
Proteggersi dal fiato velenoso della modernità
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7 Settembre 2017Tempi fortunati per i cattolici, questi. Oltre alla duplicazione di san Francesco, sotto le spoglie dell’attuale pontefice – gesuita, sì, ma come quell’altro innamorato degli uccellini, dell’ambiente e dei fratelli islamici — possono ora disporre anche della duplicazione di Mosè: un nuovo Mosè che salva il suo popolo dalle acque, come quell’altro salvò gli ebrei dalle onde del Mar Rosso e li sottrasse alla schiavitù d’Egitto. Qualcuno potrebbe pensare che stiamo facendo dell’ironia a buon mercato, ma lo rassicuriamo che non è così: non siamo noi a fare una tale paragone, evocando una simile ascendenza biblica; nossignore, sono loro, i cattolici progressisti e bergogliani d.o.c. Nella fattispecie, è il settimanale Credere, una delle punte di diamante (si fa per dire) della neochiesa modernista che si è imposta, di prepotenza, sulla Chiesa cattolica quale noi, e con noi milioni e milioni di cattolici, l’abbiamo sempre conosciuta, e nella quale abbiamo riconosciuto la voce dell’autentico pastore, mentre adesso sentiamo solo un chiacchiericcio mondano, molto politically correct, ma che non ha nulla di spirituale, e soprattutto nulla di cattolico, ma in compenso trasuda buonismo da tutti i pori; e sappiano che il buonismo non è un eccesso di bontà, ma una deformazione diabolica del bene. Diabolica, perché consiste nell’ostinato rifiuto di vedere e di riconoscere che il male esiste, e che, forse, è molto più vicino di quel che non si creda; che forse è tutto intorno a noi, e anche dentro di noi, ma i buonisti fanno finta di non vederlo, perché, con la scusa di essere positivi, ottimisti e caritatevoli, vogliono, in realtà, negare il peccato, o sminuirlo, o togliergli la sua caratteristica essenziale: quella di una ribellione contro Dio, che infrange l’ordine amorevole da Lui voluto. Dunque, per costoro, meno si parla del male, e meglio è; in tal modo si parla poco e niente anche del peccato: e quello che resta non è più il cattolicesimo, ma una sorta di buonismo pseudo cattolico, tendenzialmente o apertamente sincretista (ne abbiamo viste e ne vediamo ogni giorno di tutti i colori; anche il dio Ganesha, quello con la testa d’elefante, entrare in trionfo in una chiesa cattolica, fra il tripudio dei suoi fedeli, e con l’autorizzazione del prete cattolico in questione), nonché un indifferentismo religioso e un relativismo etico, in base ai quali basta seguire la propria coscienza, come disse papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato, nella famosa intervista a Eugenio Scalfari, e si è a posto davanti agli uomini e davanti a Dio. Certo, in tal modo non resta più nulla della dottrina cattolica, e neppure della morale cattolica; ma che importa? Tanto, lo dice papa Francesco, Dio non è cattolico; e allora, perché preoccuparsi? Perché farsene un problema, o, peggio, un cruccio?
