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In che cosa credono i cattolici?

Se un extraterrestre fosse sbarcato dalla sua astronave e avesse compiuto, fingendosi un terrestre, una ricognizione socioculturale del nostro Pianeta; se, non visto né riconosciuto da alcuno, ma scambiato per un qualsiasi viaggiatore un po’ curioso, o un semplice turista, si fosse dato a osservare e a far domande, entrando nelle chiese, nelle parrocchie, nelle facoltà teologiche, leggendo e consultando la stampa religiosa e le principali pubblicazioni cattoliche, per poi stendere la sua brava relazione finale, ad uso del suo governo, poniamo attorno al 1960; e poi un suo collega fosse stato spedito, a sua volta, sulla Terra, mettiamo una trentina di anni dopo; e infine un terzo, sempre con il medesimo scopo, diciamo ai nostro giorni: ebbene, siamo pronti a scommettere che, dal confronto delle tre diverse relazioni, sarebbe venuto fuori un quadro a suo modo eloquente, ma altamente problematico, di quel che è accaduto nella Chiesa cattolica, nella cultura cattolica e nel mondo cattolico, nel corso degli ultimi sei decenni.

In beve: fra la prima e la seconda relazione, e poi fra la seconda e la terza, balzerebbero in evidenza delle differenze così profonde, così radicali, da far dubitare che si tratti ancora della stessa chiesa, della stessa cultura e della stessa religione. E tuttavia, scrupolosamente attenti e oggettivi, i tre estensori delle relazioni farebbero notare come sia nel 1960, sia nel 1990, sia nel 2017, i membri della Chiesa cattolica, o la stragrande maggioranza di essi, erano e sono convinti, convintissimi, di essere nel solco della propria tradizione, di rappresentare una linea di continuità, e, soprattutto, di essere i custodi della stessa, identica religione; degli stessi dogmi e degli stessi valori; dello stesso messaggio, delle stesse verità, anzi, della stessa Verità. Ammetterebbero solo dei cambianti esteriori, delle innovazioni liturgiche, degli aggiornamenti pastorali, degli approfondimenti teologici e dottrinali, ma niente di più. Assai curiosamente, ma altrettanto significativamente, i teologi, i membri del clero e gli esponenti della cultura e del laicato cattolici, apparirebbero, agli occhi attenti di quegli osservatori estranei e spassionati, del tutto incapaci di mettere insieme la forza dirompente di quelle innovazioni, di quegli aggiornamenti e di quegli approfondimenti, per comprendere che, sommati gli uni agli altri, con il loro stesso peso, essi hanno determinato, eccome, un cambiamento, anzi, un cambiamento radicale e probabilmente irreversibile. Sicché gli extraterrestri, confrontando le tre successive relazioni dei loro "esploratori", vedrebbero di primo acchito ciò che, a quanto sembra, quasi nessun cattolico è capace di vedere, o di ammettere, pur avendo consacrato la propria vita all’osservanza della propria fede: ossia che la Chiesa del 1960 e quella di oggi sono due chiese diverse; e che il cattolicesimo del 1960 è, semplicemente, un’altra cosa, una religione diversa dal cattolicesimo del 1990, e specialmente da quello del 2017. I nostri bravi storici e teologi possono anche disquisire e discettare sulla ermeneutica della continuità o sull’ermeneutica della discontinuità, ma la verità chiara, limpida, innegabile, per chi sappia vedere e giudicare le cose con un minimo di obiettività e di distacco, è che la Chiesa si è trasformata in una istituzione che non ha quasi più nessun punto di contatto con quella che era prima del Concilio Vaticano II; e che il popolo dei cattolici, con le sue convinzioni, i suoi valori, il suo modo di porsi nei confronti dei problemi etici, spirituali, ma anche sociali e materiali, dalla politica all’ecologia, dall’immigrazione alla manipolazione genetica, non è più lo steso di sessant’anni fa, è diventato un altro popolo, che crede in cose diverse e che pensa e giudica in maniera completamente diversa, in parecchi casi addirittura opposta, da come pensava e giudicava prima. Il che, per una istituzione che ha duemila anni di vita e per un popolo che ha duemila anni di storia comunitaria, è decisamente sorprendente: che cosa sono 60 anni, in confronto a venti secoli? Eppure, da qualsiasi lato si consideri la cosa, appare innegabile che vi sono maggiori aspetti di continuità fra la Chiesa ed il cattolicesimo del 1960, e la Chiesa e il cattolicesimo di qualsiasi data precedente, anche risalendo indietro di secoli e secoli, di quanti non ve ne siano fra la Chiesa e il cattolicesimo dei nostri giorni. In sessant’anni è cambiato tutto; e il fatto che ciò non venga percepito, rende la cosa ancora più inquietante.

