la cultura dominante alla quale lui stesso si è inchinato a suo tempo, spocchiosa e proterva nella sua pretesa di razionalità assoluta; ma che mette in moto, nelle profondità dell’anima, dei meccanismi misteriosi e benefici, e ha la strana facoltà di provocare come l’apertura di un terzo occhio, di una sorta di vista interiore, per cui le cose, tutte le cose, quelle di quaggiù e quelle di lassù, acquistano una prospettiva completamente nuova, addirittura rivoluzionaria, che sovverte da cima a fondo il modo ordinario e quotidiano di guardare e di pensare la realtà, che dischiude immensi orizzonti di cui non sospettava neppure l’esistenza:

Torre di Davide: prega per noi. Torre d’avorio: prega per noi. Casa d’oro: prega per noi. Arca dell’Alleanza: prega per noi. Porta del Cielo: prega per noi. Stella mattutina: prega per noi. Salute degli infermi: prega per noi. Rifugio dei peccatori: prega per noi

Sì; ora il professore, pur continuando a guardare il suo amato dipinto, rivolge quasi tutta la sua attenzione a quei versetti, a quelle parole quasi cantilenate; e quel vago senso d’insofferenza, quasi di fastidio, che provava all’inizio, quel senso d’implicita superiorità rispetto a quelle donne dall’intelligenza limitata, certamente prive di cultura, si modifica insensibilmente, non è più lo stesso di prima, anzi, comincia a cedere il posto a un certo qual senso di rispetto, di segreta ammirazione: perché esse, dopotutto, credono; credono in qualcosa, mentre il mondo moderno non crede più a nulla, se non ai propri capricci, ai propri vizi — anche i più turpi – e alle proprie follie; perché da esse traspira un certo non so che di dolce, di pulito, d’ineffabile, come un profumo, come una musica soavissima, che aprono uno squarcio inatteso sull’altra dimensione, dove il cielo è veramente azzurro e dove scorre un’acqua che toglie la sete per sempre, diversa, completamente diversa da qualsiasi acqua di quaggiù, fosse pure la fonte alpestre più limpida e fresca che sia dato immaginare.

Aiuto dei cristiani: prega per noi. Regina degli Angeli: prega per noi. Regina dei Patriarchi: prega per noi. Regina dei Profeti: prega per noi. Regina degli Apostoli: prega per noi. Regina dei Martiri: prega per noi. Regina dei Vergini: prega per noi. Regina dei Confessori: prega per noi. Regina di tutti i Santi: prega per noi…

Adesso al professore sembra di vere, nella navata semibuia della chiesa, avanzare silenziosa una solenne processione, che gli ricorda — deformazione professionale? — quella descritta da Dante nei canti finali del Purgatorio, nella foresta del Paradiso terrestre, e ispirata, a sua volta, alle visioni descritte nel Libro dell’Apocalisse; una processione luminosa, ieratica, suggestiva, di schiere innumerevoli e colme di letizia, formate da Angeli e Arcangeli, Santi e Sante, con le nuvole per pavimento e un altissimo cielo trapunto di stelle al di sopra di loro; e gli apre di scorgere in tutti quei visi, in tutti quegli sguardi, in tutti quei portamenti, una beatitudine così ineffabile una pace così indescrivibile, una pienezza talmente gioiosa, che se ne sente turbato sin nel profondo, proprio lui, lo studioso abituato a fidarsi solo della sua intelligenza, solo della sua cultura, solo di ciò che si può dimostrare in maniera oggettiva e inoppugnabile.

Regina concepita senza peccato originale: prega per noi. Regina assunta in Cielo: prega per noi. Regina del santo Rosario: prega per noi. Regina della pace: prega per noi.

Regina della pace! Si può immaginare un titolo più bello, una corona più splendente di questa? In quale altra religione, in quale altra fede si esalta la pace a questo modo? E, nello stesso tempo, il professore sente, intuisce, che la "pace" di cui parlano quelle litanie non è, semplicemente, la pace che subentra alla guerra, e che può essere una semplice tregua: non è la pace in senso meramente materiale, la pace di questo mondo; ma è molto di più, una dimensione profonda dell’essere, una "pace" del cuore che ha le sue sorgenti in una fonte inesauribile, che non è di origine umana, ma che sgorga direttamente dall’amore di Dio…

Eppure, c’è un’altra espressione, un altro appellativo di Maria Vergine, che quelle donne hanno recitato e che la sua mente ha registrato, ma che ora la memoria non riesce a richiamare: che cosa poteva essere? Era un appellativo molto semplice, quasi evidente, ma pieno di forza; e adesso lo studioso, uscendo, si ripromette di andarlo a cercare.

