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Facciamo il punto

La crisi che la Chiesa sta vivendo ai nostri giorni è, senza dubbio, la più grave di quante ne ha vissute, e superate, nel corso della sua lunghissima storia. E la gravità non consiste solamente nelle effettive, numerose e gravissime deviazioni dottrinali e morali, nel disordine liturgico, nella pastorale degenerata in mera demagogia; la gravità consiste prima di tutto nel fatto che la deviazione non viene percepita come tale, o non viene percepita affatto, oppure, cosa ancor peggiore, viene percepita come un miglioramento, come un progresso, come un salutare rinnovamento. E le cose sono giunte al punto che quanti sono scivolati nell’apostasia considerano "strani", "sbagliati", anacronistici, e, quindi, reprensibili, coloro i quali sono rimasti fedeli alla vera dottrina; e, disponendo del sostegno della maggior parte delle commissioni, delle Conferenze Episcopali, delle Facoltà teologiche, della stampa, delle radio e televisioni cattoliche, nonché, da ultimo, del papato stesso, esercitano una pressione tale da far credere che l’autentica Chiesa sia quella rappresentata da loro, e che quanti non condividono la loro impostazione, la loro "linea" — quella postconciliare, ovviamente — ne sono fuori. Hanno una bella faccia tosta: è dagli anni Sessanta del ‘900 che la "loro" chiesa è tutta infiltrata da massoni; la "Lista Percorelli" elencava fior fiore di cardinali e vescovi, anche nelle posizioni-chiave del Vaticano, da Villot, a Casaroli, a Poletti, a Marcinkus – iscritti alla Massoneria: E si era nel 1978, all’indomani dell’elezione di Albino Luciani al soglio pontificio; e si sa come poi è andata a finire con quel pontefice. O meglio, non si sa e non si saprà mai; ma i sospetti ci sono, e pesano, perché non poggino sul niente, ma su indizi precisi: non per nulla Giovanni Paolo I aveva dichiarato di volere, per prima cosa, ripulire la Santa Sede dalla presenza massonica, e si accingeva a silurare sia Villot che Marcinkus. Sta di fatto che, con l’azione convergente di questi porporati e monsignori affiliati alle logge, non c’è quasi più spazio significativo, nella struttura visibile della Chiesa, che non sia stato occupato da esponenti dell’ala progressista e neomodernista, il che ha "spostato" il modo di sentire dei cattolici su posizioni sempre più lontane dalla vera dottrina, ma senza che la maggioranza di essi se ne sia resa conto. L’opera di distruzione della Tradizione è stata così efficiente e sistematica, che ormai molti cattolici delle ultime generazioni ignorano cosa sia la vera dottrina cattolica: dei teologi, non conoscono che quelli "della liberazione"; di preti, non vedono che quelli "di strada", e di vescovi, non sanno altro che questa mala razza di massoni, modernisti e bergogliani. Non sanno più cos’è la vera musica sacra, la vera arte sacra, la vera liturgia; il catechismo l’hanno appreso, in maniera grottesca o ridicola, da insegnanti laici stipendiati, privi, a loro volta, di una solida preparazione dottrinale e, più ancora, di una sperimentata fedeltà alla Tradizione; le omelie che sentono a Messa, la domenica, sono un concentrato di banalità o autentiche eresie; il Sacramento della confessione, per loro, è una chiacchierata formale con un prete che poi dà l’assoluzione facile e scontata, anzi, dovuta, mentre l’Eucarestia è un rito simbolico, nel quale, come i protestanti, si "ricorda" l’Ultima Cena di Gesù, e non la sua Presenza Reale nelle specie del Pane e del Vino. Le preghiere liturgiche nella parte finale della Messa, hanno abituato i fedeli a "pregare", cioè a rivolgere vane parole, non certo a Dio, ma a se stessi, per ogni specie di problema politico e sociale, tranne che innalzare l’anima verso Dio. Proibito rivolgere un pensiero al dramma dell’aborto, praticato a livelli industriali; al divorzio, divenuto cosa normale e perfino lecita; all’eutanasia, un "diritto civile" che non si può negare a chi soffre; alle unioni di fatto, anche omosessuali, ormai considerate delle conquiste sociali irrinunciabili e addirittura dei segni di civiltà, qualcosa di cui anche il cristiano dovrebbe andar fiero, perché riconoscono il nobile sentimento dell’"amore", che è, in fondo — essi dicono – il vero e specifico messaggio di Gesù Cristo agli uomini.