Dunque, stavamo parlando del nuovo Mosè che salva il suo popolo dalle acque; o meglio, non noi, ma ne parla il settimanale Credere. Una rivista, sia detto per inciso, che si vende anche dentro le chiese, proprio come Famiglia Cristiana: il che vuol dire che un fedele, entrando nella casa di Dio per pregare, e vedendo esposte in vendita tali riviste, non dubita neanche per un momento che si tratti, come si diceva una volta (quelli che hanno più di cinquant’anni se ne ricordano bene) della buona stampa, e la compri e se la porti a casa, più o meno con la stessa fiducia con cui porterebbe a casa un libretto devozionale, una Liturgia delle ore o magari un Vangelo in formato tascabile, come usa da parte di molti parroci. E perché no? Se la espongono in chiesa, vuol dire che bisogna leggerla con fiducia; se no, i sacerdoti non si assumerebbero una tale responsabilità. Ahimè, quello che fa acqua in questo ragionamento è che ci si possa ancora fidare del discernimento pastorale di molti, di troppi sacerdoti; che ci si possa fidare del fatto che essi sono, e si sentono ancora, dei preti cattolici in tutto e per tutto, senza complessi e senza ambiguità. Ma come è possibile farlo, quando già dal loro modo di vestire si vede subito che ciò cui aspirano sopra ogni altra cosa è di passare per dei preti poco clericali, e infatti si vergognano di portare, non diciamo la talare — che, se non andiamo errati, non è stata abolita; eppure è come se lo fosse stata, proprio come il latino della Messa tridentina, che non è mai stato abolito, eppure è stato fatto sparire, quasi con vergogna, come si fanno sparire le tracce di un delitto, o quelle di un parente pazzo o depravato — ma anche solo il clergyman, e non vedono l’ora d’indossare una camicia e un paio di pantaloni qualsiasi, ovviamente senza portare neanche un crocifisso al collo, perché così sono più "aperti" e "dialoganti", e più rispettosi della sensibilità altrui, cioè dei giudei, degli islamici, dei buddisti, degli induisti (devori del dio Ganesha compresi), e soprattutto dei protestanti, dei massoni, dei radicali e degli atei impenitenti e anticristiani? E se qualcuno pensa che stiamo esagerando, diremo ancora di più: sappiano per certo, perché ce lo hanno confidato dei sacerdoti nostri amici, che certi vescovi e certi ordini religiosi sono arrivati al punto di proibire ai loro sacerdoti di andarsene in giro vestiti da preti: li vogliono in borghese, cioè in incognito: nessuno deve sapere che sono preti, a meno che sia veramente indispensabile! E che tutto ciò possa offendere, non già i seguaci delle altre religioni, o i massoni, o gli atei, ma proprio i cattolici, evidentemente a costoro non viene neppure in mente; o, se viene in mente, non gliene importa nulla. A chi importano i sentimenti dei cattolici, ormai? Non certo ai seguaci di papa Francesco, che spara una offesa e una empietà al giorno: dall’apostolato che è una colossale sciocchezza, a Gesù Cristo che si è fatto diavolo, alla sofferenza umana che non trova alcuna spiegazione, alla dottrina che è cosa cattiva se crea divisioni; e si potrebbe continuare per pagine e pagine, senza contare gl’innumerevoli insulti ed improperi che ha lanciato, e continua a lanciare, verso i cattolici che lui definisce "fanatici", "rigidi", dalla "doppia vita", "signori e signore piagnisteo", mentre sono dei cattolici e basta; ma si vede che ciò non gli va proprio giù, perché disturba le sue radicate convinzioni sull’ecumenismo e il dialogo interreligioso, e intralcia le sue concelebrazioni coi luterani e le sue messe aperte ai musulmani.