A casa, più tardi, lo trova, dopo una breve ricerca su internet: Aiuto dei cristiani. Sì, era quella l’espressione che lo aveva particolarmente colpito; e non saprebbe neanche lui dire il perché. Cerca di riflettervi, da non credente: dunque i cristiani, in quanto cristiani, hanno in Maria un aiuto, un aiuto potente, un aiuto soprannaturale, nelle prove della vita e nella loro stessa fede, allorché si trovasse, per qualche ragione, a vacillare. Maria è Colei che aiuta i cristiani, Colei ai quali i cristiani si possono rivolgere, come i figli si rivolgono alla loro mamma, allorché sono particolarmente turbati, o spaventati, o si sentono minacciati. Certo, è una gran bella cosa potersi rivolgere ad un patrono così nobile, così perfetto; ed ecco che gli viene in mente un’altra espressione, udita in un’altra chiesa, non ricorda esattamene in quale circostanza: Santa Maria, terrore dei demoni. Egli è anche uno studioso di fenomeni occulti, perché il mistero lo ha sempre affascinato; e, in questo senso, il suo animo è aperto alla dimensione religiosa, anche se ha perso la fede ricevuta da bambino, e da moltissimi anni non si è più accostato ai Sacramenti, né ha mai riflettuto seriamente sulla verità del cristianesimo e sulla vita eterna. E ora gli sovviene che, nella relazione di un famoso esorcismo, il diavolo, interrogato dal sacerdote, aveva confessato il terrore che lui e i suoi compagni provano nei confronti della Vergine Maria, al solo udirla nominare, e aveva dovuto ammettere che l’arma più potente di cui gli uomini dispongono contro di loro è il Rosario. E sebbene il professore non abbia, da parte sua, una precisa opinione riguardo al Maligno — se credesse alla sua esistenza, dovrebbe per forza arrivare anche ad inchinarsi alla realtà di Dio — quella frase ora gli torna alla mente, la collega all’espressione terrore dei demoni, e a quell’altra, aiuto dei cristiani, e gli sembra, chi sa come, con sua stessa meraviglia, di penetrarne il significato profondo.

Gli sovviene poi un’alta lettura, quella della Divina Commedia, del cui canto finale conosce a memoria, per averle lette e ammirate tante volte, quasi fino alle lacrime, le parole della preghiera rivolta alla Vergine da san Bernardo di Chiaravalle:

Vergine madre, figlia del tuo figlio, / umile e alta più che creatura, / termine fisso d’etterno consiglio, // tu se’ colei che l’umana natura / nobilitasti sì, che ‘l suo fattore / non disdegnò di farsi sua fattura. // Nel ventre tuo si raccese l’amore, / per lo cui caldo ne l’etterna pace / così è germinato questo fiore. // Qui se’ a noi meridiana face / di caritate, e giuso, intra’ mortali, / se’ di speranza fontana vivace. // Donna, se’ tanto grande e tanto vali, / che qual vuol grazia e a te non ricorre, / sua disïanza vuol volar sanz’ali. / La tua benignità non pur soccorre / a chi domanda, ma molte fïate / liberamente al dimandar precorre. // In te misericordia, in te pietate, / in te magnificenza, in te s’aduna / quantunque in creatura è di bontate.

Dante riecheggia qui una famosa preghiera alla Madonna di San Bernardo, che inizia con le parole:

Ricordati, o Vergine Maria, / che non si è mai udito / che alcuno, / ricorrendo al tuo patrocinio, / implorando il tuo aiuto / e la tua protezione, / sia stato da te abbandonato…

Ed ecco che la mente e il cuore di quello studioso, d’improvviso, meditando su queste arcane, potenti parole, sono come attraversate da un fulmine: è come se un lampo di luce accecante, improvvisa, dallo splendore ineguagliabile, fosse esploso nel buio fitto della sua coscienza, illuminandola come in pieno giorno e chiarendogli tutto ciò che gli era sempre rimasto incomprensibile, a cominciare dal mistero del bene e del male, placando tutte le sue incertezze e le sue ansie, e introducendovi un gran senso di pace…

Maria, aiuto dei cristiani: prega per noi. Maria, terrore dei demoni: prega per noi. Maria, umile e alta più che creatura: prega per noi.

Ed ecco che in quell’uomo, che si era allontanato dalla fede da tanti anni, qualcosa si muove nel profondo; si rende conto di avere un’alleata potentissima, lassù: e che basta pregarla, invocarla, perché venga: Non si è mai udito che alcuno, implorando il tuo aiuto, sia stato da te abbandonato…

Fonte dell'immagine in evidenza: Wikipedia - Pubblico dominio

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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