Ora, non esiste peggior malattia di quella che il paziente non riconosce come tale, perché non solo rifiuta l’idea di doversi curare, ma si scaglia con rabbia contro quanti tentano di fargli presente che, in lui, c’è qualcosa che non va. Ma come possono i cattolici infiltrati dall’eresia modernista — e parliamo, ovviamente, per quelli in buona fede — ritrovare la giusta via e recuperare l’autentico rapporto nella relazione con Dio e con la Chiesa, se è la Chiesa stessa, o una parte consistente di essa — quella che noi preferiamo chiamare la neochiesa gnostica e massonica, e che sta alla vera Chiesa press’a poco come la pianta parassita sta alla pianta cui essa s’è abbarbicata, per vivere a sue spese come un organismo estraneo, finché l’avrà condotta alla morte — a tenerli nell’illusione che vada tutto bene, e di essere i membri della Sposa di Cristo, semmai di doversi "difendere" contro i colpi di coda di un integralismo cattolico oscurantista e reazionario, che non accetta il salutare rinnovamento per mero egoismo o per chissà quali altri inconfessabili ragioni? E tuttavia, se non vi sarà una tale presa di coscienza, la Chiesa continuerà ad esser trascinata sempre più lontano da se stessa, dall’ortodossia, e dall’unione mistica con Cristo, con gli Angeli, con i Santi e con la Vergine Maria: i quali, guarda caso, non si "aggiornano", con vogliono piacere al mondo, non hanno niente a che fare con le smanie affannose di "riforma" che agitano tanti cattolici e li hanno portati, in nome di un falso ecumenismo e di un falso dialogo inter-religioso, a proclamare apertamente che Lutero aveva ragione, e la Chiesa cattolica torto; che il concilio di Trento e il Vaticano I sono stati degli errori, o peggio; che il Sillabo, la Pascendi, e praticamente tutti i documenti del Magistero, che vanno dalla scomunica della Massoneria, rinnovata da diversi pontefici a partire dal 1738 (con la bolla In eminenti apostolatus) e mai ritirata, nei quali si esprime un giudizio sulle correnti del pensiero moderno e sulla pratiche morali della società moderna, sono stati "superati" e, se non proprio annullati, in qualche modo "congelati" dalla "svolta" rappresentata dal Concilio Vaticano II e, ancor più, dagli "approfondimenti" liturgici, pastorali e dottrinali degli anni successivi. Per cui il cattolico "moderno" — un’espressione priva di senso, e tuttavia adoperata volentieri dai membri della neochiesa — non prova alcun imbarazzo, né vede alcun problema reale, se, nelle sue idee e nella sua vita pratica, pensa e agisce in maniera diametralmente opposta a quella del vero Magistero. Nulla, di ciò che è relativismo e disordine morale, gli sembra indegno di far parte della sua vita e di stare all’interno della Chiesa: né il fatto di essere divorziato, né di aver praticato l’aborto, né di essere favorevole all’eutanasia, né di essere fautore dei cosiddetti matrimoni omosessuali. Non gli sembra strano, ma giusto e naturale, che gli islamici entrino in chiesa e partecipino alla santa Messa, né che il B’nai B’rith giudaico, a partire dagli anni Sessanta del ‘900, scriva l’agenda delle riforme della Chiesa cattolica, fino ad aver ottenuto che sia tolta la preghiera per la conversione dei giudei, cioè fino al riconoscimento che il giudaismo è mezzo sufficiente per la salvezza eterna e che, quindi, almeno riguardo agli ebrei — ma il ragionamento, per coerenza logica e storica, non può non essere esteso agli islamici, ai buddisti, agli induisti, ai taoisti, ai teosofi, agli spiritisti, ai seguaci del Voodoo e perfino agli atei militanti — non c’è bisogno del Vangelo, né di Gesù Cristo; e che Gesù Cristo, pertanto, poteva risparmiarsi la pena d’incarnarsi in un corpo umano, di soffrire e di morire sulla croce, nonché di risorgere. Poteva risparmiarsene la fatica, dal momento che basta fare ciò che detta la coscienza, e seguire onestamente la propria fede, per essere salvi: Dio, infatti, dice e ripete il papa Francesco, attende tutti, accoglierà tutti, perdonerà tutti. E che cosa resta, a questo punti, del cristianesimo?