È inquietante, infatti, che il cambiamento non sia riconosciuto come tale da coloro che lo hanno vissuto, perché ciò fa pensare a una manovra occulta, la quale sia stata condotta con tale consumata abilità da una minoranza consapevole, che la maggioranza non si è letteralmente resa conto di quel che stava succedendo; non si è accorta che il tappeto le è stato sfilato da sotto i piedi; non ha realizzato di essere stata ingannata ed espropriata della propria identità, della propria appartenenza, del proprio modo di essere, in cambio di una identità nuova e diversa, incompatibile con la precedente, senza che di ciò vi sia stata una effettiva percezione, tanto meno un certo grado di consapevolezza. In altre parole, qualcuno ha attuato, nella Chiesa e nella religione cattolica, qualche cosa di molto simile a ciò che, in politica, verrebbe chiamato un colpo di Stato, con la grossa differenza che quando si verifica un colpo di Stato, benché i suoi autori proclamino, il più delle volte, che nulla è cambiato e nulla cambierà, o, al massimo, che essi hanno inteso restaurare ciò che rischiava di andare perduto, ciò che si stava deteriorando, in questo caso i golpisti hanno avuto la perfetta faccia tosta di negare d’aver fatto proprio niente di strano, e hanno ottenuto che gli altri, la "maggioranza silenziosa", approvassero il nuovo stato di cose, senza rendersi conto fino a che punto tale stato di cose fosse, e sia, in effetti, radicalmente nuovo.

Ora, potremmo andare avanti ad accapigliarci, noi che sosteniamo questo e coloro i quali lo negano, fino al giorno del Giudizio; noi parlando di colpo di Stato, essi parlando di naturale e spontanea evoluzione, alla luce del mutar dei tempi e, quindi, delle mutate esigenze nella predicazione del Vangelo. Tuttavia la verità è che esiste un sistema pressoché infallibile per vedere chi ha ragione e chi ha torto, tagliando il nodo delle discussioni fumose e inconcludenti, delle polemiche sterili e insensate, che si avvitano su se stesse in una spirale senza fine, in cui si direbbe che non si arriverà mai a una conclusione e si finisce per dar ragione, esplicitamente o implicitamente, ai relativisti di ogni scuola e tendenza, secondo i quali la verità non esiste, ma ciascuno, alla fine dei conti, ha diritto alla propria verità, con la quale è inutile litigare, perché essa ha tanto diritto di essere affermata, quanto qualsiasi altra. Lasciamo stare che proprio lo scivolare in questo tipo di mentalità rappresenta, di per se stesso, la conferma di quanto noi sosteniamo, che cioè la Chiesa e il cattolicesimo hanno subito un’operazione di radicale trasformazione, come se sul tronco dell’unico Vangelo di Gesù Cristo fosse stata innestata un’altra pianta, una pianta che ha diversi nomi: storicismo, naturalismo, razionalismo, ecologismo, liberalismo, democraticismo, gnosticismo, sincretismo, indifferentismo religioso e relativismo etico. Limitiamoci a porre questa sola, semplice, chiarissima domanda: in che cosa credono i cattolici? Tenendo presente che i cattolici non formano una tifoseria calcistica, né un’associazione filodrammatica, e neppure un circolo di opinione, un club, un partito, un sindacato, una corporazione di mestiere, ma che sono legati ad un’unica autorità, quella del Vangelo di Gesù Cristo, amministrata dalla Chiesa per mezzo del Magistero, ed una sola religione, che ha dei dogmi, dei riti, delle credenze, i quali non sono soggetti, se non in misura marginale, alla discrezionalità della coscienza e del giudizio, ma hanno natura dogmatica e valore obbligante per tutti, beninteso per tutti quelli che vogliono stare dentro la Chiesa e che vogliono essere definiti e considerati cattolici e non altro, non giudei, non islamici, non buddisti, ma neppure luterani, calvinisti o presbiteriani, e nemmeno agnostici, o scettici, o atei. Perciò, la domanda: in che cosa credono i cattolici?, è sostanzialmente diversa dalla domanda, che ne so, in che cosa credono gli italiani?, o dalla domanda: in che cosa credono i progressisti?, oppure: in che cosa credono i giocatori di scacchi, o i cercatori di funghi, o i restauratori di mobili antichi; perché quel che si vuol sapere non è quali opinioni abbiamo, singolarmente presi, a titolo personale, per poi fare la somma di tutte codeste opinioni, bensì vogliamo sapere in che cosa consiste, teologicamente e dogmaticamente, la fede cattolica.