Dunque, sull’ultimo numero di Credere, spicca, in copertina, la foto "promozionale" di un già candidato al Premio Nobel per la pace nel 2015: don Mussie Zerai, un prete cattolico eritreo che, in pochissimo tempo, è diventato la star dei programmi televisivi progressisti e buonisti, è stato preso sotto l’ala protettrice di David Parenzo a In onda estate e, adesso, è stato ufficialmente "adottato" dalla stampa cattolica che conta. Il titolo dell’articolo è questo: Il prete che come Mosè salva il suo popolo dalle onde; sottotitolo: È arrivato in Italia a 17 anni come richiedente asilo. Ordinato prete, oggi lotta per i diritti dei migranti in Europa e per la vita di coloro che solcano il Mediterraneo (l’articolo è firmato da Romina Gobbo, ma la direzione del giornale è di don Antonio Rizzato; il quale, per capire come la pensa, nel suo editoriale cita quale massima autorità in fatto di cristianesimo… Enzo Bianchi, il falso prete di Bose che abbraccia gli alberi per far vedere quanto è "divina" la natura e, in perfetta sintonia con l’enciclica di papa Francesco Laudato si’, vuol far capire anche ai cattolici più testoni che la responsabilità del creato è cosa loro, e che questi sono i veri temi all’ordine del giorno. Chissà perché, ci viene in mente la "profezia" del filosofo, teologo e scrittore Vladimir Solov’ëv, secondo la quale l’Anticristo sarà un religioso molto stimato, ambientalista, animalista, vegetariano, filantropo, pacifista, molto ascoltato e applaudito per i suoi discorsi (strano, perché Gesù Cristo non è stato applaudito, ma processato, condannato e crocifisso, nonché maledetto dagli uomini). Vedere per credere: don Zerai si è già conquistato l’onore di una "voce" su Wikipedia, come una grande personalità o un grande benefattore dell’umanità; e così, in effetti, lo presenta, senza la minima sfumatura, il settimanale in questione. Il fatto che egli sia ufficialmente indagato dalla procura di Trapani per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, non è certo un problema, né per lui, né per la stampa cattolica che lo sostiene, e meno ancora per i suoi potenti amici e paladini nel mondo dell’informazione e in quello della politica (fra questi ultimi spicca una sua grande ammiratrice, la signora Laura Boldrini); al contrario, conscio che la miglior difesa è sempre l’attacco, il prete eritreo punta il dito contro lo Stato e accusa le pubbliche autorità di far poco e male per i poveri clandestini. Citiamo dall’articolo in questione: Padre Mussie mette in contatto i naufraghi con le navi delle ong e per questo ora è indagato per favoreggiamento dell’immigrazione. Ma si dichiara tranquillo perché ha agito nel rispetto della legalità. Poche parole, una montagna di falsità e inesattezze: a cominciare dal fatto che don Zerai non salva i "naufraghi", ma delle persone che sono appena partite clandestinamente dai porti della Libia, che non sono per niente in pericolo di naufragare, non che già naufragate, e che vengono trasbordate grazie alle sue telefonate incrociate — questa, almeno, è l’ipotesi di reato della procura della Repubblica — fra gli scafisti, o chi per essi, e le navi delle ong le quali, a loro volta poco scrupolosamente, non vanno a salvare dei naufraghi, ma delle persone perfettamente al sicuro, a bordo d’imbarcazioni che hanno percorso solo poche miglia, sovente con mare liscio come l’olio, e che poi vengono gentilmente restituite agli scafisti. Semmai, qualcuno potrebbe e dovrebbe chiedere conto a don Zerai delle persone che annegano nella traversata, perché incoraggiate ed illuse, da lui e da altri come lui, che in Italia sia facile arrivare e che ci sia pronta accoglienza per tutti. Questo significa indurre le persone a tentare l’avventura; e se, poi, il viaggio finisce in tragedia, non è giusto, non è onesto, non è veritiero prendersela con le pubbliche autorità, i cui uomini, da anni, fanno il possibile e l’impossibile per soccorrere i barconi in difficoltà (eppure, chi non ricorda quell’ingeneroso, demagogico, assurdo Vergogna! gridato dal papa a Lampedusa, mentre gettava una corona di fiori in mare? Vergogna, a chi?), ma bisognerebbe prendersela con quanti, incoscientemente, alimentano, con il loro atteggiamento buonista, le partenze dall’Africa, oltretutto pagando il viaggio qualcosa come 5 o 6.000 euro, cioè vendendo tutti i propri beni e tagliandosi i ponti alle spalle, quando, con quella cifra, in Africa, si è considerati, e si è, tutt’altro che poveri. Ed ecco l’affondo del prete eritreo, sempre sulle pagine di Credere: La protezione per i rifugiati c’è solo sulla carta: non è mai stata tradotta in pratica. Altra menzogna spudorata, altro discorso disonesto: come fa don Zerai a qualificare "rifugiati" i migranti, quando le statistiche dicono che 9 su 10 non sono affatto dei profughi e non hanno alcun diritto di essere considerati tali? Ma alle bugie, il candidato al Nobel per la Pace si direbbe che sia abituato: a domanda, in diretta tv ha risposto che quanti partono dalla Libia conoscono il suo numero di cellulare perché lo hanno letto sui muri del carcere di Tripoli, dove qualcuno l’ha scritto. Ignazio La Russa lo ha sbugiardato in diretta e gli ha ricordato che anche un prete, quando dice le bugie, deve andare a confessarsi; oltre ad avere l’obbligo di rispettare le leggi dello Stato, come qualsiasi altro cittadino. In compenso, lo Stato italiano è avvertito, i suoi servitori sono avvertiti: procuratori, giudici, membri delle forze dell’ordine sono tutti avvertiti: don Zerai non si tocca, è stato beatificato per direttissima dalla Chiesa cattolica; anzi, è lui che lancia accuse e bisogna pensare a giustificarsi.