Ecco perché facciamo fatica a immaginare dei modernisti che siano realmente in buona fede; pure, senza dubbio, ve ne devono essere, e parecchi. In tal caso, è necessario pensare che sia proprio la loro fede ad essersi affievolita, intiepidita, oltre che le capacità di discernimento logico e teologico. Se la fede si spegne, quel che resta è l’impalcatura esteriore della religione; perché, dopotutto, a molti fa pur sempre comodo sapere di appartenere a una religione, anche se quella religione, che poi sarebbe il cattolicesimo, l’hanno adattata alle loro specifiche esigenze, alla loro mentalità, alla loro sensibilità, alla loro morale, insomma l’hanno modificata in tutto ciò che faceva loro comodo, ed adesso se ne servono in maniera utilitaria, come ci si serve degli oggetti materiali che rendono più comoda la nostra vita, come il termosifone che ci scalda, o come l’automobile che ci consente di recarci al lavoro senza troppa fatica e senza prendere la pioggia, nei giorni cattivi. Allo stesso modo i modernisti si servono del cattolicesimo: non hanno il coraggio di dichiararlo morto e inutile, e di gettarlo via, per una forma d’ipocrisia, di viltà e di desiderio di quieto vivere; non vogliono essere costretti a ripensare la loro vita, a fare a meno di un dio che li ha pur sempre accompagnati, coi suoi riti, sin dalla più tenera fanciullezza. In compenso, essi prendono le forbici e tagliano via tutto quel che, per loro, costituisce un problema, tutto ciò che potrebbe dare fastidio; e parlano continuamente solo della parte del Vangelo che conviene ai loro desideri, che conforta la loro fragilità, ma senza pretendere da essi un serio impegno per divenire più forti, per convertirsi veramente e per provare ad essere seguaci di Gesù Cristo non solamente a parole, ma coi fatti, anche quando ciò è molto, ma molto scomodo, e anche quando non c’è nessuno ad applaudirli e a lodarli, anzi, ci sono solamente volti seri ed espressioni ostili, nessuna prospettiva di carriera e una grande probabilità di andare incontro, invece, a maltrattamenti e persecuzioni. Ma che ne sanno di maltrattamenti e persecuzioni, i cattolici odierni di tenenza modernista? Essi pensano che sia tutto facile, che sia tutto dovuto, che Gesù stesso sia solo un distributore di diritti e di biglietti gratuiti per il Paradiso, e che quei biglietti siamo a disposizione di tutti, ma proprio di tutti, anzi, specialmente dei peccatori, indipendentemente dal fatto di essersi pentiti dei loro peccati e di aver domandato perdono a Dio, oppure no. Una enorme confusione dottrinale, un incredibile rovesciamento della giusta prospettiva teologica e morale: proprio quello che volevano cardinali e i vescovi massoni, quale frutto della loro lunga, paziente, perfida opera d’infiltrazione nella Chiesa e di sotterraneo inquinamento degli eterni insegnamenti di Gesù Cristo.

Eterni insegnamenti: il trucco è partito da qui, cioè dalla pretesa di "aggiornare", non quegli insegnamenti (almeno a parole!), ma il modo di porli all’umanità; perché, dicono quei tali, all’uomo moderno non si può annunciare il Vangelo come si faceva in passato. Ecco la superbia luciferina: noi moderni siamo speciali, e del resto ogni epoca della storia richiede uno speciale approccio al Vangelo: ma, così facendo, il Vangelo non è più un messaggio divino, soprannaturale, assoluto; è solo un insieme di dottrine, come tanti altri libri sacri delle diverse religioni; e allora, perché mai lo si dovrebbe considerare come la sola e vera via verso la salvezza? Certo, c’è quella tal frase del Vangelo di Giovanni, in cui Gesù stesso dice di sé: Io sono la Via, la Verità e la Vita. Però, a parte il fatto che i modernisti — come Sosa Abascal, il nuovo generale dei gesuiti — dubitano che si sappia quel che disse per davvero Gesù Cristo, essi pensano che parole simili possano essere state dette da "salvatori" di altre religioni, e che esse siano ugualmente meritevoli di attenzione, ugualmente portatrici di verità e di salvezza. E così si scivola dallo storicismo — è con gli strumenti del divenire storico che bisogna leggere e annunciare il Vangelo, non tanto con la fede quale esperienza dell’Assoluto — nel relativismo: esistono molteplici strade per la Verità, forse infinite, e ciascuna di esse possiede la sua dignità intrinseca, la sua validità soggettiva. Solo che il punto non è la dignità delle varie fedi, e neppure la loro validità soggettiva: il punto è la loro verità, ossia la loro validità oggettiva. Il cattolico pensa che una sola fede sia quella che conduce alla Via, alla Verità e alla Vita: quella in Gesù Cristo, così come essa è stata raccolta, custodita e tramandata dalla Chiesa, da Lui stesso fondata e, poi, affidata a san Pietro e ai suoi successori.

E qui si arriva al corto circuito odierno. Il successore di san Pietro, attualmente è Jorge Mario Bergoglio, che ha preso il nome — con inaudita mancanza di modestia – di Francesco, il poverello di Assisi, il Santo al quale nessun pontefice, finora, aveva mai osato ispirarsi in maniera così esplicita (e al quale, sia detto per inciso, papa Bergoglio somiglia pochissimo); e costui non lascia quasi passare un giorno senza avventare una nuova picconata al Magistero e al venerando edificio della Chiesa. Lo sta demolendo sotto i nostri occhi, e vorrebbe anche il nostro applauso. Non lo avrà mai; del resto, sta già ricevendo, e sin dal primo giorno, l’applauso del mondo: con i radicali, i massoni, gli anticristiani dichiarati, in prima fila. Gli basti quell’applauso; non cerchi anche il nostro. Quanto a noi, voglia il Cielo che non arrivi mai il giorno nel quale saremo applauditi dal mondo, e complimentati dai nemici di Cristo: perché, se mai arrivasse, ciò vorrebbe dire che siamo caduti nell’apostasia e che, sia pur senza saperlo, stiamo contribuendo alla demolizione dell’opera di Cristo. Ma se la situazione è questa, che cosa si dovrebbe fare? Qualcun altro, non noi laici, dovrebbe prendere una iniziativa, certo dolorosa e forse drammatica, ma ormai necessaria, per fermare la deriva modernista. Dai cardinali e dai vescovi, però, come già detto, c’è poco da sperare; per cui la palla torna ai semplici fedeli. Ma ricordiamo che il Capo della Chiesa è solo Gesù Cristo…

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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