Ora, tenendo conto che la vita della Chiesa visibile ha duemila anni di storia; che essa conta duecentosessantasei pontificati e ventuno concili ecumenici; e ricordando che essa, anche ai nostri giorni, nega di aver avuto una evoluzione che l’abbia trasformata in altro da ciò che era, ma sostiene di essere sempre rimasta sostanzialmente fedele a stessa, così come Gesù Cristo l’ha voluta e l’ha creata, allora ci sia concesso di fare rifermento al documento fondamentale che essa stessa ha elaborato, per definire la propria fede, nel penultimo concilio, visto che proprio l’ultimo, cioè il Vaticano II, è quello su cui verte la discussione se esso abbia introdotto, oppure no, delle modifiche sostanziali nella Chiesa stessa e, ovviamente, nella sua dottrina. Il penultimo concilio è quello di Trento, che ebbe luogo dal 1545 al 1563: dopo di esso, per la bellezza di quattrocento anni — durante i quali si sono succeduti cambiamenti radicali nel mondo profano, la rivoluzione scientifica, le guerre di religione, gli attacchi dell’Impero ottomano al cuore dell’Europa, l’illuminismo, la rivoluzione americana e quella francese, la rivoluzione industriale, il liberalismo, la democrazia, il socialismo, le guerre napoleoniche, le due guerre mondiali, la rivoluzione russa, il comunismo, il fascismo, il nazismo, un paio di genocidi e le due bombe atomiche sul Giappone, il colonialismo e la decolonizzazione, l’imperialismo e il terzomondismo, il sionismo e la guerra fredda -, mai, per tutto quel tempo e in presenza di tali cambiamenti, la Chiesa cattolica aveva sentito la necessità di convocare un altro concilio, evidentemente perché essa riteneva, concordemente e pacificamente, che i dogmi fossero stati definiti in maniera ineccepibile, e così la dottrina e tutto quel che un buon cattolico deve sapere, ed è tenuto a credere, in fatto di religione. Allora, infatti, la Chiesa non riteneva di dover indicare, in maniera specifica, anche quel che un buon cattolico è tenuto a credere in ambito profano; si limitava a raccomandare che non fosse esplicitamente contrario al suo insegnamento, e, se lo era, essa lo indicava in maniera chiara e inequivocabile, con degli interventi mirati e abbastanza infrequenti. Per esempio, la Massoneria è stata scomunicata dal papa Clemente XII nel 1738, con la bolla In eminenti apostolatus specula, e tale scomunica non è mai stata ufficialmente ritirata: qualche cosa vorrà pur dire. I buoni cattolici erano, e sono, avvertiti: non ci si può affiliare a una loggia massonica e continuare a far parte della Chiesa cattolica; se lo si fa, lo si fa abusivamente e fraudolentemente, e quindi in perfetta malafede. Analogamente i modernisti sono stati scomunicati dal papa san Pio X nel 1907, con l’enciclica Pascendi Dominici gregis, nella quale gli errori del modernismo sono elencati ad uno ad uno; e neppure tale scomunica è mai stata ritirata, anche se la cosa, come sappiamo, dispiace alquanto a molti sedicenti cattolici odierni, anche dentro il clero (così come dispiace la scomunica ai massoni).

E allora andiamo a rileggerci quel che dice la Chiesa cattolica a proposito della propria fede – fede, non credenza, non opinione — nella Professione di Fede Tridentina, emanata il 13 novembre 1564 dal pontefice Pio IV, a coronamento dei lavori conciliari: (da: H. Denzinger-A. Schönmetzer, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, Friburgi Brisgoviae, 1963, pp. 425-427):

Io credo con ferma fede e professo tutti i principi e ogni singolo principio contenuto nel simbolo della fede del quale la Sacra Romana Chiesa fa uso, e cioè: Credo un solo Dio […].

Ammetto ed abbraccio con fermezza le tradizioni apostoliche ed ecclesiastiche e le rimanenti osservazioni ed istituzioni della medesima chiesa.

Ammetto anche la Sacra Scrittura nell’interpretazione di essa che diede e dà la Santa Madre Chiesa, cui spetta giudicare del vero significato e dell’interpretazione delle Sacre Scritture e non la riceverò ed interpreterò se non secondo l’unanime consenso dei Padri.