Intanto ieri, a Padova, lontano dai clamori mediatici, e senza programmi di approfondimento radiotelevisivi, si è tolto la vita un piccolo imprenditore, schiacciato dalle difficoltà economiche. È solo l’ultimo di una lunghissima serie: ma questi italiani disperati non fanno notizia, fanno notizia solo i migranti. E allora parliamone, di questi migranti; parliamo, per esempio, degli stupratori di Rimini: eccola qua, la bella integrazione, la bella missione di civiltà svolta da chi predica l’accoglienza indiscriminata e la cittadinanza gratis per tutti gli stranieri. Il capo del quartetto, Guerlin Butungu, congolese, 20 anni (ma forse più, a giudicare dall’aspetto) era arrivato in Italia nel 2015 come richiedente asilo e aveva diritto di restarvi fino al 2018; gli altri sono due ragazzi marocchini di 15 e 16 anni, nati in Italia e già con precedenti per furto, spaccio e altri piccoli reati, e un nigeriano di 17. È un quadro esemplare: ci sono i minorenni che, essendo nati in Italia, si suppone debbano essere relativamente "integrati"; e c’è il richiedente asilo che viene accolto perché riconosciuto come rifugiato per motivi umanitari. Ma né gli uni, né l’altro si son fatti scrupolo di comportarsi come dei delinquenti della peggiore specie (la Polonia ne ha chiesto l’estradizione per punirli con la tortura e la pena di morte; laddove l’Italia non ha fiatato quando un giudice spagnolo ha rilasciato subito due dei tre brutali assassini del ragazzo italiano, massacrato in discoteca: noi siamo ormai fin troppo abituati a subire simili violenze, e quasi ci meravigliamo se altri se la prende calda). E mentre le ricerche degli stupratori erano ancora in corso, ecco un altro episodio, sempre a Rimini, che per un pelo non è finito allo stesso modo: un trentaquattrenne marocchino ha avvicinato due turisti di Parma, di notte, ha strappato dalle mani di lei il cellulare e le ha detto che, per riaverlo, doveva recarsi sulla spiaggia; lì ha tentato di violentarla, e non c’è riuscito solo perché, in extremis, sono giunti i carabinieri, chiamati dal compagno. Cioè, perfino mentre Rimini è setacciata dai poliziotti, gli stranieri non smettono di delinquere: e la cronaca dei giornali e delle reti televisive di provincia è piena di simili fatti, ce ne sono decine ogni giorno. Ma perché dovremmo preoccuparci? Abbiamo uno Stato che ci protegge, un papa che ci vuol bene, specialmente ai cattolici; e c’è pure un nuovo Mosè che salva il suo popolo dalle acque. Possiamo stare tranquilli: non ci manca nulla…
Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Mike Chai from Pexels