Professo anche che i sacramenti del Nuovo Testamento sono propriamente e veramente sette, istituiti da nostro Signore Gesù Cristo e per la salvezza del genere umano è permesso che non siano tutti indispensabili al singolo, e cioè Battesimo, Cresima, Eucaristia, Confessione, Estrema Unzione, Ordine e Matrimonio, per conferire la grazia e di essi non possono essere ripetuti senza sacrilegio il Battesimo, la Cresima e l’Ordine.

Accolgo ed ammetto i riti ricevuti ed approvati anche dalla chiesa cattolica per la solenne somministrazione di tutti i suddetti sacramenti.

Abbraccio e ricevo tutti i principi ed ogni singolo principio che attorno al peccato originale ed alla giustificazione vennero definiti e dichiarati nel sacrosanto Concilio Tridentino.

Professo parimenti che nella Messa viene offerto a Dio un vero, proprio e propiziatorio sacrificio per i vivi e per i defunti e che nel santissimo sacramento dell’Eucaristia è veramente, realmente e sostanzialmente il corpo e il sangue, insieme con l’anima e la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo e che avviene la conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue, conversione che la chiesa cattolica chiama transustanziazione.

Riconosco anche che è consumato, solo sotto altra specie, tutto e intero Cristo e il vero sacramento.

Ritengo fermamente che il Purgatorio esiste e che le anime che vi si trovano ricevono giovamento dalle preghiere dei fedeli.

Allo stesso modo ritengo che i santi regnanti con Cristo siano da venerare e da invocare e che essi pregano Dio per noi e che le loro reliquie sono da venerare.

Asserisco con fermezza che le immagini di Cristo e della Madre di Dio sempre Vergine e anche degli altri santi sono dam mantenere e conservare e che ad esse va attribuito il debito onore e venerazione.

Affermo che anche il potere delle indulgenze fu collocato da Cristo nella chiesa e che il loro uso è massimamente salutare al popolo cristiano.

Riconosco che la santa chiesa cattolica ed apostolica romana è madre e maestra di tutte le altre chiese; prometto e giuro sincera obbedienza al pontefice romano, successore del beato Pietro, principe degli apostoli e vicario di Gesù Cristo.

Accolgo e professo senza dubbi anche tutti gli altri principi tramandati, definiti e dichiarati dai sacri canoni, dai Concili ecumenici e principalmente dal sacrosanto Sinodo tridentino, e nel contempo condanno e ricopro d’anatema tutti i principi contrari e qualsiasi eresia condannata, respinta e colpita di anatema dalla chiesa.

Prometto, faccio voto e giuro che questa vera fede cattolica, fuori dalla quale nessuno può essere salvo, fede che presentemente professo spontaneamente e tengo veracemente continuerò a tenere e a professare ugualmente integra e immacolata, fino all’ultimo respiro della vita, con tutta fermezza, coll’aiuto di Dio e che, per quanto sarà in me come colui che deve aver cura, farò che sia tenuta insegnata e predicata dai miei sudditi e da quelli il cui governo toccherà a me con compito mio; così Dio e i santi Vangeli di Dio mi aiutino.

Questa, dunque, è la fede cattolica: non la fede cattolica di quattro secoli fa, ma la fede cattolica di sempre, perché essa non è cosa che muti con il mutare dei tempi, la sua Verità è perenne e i suoi insegnamenti, che a quella Verità si ispirano, non possono divergere sostanzialmente nel corso degli anni e neppure dei secoli o dei millenni. Ora, non è chi non veda che ciò che il papa, i cardinali, i vescovi e molti sacerdoti insegnano oggi, non è conforme alla professione di fede tridentina, e questo non su questioni marginali e formali, ma proprio su questioni dottrinali e sostanziali. Il discorso sarebbe, volendo, lungo e alquanti malinconico; ci limiteremo ad evidenziare, per questa volta, due punti di discrepanza che ci paiono particolarmente significativi.

Il primo: si rilegga la frase: Abbraccio e ricevo tutti i principi ed ogni singolo principio che attorno al peccato originale ed alla giustificazione vennero definiti e dichiarati nel sacrosanto Concilio Tridentino; e la si confronti con quanto asserti da papa Francesco di ritorno dal viaggio pastorale in Armenia del 2016: Sulla questione della giustificazione, Lutero aveva ragione; oggi, su questo, siamo ormai tutti d’accordo. Dichiarazione incredibile, inaudita, scandalosa e, soprattutto, falsa; ma nessuno ha battuto ciglio. E non stiamo parlando di quisquilie: stiamo parlando della giustificazione, cioè della salvezza eterna. Per Lutero, siamo tutti predestinati, e le buone opere non contano nulla: basta la sola fede. Se Lutero aveva ragione, il Concilio di Trento aveva torto: torto marcio. È questo che pensa, il papa Francesco? Se lo pensa, che lo dica esplicitamente: non chiacchierando con i giornalisti, a bordo di un aereo, tra frizzi e lazzi, com’è suo costume, di cose estremamente serie; ma in un vero documento magisteriale, e se ne assuma la piena responsabilità. Ma non lo farà: perché, pur essendo un papa eretico, egli preferisce nascondersi dietro frasi ambigue e dichiarazioni estemporanee, affinché la sua eresia non appaia troppo evidente. Ma se ciò invece accade, come con l’esortazione Amoris laetitia, e la cosa gli viene fatta notare, non da un paio di giornalisti, ma da quattro cardinali e, poi, da decine di eminenti studiosi, la sua tattica consiste nel non rispondere e fare finta di nulla. Sul suo esempio e per suo impulso, si assiste a tutto un fiorire di elogi e riabilitazioni nei confronti di Lutero e della sua dottrina; la stampa cattolica, i vescovi e i teologi fanno a gara nel sostenere che egli, in fondo, era un brav’uomo e un ottimo cristiano, pieno di buone intenzioni; che voleva solo riformare la Chiesa e non distruggerla; e che la sua cosiddetta riforma ha recato anche alla Chiesa cattolica, fino ai nostri giorni, una ricca mese di domini spirituali. Affermazioni assolutamente incompatibili cin la professione di fede tridentina, ma non solo con quella: assolutamente incompatibili con la fede cattolica in quanto tale. Perché Trento, questo è il concetto, non ha inventato nulla, ha solo chiarito, precisato, ribadito. Ad inventare qualcosa, e più di qualcosa, è stato, semmai, il Vaticano II: per esempio, con la Nostra Aetate, la rivalutazione delle religioni non cristiane. Eppure, come abbiamo appena visto, i padri tridentini hanno chiaramente affermato, e nessuno li ha mai smentiti ufficialmente: questa vera fede cattolica, fuori dalla quale nessuno può essere salvo; e hanno precisato, con speciale riferimento ai luterani, ricopro d’anatema tutti i principi contrari e qualsiasi eresia condannata, respinta e colpita di anatema dalla chiesa.

Il secondo punto: i padri conciliari, a Trento, inserirono nella professione di fede la piena accettazione, per il cattolico, della dottrina insegnata da tutti i concili, oltre che dal loro, sottolineando così la continuità e la perennità del Magistero: non avevano scheletri nell’armadio da nascondere. Ma i padri del Vaticano II hanno avuto la pretesa di porre il "loro" concilio come quello che stabiliva l’ultima parola e, nello stesso tempo, "rinnovava" la vita della Chiesa. Non osavano citare l’obbligatorietà, per il cattolico, di credere all’insegnamento di tutti i concili, perché ciò avrebbe incluso il Vaticano I del reazionario Pio IX, quello del Sillabo; e non citavano l’insegnamento di tutti i pontefici, perché ciò avrebbe significato ribadire anche l’operato di Clemente XII e di Pio X, rispettivamente contro i massoni e contro i modernisti. Ma in mezzo ai padri del Vaticano II ce n’erano veramente tanti, sia di massoni che di modernisti: imbarazzante, dunque, anzi, impossibile fare un esplicito riferimento a tutta l’azione magisteriale della Chiesa; meglio, molto meglio, dal loro punto di vista, mettere costantemente l’accento sulla novità rappresentata dal "dialogo" con il mondo, in cui consisterebbe il valore fondamentale del loro concilio; beninteso, sostenendo che tale dialogo era stato ispirato direttamente dallo Spirito Santo. Ora, è certo che lo Spirito di Dio soffia dove vuole: ma è possibile che soffi anche nei cardinali e nei vescovi massoni e modernisti, per esempio in uomini come Annibale Bugnini, massone e principale regista della cosiddetta riforma liturgica, che fu una rivoluzione, e che attraverso la liturgia, incominciò a scardinare tutto l’edificio della Chiesa cattolica?

Fonte dell'immagine in evidenza: Immagine di pubblico dominio (Raffaello)

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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